«Bibliotime», anno IV, numero 2 (luglio 2001)


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Digitale e vecchi cammelli



Svariate sono le teorie della società contemporanea [1], e innumerevoli le espressioni coniate per definirla: società tecnotronica, postindustriale, postfordista, postideologica, posteconomica, postmoderna, e poi ancora società dell'informazione, dell'apprendimento, della conoscenza [2], in una sorta di climax che, a rigor di logica, dovrebbe sfociare in una più avanzata e superiore società della saggezza [3].

In attesa che ciò si verifichi - ogni tanto è bello depore l'abito dello scettico per indossare quello dell'utopista - riteniamo più modestamente che se davvero esiste qualcosa in grado di unificare le molteplici e variegate facce del mondo contemporaneo, non può che essere quello che Ciotti e Roncaglia chiamano la "convergenza al digitale", ossia il fenomeno che conduce ad un "progressivo trasferimento verso il formato digitale di tipologie di informazione tradizionalmente collegate a media diversi" e che "rende possibile una integrazione strettissima e totalmente inedita fra codici e linguaggi che eravamo abituati a considerare lontani" [4].

Ma, all'interno di questa cornice, molti sono i quadri che di volta in volta si possono inscrivere: così, se una prima e maiuscola "D" può essere presa a simbolo della pervasività del digitale nel mondo contemporaneo, e se con l'espressione "3 D" si è soliti indicare le classiche tre dimensioni del mondo fisico [5], altre e non meno interessanti "D" sono in grado di fornirci inedite rappresentazioni del reale. Ci riferiamo alla "visione delle 6 D" proposta di recente da John Seely Brown e Paul Duguid [6]: le "D" individuate dai due studiosi americani non sono altro che i prefissi "privativi" (in de- o in dis-) di sei parole chiave che connotano fortemente la realtà odierna, e cioè:

Si tratta, spiegano gli autori, di forze che, liberate dalle recenti tecnologie dell'informazione, conducono ad una evidente divaricazione delle due componenti fondamentali della società, l'informazione e gli individui, e danno vita a prospettive e punti di vista in grado di riconoscere e interpretare i profondi mutamenti in atto nella società; e tuttavia le 6 D, in maniera fin troppo evidente, paiono suggerire una serie di spostamenti che vanno dal complesso al semplice, dal molteplice all'unitario, dal gruppo all'individuo, dal sapere personale all'informazione ubiqua. In realtà, proseguono Brown e Duguid, non sembra che la vita moderna si stia muovendo in un'unica direzione, né tantomeno in quella che va dal complesso al semplice, come invece sembrano indicare le 6 D; l'impressione per contro è che essa si sposti in tutte le direzioni, dando vita il più delle volte a fenomeni di frammentazione e di caos piuttosto che di semplicità e di ordine.

Se questa è la tendenza, è indubbio che le biblioteche devono tenerne conto al fine di orientare le proprie strategie non più verso obiettivi di asettica riproposizone di statici ordinamenti concettuali, ma piuttosto verso il riconoscimento di realtà socioculturali e documentarie in costante e tumultuoso rinnovamento. E se è indubbio che la riflessione professionale a livello internazionale sia fortemente coinvolta in questa analisi, è altrettanto indubbio che passi significativi si stiano facendo anche in Italia; una conferma ci può venire dai contributi presenti nell'attuale numero di "Bibliotime": e ciò a partire dall'esauriente rassegna di Giovanni Di Domenico, in cui si dimostra come anche nel nostro paese gli studi di biblioteconomia investano una pluralità di interessi e di punti di vista tali da assegnare loro un ruolo tutt'altro che secondario nell'indagine e nell'approfondimento disciplinare. Un quadro decisamente mosso emerge poi dalle indagini di Paolo Tinti e di Giada Costa, che mettono a confronto le esperienze internazionali e quelle domestiche relative da un lato alla digitalizzazione dei cataloghi storici, dall'altro alle iniziative di formazione a distanza nel campo della professione bibliotecaria; e mentre Antonella De Robbio e Dario Magnuolo esplorano le interconnessioni tra classificazioni scientifiche e classificazioni generali nel mondo digitale, Serafina Spinelli propone un'interessante analisi "delle fattispecie e delle caratteristiche della cooperazione all'interno del mondo delle biblioteche delle Università".

Ma il numero in questione è in grado di dar vita a più di uno spunto di discussione, in quanto non solo prosegue nella pubblicazione degli atti del convegno sul servizio di reference nell'era digitale, ma offre notevoli elementi di riflessione sui diversi aspetti della realtà documentaria e professionale: fra questi, ci piace ricordare la vivace presa di posizione di Tiziana Plebani sul dibattito-scontro apertosi negli Stati Uniti in relazione al presunto "massacro" di libri e riviste perpetrato dai bibliotecari; ma anche il dettagliato resoconto di un recente viaggio di studio tra le biblioteche irlandesi tracciato da Silvia Girometti.

E ciò a dimostrazione che, in ogni latitudine e in qualsiasi dimensione socioculturale, la biblioteca continua a caratterizzarsi come "macchina per leggere", per riprendere l'icastica espressione di Piero Innocenti [7]. E dove la biblioteca non c'é? niente paura, ci pensano i cammelli, se è vero che, come c'informa "Biblioteche oggi", "nell'interno del Kenya una fila di tre cammelli porta cinquecento libri da distribuire alle scuole frequentate da nomadi" [8].


Michele Santoro


Note

[1] Le si vedano fra l'altro in Krishan Kumar, Le nuove teorie del mondo contemporaneo. Dalla società postindustriale alla società postmoderna. Torino, Einaudi, 2000

[2] James Beniger, in una tabella ormai celebre, ha elencato 75 termini usati per indicare le trasformazioni dell'età moderna dal 1950 al 1984; si auspica che qualche altro volenteroso possa continare il censimento fino ad arrivare al giorno d'oggi (James Beniger, Le origini della società dell'informazione. La rivoluzione del controllo. Torino, Utet Libreria, 1995).

[3] Difatti termini inglesi information, knowledge e wisdom stanno tra loro in scala, andando per così dire dal minore al maggiore.

[4] Fabio Ciotti, Gino Roncaglia, Il mondo digitale. Introduzione ai nuovi media. Roma-Bari, Laterza, 2000, p. 28.

[5] In particolare nel caso della loro "interazione" con il mondo virtuale e "bidimensionale" di Internet: si veda al riguardo Toni Gill, 3D culture on the Web, "RLG DigiNews", 5 (2001) 3, <http://www.rlg.org/preserv/diginews/diginews5-3.html>.

[6] John Seely Brown, Paul Duguid, The social life of information. Boston, Harvard Business School, 2000, p. 21-23.

[7] Piero Innocenti, Collocazione materiale e ordinamento concettuale in biblioteche pre-moderne, in Libri tipografi biblioteche. Ricerche storiche dedicate a Luigi Balsamo, a cura dell'Istituto di Biblioteconomia e Paleografia, Università degli Studi, Parma, Firenze, Olschki, 1997, v. 2 , p. 508.

[8] "Biblioteche oggi", 19 (2001) 4, p. 50.


«Bibliotime», anno IV, numero 2 (luglio 2001)


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