«Bibliotime», anno IV, numero 3 (novembre 2001)


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Maria Gioia Tavoni

Una cattedrale, un deserto, un fiore



Della Bibliothèque nationale de France, considerata il monumento al libro più imponente d'Europa, credo si sia detto tutto: dal suo progetto, alla sua realizzazione, al suo utilizzo. Resta ben poco da considerare ex novo, soprattutto per i bibliotecari bolognesi che hanno avuto la cortesia di partecipare all'incontro con il "conservateur" Alix Chevallier, che si è tenuto nell'ambito del mio insegnamento nella sempre mirabile sede dello Stabat Mater, incontro reso possibile dalla collaborazione con la Biblioteca dell'Archiginnasio e con l'AIB regionale. I suoi numeri e i suoi spazi che fanno tremare le esili spalle della nostra Nazionale fiorentina e di molte altre biblioteche italiane li abbiamo ancora tutti presenti: il suo effettivo di ben 2800 persone; il suo budget annuale di circa un miliardo di franchi per le sette sedi, compresa Richelieu-Louvois dove sono rimasti i manoscritti; le sue immense sale di lettura a scaffali aperti (pur più per maratoneti che non per studiosi d'età), il numero elevatissimo dei dati bibliografici trasferiti nei cataloghi informatizzati, gli 87.000 titoli "numerisés" per non citare che stime e statistiche ferme al 1999, data dell'intervento di madame Chevallier.

Basta sfogliare alcune delle pubblicazioni uscite ancor prima della fine del cantiere e fra queste i numerosi numeri monografici di riviste – si pensi per esempio a "Vis à vis", in particolare al numero speciale della primavera del 1995, per avere un'idea della 'magnificenza', dello 'splendore' di questa biblioteca che può essere considerata una vera e propria cattedrale intorno alla quale e dentro la quale quasi per miracolo sorgono, e ormai si sono innalzati, teneri alberelli.

Eppure per chi era abituato a studiare nella sala sotto la celebre volta metallica di Labrouste restano alcune perplessità, in particolare per chi, almeno una volta all'anno, si reca a Parigi prevalentemente per aggiornamento, scegliendo non a caso un alberghetto a Corvisart per essere più vicino al Metro diretto per Tolbiac perché il collocamento a Tolbiac della BNF, mette a dura prova chiunque abbia qualche handicap, seppur minimo. Perplessità, dicevamo, che nulla tolgono alla maestosità della sua costruzione in vetro di cui tanto si è scritto, e che tuttavia sono l'espressione di molti studiosi che non si ritrovano più come avveniva in un recente passato soprattutto d'estate, liberi dai corsi e pronti ad una full immersion nella biblioteca forse più amata, dopo quelle italiane, da ricercatori prevalentemente della mia non più verdissima età. Chi non ricorda gli assalti ai posti della grande sala di lettura; gli incontri nei piccoli caffè intorno all'isolato, o nei ristorantini a prezzi contenuti - indotto consolidato nel tempo -, o perfino la sigaretta fumata nel giardinetto di rue Richelieu nelle brevi pause dello studio a contatto con passeri e piccioni? A misura d'uomo, ovvero a misura di studioso era l'antica sede, con una burocratizzazione sopportabile, con la possibilità di andare e venire dai manoscritti al piano dei cataloghi senza essere penalizzati per aver dimenticato la scheda magnetica che disvela i segreti dei vari passaggi assai faticosi di Tolbiac. Persino cercando di prepararsi da bravi scolaretti interrogando a distanza la BNF e utilizzando la tessera per prenotare il posto si hanno problemi perché il più delle volte l'OPAC, già di per sé di non amichevole interfaccia, è in tilt e il sito si oscura, sparendo dall'orizzonte dei nostri monitor.

Ma ciò che stupisce di più è che è cambiata l'utenza. Non più studiosi di varie parti d'Europa, di media età, pronti a scambiarsi le impressioni delle rispettive ricerche e alimentarsi con chiacchiere di certo non di salotto. Non più file all'ingresso se non di giovani, anzi di giovanissimi che sopportano gli impedimenti delle scale d'accesso all'immenso parterre contornato dai quattro mastodontici edifici strutturati a libro, che si vedono spesso con gli zainetti, frugati giustamente all'ingresso, dentro ai quali molti sono i propri libri, e che raggiungono Tolbiac per disporre degli enormi spazi. Non venga poi mai in mente di fumare una sigaretta: un unico e angusto luogo, a ciò deputato, diviene nel giro di poche ore una specie di camino da cui fuoriesce un'aria irrespirabile, foriera sicuramente di gravi danni soprattutto per chi non è fumatore e là si aggira evitando marce forzate per raggiungere l'altro punto di ristoro.

Dall'antica alla nuova sede è avvenuto, insomma, uno stravolgimento di consolidate usanze: non più rendez-vous fissati con grandi anticipi, appartamenti permutati nei periodi estivi per poter godere di lunghi soggiorni e piacevoli incontri. Fra gli italiani molti sono i ricercatori che non scelgono, come meta di studio, Tolbiac anche perché va detto che la nostra situazione è assai migliorata: le due Nazionali centrali, in particolare la fiorentina fornisce più rapidi servizi e scala, con i magri stanziamenti, la vetta del disporre di una produzione a largo raggio in grado di porsi quale invitante in molti settori di studio e di ricerca. Inoltre sono tante le biblioteche storiche parigine pronte ad ospitarti con minori incagli, e fortunatamente i manoscritti sono ancora là a Richelieu al primo piano dell'istituzione a molti così cara. E' tutto vero ma è come fosse finito un mondo e il deserto degli studiosi della BNF, rimpiazzato da coloro che ho avuto l'avventura di definire utenti "impropri" quando ancora la Nazionale fiorentina era percorsa da studenti di ogni ordine e grado di scuola, è una realtà cui difficilmente ci si potrà abituare.

Eppure nel deserto vetrificato di Tolbiac col sole a picco che sbiadisce coste di libri e tessuti di arredi, brilla come un fiore la salle T.

Aiutata dai miei pochi appunti e da una scheda gentilmente inviatami dal "conservateur" Lucile Trunel, capo del servizio di Documentation sur le livre, la presse et la lecture su richiesta inoltrata ad un altro cortesissimo "conservateur", Jean-Dominique Mellot, è bene subito chiarire che la salle T è la sala di documentazione sul libro, la stampa e la lettura dove sembra che quasi nulla manchi e che l'attenzione all'aggiornamento sia di una qualità che potremmo definire molto alta. La sala non è nata contestualmente al progetto iniziale, bensì nel 1994 con il preciso scopo di offrire ai ricercatori una documentazione di attualità e che spaziasse su scala internazionale per tutte le discipline che hanno il loro statuto nella scrittura e nel libro. Si deve a Corinne Bouquin, dottore in storia del libro, il piano delle primitive acquisizioni sotto la guida dell'infaticabile e mai sufficientemente apprezzato Henri-Jean Martin cui sembrano non pesare anni e fatiche pur di rendere un servizio alla creatura con il maggior numero di suoi allievi all'interno, mai dimenticando studi e ricerche che ne fanno il grande alfiere dell'histoire du livre in Francia. Le discipline, ospitate tutte a scaffale aperto a misura veramente d'uomo, sono: le scienze dell'informazione, la documentazione e la biblioteconomia (con al suo interno la storia delle biblioteche, e più specificatamente, un polo BNF; la storia della stampa, l'edizione e il libro; la sociologia della lettura, il libro per i ragazzi; le arti e le tecniche del libro. Non si creda che solo le novità trovino spazio sugli scaffali: testi di difficile reperimento, molti dei quali esauriti, svettano dagli scaffali anche se sono stati stampati in anni lontani. Giustamente ripartiti i compiti con la Réserve, spettano a questa tutte le opere di consultazione, i repertori che permettono di lavorare anche su collezioni di libri rari; minor incidenza rivestono i testi sulle legature e l'illustrazione, bagaglio anch'esso copartecipato con la Réserve. E' sufficiente dire che ben 80 titoli di periodici specialistici nelle discipline bibliografiche sono a disposizione e in libero accesso nella sala, che conta 24 posti semplici e quattro – non sono poche – postazioni informatiche. Predisposta per ospitare 15.000 volumi specialistici ne vanta già ora quasi novemila disposti secondo la Dewey, modificata per la BNF per tutto il "libre-accès". La sala che fa parte del dipartimento di letteratura e arte assicura spogli, e predisposizioni di accessi "personalizzati".

Fra tutte le sale della BNF, forse la T è la più visitata e quella nella quale maggiormente s'incontrano studiosi stranieri, come a me è capitato con un ricercatore portoghese col quale si sono potute scambiare osservazioni su vari temi di ricerca affrontati da entrambi in ambiti e lingue diversi. E' una vera gioia preparare il corso annuale in questa sala che induce perfino a non sentire più la stanchezza accumulata per raggiungere Tolbiac, considerata anche la gentilezza dei preposti all'informazione che aiutano a districarsi nei meandri delle scaffalature aiutandoti con piante e soccorendoti tutte le volte che perdi il filo della successione delle varie classi e sottoclassi.

Non può mancare, in queste poche righe, neppure il fervorino: presso l'Universitaria bolognese che oggi è parte integrante dell'Università, bibliotecari armati di notevole divinatio, in tempi passati avevano cominciato a costruire qualcosa di analogo,quella sezione "professionale" forse un po' troppo inclinata, a mio parere, verso la biblioteconomia che consentiva comunque un rapido aggiornamento e un recupero storico di molti aspetti legati alla didattica delle discipline del libro. Fra i tanti fiori dell'Universitaria, nei nuovi spazi che le sono stati attribuiti, non è forse possibile riprendere il progetto ed evitare parcellizzazioni nei vari istituti o dipartimenti, ma anzi pensare ad accorpamenti e costituire una nuova sala per le discipline bibliografiche non solamente orientate alla docenza universitaria, bensì alla didattica svolta da bibliotecari e insegnanti impegnati nella costruzione di un nuovo curriculum dove il libro sia cardine per chiunque affronti la Storia nelle sue molteplici valenze?


Maria Gioia Tavoni, Dipartimento di Italianistica - Università di Bologna, e-mail: mgtavoni@alma.unibo.it



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