«Bibliotime», anno IV, numero 2 (luglio 2001)


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Paola Gargiulo

La formazione del bibliotecario di reference



Premessa

Nel corso di questa presentazione faremo riferimento prevalentemente al contesto anglo-americano perché è in questa cultura che il servizio di reference è nato, si è sviluppato, ed è tuttora praticato estensivamente. D'altronde il termine stesso "reference" e ciò che viene designato con "reference service" diventa riduttivo quando si prova a tradurlo in altre lingue europee.[1]
E' impressionante la vasta letteratura prodotta sull'argomento in lingua inglese a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso e  il numero delle riviste correnti dedicate specificatamente all'argomento. Di contro, negli altri paesi europei non anglofoni, con l'eccezione di quelli scandinavi e dell'Olanda, e in particolare, in Italia, i contributi in questo campo sono stati pochi, alcuni anche eccellenti, ma per lo più teorici. Di fatto, riflettono il nostro ritardo nell'organizzazione ed erogazione di questo servizio su una base estesa e qualitativamente standardizzata  [2]
L'organizzazione di un convegno su questo tema, il primo in assoluto in Italia totalmente dedicato al reference, la massiccia richiesta di partecipazione ed il suo successo, dimostrano il bisogno e la necessità di superare questo gap, di dotarsi di linee guida, di standards, di manuali, di strumenti, di competenze necessarie per svolgerlo. L'era digitale è un'opportunità, se si perde questa occasione, priveremo gli utenti di un servizio di intermediazione indispensabile. Altri sul mercato saranno disposti ad offrirlo a caro prezzo e senza garanzie sulla qualità.
Non avendo in Italia  una solida e diffusa base di reference tradizionale, iI lavoro da fare è tanto;  potremo fare tesoro degli errori altrui, ma  dovremo recuperare il tempo perduto e in fretta.Se ci dotiamo degli strumenti, delle competenze, di una formazione adeguata, e soprattutto di una mentalità collaborativa, flessibile ed aperta al cambiamento, potremo riuscirci.

Il bibliotecario di reference, questo sconosciuto

In un articolo pubblicato qualche anno fa su "Library Trends" e apparso successivamente su " Biblioteche Oggi"  Marcella D. Genz [3]  metteva in evidenza che in cent'anni di manualistica relativa al bibliotecario di reference non è possibile delineare una netta distinzione tra il lavoro del bibliotecario professionista da quello paraprofessionale.  Se formalmente la differenza tra i due  è rappresentata dal fatto che il primo ha un'istruzione universitaria specifica, quest'ultima viene ritenuta da alcuni marginale ai fini del servizio dal momento che le competenze richieste per poterlo svolgere adeguatamente vengono, di fatto, apprese sul campo, con l'esperienza  e con il tempo, in pratica al banco del reference e non sui banchi dell'università.
La  tesi dell'inutilità di una preparazione professionale porta erroneamente, nelle sue estreme conseguenze, ad affermare che l'utente potrà sempre di più fare da solo, grazie ai potenti strumenti della tecnologia dell'informazione e dell'Intelligenza Artificiale. Al contrario la realta' sta dimostrando che di fronte  a richieste di informazione complesse la presenza del bibliotecario di reference e' quanto mai necessaria ed insostituibile per ora e forse per sempre da una macchina.

Nella letteratura professionale, in particolare, in quella statunitense, il bibliotecario del reference fino agli anni trenta viene considerato principalmente una figura ancillare, al servizio dell'utente/cliente; le sue doti di ospitalità, calore, empatia, esperienza di vita e conoscenze generali sono ritenute predominanti;  ancora  di più di quelle connesse alla conoscenza dei repertori e al loro uso, pur essendo considerate quest'ultime indispensabili.

 Il bibliotecario del reference, da una parte, accoglieva, favoriva la formazione di un'immagine positiva e accogliente della biblioteca, si faceva tramite tra la ricerca d'informazione e la biblioteca intesa come organizzazione di sapere, dall'altra garantiva l'autonomia e l'indipendenza dell'utente stesso.
Quest'ultimo andava  dapprima  brevemente istruito, ma poi doveva autonomamente svolgere le sue ricerche.

Paragonare il bibliotecario del reference ad un oste, ad un negoziante, ad una buona padrona di casa, persino ad un cartello stradale o meglio ancora ad un impiegato delle ferrovie, come ha fatto la letteratura professionale statunitense di fine ottocento e inizio novecento, esprime, da un lato, il credo in una cultura di servizio finalizzata al soddisfacimento dei bisogni informativi dell'utente, dall'altro rivela quanto questo ruolo di "facilitatore" nell'accesso all'informazione debba limitarsi alla prima accoglienza, all'orientamento e alla rapida istruzione all'uso perché dedicare troppo al singolo utente è fonte di disservizio agli altri, ma non solo, ma anche perché  allora si riteneva che questa funzione di orientamento e di istruzione e quella più sottile, subliminale, di elevazione morale  doveva essere svolto appunto da una buona padrona di casa  non dal bibliotecario professionale occupato a svolgere ben altre mansioni di organizzazione e di indicizzazioni dei saperi. [4]

Per svolgere tale ruolo, pertanto, non era necessario aver studiato biblioteconomia per alcuni anni, ma erano necessarie piuttosto caratteristiche innate, (ci limitiamo a citarne solo alcune: curiosità, intelligenza, precisione, pazienza, disponibilità, generosità, comunicativa, ecc)una buona e solida cultura umanistica ed un addestramento sul campo.[5]

A questo dibattito iniziato alla fine del secolo scorso e tuttora in corso hanno partecipato non solo i sostenitori di un visione ancillare del servizio ma anche coloro ne hanno valorizzato la visione professionale  individuando nel bibliotecario di reference, colui che era in grado di  fornire risposte direttamente all'utente e/o assisterlo nella ricerca fino ad effettuare ricerche complesse, rielaborarne il risultato e presentarlo all'utente (repackaging).
Ben presto acccanto alle caratteristiche personali sopra citate,  negli anni quaranta venivano evidenziate quelle connesse alla comunicazione interpersonale, quest'ultime già presenti nella visione ancillare del bibliotecario di reference, acquistano successivamente una base scientifica e diventano tecniche che si possono trasferire da un individuo all'altro e non sono innate.

Il bibliotecario di reference diventa un profondo conoscitore delle tecniche dell'intervista , con una solida conoscenza di base, degli strumenti del mestiere ed in particolare delle strategie di ricerca e di specifiche materie (quest'ultime conosciute più che nei loro contenuti, nella loro evoluzione, nella letteratura prodotta e nelle modalità  adottate di comunicazione). Dalla fine degli anni ottanta la comunicazione interpersonale,  l'ascolto attivo insieme con la maggiore familiarità  e l'utilizzo delle ultime tecnologie caratterizzano sempre di pù il bibliotecario di reference che  diventa un "consulente della conoscenza" o anche detto knowledge worker che aiuta l'utente a superare il  suo blocco conoscitivo oltre ad essere un abile e flessibile utilizzatore dei nuovi strumenti che la tecnologia dell'informazione offre . [6]

Abbiamo introdotto questo dibattito sulla figura del bibliotecario di reference ed abbiamo  delineato l'evoluzione del suo ruolo  per constatare che, in effetti, il lavoro del bibliotecario di reference non risulta chiaramente definito neanche in una cultura che da un secolo ha istituito formalmente "Reference Service Departments" e insegnamenti di "Reference Service" nei corsi di laurea in biblioteconomia e ha scritto fiumi di pagine  e tanti manuali sull'argomento.

Questa confusione nasce sicuramente dal fatto che dal punto di vista dell'utente, tranne nel contesto delle biblioteche specialistiche, in cui  la funzione del documentalista/information specialist è chiara all'utenza di riferimento, nelle altre biblioteche e in particolare in quelle universitarie chiunque lavora in biblioteca, dà informazioni, "fa reference" cioé risponde a richieste di localizzazione del materiale, dei servizi, lo istruisce nella consultazione del catalogo, dei CD-ROM ecc.
Questa è la percezione che ne hanno persino gli utenti anche nei paesi dove il servizio di reference è strutturato, da lungo tempo standardizzato, oggetto di valutazioni costanti.

In fondo, sono presenti, nella letteratura anglo-americana, lamentele sul fatto che  il servizio non  sempre è sfruttato  in tutte le sue potenzialità,  il suo uso più massiccio riguarda i livelli meno specialistici del servizio, (domande direzionali, di localizzazione, quick reference ecc;), mentre le offerte del servizio nel rispondere a richieste più complesse, nel superare gap conoscitivi, nel valutare le risorse informative ed in tutte quelle attività che caratterizzano il servizio di reference indiretto, ecc; non sono adeguatamente fruite.

La questione della professionalità o meno del lavoro di reference è di fatto malposta, vi  è bisogno di professionalità a vari livelli e conveniamo con la Genz, che il lavoro di reference va svolto a più livelli con competenze diverse, l'esperienza,  l'addestramento sul campo e le qualità personali e temperamentali sono determinanti. Chi possiede un'istruzione formale, è tenuto a fornire un servizio altamente specialistico ed alto valore aggiunto.

Il bibliotecario di reference

Lo spostamento a partire dagli anni settanta da un visione tolemaica della biblioteconomia basata sulla centralità della biblioteca ad una visione copernicana, basata sulla centralità dell'utente ha incrementato i  tradizionali servizi al pubblico, (prestito, ILL).  Questa rivoluzione ha creato  nuovi servizi al pubblico (SDI, outreach,  reference cooperativo ecc.), favoriti dall'applicazione delle nuove tecnologie dapprima poco amichevoli per l'utente finale  e comunque costose che hanno richiesto una maggiore presenza di personale esperto nella ricerca e hanno dato maggiore impulso alle tecniche dell'intervista.
La centralità dell'utenza nel reference ha significato una maggiore attenzione sulle attività connesse al feedback, al grado di soddisfazione dell'utenza, alla valutazione qualitativa e quantitativa del servizio.
Lo sviluppo di Internet e in generale dell'ITC  costituiscono un ulteriore sfida al servizio e alle sue aperte potenzialità.
Come potremmo definire il bibliotecario di reference oggi: un architetto dell'informazione che progetta in team con colleghi informatici, con esperti di discipline, con colleghi catalagatori, nuovi servizi che utilizzano nuove tecnologie, nuovi protocolli e standard finalizzati sia all'accesso dell'informazione in modalità sempre più personalizzata, sia alla creazione dinamica  di luoghi di conoscenza fruibili direttamente dall'utente finale, ma validati qualitativamente e scientificamente dal personale di reference in collaborazione con gli esperti della materia.

Formazione del bibliotecario di reference

E' necessario, pertanto, che la formazione professionale in Italia, in attesa che i corsi di laurea universitari in beni  culturali comprendano  corsi dedicati completamente al servizio di reference, si basi  su corsi, seminari, workshops anche a distanza per chi già opera in biblioteca. Tali corsi dovrebbero essere organizzati a più livelli in modo da coprire  sia servizi di reference di base (domande direzionali, di localizzazione, quick reference ecc;) sia servizi più specialistici (domande di reference complesse, sviluppo di collezioni specialistiche di reference per area disciplianare,creazione di VRD specialistici).

Prima di partire con i corsi è necessario che ciascuna struttura individui i bisogni formativi, le finalità, gli obbiettivi della formazione, la  pianifichi, la eroghi  e soprattutto lavori sul feed-back e  verifichi se gli obbiettivi sono stati davvero raggiunti.
Questi programmi formativi devono permettere l'acquisizione delle competenze tradizionali del reference diretto e indirettoe pertanto assicurare :

Accanto a queste competenze è necessaria  anche l'acquisizione di familiarità: e  inoltre lo sviluppo di capacità progettuali, di pensiero critico, l'imparare a lavorare in gruppo,  la conoscenza attiva di almeno una lingua straniera.

Il lavoro di reference richiede, inoltre, che accanto alla formazione ci sia un aggiornamento professionale permanente.
Quest'ultimo è una necessità inderogabile. L'aggiornamento va effettuato sia  tutti i giorni attraverso il lavoro quotidiano, avendo un atteggiamento curioso e attento, sia attraverso la frequentazione di corsi, seminari, dibattiti, incontri, attraverso la partecipazione a liste di discussione sul reference. Soprattutto dedicando costantemente un po'  del nostro tempo alla lettura della  letteratura professionale; dobbiamo imparare a gestire il nostro tempo meglio, a trovare il tempo per l'aggiornamento.
La partecipazione a  lavori e progetti con altri colleghi è, inoltre, un grosso strumento di crescita professionale e il futuro del servizio di reference nell'era digitale è quello cooperativo.

Paola Gargiulo, C.A.S.P.U.R - Roma, e-mail: gargiulo@caspur.it

Note

[1] A proposito della terminologia, cfr Carlo Revelli. L'informazione e le informazioni,  "Biblioteche Oggi" 17, (1999) 8, 9  p.58-63. p. 54-59.

[2] Una rassegna degli articoli pubblicati in Italia sul reference dal 1941 al 1994 è riportata nel volume di Carla Leonardi, Il reference in biblioteca, Editrice Bibliografica, Milano, 1995. Una ricerca effettuata su LISA Abstracts (1973-1997) riporta sotto il soggetto "reference work" piu' di 1437 records.

[3] Genz, Marcella D.  Lavorare al servizio di reference. Evoluzione e definizione di un profilo professionale" Biblioteche Oggi", Novembre 1999, p.60-69 ( tradotto da Paola Gibbon). L'articolo è apparso per la prima volta in "Library Trends" 46 (1998), 3, p.505-525, con il titolo Working the reference desk.

[4]  Ibidem.

[5]Wyer nel suo manuale  del 1930 Reference work:a textbook for students of library workand librarian, Chicago, IL, American Library Association  ne cita ben 27 nelle pagine 235-238. C'è, inoltre, chi sostiene che le caratteristiche del bibliotecario di reference siano innate e pertanto bibliotecari di reference si nasce, non si diventa.
Negli anni ottanta  negli Stati Uniti sono stati condotti dei test psicologici di scuola junghiana  progettati da Myers e Briggs per verificare se  la strutttura psicologica dei bibliotecari si potesse riconoscere in uno dei 16 tipi psicologici definiti dai due psicologi. Chiaramente e' emerso che i bibliotecari si dividono tra le varie tipologie senza appartenere ad una specifica.
Successivamente con maggiore successo  sono stati applicati gli indicatori dei tipi di personalità Myers Briggs personality type indicator in alcune biblioteche per migliorare la qualita' del lavoro di gruppo in biblioteca.

[6] cfr. Genz, Marcella D., Carla Leonardi . Per l'applicazione delle teorie di comunicazione, cfr. Valentina Comba, Comunicare nell'era digitale, Milano, Editrice Bibliografica, 2000.


«Bibliotime», anno IV, numero 2 (luglio 2001)


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