«Bibliotime», anno VII, numero 2 (luglio 2004)

Precedente Home Successiva



Anna Giulia Cavagna

I mestieri del libro tra Genova e Bologna nella nuova collana editoriale: Lyceum



Il 6 maggio 2004, nella recentemente restaurata Sala dei Chierici della biblioteca civica Berio di Genova, è stata introdotta al pubblico la nuova collana di studi di Archivistica, Bibliografia e Biblioteconomia Lyceum, diretta da Maria Gioia Tavoni, docente di bibliografia all'università di Bologna. Il testo discorsivo che segue è stato presentato in quell'occasione come chiacchierata d'apertura dell'incontro.

Parlare di libri ad un pubblico indifferenziato e di varia estrazione può sembrare noioso, una presentazione di libri poi, anche se strumenti di ricerca e di lavoro, utili a molti, bibliotecari o studiosi, sembra un evento riservato ai pochi che li fanno e ai pochissimi che forse li comprano.

Forse una certa pigrizia mentale ci impedisce di far cogliere, ai meno avvezzi alla frequentazione libraria, il nostro patrimonio librario come una sorta di infinito mega-canale televisivo on demand che ci scodella ogni cosa, tutto quello che chiediamo, o meglio che sappiamo chiedere e che sappiamo cercare e interrogare.

I libri parlano sempre, stanno in mezzo agli altri, come diceva già Leopardi, opportunamente richiamato in apertura di uno dei volumi della collana: direi che nel bene e nel male, nell'uso o nell'oblio che se ne fa, sono la coscienza di un epoca. Quello cha fa la differenza è il modo più o meno intelligente di ascoltarli, servirsene, richiederli, costruirli e fabbricarli e proporli.

Li si può trattare come ingombri di uno scaffale domestico o di uno spazio pubblico, che l'amministrazione più felicemente destinerebbe ad eventi di rutilanti letterine o redditizi commerci, oppure come mattoni del nostro passato storico e collante del nostro presente di cittadini.

Li si può considerare una branca poco redditizia - e dunque da resecare - di una multinazionale che investe soprattutto nell'intrattenimento, oppure un investimento a medio termine, se si ha la perspicacia intellettuale di raggiungere - scovandoselo e rendendoselo affezionato consumatore - un pubblico curioso di cui consapevolmente si nutrono e creano passioni intellettuali e slanci di divertimento. Divertimento che c'è sempre stato nei libri e che si può riproporre criticamente aggredito.

Farebbero sorridere e riflettere, se opportunamente commentate e interpretate, le demagogiche smanie promozionali di un bibliografo erudito tedesco del '700 che, per elogiare quasi promuovere il libro, allestì una presunta lista di opere possedute da Adamo con la stessa tensione un po' nevrotica dell'odierno pubblicitario globalizzato e rampante, che cerca testimonial d'eccezione per il proprio prodotto.

E' fonte di colta ironia il catalogo inventato della biblioteca dell'abbazia di S. Vittore descritto da Rabelais nel '500, dove sono decine i titoli folgoranti nella loro spassosa, caustica e acida satira (de coquendi lardonibus, fratris Lubinii, libris tres ; Aristotelis libri novem de modo dicendi horas canonicas...); mentre più impressionante ancora e quasi cabarettistico è l'Indice universale della libreria del celebratiss. Arcidottore Gratian Furbason da Fraculin... per i professori delle matematiche e studiosi dell'opere bizzarre e capricciose, raccolto per M.(esser) Aquedoto... riformatore dell'Hostaria del Chiù, dove sono elencati fra gli altri 9 volumi sul Gioco della Primiera, 5 tomi legati alla francese di Bala le oche con 3 madrigali sopra le frittate rognose, 15 libri sopra la Busachina con una giunta sopra la bosecca Milanese in sdrucciolo, e tavole, una in noce e l'altra in sorbo, su la Minchiona intarsiata con fumo de Macaroni.

Dunque i libri possono divertire, soprattutto possono servire al di là delle proprie iniziali intenzioni, possono essere stravolti, reinterpretati e riprogrammati, ed è forse questa possibilità che deve essere essere intesa dal largo pubblico e illustrata dagli operatori.

Dietro il varo di una nuova collana editoriale ci sono appunto tensioni e passioni intellettuali e - naturalmente - analisi e esami scrupolosi di quel che necessita oggi un certo tipo di mercato, c'è la pianificazione di una idea culturale e civile che si realizza attraverso la cattura delle intelligenze altrui - quelle degli autori- e il concorso delle intelligenze contemporanee: quelle degli acquirenti. Il libro è un gioco di intelligenze.

La nuova collana Lyceum, diretta e ideata con slancio e fantasia da Maria Gioia Tavoni, è dedicata alla storia dei libri, il che potrebbe parere di nuovo interessare solo una utenza elitaria, magari regionalmente circoscritta, ma a ben guardare non è così.

Questa collana ha una profonda e generosa motivazione pedagogica e didattica: quella di offrire - come allude il titolo nei suoi richiami classici, aristotelici e ciceroniani - una palestra, una scuola per le giovani generazioni di studiosi e ricercatori che si cimentano nella riscoperta storico-culturale del proprio mondo.

Tre dei quattro volumi finora usciti sono il frutto di giovani che hanno preferito interrogarsi sul patrimonio culturale librario che li circondava, nell'intento di ricostruirne filologicamente i nessi, la fisionomia, il valore di un sapere, piuttosto che subire passivamente gli esiti di una cultura preconfezionata: hanno aperto il canale del libro e hanno tratto il quadro documentario culturale di un epoca.

Un volume ci illustra cosa potevano leggere studenti e docenti di un grande collegio d'educazione nobiliare del passato come quello dei Gesuiti di Modena, e cosa di fatto ancora oggi gli studenti di quella città possono fruire e conoscere, grazie al nuovo catalogo a stampa allestito, visto che quella biblioteca è confluita nel patrimonio del cittadino liceo classico ed è fruibile dalla cittadinanza. Un patrimonio finora sommerso, all' interno del quale si scopre, per esempio, che un pezzettino di Genova è andato a insediarsi nell'opulenta cerchia urbana modenese, con le edizioni seicentesche di Domenico Peri, Giorgio Franchelli e che l'opera bio-bibliografica sugli scrittori dell'ordine del cappuccino genovese frate Dionisio era usata a Modena, al pari della devozionale vita di madamigella Adelaide di Vitsbury, morta nel monastero di Valladolid, che un attardato tipografo genovese del '700 stampava in traduzione dal francese, in funambolico equilibrio fra mode culturali del suo tempo fortemente gallocentriche e il conservatorismo consolidato e ben conosciuto del proprio pubblico urbano.

Un'altra monografia, studiando la domestica libreria di Benedetto XIV e la sua scelta di affidarla ad una istituzione laica, svincolata dalle pastoie ecclesiastiche per farne una biblioteca pubblica in grado di soddisfare ogni desiderio di lettura, addita una strada non frequente nelle scelte degli intellettuali religiosi del nostro paese, del passato come di oggi, ma che trova parziale analogia con quanto a Genova accade della collezione privata dell'abate Berio, fra le cui spoglie librarie oggi siamo ospiti.

Quella di Lyceum dunque è una programmazione editoriale che investe e scommette sul piano formativo, investe sull'oggi per creare un futuro più articolato di conoscenze, investe anche sul piano commerciale di chi desidera additare le potenzialità del presente.

La si potrebbe qualificare come scelta un po' utopica ma, a ben guardare, è anche l'opzione imprenditoriale di chi, legandosi a partners istituzionalmente abituati a prassi di formazione da corso alla costruzione di nuove nicchie di pubblico. Nell'ultimo ventennio sono almeno mezza dozzina le case editrici italiane che hanno scommesso sul tema libro e su svariati temi bibliografici e biblioteconomici, quali nuovi filoni editoriali di un mercato in espansione, profondendovi investimenti monetari, intellettuali e commerciali. Tra l'altro, quasi a riprova di ciò, va menzionata di nuovo l'attività della professoressa Tavoni, instancabile promotrice del libro, nel varo di un'altra collana editoriale con connotati completamente diversi dalla presente e centrata nel recupero e riproposizione, in veste facsimilare, di grandi opere del passato storico-librario nazionale, sempre presso un editore bolognese specializzato, questi, in anastatiche. Ma questo conferma appunto l'interesse del filone editoriale che emerge dalle sue iniziative accademiche e di studio.

L'agire di questi studiosi e editori italiani, che hanno scommesso sullo studio catalografico e storico del libro come oggetto delle proprie pubblicazioni, non riesce però a coprire - né potrebbe coprire, in un'Italia dalla storia preunitaria così frammentata e diversificata istituzionalmente - l'intero panorama della ricchezza culturale e bibliografica regionale, né a soddisfare tutte le esigenze di una utenza non ristretta ma varia, aperta a incrementi, solo che le si offrano nuovi materiali.

La Liguria, da questo punto di vista, rimane forse un po' defilata nel sollecitare l'iniziativa editoriale verso simili argomenti, forse memore del peso di un lontano passato, quando tematiche bibliografiche hanno avuto poco spazio: basti pensare alla sorte dell'Albo letterario di Nicolò Giuliani, primo vero tentativo di sistematizzazione dell'ingente e dispersa materia culturale urbana. Stampato in sole 250 copie nel 1865, il testo risultava essere in fin dei conti un nudo nomenclatore. Era un brogliaccio di lavoro uscito a spesa dell'autore, costretto, come dice egli stesso, a "risparmiare… spazio". Egli cercò dei mecenati, degli sponsor che, con l'acquisto dell'albo e la contemporanea sottoscrizione della conseguente opera vera, esplicativa e comprensiva in dettaglio di tutte quelle bio-bliografie da lui ammassate, gli consentisse di pubblicare la fatica dei suoi sforzi intellettuali. Ma la sottoscrizione fallì, e l'altra parte del "lavoro che - egli auspicava - spero affrettata dal favore del pubblico" non fu mai stampata. Si può ora pensare che nuovi spazi di manovra si dischiudano oggi per una inversione di tendenza e che istituzioni pubbliche e editori locali siano sensibili a esperienze di storia libraria e a avventure editoriali analoghe a quelle bolognesi, consapevoli dell'uso multiplo che si può fare dell'oggetto libro.

La collana Lyceum offre spunti in questo senso: sicuramente se l'ambito meglio indagato al momento rimane l'Emilia Romagna - e dunque lascia presumere una diffusione della raccolta primariamente in quella zona - ad un attento esame del contenuto dei volumi emergono schegge di conoscenza della situazione libraria dell'Italia intera.

Nel secondo volume, un vasto affresco della precarietà e fortuna dei mestieri del libro in Italia - un titolo veramente indovinato, efficace nella sintesi che offre della condizione italiana - la Liguria compare menzionata nell'operato dei tipografi genovesi settecenteschi, di cui son segnalate le più recenti indagini critiche, non sempre facili da trovare nella dispersione delle fonti.

Nel terzo, fra gli autori censiti della biblioteca modenese, compaiono alcuni gesuiti liguri, o che in Liguria hanno soggiornato o insegnato, come Carlo Borgo o Giovanni Granelli.

Nel quarto volume ritroviamo autori e edizioni liguri fra il materiale di lavoro della collezione libraria di uno schivo, erudito, colto e un po' conservatore abate Gaetano Fantuzzi, bibliotecario di Reggio Emilia d'inizio '800, estensore di un privatissimo Catalogo ragionato dei propri libri, con annotazioni di prezzo e consigli di vendita.

Gli eredi, si sa, svendon sempre le librerie degli antenati e il buon religioso, sapendolo, si premurò di istruire i nipoti a non deprezzare il patrimonio librario messo insieme con tanta fatica, per cui suggerì il prezzo di vendita, stendendo appunto quel privato vademecum critico: da lì apprendiamo la diffusione di autori e edizioni liguri ai suoi tempi. Nelle sue pagine ricorrono le note severe sulla Biblioteca di Angelo Aprosio, che richiede al lettore "una pazienza infinita... dove i periodi duran 5 6 carte" e testimoniano di una "gran testa bislacca", mentre il valore monetario del libro "sta solo nel genio di chi lo compra".

Genova ritorna in altre edizioni possedute dal Fantuzzi e di cui egli fornisce dettagliata analisi storico critica: nelle pagine di Castruccio Buonamici e nelle sue descrizioni delle sollevazioni popolari europee, o nelle opere del Bonfadio e sulla congiura dei Fieschi, e infine nella "bella edizioncina", stimata una discreta somma di denaro, dei Carmina di Giovanni Battista Pinelli stampati a Genova nel 1605.

La collana ripropone nuova documentazione memorialistica, bibliografica e catalografica, dimostrando che il salto editoriale si compie solo con la cifra dell'intelligenza, con la capacità di guardare con occhi nuovi, con nuove domande e nuove prospettive di analisi ciò che ci circonda. I suoi volumi possono essere usati da chi fa storia dei romanzi, per scoprire i giudizi correnti su John Barklay le cui opere, scrive uno degli autori studiati, "ai suoi giorni ebbero un riscontro meraviglioso, eccitarono il fanatismo, se ne fecero ristampe su ristampe, anche in Italia, per contentar le donne"; possono essere usati da chi, a cavallo fra antropologia e cultura, si occupa della formazione, per esempio, di luoghi comuni, o della nascita e affermarsi dell'immagine stereotipata che ciascun popolo europeo diffonde di sé al vicino. Si scopre, scorrendo le pagine di uno dei volumi della collana che, per gli italiani di due secoli fa, i tedeschi eran gran teste di studiosi capaci di lavoro "improbo e disperatissimo" tutto metodo e tenacia, ben all'opposto dell'arruffata disordinata divagazione degli Spagnoli nella cui testa bolle "oglia putrida". Alcuni volumi della collana servono certamente come immediato riscontro catalografico di un patrimonio librario italiano, soprattutto sei-settecentesco, mal conosciuto e ancor meno censito; possono certo anche essere manualistica universitaria, ma anche il soccorso quasi repertoriale per elargire informazioni al banco delle richieste bibliografiche o per allestire nei propri scaffali aperti una sezione omogenea di letture e di fonti che illustri e segua il percorso della storia editoriale italiana degli ultimi due secoli, delle vicende di autori e censori, di impianti e finanze, attraverso le indagini degli studiosi che se ne sono occupati.

Ed è questo, ancora, un altro merito della collana, quello di essere, in itinere, lo strumento per un vivo ripensamento critico e storiografico delle vicende librarie e editoriali del nostro paese, un aperto cantiere di aggiornamento. Non è poco, se si pensa che organiche interpretazioni storiografiche, cronologicamente esaustive o unitarie in Italia non abbondano, lasciando spazio a aspri giudizi nei confronti del mondo bibliotecario e librario, al pari di quelli, vecchi di un secolo e mai pienamente scalzati, di un Croce che liquidava archivi, biblioteche e musei come "bianche e tacite case dei morti".

Oggi come allora occorre evitare che il libro, costretto fra i problemi di ordine politico-formativo o economico, venga ritenuto, dai detentori di quei poteri, possibiltà destabilizzante intelletti e coscienze e pertanto da trascurare semplicemente eliminandolo perché inutile: i libri, come tanti grani di perle di una collana, seguono il filo della storia del nostro sapere.

, Università degli Studi di Genova, e-mail: cavagna@unige.it




«Bibliotime», anno VII, numero 2 (luglio 2004)

Precedente Home Successiva


URL: http://www.spbo.unibo.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num-vii-2/cavagna.htm