«Bibliotime», anno VI, numero 1 (marzo 2003)

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Fabiana Gallizia

Obiettivo Conservazione



Obiettivo Conservazione. Atti del seminario "La conservazione dei Beni librari nelle biblioteche dell'Università, Biblioteca Centrale "G. P. Dore" della Facoltà di Ingegneria, dicembre 2000, a cura di Maria Pia Torricelli, Bologna, 2002, 128 p. Volume fuori commercio, disponibile su richiesta presso la Biblioteca Centrale "G. P. Dore" della Facoltà di Ingegneria dell'Università di Bologna.

"Prevenire è meglio che restaurare". Sotto l'egida dello slogan coniato da Carlo Federici, all'epoca direttore dell'Istituto Centrale di Patologia del Libro, nel dicembre 2000 si è tenuto presso la Biblioteca Centrale "G. P. Dore" della Facoltà di Ingegneria, Università di Bologna, il seminario di studio La conservazione dei beni librari nelle biblioteche dell'università.

La quasi millenaria tradizione dell'Alma Mater ha fatto sì che nelle biblioteche delle sue Facoltà, dei suoi Dipartimenti e Istituti siano stati raccolti e, oggi, custoditi e conservati oltre diciottomila volumi antichi, più della metà dei quali nelle sue istituzioni scientifiche. Già da tempo, del resto, la stessa Università è impegnata in un percorso di recupero e valorizzazione dei propri fondi librari antichi, con il restaurare, catalogare e rendere fruibile al pubblico questo importantissimo patrimonio. Se la validità di un contributo scientifico è, ancor oggi, in buona parte garantita dall'importanza della rivista che lo ha pubblicato, in passato gli scienziati avevano un ruolo attivo e mai marginale nel processo della pubblicazione delle loro opere, proprio allo scopo di conferirne veridicità e autorevolezza. La storiografia scientifica riconosce il forte vincolo tra l'elaborazione della conoscenza e la storia del libro, in termini di autenticità e garanzia dati dal libro stesso, e non stupisce affatto, quindi, l'interesse delle istituzioni dell'ateneo bolognese nei confronti di un patrimonio così prezioso.

Il seminario è nato proprio dalla necessità di penetrare in maniera approfondita una serie di tematiche correlate alla conservazione dei beni librari, la quale, anche nel contesto delle biblioteche accademiche, non si configura affatto come bagaglio professionale accessorio e superfluo, ma risulta inscindibile dall'attività quotidiana del bibliotecario, in ogni caso coinvolto a tutelare il patrimonio documentario dell'organizzazione in cui opera, come a renderlo disponibile per il proprio pubblico e per le svariate esigenze di documentazione scientifica e di approfondimento culturale.

Di questi temi si occupa appunto Obiettivo conservazione, che raccoglie gli atti di quelle giornate di studio, e che ha visto la luce dopo il seminario bolognese. Il primo intervento, Perché parlare di conservazione alla Biblioteca della Facoltà di Ingegneria (p. 9-20), a cura di Maria Pia Torricelli, bibliotecaria presso la stessa biblioteca "G.P. Dore", e di Marina Zuccoli, collega del Dipartimento di Astronomia, si propone di dare risposta ad un interrogativo apparentemente provocatorio, vista la comune associazione delle discipline ingegneristiche con la modernità biblioteconomica, piuttosto che con tematiche più legate alla tradizionale attività assicurata dalle biblioteche.

La dicotomia tra le nuove tecnologie e le esigenze conservative è, in effetti, solo apparente, poiché la realtà dei fatti conferma quotidianamente l'apporto positivo dell'applicazione di soluzioni altamente tecnologiche ed innovative a problemi antichi come quelli legati al restauro ed alla conservazione, come mostrano i progressi registrati in questi anni nel settore dell'applicazione tecnologica ai beni culturali, non solo librari, ma anche storico - artistici ed architettonici.

Il fondo antico della Biblioteca Dore trae origine dalla Scuola di applicazione per ingegneri di Bologna, sorta nel 1877. Si compone oggi di circa settecento edizioni, stampate prima del 1830, alle quali si aggiungono numerose monografie e periodici ottocenteschi e del primo Novecento. Proprio grazie alla dedizione della stessa Torricelli, affiancata da Cinzia Bucchioni, in un recente passato la biblioteca è stata impegnata nel recupero di questo suo nucleo antico sia mediante un efficace intervento catalografico sia sul fronte concreto e materiale di pianificate operazioni di restauro, sempre condotte con competenza e intelligenza. Sin da principio, è importante sottolinearlo, la scelta della Dore è stata quella di puntare in prima istanza alla manutenzione ordinaria dei propri fondi antichi concretizzata grazie ad un'attività di tutela e prevenzione continua, ricorrendo solo in caso di necessità ad interventi straordinari e comunque non invasivi di restauro vero e proprio.

L'interessante contributo di Tiziana Plebani (p. 23-41), funzionaria presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, intitolato Mostre librarie e documentarie: riflessioni e metodologie di approccio dall'esperienza sul campo, illustra bene quali siano i rischi, e quindi le misure cautelative, in caso di esposizioni di libri. Dopo un approfondito excursus storico sulle mostre ed in particolare intorno a quelle librarie e documentarie, la Plebani ricorda che il libro non nasce per essere esibito in teche e altri simili contenitori chiusi, e che la sua esposizione in bacheca fornisce comunque un'informazione assai parziale dell'intero messaggio del quale esso può farsi veicolo, sia dal punto di vista contenutistico sia da quello materiale: è quindi necessario ed indispensabile valutare, con attenzione e in via preliminare, l'effettiva necessità di mettere in vetrina un documento delicato e prezioso come il libro, specialmente se antico o di pregio.

Di estrema utilità per chi si accinga ad approntare una mostra documentaria, i consigli pratici che l'autrice propone. Tra essi spicca l'opportunità di redigere una relazione sullo stato di conservazione dell'oggetto, da effettuare sul modello elaborato dalla stessa Plebani, (p. 40-41) e da accompagnare alla scheda di movimentazione del bene culturale, divenuta norma nelle biblioteche pubbliche statali. Tale resoconto consente infatti di mettere in luce e focalizzare gli elementi a rischio del pezzo, analizzandone nel dettaglio lo stato di conservazione e i pericoli ai quali esso potrebbe andare incontro, nel caso di un trasporto o di qualunque altra situazione potenzialmente traumatica. Degne d'attenzione, proprio per la loro applicazione concreta, sono anche le annotazioni relative alla corretta sistemazione fisica del documento in occasione di mostre (che va valutata in base alle caratteristiche meccaniche del singolo esemplare e ad altri parametri, non solo ambientali, quali l'angolazione di apertura dei piatti e i materiali di supporto meccanico più idonei) e quelle relative alle norme di imballaggio e trasporto. Se non eseguite da personale altamente qualificato, competente e consapevole delle reali conseguenze, tutte queste operazioni possono rivelarsi veri e propri traumi, purtroppo spesso irreversibili, per i documenti. La Plebani sottolinea anche come si debbano valutare attentamente anche le condizioni ambientali offerte dall'esposizione, per poter evitare danni irreparabili al documento; non marginali sono quindi lo stato dell'edificio in cui essa si terrà, i dispositivi di schermatura alla luce diretta, il tipo di illuminazione e di circolazione dell'aria interna scelti per le vetrine e, non da ultimo, l'opportunità di un servizio di monitoraggio costante, assicurato da apposita strumentazione, tecnologicamente avanzata.

Sempre in tema di esibizioni si pone l'intervento Quando il libro va in mostra: supporti e materiali (p. 43-57) di Silvia Pugliese, collega della Plebani alla Marciana. Il focus, molto tecnico, è incentrato su incidenti, macroscopici o microscopici, ma comunque sempre pericolosissimi, subiti dai documenti nel corso di un'esposizione. Non sono infatti soltanto i danni causati da errate posizioni del libro esposto, strutture di supporto non adeguate (che dovrebbero contenere il pezzo, non solo sostenerlo) o strisce fermapagina di varia natura a suscitare i giusti timori dell'autrice, ma anche le insidie meno evidenti, come quelle generate dalle reazioni chimiche che possono scatenarsi affiancando materiali di varia natura, ed anche dalle stesse vetrine.

Purtroppo è quasi sempre impossibile, considerati i tempi tecnici degli allestimenti, le difficoltà economiche e i problemi pratici connessi all'allestimento di una mostra, testare preventivamente queste reazioni: l'autrice a questo proposito suggerisce una serie di soluzioni di immediata attuazione che certo richiedono una buona conoscenza del materiale da parte di chi lo detiene.

La testimonianza di Laura Miani della Biblioteca Universitaria di Bologna, Note sulla conservazione alla Biblioteca Universitaria di Bologna, si pone come una riflessione essenzialmente basata sull'esperienza personale presso l'istituto in cui l'autrice presta servizio ormai da molti anni, e quindi per questo assai preziosa. Proprio partendo dall'esame del suo personale percorso professionale (da esperta nella catalogazione dei manoscritti a responsabile dell'ufficio restauro) l'autrice pone sin da subito l'accento sull'importanza della formazione continua e permanente dei conservatori come diktat categorico per bene eseguire questo difficile compito. La sperimentazione condotta nella Biblioteca Universitaria di Bologna viene così inserita e valutata all'interno della griglia suggerita da Carlo Federici, che prevede la prevenzione indiretta, che non coinvolge i documenti ma le condizioni dell'ambiente (umidità relativa, luce, temperatura, inquinamento atmosferico), la preparazione del personale, l'informazione al pubblico dei lettori, tramite regolamenti interni e opera di sensibilizzazione alle modalità meno invasive di consultazione ed uso del materiale antico o raro. La prevenzione diretta, attuata mediante le innumerevoli attività di routine quali la spolveratura, la disinfezione e la disinfestazione, l'utilizzo di appositi involucri e contenitori per la conservazione del materiale a rischio di danneggiamento e il ricorso alla riproduzione (fotografica, digitale, etc.) come mezzo sostitutivo dell'originale (espediente che però pone ulteriori problemi di conservazione per le copie stesse). Il restauro, ultimo approdo nella griglia di Federici, è considerato come punto di arrivo o come extrema ratio: all'interno di una cultura che mira piuttosto a una costante e corretta attività di conservazione, il restauro si rende purtroppo inevitabile per riparare i danni, anche recentissimi, provocati dalle pratiche biblioteconomiche contemporanee. È il caso, a Bologna, della torre meccanizzata dove sono custoditi i libri della Biblioteca Universitaria, i quali talora vengono rovinati e imbrattati dagli ingranaggi, quando non completamente distrutti.

L'intervento di Gloria Cirocchi, della Biblioteca della Camera dei Deputati, Nuove frontiere per la conservazione: vantaggi, svantaggi e modalità della digitalizzazione, (p. 69-99) tocca un argomento quanto mai attuale nella discussione biblioteconomica mondiale, quello del passaggio da un supporto analogico a un supporto digitale come possibile risposta alle esigenze di conservazione.

Messi in luce gli indiscutibili vantaggi della digitalizzazione sulla politica dell'accesso, l'autrice si proclama giustamente cauta nel valutare l'impatto della digitalizzazione a scopi conservativi, valutandone acutamente i pro ed i contro. Se è vero che i progetti di digitalizzazione con finalità di tutela sono sempre più numerosi, avviati da biblioteche grandi e piccole, è vero anche che il "surrogato digitale" non potrà mai sostituire il documento originale poiché il processo di digitalizzazione può preservare il contenuto ma non il documento nelle sue caratteristiche fisiche, le quali, oltretutto, sono sempre più spesso, esse stesse, oggetto di studio.

Dal punto di vista della conservazione e della tutela del documento, quindi, la digitalizzazione ha l'indubbio vantaggio di poter rendere fruibile materiale raro e prezioso, di formati particolari e poco maneggevoli, o già deteriorato. Ma è necessario tener presente anche che di un file digitale è pressoché impossibile accertare la rispondenza al documento originale, in mancanza del quale potrà essere solo l'autorevolezza dell'istituzione che ha convertito il documento a validarne l'originalità e quindi l'autenticità, così come non si può dimenticare che l'informazione digitale è molto più instabile rispetto a molti supporti analogici e che i costi della conservazione dei prodotti digitali sono molto elevati, estremamente più alti di quella tradizionale.

E' solo conoscendo questa realtà che è possibile avviare un progetto di conversione digitale delle proprie collezioni o di parte di esse, ma è anche necessario pianificarne lo sviluppo, valutando la tipologia dei documenti da digitalizzare e le necessità dell'utenza che ne fruirà. Proprio per questo si pone la scelta fra le diverse possibilità che la tecnologia offre. L'autrice si sofferma in particolare alle tecniche di scansione per ottenere immagini digitali, che restituiscono la rappresentazione del contenuto visivo di un testo, non senza esprimere valutazioni sulle loro caratteristiche tecniche, soprattutto in base al materiale da preservare. L'Appendice (p. 93-99), preparata dalla stessa Cirocchi, illustra nel dettaglio alcuni progetti di digitalizzazione, attuati da importanti biblioteche estere, quali la Bibliothèque Nationale de France, la Biblioteca Apostolica Vaticana, la British Library ed altre, sottolineando i risultati ottenuti ma anche le difficoltà incontrate.

Il volume si conclude con una utilissima appendice normativa (p. 105-125), che informa sulla legislazione più recente in materia di tutela e conservazione di beni culturali e ambientali.

Fabiana Gallizia, Biblioteca centralizzata "G. Goidanich" della Facoltà di Agraria - Università di Bologna, e-mail: gallizia@mail.cib.unibo.it




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