«Bibliotime», anno IX, numero 3 (novembre 2006)

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Silvia Pugliese

Bibliotecari e restauratori. Quali collaborazioni? *



1. La situazione in Italia: due ruoli da interpretare

Indagando nel panorama italiano delle biblioteche di conservazione, e in particolare quelle dotate di laboratori e di restauratori interni, ci si accorge che si tratta di pochissimi istituti. In Italia i restauratori pubblici di beni librari sono infatti circa una trentina, e la grande maggioranza di essi si concentra nelle due Biblioteche Nazionali Centrali di Roma e di Firenze.

Quali altre realtà esistono? Innanzitutto l'Istituto Centrale per la Patologia del Libro di Roma, dove si segue un modello di restauro di tipo puro, trattandosi di un istituto in cui si opera su manufatti di grande valore provenienti da enti sparsi sul territorio nazionale. La ricerca che vi si svolge, in collaborazione con i laboratori scientifici, permette di sperimentare tecniche avanzate, ma non coinvolge il contesto in cui si conservano le opere stesse.

C'è poi la realtà trentina, rappresentata dai restauratori del Servizio Beni Librari della Provincia Autonoma di Trento, che coordinano gli interventi sulle collezioni dell'intero ambito provinciale. E' un modello ibrido, dove i restauri vengono sia affidati a ditte esterne, sia svolti da un insieme di giovani operatori che lavorano, con contratti di collaborazione, nel laboratorio interno della Provincia, e quindi a stretto contatto con i restauratori pubblici. Questi ultimi curano inoltre la formazione del personale delle biblioteche, un elemento di fondamentale importanza sulla lunga durata, così come le attività di prevenzione.

Infine ci sono singole biblioteche e soprintendenze regionali, le quali si appoggiano a restauratori esterni con accordi che di volta in volta prevedono consulenza o progettazione sul territorio, oppure interventi particolari da eseguire in loco con un ridotto corredo di attrezzature; tali soluzioni, a mio avviso, potrebbero avere interessanti sviluppi.

Dall'altro canto, quanti sono i bibliotecari conservatori nei nostri istituti e quali sono i percorsi, non sempre lineari, che li hanno condotti a ricoprire questo delicato incarico? quale la formazione a cui possono accedere e che viene loro offerta? e quali le professionalità con cui interagire?

Il caso tipico delle biblioteche con fondi antichi prevede infatti che il bibliotecario, per la maggior parte delle sue complesse responsabilità curatoriali, si relazioni direttamente con le ditte specializzate esterne, che seguono di necessità diverse logiche di lavoro, e che venga lasciato sostanzialmente solo per tutte le decisioni.

Come Ufficio Conservazione e Restauro della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia sperimentiamo, attraverso le molteplici richieste di consigli e di riferimenti per ditte e materiali da parte di altre biblioteche, un diffuso "disorientamento" quando queste si imbattono negli interventi di conservazione. Il curatore infatti sa cosa restaurare, ma come? quali risultati vuole ottenere? e infine, come giudicare il lavoro compiuto? Per il materiale queste sono le fasi più delicate, in quanto di massimo intervento.

Proprio in questo ambito può inserirsi il restauratore pubblico, operando a stretto contatto a vari livelli: direttamente come cerniera tra interno ed esterno, cioè nel momento in cui si affidano i lavori alle ditte, e a monte, nella proposta e valutazione delle diverse opzioni tecniche. Le metodologie di intervento vanno infatti scelte con senso critico e cucite su misura, tenendo presente che sono loro ad adattarsi al libro e alle sue necessità e non viceversa.

L'impegno del bibliotecario continua ben oltre il collaudo, nel mettere a punto l'intero percorso che seguirà il materiale una volta restaurato, e cioè: le condizioni dei volumi dello stesso fondo, la pulizia dei depositi, la necessità di contenitori e protezioni, lo stoccaggio in orizzontale o in verticale, l'opportunità di riproduzioni e le modalità di consultazione del pezzo. Una fase condiziona strettamente l'altra. E' bene ricordare che, al di là di questi interventi diretti, un attore imprescindibile nell'opera di conservazione è il personale interno di custodia, con la sua frequentazione quotidiana dei depositi e la cura nella movimentazione dei volumi.

2. L'Ufficio Conservazione e restauro della Biblioteca Nazionale Marciana

Per quanto riguarda la situazione della Biblioteca Marciana, in seguito a concorso tenuto nel 1999, tre restauratrici - tra cui chi scrive - hanno affiancato il restauratore presente in biblioteca dalla metà degli anni Settanta, ora in pensione. La bibliotecaria conservatrice, Tiziana Plebani, in questo ruolo dalla fine del 1989, ha da alcuni mesi sospeso la sua attività in biblioteca per dedicarsi a un periodo di ricerca. In seguito a questo ed altri cambiamenti, attualmente - e mi auguro temporaneamente - sono rimasta l'unica presenza in laboratorio.

Il primo lavoro che ci è stato affidato al nostro arrivo in Marciana è stata una raccolta di carte geografiche cinquecentesche, piegate e rilegate insieme in pessime condizioni. L'impostazione del lavoro è stata minuziosamente discussa con Tiziana Plebani, ed ha portato allo smontaggio delle carte, che sono ora distese in singole cartelle, e di conseguenza a sostanziali modifiche del piccolo deposito dove questo tipo di materiale pregiato viene conservato. Alcune mappe sono state sottoposte a trattamenti ad umido, mentre per il gruppo dipinto su pergamena abbiamo messo a punto dei montaggi leggeri, che al tempo stesso le mantenessero stabili alle variazioni di temperatura e umidità, ispirandoci a un sistema collaudato per la conservazione di carte staccate da codici miniati [1].

Foto 1: Carte geografiche -  sistemazione nel deposito.

Foto 1: Carte geografiche - sistemazione nel deposito.

Foto 2:  Montaggio in tensione delle  pergamene.

Foto 2: Montaggio in tensione delle pergamene.

Negli ultimi anni si è infatti molto allargato il ventaglio di tecniche disponibili, così come c'è stato un ripensamento profondo sul tema dei materiali e degli adesivi, con studi e sperimentazioni sul loro impatto e durabilità. E' perciò fondamentale avere, se non conoscenza, almeno coscienza di questi aspetti nel momento in cui si va a intervenire sulle collezioni. Negli istituti pubblici ci sono i modi e i tempi per approfondire e sperimentare, e poi lavorare di concerto con i laboratori affidatari.

3. Progettare poco, progettare meglio

A tal proposito, non meno importante è una corretta valutazione dell'impegno economico che queste operazioni comportano. Vorrei sottolineare che un restauro di qualità costa, che gli interventi vanno bilanciati con molta attenzione e non sempre optando per un restauro completo.

Per queste ragioni il nostro ufficio lavora su lotti molto ridotti, per cui non sono necessarie gare d'appalto, assegnandoli a ditte specializzate di fiducia; in tal modo si evita l'appiattimento sul fattore economico a cui costringe la normativa che regola gli appalti pubblici (legge 109/94 e successive modificazioni) qualora si superi una determinata soglia di spesa. Questo comporta la massima cura nella progettazione e nel calcolo dei tempi di esecuzione, ma permette di proporre soluzioni particolari di cosiddetto minimo intervento o piccolo restauro e consente, a nostra volta, di ricevere stimoli e proposte dai laboratori [2].

Anche la progettazione del restauro librario, d'altronde, ha vissuto un'evoluzione radicale negli ultimi decenni. Le Specifiche di intervento per il restauro di libri antichi del 1992, a cura di ICPL e BNCF, per quel che riguarda il restauro, verranno ora superate con smontaggio dal Capitolato Speciale Tecnico redatto da ICPL, BNCF e CFLR, che fissa regole dell'arte e tempi estremamente precisi.

Attualmente la scheda-progetto ministeriale si articola in circa sei pagine di dati bibliografici, descrizioni e prescrizioni per ogni singolo volume. Ben diversamente i due volumi del Registro dei restauri della Marciana, cominciato nel 1957 e tuttora corrente, offrono informazioni interessanti sulle pratiche del passato.

Foto 3: registro del Restauro materiale bibliografico,  vol. I.

Foto 3: registro del Restauro materiale bibliografico, vol. I.

Per i primi decenni registrati si tratta della sola fonte di notizie rimastaci, e nelle scarse note presenti si riconosce chiaramente uno scollamento tra il lavoro del laboratorio esterno e le richieste del bibliotecario marciano. Questo modo di procedere ha portato a una perdita di informazioni storiche rilevanti e ad errori a cui non si può più rimediare o, nei casi migliori, a lavori da rieseguire nel volgere di pochi decenni. Sono registrati volumi restaurati a metà degli anni Sessanta e già dopo soli dieci anni affidati ad altri laboratori e nuovamente smontati.

Per gli incunaboli e le edizioni aldine si è proceduto a tappeto, per segnature, sostituendo in modo sistematico le legature originali con modelli moderni, senza solidità né attinenza storica. Inoltre, si possono rintracciare esempi in cui il bibliotecario ha prescritto un tipo di legatura e da un controllo a scaffale risulta invece che ne è stata eseguita una completamente diversa. Per anni non è stato specificato in alcun modo il tipo di materiale utilizzato, non è stata eseguita una documentazione fotografica né una puntuale verifica finale. Come si vede, il bibliotecario e il restauratore hanno lavorato su due binari paralleli con un sistema di delega anziché di cooperazione.

4. Alcune esperienze, partendo dalle collezioni

Ciò che invece incide realmente sulle condizioni delle collezioni, e che è mancato nei primi decenni in cui si incominciava a ragionare sulle tematiche del restauro, non è tanto l'intervento isolato su volumi di prestigio o che presentino danni gravi, quanto il lavorare su progetti di lunga durata, che considerino appunto nel loro complesso le collezioni, di cui il bibliotecario conosce il valore e può gestire l'intero contesto. In altre parole, una programmazione di ampio respiro e non un continuo agire in base alle emergenze e alle casualità.

Negli ultimi tre anni, ad esempio, Tiziana Plebani ha curato la risistemazione complessiva dell'intero deposito dei giornali, che ha previsto sia la riorganizzazione dell'ambiente di conservazione, sia delle forme di stoccaggio, sia infine la presa in cura dei singoli materiali [3].

Lo scambio e il confronto continui hanno permesso di operare di volta in volta scelte consapevoli, di cui di seguito vengono brevemente illustrati alcuni esempi. Le caratteristiche e la storia delle collezioni hanno determinato fin da principio il livello di intervento.

Per alcune raccolte di periodici settecenteschi veneziani particolarmente importanti e consultati, ad esempio, si è approfittato delle pessime condizioni della cucitura dei volumi per eseguire una microfilmatura completa dei volumi. Le loro legature alla rustica in cartoncino sono tipiche dell'area geografica italiana; dopo lavori analoghi nel nostro laboratorio, mirati a recuperarne per intero struttura e materiali, le varie annate sono state affidate a una ditta trentina specializzata anche in opere d'arte su carta. A lavoro ultimato abbiamo curato la sistemazione nei depositi con un'ulteriore sovraccoperta che "proteggesse" i restauri e vestisse i volumi, come facevano in passato le carte decorate.

Foto 4: Periodici del Settecento - sovracucitura su pelle allumata. Interventi di restauro eseguiti dal Laboratorio L. Gianotti.

Foto 4: Periodici del Settecento - sovracucitura su pelle allumata. Interventi di restauro eseguiti dal Laboratorio L. Gianotti.

Foto 5: Periodici del Settecento - rivestimento di protezione a restauro ultimato.

Foto 5: Periodici del Settecento - rivestimento di protezione a restauro ultimato.

Le Miscellanee legate cartonate sono uno dei fondi marciani più ricchi, che comprende decine di migliaia di opuscoli, spesso di formato diverso, rilegati insieme con una sobria ed economica struttura ottocentesca a cartella. Molti di questi volumi si presentano ora con opuscoli scuciti, carte rovinate e cedimenti localizzati della legatura, problemi che si è deciso di affrontare in un'ottica di lungo periodo, con l'intenzione di restituire funzionalità al maggior numero possibile di pezzi. Ha cominciato a collaborare con noi una restauratrice veneziana, operando direttamente all'interno del nostro laboratorio per uno o due giorni la settimana. Gli interventi vengono modulati su due piani, da casi limitati di ricucitura completa a piccoli restauri senza smontaggio, che impegnano poche ore per ciascun volume. Nel 2005-2006 è stata trattata la prima serie di scaffalature e, con la ripresa dei finanziamenti ministeriali, purtroppo ora bloccati, si procederà alle successive.

Foto 6: Miscellanee legate - cucitura su soffietto per opuscoli di  formato minore. Interventi di restauro eseguiti dal Laboratorio Il Tomo - C. Benedetti.

Foto 6: Miscellanee legate - cucitura su soffietto per opuscoli di formato minore. Interventi di restauro eseguiti dal Laboratorio Il Tomo - C. Benedetti.

Foto 7: Restauri con smontaggio completo, custodie a book-shoe.

Foto 7: Restauri con smontaggio completo, custodie a book-shoe.

Foto 8: Miscellanee legate, interventi nei primi scaffali.

Foto 8: Miscellanee legate, interventi nei primi scaffali.

L'ottocentesco fondo Cavalcaselle, ad esclusione di un gruppo di taccuini, è composto da fogli sciolti, minute e materiali preparatori quali disegni, schizzi e lucidi di mano dello storico dell'arte Giovan Battista Cavalcaselle, da tempo completamente digitalizzati ed esclusi dalla consultazione. In questo caso l'idea è stata quella di stabilizzare l'insieme, e ci si è pertanto limitati a un condizionamento capillare, con cartelle e carte conservative per isolare e sostenere i materiali più fragili.

Foto 9: Fondo Cavalcaselle - ossidazione da contatto,  interfoliazione.

Foto 9: Fondo Cavalcaselle - ossidazione da contatto, interfoliazione.

5. Restauri "classici" e book repair

Il restauratore che opera nel settore pubblico si allontana così dagli schemi del restauro classico, e rimane da solo per le scelte da compiere su restauri puri di opere "fondanti" dell'istituto, che occupano però, quantitativamente, un tempo ridotto.

Ad esempio, per contrastare l'azione corrosiva degli inchiostri ferrogallici a metà degli anni Novanta in Olanda si è iniziato a sperimentare un trattamento acquoso a base di fitati di calcio: dopo averlo messo in pratica in laboratorio su alcuni manoscritti secenteschi, lo abbiamo proposto anche ad un laboratorio esterno, con ottimi risultati.

Il Breviario Grimani, codice pergamenaceo riccamente miniato, è uno dei tesori della Biblioteca di cui un'associazione belga ha finanziato la valorizzazione. Poiché le sue condizioni sono ottime, chi scrive ne ha curato la pulitura dei margini delle miniature a piena pagina con sostanze mutuate dal restauro pittorico, mentre uno studio veneziano di legatoria artistica ha realizzato la custodia di apparato, che mantiene insieme il manoscritto e il piatto anteriore della legatura preziosa, staccato.

Foto 10: Breviario Grimani - custodia con scomparto per il piatto anteriore. Realizzata dalla Legatoria artistica V.Grum.

Foto 10: Breviario Grimani - custodia con scomparto per il piatto anteriore. Realizzata dalla Legatoria artistica V.Grum.

Come si vede, il terreno d'azione di entrambi i ruoli diventa una sorta di punto d'incrocio per concretizzare un lavoro di qualità, dove il contatto porta a una formazione reciproca e a modificare entrambe le prospettive. Questo avviene anche nell'ambito fondamentale del book repair, inteso non come pratiche di legatoria tradizionale, ma come applicazione elastica delle soluzioni di restauro applicate a lavori brevi e numerosi, su materiale moderno. Le scelte del materiale vengono operate del bibliotecario, che poi cerca e chiede una legatoria di qualità da parte dei laboratori di legatoria, con interventi semplici e mirati sulle carte e sulle legature moderne, e con l'adozione di materiali più consoni.

Naturalmente, se non si propone e non si riconosce la miglioria, non si può ottenere alcun valore aggiunto. Al riguardo una serie di utili riferimenti bibliografici si sono sviluppati soprattutto nei paesi nordamericani, dove maggiore è l'incidenza delle collezioni moderne, e quindi maggiore è l'attenzione verso questo ambito spesso trascurato [4]. Tali trattamenti permettono alle collezioni di "invecchiare" in maniera stabile, evitando di consegnare a futuri colleghi problemi di maggiore costo, risolti ora con soluzioni di comodo e di breve durata.

Foto 11: Riassemblaggio di piatti staccati - sistema pleat hinge reattachment.

Foto 11: Riassemblaggio di piatti staccati - sistema pleat hinge reattachment.

Foto 12: Legatura in tela - tubo di carta per recuperare il  dorso staccato.

Foto 12: Legatura in tela - tubo di carta per recuperare il dorso staccato.

6. Necessità e risorse per una crescita

Per concludere, un accenno a cosa manca per far sì che questo tipo di approccio possa diventare prassi corrente e non frutto di attitudini e buone volontà individuali.

A livello generale manca una consapevolezza diffusa di come e quanto si opera nel campo del restauro librario. C'è infatti una sorta di paradosso della visibilità: l'intervento deve essere minimo, nel senso di minima interferenza sulle condizioni originali, per cui non necessariamente il volume deve sembrare nuovo; al tempo stesso, se non si ha consapevolezza che un libro è stato sottoposto a un restauro e cosa significa questo processo, se ne perde una parte di storia e di significato e, in ultimo, si giustifica a fatica il costo dell'operazione.

A livello pratico manca, soprattutto, un aumento della disponibilità reale delle figure di restauratori negli istituti, anche nella forma di consulenza periodica a biblioteche singole o riunite in polo, per facilitarne la gestione delle attività di conservazione.

A livello di rete, occorre un coordinamento con altre biblioteche che abbiano lo stesso tipo di figure e, strettamente collegato a ciò, occorre un aggiornamento costante che vada oltre la formazione ricevuta nelle scuole di restauro. Questo aspetto viene sempre affrontato su iniziativa personale, e purtroppo non trova luoghi di riferimento negli istituti centrali del Ministero.

Guardando agli strumenti bibliografici aggiornati attualmente a disposizione, in Italia ne esistono più per curatori che per restauratori. Tra le novità dell'ultimo anno penso per esempio ai Principi dell'IFLA tradotti in italiano e al manuale di Maria Barbara Bertini sulla prevenzione e i piani di emergenza [5].

Per iniziare a ovviare a questo isolamento, lo scorso anno il nostro ufficio ha organizzato un incontro in forma seminariale tra restauratori pubblici, intitolandolo "Saperi a confronto". Sono stati due giorni di intenso scambio in cui a turno abbiamo esposto ai colleghi di altre città alcune fra le esperienze più significative [6].

Il prossimo anno l'iniziativa verrà riproposta nei laboratori di Trento, e una simile rete di contatti potrebbe essere messa a punto tra i bibliotecari conservatori, dal momento che in questo ruolo si sono formate negli anni professionalità esperte e mature, che possono interagire in maniera fruttuosa con i restauratori. Credo infatti che ciò che ha fatto la differenza nell'impostazione del lavoro nel nostro istituto siano state soprattutto la personalità e competenza della responsabile dell'ufficio, che ha portato anche noi a sviluppare liberamente le nostre.

Questo intervento intende essere una semplice carrellata della varietà dei problemi affrontati, delle sfumature in cui si sono articolati in Marciana i rapporti tra bibliotecari e restauratori nel corso di questi ultimi anni, nonché, soprattutto, un invito a sperimentarli in altre realtà e a cercarne di propri.

Silvia Pugliese, Biblioteca Nazionale Marciana - Venezia pugliese@marciana.venezia.sbn.it


Note

* Relazione presentata al convegno Conservare le raccolte delle biblioteche: problemi e prospettive dal cartaceo al digitale, Venezia il 26 maggio 2006, e promosso dalla Commissione nazionale università e ricerca, dal Gruppo di studio sulle biblioteche digitali e della Sezione Veneto dell'Associazione Italiana Biblioteche.

[1] Per l'intero progetto cfr. Tiziana Plebani, Conservare in contesto: ovvero come fare di necessità virtù, "CAB Newsletter", 5 (2000), 6, p. 10-11; per i montaggi e le custodie cfr. Claudia Benvestito - Silvia Pugliese, L'intervento su una raccolta di carte geografiche della Biblioteca Nazionale Marciana: alcune soluzioni per la sistemazione, "CAB Newsletter", 5 (2000), 6, p. 2-9.

[2] Per le decisioni da prendere su come e quando restaurare cfr. Nicholas Pickwoad, Determining how best to conserve books in special collections, "The Book and Paper Group Annual", 13 (1994), p. 35-41, <http://aic.stanford.edu/sg/bpg/annual/v13/bp13-07.html>.

[3] Tiziana Plebani, Concluso il progetto di conservazione del fondo giornali, "Biblioteca Marciana Newsletter", 8 (2005), p. 6-7, <http://marciana.venezia.sbn.it/news8/art6.html>.

[4] Alberto Campagnolo, Il book repair come disciplina integrata. Analisi dell'esperienza in Nord America e confronto con l'approccio europeo. Tesi di laurea in Biblioteconomia – Conservazione del materiale archivistico e bibliotecario, Università Ca' Foscari di Venezia, relatore Riccardo Ridi, correlatore Tiziana Plebani, a.a. 2006.

[5] Principi dell'IFLA per la cura e il trattamento dei materiali di biblioteca, a cura di Edward P. Adcock, con la collaborazione di Marie-Thérèse Varlamoff e Virginie Kremp, Roma, AIB, 2005 (i Principi, tradotti da Luciano Carcereri e Rosa Martucci, sono disponibile on-line a <http://www.ifla.org/VI/4/news/pchlm-it.pdf>); si veda inoltre Maria Barbara Bertini, La conservazione dei beni archivistici e librari. Prevenzione e piani di emergenza, Roma, Carocci, 2005.

[6] Un resoconto delle relazioni è presente in Silvia Pugliese, Saperi a confronto. Orientamenti e pratiche di restauro librario nelle biblioteche pubbliche di conservazione, "CAB Newsletter", 9, (2004), 2-4, p. 29-34.




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