«Bibliotime», anno IX, numero 2 (luglio 2006)

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Andrea Capaccioni

Michele Santoro, Biblioteche e innovazione. Le sfide del nuovo millennio



Michele Santoro Biblioteche e innovazione. Le sfide del nuovo millennio, Milano, Editrice Bibliografica, 2006.


Un premessa che non vuol essere una giustificazione. Vorrei che non si considerasse questo contributo come una vera e propria recensione. Le cinquecento pagine che costituiscono il volume di Michele Santoro Biblioteche e innovazione. Le sfide del nuovo millennio (Editrice Bibliografica, 2006) e l'ambiziosa impostazione del lavoro impongono infatti un'adeguata attenzione. Mi limiterò pertanto, in questa sede, a fornire una prima descrizione dell'opera per mezzo di alcuni appunti di lettura.

Michele Santoro è un bibliotecario noto e uno studioso apprezzato, che ci ha abituato ad un approccio originale alla biblioteconomia attraverso i contributi pubblicati sulla rivista elettronica "Bibliotime", gli articoli per "Biblioteche oggi" e i numerosi interventi in convegni e seminari. Da citare anche il volume curato a quattro mani con Rosanna Morriello, sempre edito dalla Editrice Bibliografica (2004), intitolato La biblioteca e l'immaginario: percorsi e contesti di biblioteconomia letteraria.

Da tempo Santoro, sollecitato da amici e studiosi, meditava di raccogliere e rielaborare in modo organico i suoi interventi. Si è giunti così alla pubblicazione di Biblioteche e innovazione, che non è una raccolta di lavori già editi, ma un'opera originale, in cui l'autore ripropone in maniera innovativa le tematiche affrontate in questi anni. L'opera si articola in cinque capitoli che vogliono essere, secondo le intenzioni di Santoro, allo stesso tempo le tappe di una coerente argomentazione ma anche contributi che mantengono una loro "specifica peculiarità", e che dunque possono essere letti "anche singolarmente" (p. 7).

Il primo capitolo, dal titolo La biblioteca postmoderna (p. 9-85), è essenziale per comprendere l'intera impostazione del volume e le scelte interpretative dell'autore. Santoro accetta una sfida impegnativa: provare ad elaborare una prima riflessione organica italiana sul ruolo della biblioteca in quella che è stata definita l'età postmoderna. Dopo aver proposto una definizione di "postmoderno" e una descrizione dei suoi caratteri, si sofferma sull'esame di alcuni studi, di prevalente matrice anglosassone, in cui viene analizzata lo specifico concetto di biblioteca postmoderna.

Santoro, in estrema sintesi, è d'accordo nel sostenere che il passaggio da una visione moderna ad una postmoderna della biblioteca possa risalire all'incirca agli anni Settanta del secolo scorso. Inoltre ritiene che la biblioteca postmoderna non si caratterizzi soltanto per l'uso massiccio della tecnologia (l'avvento prima dei computer e dell'automazione, poi di Internet), ma in qualche modo aderisca a un nuova maniera d'intendere il reale, che non condivide più una visione oggettiva e razionalistica della società tipica dell'epoca moderna, ma aderisce ad un approccio più frammentario e composito, come sostenuto appunto dai teorici del postmoderno.

Di conseguenza cresce l'attenzione per la diversità culturale, e viene messo in discussione il ruolo della biblioteca come luogo di organizzazione di un sapere unico. Alla luce di questi presupposti (anche qui semplifichiamo), la biblioteca postmoderna si raccorda strettamente ai due fattori che da tempo sono al centro del dibattito professionale: la centralità dell'utente e la disponibilità a facilitare l'accesso (più che il possesso) ad un'ampia varietà di documenti (dal tradizionale libro alle risorse elettroniche).

Santoro non si presenta come un distaccato espositore di fatti, e allo stesso tempo il volume non può essere considerato una neutra rassegna delle posizioni in campo, come invece sembra suggerire il titolo. L'autore non nasconde la predilezione per la biblioteca postmoderna e per le argomentazioni filosofiche e professionali che la sostengono, e l'intero volume viene configurandosi come un saggio che s'inserisca a pieno titolo nel dibattito - che anche in Italia in questi anni ha conquistato un suo spazio - sul ruolo della biblioteca nella società di oggi. Tra i contributi più significativi vorrei ricordare almeno gli articoli di Vincenzo De Gregorio La mediazione debole (in Bibliologia e critica dantesca, Longo, 1997, vol. I, p. 57-88) e di Giovanni Di Domenico Problemi e prospettive della biblioteconomia in Italia pubblicato in "Bibliotime" (2001, n. 2) <http://didattica.spbo.unibo.it/bibliotime/num-iv-2/didomeni.htm> (entrambi esaminati dall'autore), i volumi di Giovanni Solimine, La Biblioteca. Scenari, culture pratiche di servizio (Laterza, 2005˛), una delle più lucide analisi sulla funzione della biblioteca nella società moderna con particolare riferimento alla realtà italiana, e di Paolo Traniello, Biblioteche e società (Il Mulino, 2005), il primo organico approccio italiano alla visione sociologica dell'istituzione bibliotecaria.

Dunque un primo capitolo ricco di spunti, e da consegnare a un più approfondito dibattito. Sarà infatti interessante discutere il modello postmoderno di biblioteca così come proposto da Santoro, valutarne a fondo gli elementi distintivi e, perché no, sottoporlo a una verifica magari alla luce di interpretazioni diverse.

Nel secondo capitolo, La biblioteca nell'età dell'informazione (p. 87-201) l'autore allarga l'analisi alla società dell'informazione. In questo modo entriamo in un territorio più complesso. L'autore prova ad interrogarsi, prima di tutto, sul significato del termine per poi rintracciare alcuni precedenti storici e offrire delle definizioni. A partire dai contributi, in particolare, di F. Wilfrid Lancaster (ricorderò soltanto Libraries and librarians in an age of electronics, 1982), vengono proposti alcuni dei possibili scenari della società dell'informazione e viene messo a fuoco lo specifico ruolo che vi gioca la biblioteca.

La paperless society, cioè la società digitale, è uno di questi scenari, senza dubbio suggestivo ma anche tra i più controversi. L'autore concentra la sua attenzione sul dibattito sviluppatosi negli Stati Uniti tra sostenitori e oppositori del cambiamento. In questo caso sarebbe stato interessante approfondire i riflessi nazionali della discussione e magari rintracciare le ragioni della recente fortuna italiana di Michael Gorman (alle cui opere tradotte vengono dedicate alcune pagine in questo stesso capitolo), uno dei protagonisti della polemica e sostenitore, a parere di Santoro, di una posizione che spesso appare "neofobica e conservatrice" (p. 142). Il capitolo si conclude con un'analisi della nascita e degli sviluppi delle comunicazioni telematiche e dell'impatto di queste sulla vita delle biblioteche.

Gli strumenti dell'informazione (p. 203-277) sono l'argomento del terzo capitolo. Santoro si addentra in modo sicuro in quella che può essere definita la condizione postmoderna dell'informazione e della documentazione. Indagare il rapporto tra l'uomo e le nuove tecnologie significa addentrarsi in una letteratura sterminata ed eterogenea. L'autore conosce questo territorio e sceglie delle guide sicure che possono illuminare il percorso. Nella prima parte del capitolo si avvale degli studi di Jay David Bolter e di Roger Chartier. Discute dei nuovi modi di percepire la realtà, dei fattori di mutamento, delle caratteristiche dell'universo digitale. Nella seconda parte affronta il tema, anche questo assai vasto, del futuro del libro e della lettura nell'era digitale, non nascondendo le difficoltà incontrate dall'e-book (nel paragrafo L'incerto avvento del libro elettronico, p. 241-252).

Nel capitolo quarto La diffusione dell'informazione (p. 279-394) viene analizzato il tema della comunicazione scientifica attraverso una disamina delle problematiche emerse soprattutto in ambito accademico a partire dall'avvento di Internet. Alcuni argomenti affrontati nel capitolo da tempo sono oggetto di studio da parte dell'autore (come ad esempio i periodici elettronici), e pertanto danno luogo ad analisi particolarmente approfondite. Uno spazio adeguato è naturalmente riservato alla discussione del movimento per l'open access, considerato come la vera "rivoluzione" (il termine è senza dubbio abusato) della comunicazione scientifica.

Il quinto capitolo affronta il problema della Conservazione dell'informazione (p. 395-498). Anche in questa parte l'autore può far conto in una solida preparazione maturata in anni di ricerche e comunicazioni sull'argomento. Nella prima parte del capitolo viene fatto il punto sul rapporto tra biblioteca e funzioni conservative, cercando di comprendere quale ruolo oggi la biblioteconomia possa attribuire alla conservazione dei supporti. Riepilogando il dibattito tra gli studiosi, Santoro conclude che la biblioteca, ieri come oggi, non può tralasciare una così importante funzione. Un approfondimento a parte è dedicato alla conservazione in un'epoca di diffusione dei documenti digitali. Una serie di riflessioni sono dedicate in particolare al rapporto tra documento cartaceo e documento digitale, ed alla discussione sulle politiche di conservazione e digitalizzazione, con riferimento a quelle statunitensi e italiane; infine, vengono affronti alcuni problemi tecnici legati alla riproduzione digitale dei documenti e alla loro conservazione.

Andrea Capaccioni, Università per Stranieri di Perugia, e-mail: acapacci@unistrapg.it





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