«Bibliotime», anno V, numero 1 (marzo 2002)


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Raffaella Ingrosso

Indagine sui corsi e sui metodi di formazione continua
nelle biblioteche universitarie italiane:
information technology e identificazione dei bisogni



Introduzione e scopo della ricerca

Negli ultimi anni l'interesse per la formazione permanente (continuing education and training) [1] nel campo della biblioteconomia e documentazione scientifica è stato sorprendente, in Italia come nel resto del mondo. E' di importanza cruciale il modo con cui le biblioteche cercano di affrontare questa nuova era tecnologica: l'automazione ha inevitabilmente cambiato la gestione bibliotecaria sin dagli anni '70, e molti bibliotecari hanno accolto questi mutamenti con grande entusiasmo; in alcuni casi, la formazione e le attività di training hanno aiutato lo staff ad usare tutti i potenziali strumenti informatici con notevole profitto.

I cambiamenti più significativi si sono verificati nell'area della diffusione delle reti, nella gestione delle risorse documentarie, nel prestito interbibliotecario e document delivery; come conseguenza, le biblioteche hanno dovuto ottimizzare i servizi informativi in modo da venire incontro alle esigenze dei propri utenti ed affrontare il problema del budget, dello sviluppo professionale, della formazione dell'utenza e del copyright anche in un contesto elettronico: in sostanza, tutti quegli aspetti che coinvolgono in particolar modo le biblioteche accademiche. Una scorretta interpretazione e gestione di queste tendenze può portare ad una profonda crisi per le biblioteche, che a livello europeo si trovano inoltre ad affrontare profonde sfide finanziarie, con budget a disposizione sempre minori.

Ci sono anche altri fattori che contribuiscono a caratterizzare le biblioteche universitarie oggi e nel prossimo futuro. Qual è la realtà delle biblioteche accademiche? Quali devono essere le loro attività e quali strategie esse devono intraprendere per essere preparate ad le tecnologie del futuro? E, soprattutto, quali devono essere le capacità del bibliotecario nel nuovo millennio?

In questa analisi non si pretende di poter rispondere a questi ed altri quesiti ; ma date le premesse, e considerato che il bibliotecario universitario gioca un ruolo strategico nell'assistenza all'utenza, costituita da studenti, laureati, docenti e altre istituzioni adibite alla ricerca, si ritiene di notevole importanza che i bibliotecari posseggano le competenze tecnico-scientifiche per operare nel modo più efficiente possibile, e a tali competenze si perviene attraverso una continuing education ed un continuo training.

La situazione delle biblioteche universitarie italiane non sembra confermare questa affermazione e quindi, volendo dare una risposta alle domande sopra esposte, l'indagine presente mira sostanzialmente a:

  1. passare in rassegna alcune biblioteche universitarie, per cercare di stabilire se una consapevolezza dell'importanza della continuing education si rifletta nello statuto delle stesse e, in caso di risposta negativa, se in qualche modo si rifletta direttamente nella prassi amministrativa e gestionale;
  2. esaminare la condotta delle associazioni professionali per verificare se esista una strategia a livello nazionale, che incoraggi il "training professionale", al fine di offrire un periodo di formazione iniziale e di aggiornamento delle capacità e competenze già acquisite.

Studiando la realtà italiana e analizzando in particolare le aspettative dei bibliotecari professionali all'interno delle biblioteche universitarie, si possono evidenziare due gruppi di obiettivi in questo studio:

1) Analisi dei bisogni formativi:

a) identificare i corsi esistenti sulle metodologie bibliotecarie e l'uso dell'informatica applicata alle biblioteche;

  1. identificare gli interessi dei bibliotecari riguardo ai fattori che attualmente influenzano le attività bibliotecarie e i cambiamenti in prospettiva;
  2. fornire ipotesi e raccomandazioni al fine di stabilire la possibilità di organizzazione di corsi mirati per i bibliotecari operanti nelle università italiane.

2) Analisi delle motivazioni e degli ostacoli alla formazione continua:

  1. evidenziare gli argomenti preferiti dai bibliotecari in materia di formazione professionale;
  2. evidenziare il metodo congeniale di formazione;
  3. evidenziare le ragioni, gli incentivi e gli ostacoli che determinano lo stimolo o la rinuncia a partecipare a corsi di formazione continua e permanente.

L'espressione continuing education intende includere, ai fini del presente studio, tutte quelle attività educative disegnate appositamente per portare ad un certo livello di conoscenza e pratica i bibliotecari e i professionisti dell'informazione nell'organizzazione in cui operano e dare loro la possibilità di aggiornarsi continuamente su nuovi temi e tecnologie.

E' importante sottolineare che continuing education è qui intesa non come un insieme di attività educative che portano al conseguimento di una laurea o di un titolo di studio superiore, ma come un complesso di attività che consistono di corsi brevi, seminari e quant'altro di simile per bibliotecari specializzati, che hanno come solo obiettivo l'apprendimento e il miglioramento delle proprie capacità lavorative.

In Italia i problemi relativi alla formazione sono stati variamente affrontati, e molti esperti del settore continuano a parlare dell'esigenza di migliorare le tecniche di insegnamento, la credibilità della nostra professione e l'aggiornamento dei curricula.

Due sono le istanze che maggiormente emergono: la prima è il bisogno dell'organizzazione di fornire un servizio di qualità, la seconda è invece relativa alle necessità di quanti vi operano. Le motivazioni dello staff e l'efficiente organizzazione dei servizi sono due delle funzioni principali di un manager/coordinatore di un sistema bibliotecario, poiché lo staff training deve essere orientato in entrambi i sensi. Sorvolando sulle sfaccettature riscontrabili nella letteratura inglese in materia di distinzione dei significati di staff development, continuing education e staff training, peraltro già accennati, sembra opportuno richiamare l'attenzione sulla urgente necessità che le biblioteche universitarie applichino in pratica il principio di staff development in tutte le sue tre fasi principali:

    1. addestramento con eventuale tirocinio (induction: orientation to library policies and practices)
    2. formazione avanzata (developmental: training to improve job performance or qualify for more responsibility)
    3. traduzione nell'attività lavorativa delle due funzioni precedenti (job: training the skills and competencies of basic job function) [2].

Aggiornando il concetto sopra esposto, i contenuti formativi ricadono nelle seguenti due macro-categorie:

  1. necessità relative all'uso della tecnologia informatica (information technology) in tutte le sue svariate sfaccettature (IT);
  2. necessità finalizzate ad aiutare il personale ad affrontare l'interscambiabilità lavorativa dei ruoli.

Metodologia di ricerca

Nel ribadire che l'obiettivo del presente lavoro è di identificare i bisogni formativi del bibliotecario professionale nelle università italiane, appare legittima la decisione di concentrarsi sulle esigenze di sviluppo professionale e personale espresse dai bibliotecari che hanno aderito all'iniziativa, mirando a recuperare informazioni concernenti:

  1. argomentazioni sulle esigenze reali di percorsi formativi,
  2. identificazione di chi e che cosa determinano i bisogni formativi del personale,

3) ruolo del manager/coordinatore responsabile del processo di formazione.

La metodologia di ricerca e la struttura del lavoro sono state modellate sul metodo Delphi, allo scopo di acquisire il consenso su uno schema definitivo delle riflessioni sopra descritte da parte dei bibliotecari, e mettere a fuoco le tendenze più importanti negli sviluppi osservati nell'ambiente bibliotecario accademico. Essendo l'intento quello di costruire uno schema intorno alla domanda chiave "quali sono le riflessioni sul training e le innovazioni informatiche nelle biblioteche universitarie in Italia?", il metodo si è dimostrato assai efficace.

Il Delphi è, infatti, una metodologia qualitativa che implica la definizione del problema, la preparazione di uno o più questionari inviati ad un gruppo selezionato di esperti e, di seguito, l'analisi delle risposte. Il risultato è il raggiungimento di un consenso riguardo all'argomento oggetto dello studio. E' da precisare tuttavia che sebbene il campione preferenziale di questo metodo di indagine debba essere un gruppo di esperti, con un alto grado di professionalità, studi più recenti hanno dimostrato che gli stessi risultati si possono ottenere inviando dei questionari ad individui con diverse conoscenze e professionalità [3].

Su questo duplice binario è stato quindi formulato un questionario aperto con una scala "Likert-type", che nella sostanza indica il grado minimo e massimo di assenso/soddisfazione su ogni domanda da parte delle persone contattate. Il questionario dava inoltre ai bibliotecari la possibilità di esprimere opinioni personali non soltanto riguardo alla categoria di appartenenza e all'importanza data alla formazione ma anche riguardo ai quesiti formulati.

Inizialmente l'idea era di scegliere gli utenti casualmente, e per tale ragione il questionario era stato inviato ai bibliotecari attraverso la posta elettronica, sfruttando la lista di discussione professionale italiana AIB-CUR; ma, a causa della scarsa risposta, si è optato per una diversa strategia di ricerca, con la scelta preventiva degli intervistandi e la possibilità di un'intervista offerta solo ad alcuni di essi.

Le risposte sono state in totale 153, ma ai fini dell'indagine sono stati ritenuti validi 140 questionari, di bibliotecari in servizio prevalentemente nel Nord-Italia. Tra i partecipanti, il 37% è inquadrato nella categoria C, il 52% nella categoria D, l'11% nella categoria EP. La maggior parte lavora in biblioteche di facoltà (33%), dipartimenti (39%), centri di servizi (28%); il 56% possedeva una laurea alla data del questionario (di cui solamente due un titolo di studio specifico in "Beni culturali") e molti (22%) titoli di specializzazione post-laurea in biblioteconomia, il 3% un dottorato, ma non e' stata indicata l'area di ricerca. I questionari utili provengono prevalentemente da dieci regioni del Nord e del Centro Italia e sono stati selezionati tenuto conto:

  1. del maggiore interesse nell'iniziativa da parte dell'intervistato;
  2. della letteratura attuale, che rivela un Centro-Nord all'avanguardia per la presenza e l'uso di tecnologie informatiche avanzate applicate alle biblioteche;
  3. dell'appartenenza dei bibliotecari ad atenei numericamente più grossi.

E' anche necessario precisare che l'interesse si è focalizzato solo su alcune regioni (Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria, Toscana, Marche, e in misura minima, Campania); che i dati forniti non sono stati valutati in base alla grandezza della biblioteca; e che gli interlocutori sono stati invitati ad esprimere il proprio pensiero, le proprie sensazioni, non giudizi e stime oggettive relative al proprio ambiente di lavoro.

Tutti i bibliotecari hanno interpretato correttamente le domande formulate e hanno risposto ad esse obiettivamente e con precisione; condizione essenziale era l'anonimato, ma alcuni non hanno esitato a rivelare la propria identità per libera scelta. Vi sono stati bibliotecari in possesso di una laurea e/o altri diplomi in biblioteconomia o scienze affini, con un'anzianità di servizio da un minimo di cinque anni ad un massimo di ventuno, rappresentanti una varietà di aree disciplinari, da quella umanistica a quella economica e scientifica, e, fra le risposte, non sono mancate quelle di direttori/coordinatori di biblioteche di dipartimento, di centri, di facoltà. In sostanza il questionario è stato dunque creato tenendo presenti argomenti precisi di possibili o probabili interessi e bisogni formativi, raggruppati poi in quattro macro gruppi (vedi Tav.1):

 

 

Norme della Bibl.

Problemi di gestione

Tecnologia Informatica

Necessità di formazione

Sviluppo coll.librarie,

servizi all'utenza, capacità di comunicazione, indicizzazione e catalogazione, condivisione delle risorse, politica degli acquisti, catalogazione partecipata

Economia e finanze, sviluppo del lavoro, licenze elettroniche, diritti d'autore, competitività, progettazione di gruppo

Scarsezza di infrastrutture tecniche, aggiornamenti, problemi legali, software, formati marc, metadati, opacs, rapporti con l'utenza, intermediari, sviluppo delle collezioni

Biblioteca come organizzazione dell'apprendimento (Learning organisation), curricula formativi, formazione permanente dello staff, uso scorretto dei servizi bibl., abilità linguistiche e informatiche, impegno lavorativo

Tav. 1

Fra gli argomenti inclusi nel questionario, si è posto l'accento in modo doveroso sullo sviluppo dell'informazione digitale come parte integrante degli orientamenti futuri delle biblioteche accademiche, sul significato del ruolo del bibliotecario, che passa da semplice custode dei vecchi supporti cartacei a gestore del mondo digitale, e sui modi di erogazione di servizi di formazione ai bibliotecari, quali:

I modi di formazione prospettati costituiscono il background della lettura e consultazione professionale non esplicitata nel presente lavoro, ma sono anche gli argomenti maggiormente ricorrenti in scritti, articoli, pubblicazioni in generale su questo tema. Dai dati forniti si evince che i bisogni specifici da mettere in luce in relazione alla formazione continua sono da un lato gli sforzi a livello locale per erogare i servizi di cui sopra, dall'altro come pianificarli e coordinarli anche a livello nazionale.

Riassumendo: sulla base del tracciato del metodo Delphi, dopo avere definito il problema all'origine dell'indagine, il questionario inviato ai bibliotecari italiani è stato diviso in due parti: uno che ruota intorno alla domanda chiave "Quali sono le considerazioni dei bibliotecari sui fattori del futuro sviluppo delle attività nelle biblioteche universitarie italiane?", fornendo quattro possibili scenari/problemi inerenti all'attività nelle biblioteche (Domande 1, 2, 3, sezione A) e riguardanti la politica finanziaria, sviluppo dell'informatica, disposizioni legislative, problematiche relative alla biblioteca digitale; l'altro (Sezione B) che si incentra sull'effettiva fornitura di formazione nelle biblioteche con un "micro censimento" delle attività di formazione dei bibliotecari coinvolti, quali "training" relativo all'uso di strumenti informatici, ragioni che spingono alla frequenza di corsi di formazione, chi determina i bisogni/percorsi formativi da seguire, il ruolo delle associazioni responsabili della formazione del personale bibliotecario.

 

Risultati : effetti e carenze della formazione continua

In linea generale, le opinioni e le reazioni dei bibliotecari italiani sulla necessità e sull'urgenza dell'applicazione del principio di formazione continua sono state positive così come positivo è stato l'effetto dello sviluppo tecnologico nella vita lavorativa; ma, purtroppo, esistono ancora alcune riserve, paure e insoddisfazioni. Il background formativo appare infatti abbastanza deludente, se si pensa che al di là del titolo di studio universitario pochi posseggono o credono in una specializzazione post-laurea in biblioteconomia (22%) e ancora meno posseggono anche un dottorato di ricerca o master (3%).

Emerge infatti che l'ordine di importanza assegnato ai diversi tipi di formazione, anche come requisito per l'accesso al mondo del lavoro, è il seguente:

  1. diploma di Laurea,
  2. diploma post-laurea,
  3. diploma di Scuola media Superiore,
  4. dottorati (Ma, Msc, Phd),
  5. altro (corsi generali di specializzazione in biblioteconomia o management o informatica).

In altre parole, i risultati dimostrano che solo in pochi credono che una qualificazione ulteriore sia auspicabile, e sfortunatamente non la considerano comunque essenziale. Nell'opinione comune un neo-assunto dovrebbe possedere comunque delle vaste competenze culturali di base, comprensive della conoscenza di almeno due lingue straniere, esperienza specifica acquisita anche mediante stages, forte propensione al lavoro di gruppo e alla flessibilità, forte capacità di comunicazione.

Andando oltre nei risultati del questionario, poiché ai bibliotecari è stata data l'opportunità di scegliere, formulare giudizi, esprimere il proprio parere sui fattori che, dal loro punto di vista, esercitano una grande influenza nel mondo bibliotecario ed in particolare nella struttura in cui prestano servizio, è emerso che un'elevata percentuale ritiene elementi fondamentali di ostacolo ad una seria formazione continua i finanziamenti inadeguati, le dicotomie organizzative, l'eccessiva intromissione nelle decisioni tecnico-professionali da parte della categoria dei docenti e la debolezza della struttura informatica. E' giudicata inoltre gravissima la politica restrittiva delle assunzioni dell'ente, con aumento dei carichi di lavoro e sempre più frequente ricorso a personale non strutturato, con un dispendio continuo di tempo per la formazione di tale personale; altrettanto grave è ritenuta la politica edilizia e finanziaria dell'Ateneo (Tav.2).

In relazione alle domande sull'impatto della tecnologia digitale sulla biblioteca e sugli utenti (sez. A, domanda 3), la maggioranza concorda nell'affermare che molto è stato realizzato altrove, ma in Italia l'infrastruttura digitale è ancora debole ed esistono quindi notevoli problemi nell'archiviazione dei dati; si aggiunga poi la considerazione che dovrebbero essere maggiormente rafforzati il mercato delle licenze elettroniche, con relativi problemi di copyright e riproducibilità del materiale, le collaborazioni consortili nell'acquisizione e gestione dei supporti digitali, la catalogazione partecipata e le politiche di cooperazione finalizzate alla circolazione dei documenti.

Concentrando ora l'attenzione sulle risposte specificamente concernenti l'aspetto della formazione, che è stata alla base della ricerca, si evidenzia che molti bibliotecari hanno frequentato corsi brevi, conferenze, seminari su vari argomenti biblioteconomici, ma una bassissima percentuale ha frequentato corsi della medesima durata che potevano riguardare aspetti di procedure informatiche specialistiche, teorie di Total Quality Management, valutazione dei servizi, editoria elettronica. Sul piano individuale, la partecipazione a tali corsi non è ritenuta importante ai fini della progressione di carriera: solo il 17% ha risposto con concetti legati alla preparazione a nuove responsabilità o avanzamento interno, mentre maggior peso è stato dato a motivazioni quali la crescita professionale, l'approfondimento della ricerca, la rappresentanza dell'organizzazione presso cui si lavora, l'economicità del corso e l'interesse personale negli argomenti.

Emerge poi che le ragioni che spingono il direttore della struttura di appartenenza ad incoraggiare il personale a frequentare tali corsi sono determinate soprattutto dal desiderio di disporre di personale aggiornato e dall'eventuale sviluppo di nuovi servizi, ferma restando l'economicità e la breve durata del corso; mai una parola spesa in termini di facilitazione nella rotazione dei servizi, di aggiornamento sulle necessità degli utenti, mai un eventuale incoraggiamento emotivo (maggiore competenza, soddisfazione, assenza di noia). Solo il 26% degli intervistati riceve aiuti economici o rimborso spese dalla direzione, il 18% non ha alcun supporto finanziario e il restante ha risposto che gli sforzi fatti per frequentare corsi di formazione non sono mai stati adeguatamente incoraggiati né remunerati.

E' interessante notare che laddove esiste il supporto istituzionale nella figura di un direttore, la percentuale di coloro che frequentano percorsi formativi è molto alta, e molto alto è il numero dei corsi frequentati, mentre nei casi contrari si registra la frequenza ad uno-tre corsi all'anno nella stessa regione (quindi con nessuno spostamento fisico costoso); il 47% degli intervistati inoltre ha risposto che la biblioteca in cui operano non ha un settore dedicato esclusivamente alla formazione dello staff e che, nonostante esista un centro di coordinamento (sistemi bibliotecari di ateneo), la qualità dei servizi erogati non sempre incontra i bisogni espliciti del personale, anche a causa di una mancata indagine preliminare da parte del coordinamento: nel 9% dei casi i corsi sono organizzati su richiesta dei bibliotecari, nel 4% in seguito a questionari mirati, nel 21% nell'ambito di una pianificazione prestabilita di attività di formazione continua a livello di ateneo.

Lo sconcerto maggiore però deriva dalle risposte relative ai corsi organizzati dall'AIB (Associazione Italiana Biblioteche), che non sembrano attrarre l'interesse dei bibliotecari; la maggioranza (54%) ha risposto che si sentono rappresentati dall'AIB "quasi sempre", "qualche volta" (19%), ma "sempre" solo il 27%; e mancano di entusiasmo anche quando affermano che i corsi gestiti dall'AIB sono adeguatamente coordinati a livello regionale o nazionale. Essi tuttavia non hanno perduto del tutto la loro fiducia in merito a ciò che l'AIB potrebbe organizzare, ma le loro aspettative si appuntano in modo particolare al cambiamento dell'immagine della professione, al costante aggiornamento e ad un valido supporto per ciò che concerne il credito formativo e la progressione di carriera. All'AIB è richiesto di essere aperta e flessibile nell'assumersi il ruolo di portavoce dell'istanza della formazione continua, anche se fornire adeguati temi e programmi formativi in regioni così grandi e geograficamente e culturalmente così diverse come in Italia, non è un problema sottostimabile.

Conclusioni

Staff training è un'esigenza continua che le biblioteche, gli enti e le agenzie private stanno cercando complessivamente di soddisfare in molti modi. Esso traspare in molte aree biblioteconomiche in cui la tecnologia informatica viene regolarmente applicata: il training è visto e percepito come un "morale builder", una sicurezza in termini di competenza, una cura per il technostress e un modo per creare l'immagine di una buona, attenta pianificazione bibliotecaria, in cui lo staff risulti esperto nel proprio settore. E' vero, come testimoniano le risposte al questionario, che i bibliotecari percepiscono dei miglioramenti rispetto al passato, ma è anche vero che il giudizio dato al sistema formativo è "adeguato" piuttosto che "buono" o "eccellente".

Deve essere presa seriamente in considerazione la possibilità di rivedere i programmi dei corsi/percorsi formativi adeguati per i bibliotecari universitari: studi mirati devono essere offerti costantemente dai settori preposti alla formazione negli atenei; l'apprendistato dovrebbe essere una costante nella politica dell'offerta e/o richiesta di lavoro, come una delle vie da percorrere per entrare nel mondo bibliotecario e allo stesso tempo come modello di assunzione. Da quanto si evince dalle interviste fatte ad esperti del mondo bibliotecario italiano e della formazione, i programmi e l'assistenza forniti dall'AIB possono essere considerati appropriati ma non soddisfacenti; i seminari offerti, pur coprendo varie aree professionali, non sono considerati esaustivi, e spesso si ricorre ad agenzie ed enti privati che forniscono corsi brevi, moduli di aggiornamento a domanda e a distanza.

Bisogna concentrare l'attenzione sugli argomenti cardine evidenziati dai bibliotecari e raggruppabili in quattro categorie definite: Internet, uso del web, biblioteca digitale, teorie di management bibliotecaria. L'uso di Internet (accesso all'informazione elettronica, uso dei motori di ricerca e portali) e la capacità di creare tour virtuali delle biblioteche (quindi l'uso del web, creazione di pagine, HTML, web management) sono stati indicati come alcuni dei bisogni formativi primari, utili sia per il servizio di reference che per la formazione all'utenza; la conoscenza delle reti e la catalogazione di risorse elettroniche, compresa una panoramica sulle biblioteche digitali, l'archiviazione digitale, editoria elettronica e scanning digitale sono stati gli altri argomenti fondamentali per i quali si richiedono sessioni formative specifiche.E' giusto lasciare a tali agenzie il compito di offrire pacchetti formativi specialistici (TQM, orientamento e reference, valutazione dei servizi, informatica/software), ma a livello nazionale l'AIB potrebbe farsi carico di un corso comprensivo multi-disciplinare a più moduli, per coprire il raggio di tutte le fondamentali attività bibliotecarie, e coordinato a livello nazionale e locale.

Altre brevi raccomandazioni che derivano da questa esperienza di studio e da questa ricerca possono essere così riassunte:


Raffaella Ingrosso, Biblioteca scientifica interdipartimentale -
Università di Modena e Reggio Emilia, e-mail: ingrosso.mariaraffaella@unimo.it


Riferimenti bibliografici

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Note

[1] Nell'articolo Participation, benefits and defects of UK continuing education and training opportunities in librarianship and education science, scritto da Lewins-MacDougall-Tseng, per "Personnel Training and Education", 8 (2), 1991, continuing education and training è definita come "post-qualification education and training activities for professional librarians and information specialist and do not include first qualification courses or pre-licentiate training. It does include conferences, discussion fora and seminars, as well as formal activities such as short courses, lectures, courses for further qualification and in-service training programmes [...]".

[2] Bird, J. (1986). In-service training in public libraries authorities. "British Library Research and Developmental Reports", 23, 1-151.

[3] Un'ottima panoramica del metodo Delphi è tracciata dal sito: <http://www.cittadigitali.it>. Per una definizione sintetica in lingua: "A group communication structure used to facilitate communication on a specific task. The method usually involves anonymity of responses, feedback to the group as a whole of individual and/or collective views and the opportunity for any respondent to modify an earlier judgment. The method is usually conducted asyncronously via paper and mail but can be executed within a computerized conferencing environment. At the essence of the method is the question of how best to tailor the communication process to suit the situation. The Delphi method was originally developed at the RAND Corporation by Olaf Helmer and Norman Dalkey, 1950s". (<http://pespmc1.vub.ac.be/asc/Delphi_metho.html>).



«Bibliotime», anno V, numero 1 (marzo 2002)


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