«Bibliotime», anno VII, numero 2 (luglio 2004)

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Michele Santoro

La gestione per processi in biblioteca: un'applicazione possibile?



1. Verso un nuovo modello di gestione

E' opinione corrente che le straordinarie trasformazioni intervenute nel mondo delle biblioteche abbiano modificato non solo la struttura tecnico-operativa che sta alla base dell'attività bibliotecaria (e in primo luogo gli strumenti di mediazione e di recupero dell'informazione), ma la maniera stessa di concepire la biblioteca: quest'ultima infatti non si configura più come un organismo autoreferenziale ed autosufficiente, ma come un insieme di componenti, sia interne che esterne, strettamente correlate e finalizzate a una gestione "di qualità" o, se si preferisce, alla massima soddisfazione degli utenti.

Ed è in tal senso che gli sviluppi delle tecnologie si saldano con questa nuova idea di gestione, sempre meno legata a una visione gerarchica dell'organizzazione, strutturata cioè per "funzioni" tra loro separate e poco comunicanti (i classici "uffici" delle acquisizioni, della catalogazione, dei periodici, etc.), e sempre più prossima a uno stile di management snello, dinamico ed efficace.

Difatti, scrive Giovanni Solimine in un volume miscellaneo di recente pubblicazione [1], non è un caso se proprio oggi si riconosca alla biblioteconomia una precisa connessione con tutte quelle discipline che fanno riferimento al management, inteso come insieme di strumenti e di tecniche per la gestione ottimale delle organizzazioni. In realtà, prosegue l'autore, questo incontro delle biblioteche "con la cultura organizzativa e manageriale"

è avvenuto assai presto in quei paesi "a biblioteconomia avanzata", dove l'orientamento all'utente è più forte, e invece è stato piuttosto tardivo nel nostro paese, nel quale la "cultura del servizio" non è molto radicata e dove prevale in molti casi una concezione della biblioteca maggiormente legata al carattere storico-antiquario delle collezioni [2].

Tuttavia anche in Italia, negli ultimi anni, si è manifestato un preciso interesse verso questa visione orientata al servizio: una visione che, potentemente sostenuta dalle nuove tecnologie, ha determinato un avvicinamento sempre più significativo alle teorie e alle pratiche del management, che vengono via via incorporate nella cultura e nelle finalità delle biblioteche. Il saggio di Solimine, e gli altri contributi che compongono questo eccellente volume [3], rafforzano dunque l'idea che anche da noi sia ormai irrinunciabile adottare una visione della "organizzazione-biblioteca" ispirata alle teorie manageriali, se è vero che scopo ultimo di tale organizzazione è quello di fornire servizi efficaci e di qualità

2. La gestione per processi

E fra le numerose prospettive che il mondo del management è in grado di offrire alle biblioteche, una tra le più dinamiche e stimolanti è sicuramente la gestione per processi. Si tratta di un tema assai frequentato dalla letteratura aziendale recente [4], dal momento che propone una serie di criteri in grado di dar vita a sostanziali cambiamenti all'interno delle organizzazioni, che sono così costrette a ripensare alla propria struttura interna e al modo di operare e di rapportarsi con gli utenti. Per comprendere le capacità innovative legate all'approccio per processi, è dunque opportuno partire da una descrizione ampia e dettagliata di questa pratica aziendale.

La definizione più generale che si può dare di processo è quella di una "serie di operazioni che si compiono per conseguire un determinato fine" [5]: una definizione che, nella sua genericità, può applicarsi a tutte le attività che si sviluppano all'interno delle organizzazioni, se è vero che queste ultime sono orientate alla realizzazione di precisi obiettivi (di produzione, di servizio, di soddisfazione del cliente, etc.). E tuttavia la differenza fondamentale introdotta dalla gestione per processi è che essa costringe a individuare, registrare e monitorare con esattezza l'intero flusso delle attività, cosa che in passato non sempre avveniva, o non sempre in maniera così esplicita e scandita.

Un altro, essenziale aspetto dell'approccio per processi risiede nel fatto che questi ultimi "tagliano trasversalmente l'organizzazione", superando così le vecchie logiche di tipo gerarchico incarnate dai diversi uffici, reciprocamente sovraordinati e tra loro poco comunicanti. Questo sviluppo in senso orizzontale dei processi è infatti finalizzato a rispondere a precisi obiettivi posti dal cliente, alla cui soddisfazione è orientato l'intero flusso delle attività, mentre chi partecipa ai processi riesce a mantenere la massima consapevolezza sia sugli obiettivi che sulle modalità di svolgimento di queste attivita.

Se tutto questo è vero - come dimostra la teoria e la pratica aziendale corrente - è allora evidente che la logica per processi può adattarsi in maniera specifica alla realtà delle biblioteche, che hanno la necessità di disporre di procedure sempre più chiare, definite e "snelle", nel momento in cui l'obiettivo finale è quello di ampliare la qualità dei servizi e rendere massima la soddisfazione dell'utente. Le note che seguono intendono mettere in luce queste prospettive e verificarne l'applicazione a una struttura così peculiare qual è la biblioteca; ma per far ciò, riteniamo utile ricostruire gli elementi che hanno condotto all'affermarsi della gestione per processi, ed i criteri con i quali essa si applica alle organizzazioni.

Non è un caso se questa idea nasca dalla volontà di avvicinare sempre di più le organizzazioni al mercato, specie in una fase di cambiamenti assai significativi nel contesto economico e produttivo, che vanno dall'accentuata globalizzazione dei mercati al radicale sviluppo tecnologico proprio degli ultimi decenni. Si è passati infatti da una situazione, tipica della prima metà del secolo, in cui la domanda di beni di consumo era superiore all'offerta, ad una diametralmente opposta, in cui il consumatore si è trovato in una posizione di forza, avendo molto più "potere" rispetto al passato, e potendosi quindi permettere di essere assai più selettivo nelle proprie scelte. In tal modo l'attenzione si è spostata dal fattore prezzo al fattore qualità, determinando lo sviluppo di strategie volte all'individuazione di prodotti e servizi capaci di soddisfare in modo sempre più puntuale le esigenze del cliente.

Ed è per questo che le organizzazioni hanno concepito e messo in atto una serie di tecniche in grado di intervenire in maniera efficace su aspetti determinanti come la qualità dei prodotti e servizi, i tempi ed i costi: fra queste tecniche (di cui ricordiamo, anche per il loro influsso sul mondo delle biblioteche, quelle cosiddette di "just in time" [6] o quelle orientate al Total quality management [7]), la gestione per processi appare una tra le più interessanti e ricche di implicazioni.

Abbiamo già visto in cosa consista la logica per processi e come essa si applichi alle organizzazioni. Ma cosa s'intende esattamente per processo? La letteratura al riguardo propone numerose definizioni, tutte convergenti sul fatto che un processo consiste in un flusso di attività fra loro strettamente integrate e volte al raggiungimento di un preciso obiettivo. In particolare per Marco Biroli si tratta di

una sequenza di attività logicamente correlate che impiegano risorse (persone, macchine, materiale) per fornire uno specifico risultato finale. Tale sequenza è caratterizzata da:

  • input misurabile,
  • attività con valore aggiunto,
  • output misurabile,
  • attività ripetitive;
[...] gli input provengono dai "fornitori" (interni e/o esterni) e gli output sono destinati ai clienti. I processi sono quindi "catene" di fornitori/clienti ed in questa logica ogni fase del processo deve conoscere i bisogni sia del cliente finale che del cliente a valle [8].

Tale definizione mette in luce gli elementi portanti di questo approccio, che prevede una serie di operazioni in cui siano presenti degli input (i cosiddetti "elementi in entrata"), degli output (gli "elementi in uscita"), e una o più attività di trasformazione, in grado di aggiungere uno specifico valore al prodotto/servizio. Essa inoltre sottolinea come queste fasi sono (anzi, devono essere) chiaramente misurabili. Infine, mette l'accento su un aspetto quanto mai importante, e cioè la logica del "cliente interno": difatti, come vedremo meglio in seguito, chiunque sia coinvolto in un processo diventa da un lato "cliente", dall'altro "fornitore" di altri soggetti implicati nel medesimo processo.

Quest'insieme di concetti è stata ripresa dalle norme ISO sulla qualità [9], che così si esprimono:

"Ogni attività è realizzata mediante un processo. Ogni processo ha dati di ingresso. I dati di uscita sono i risultati del processo che sono i prodotti sia tangibili che intangibili. Lo stesso processo è, o dovrebbe essere, una trasformazione che aggiunge valore. Ogni processo coinvolge in qualche modo persone e/o altre risorse" [10].

Da questa definizione si può allora ricavare lo schema seguente:

In maniera più precisa, la norma UNI EN ISO 9001: 2000 sui Sistemi di gestione per qualità sostiene che

un'organizzazione, per funzionare efficacemente, deve individuare e gestire numerose attività collegate tra di loro. Un'attività, che utilizza risorse e che è gestita per consentire la trasformazione di elementi in ingresso in elementi in uscita, può essere considerata come un processo. Spesso l'elemento in uscita da un processo costituisce direttamente l'elemento in ingresso per un processo successivo" [11].

In base a queste definizioni, risulta allora evidente che un'organizzazione "per processi" è quella in cui il flusso delle operazioni non si sviluppa più o soltanto all'interno delle "funzioni", ma si focalizza sull'insieme di attività che hanno come obiettivo la realizzazione di un determinato prodotto o servizio. Allo stesso tempo viene messa in luce, di fianco a quella principale, la presenza di altre attività ad essa correlate, insieme ai vincoli, alle risorse strumentali e a quelle umane che intervengono nello corso del processo. Di conseguenza è possibile riformulare le definizioni finora proposte affermando che

un processo è costituito da una sequenza di attività, tra loro interdipendenti e finalizzate al perseguimento di un obiettivo comune; esso riceve un certo input (materiali, istruzioni e specifiche del cliente), vi apporta delle trasformazioni che aggiungono valore, utilizzando risorse aziendali, ossia persone, materiali e strutture, e infine trasferisce all'esterno l'output richiesto, sia esso un prodotto, un servizio, delle informazioni o una combinazione di tali elementi [12].

La logica per processi si può dunque evidenziare secondo lo schema seguente:

Risulta quindi evidente che le diverse attività che costituiscono un processo sono finalizzate al raggiungimento di un output che sia chiaro, definito e misurabile, e soprattutto che sia finalizzato ai clienti, sia interni che esterni all'organizzazione.

Ciascun processo è poi suddivisibile in una serie di sotto-processi, per i quali si può decidere se effettuare o meno una ulteriore scomposizione. I processi peraltro si possono distinguere in principali, cioè a maggiore impatto sui risultati che si prefigge l'organizzazione (il cosiddetto core business), e in secondari o di supporto, comunque necessari alla gestione; lo schema seguente rende evidente questo concetto:

Un'altra importante caratteristica dell'approccio per processi, come si è detto, è che essi "valicano" i tradizionali confini organizzativi: infatti durante lo svolgimento di un processo può essere richiesta la partecipazione di più unità, uffici o settori (le tradizionali funzioni), e questo fa sì che il flusso delle attività sia indipendente dalla struttura organizzativa formale, come raffigurato nel seguente schema:

E' in questo senso dunque che un processo taglia trasversalmente l'organizzazione: esso infatti gestisce e coordina attività che sono "di competenza" delle diverse funzioni (i triangoli dello schema), ma allo stesso tempo il suo sviluppo non "appartiene" a nessuna di esse, prescindendo dal tradizionale ordinamento gerarchico (i rettangoli) proprio di un'ordinamento per funzioni [13]. Il significato di questa "autonomia" dalle funzioni è peraltro evidente, e consiste nel preciso orientamento al cliente tipico dei processi, se è vero che essi nascono e si sviluppano sulla base di specifiche esigenze di quest'ultimo (input), e sono volti alla ottimale soddisfazione delle stesse (output): elementi che, con ogni evidenza, la semplice gestione per funzioni non sempre è in grado di assicurare.

L'autonomia dalle funzioni consente peraltro di presidiare i cosiddetti "spazi interfunzionali", ossia quelle zone grigie che non sono di competenza specifica delle singole funzioni, e che dunque producono margini di incertezza gestionale ed operativa che possono determinare pericolosi cali di prestazione, rischiando così di compromettere i risultati finali.

E' per questo che all'interno di un processo assume un'importanza fondamentale la logica del cliente interno, secondo la quale un ufficio posto "a valle" è considerato un vero e proprio cliente rispetto all'ufficio posto "a monte"; ne risulta un modus operandi che tiene conto delle esigenze e delle aspettative non solo dei partecipanti ai processi, ma di tutti coloro che fanno parte dell'organizzazione, riducendo di molto i limiti propri di una struttura gerarchico-funzionale. Insomma, scrive Stefano Tonchia, anche chi è più lontano dal cliente finale

viene coinvolto da un obiettivo comune globale e percepisce l'importanza del suo contributo, finalizzato alla soddisfazione di clienti interni che beneficiano della buona qualità del suo operato. Infatti [...] ogni gruppo di lavoro (operante in un processo o sottoprocesso) si interfaccia con un cliente (un altro sottoprocesso) cui fornisce il risultato della propria attività, ed è a sua volta cliente di sottoprocessi a monte. Così facendo non solo si potenziano tutti gli sforzi verso obiettivi finali di soddisfazione del cliente (esterno), ma - attraverso il concetto di cliente interno - si conseguono migliori condizioni di lavoro, in quanto ognuno è anche cliente di qualcun altro [14].

Le implicazioni di questo principio sono di palese evidenza: da un lato infatti si riduce la tradizionale autoreferenzialità ed impermeabilità delle funzioni [15], che sono messe in condizione di cooperare in vista del fine comune; dall'altro si instaura un clima di collaborazione tra le persone, che hanno di fronte a sé un traguardo ben definito, quello cioè della soddisfazione di specifiche esigenze del cliente. La gestione per processi ha dunque lo scopo

di orientare maggiormente un'organizzazione verso obiettivi di soddisfazione del cliente (esterno), migliorando al contempo la soddisfazione dei dipendenti (ognuno diventa consapevole del proprio contributo ed è fornitore ma anche cliente di altri, e quindi migliora il modo di lavorare) e preservando i vantaggi dell'organizzazione classica in termini di costi ed efficienza [16].

Appare allora evidente che, se applicata in maniera coerente, una logica del genere può dar vita a trasformazioni assai profonde tanto nella maniera di concepire l'organizzazione quanto nel modo di erogare i servizi; ma è altrettanto evidente che un approccio basato su una serie di attività correlate e interagenti è da sempre presente nelle organizzazioni, anche se in maniera poco consapevole e priva dei requisiti fin qui evidenziati: difatti, scrivono Piero De Risi e Paolo Franchi, "tutte le organizzazioni già agiscono, in qualche modo, per processi, ma spesso essi sono 'nascosti' (non vediamo tutto il percorso fino al destinatario finale, ma lo frammentiamo), variabili (non si fanno sempre le stesse cose nello stesso modo) e non integrati tra loro (non riusciamo a scorgere i 'clienti interni' dei diversi processi)" [17].

Ciò che occorre per fare il salto da una gestione "ordinaria" delle attività ad una logica per processi è dunque la consapevolezza di ciò che si sta "processando": in altri termini, la necessità di realizzare una vera e propria "mappa dei processi", vale a dire una rappresentazione dell'intero flusso operativo che sia in grado di rendere espliciti i diversi processi, gli obiettivi propri di ciascuno di essi e le principali interazioni che si manifestano al loro interno.

La presenza di questa mappa non solo stabilisce un preciso modello di riferimento per l'organizzazione (consentendole di "leggere" le diverse operazioni in modo integrato), ma permette di superare il tradizionale approccio per funzioni, liberando una quantità di informazioni (in primo luogo quelle relative alle esigenze dei clienti) che sono di essenziale importanza per l'ottenimento di risultati di qualità: difatti è solo attraverso questa definizione del tipo e della quantità dei processi che l'organizzazione può giungere a una precisa visione del flusso delle attività, del modo in cui queste si sviluppano e, soprattutto, degli obiettivi a cui sono finalizzate. 

3. La gestione per processi e le biblioteche

I vantaggi della gestione per processi sono emersi con chiarezza negli ultimi decenni, spingendo molte organizzazioni ad adottarla allo scopo di raggiungere la massima trasparenza e chiarezza possibile nella gestione delle proprie attività [18]. Essa peraltro è stata accolta come uno dei requisiti di base dalle norme UNI EN ISO 9000:2000 sui Sistemi di gestione della qualità; in particolare, la norma UNI EN ISO 9001:2000 esplicitamente "promuove l'adozione di un approccio per processi nello sviluppo, attuazione e miglioramento dell'efficacia del sistema di gestione della qualità, al fine di accrescere la soddisfazione del cliente mediante l'osservanza dei requisiti del cliente stesso" [19].

E ad un approccio così stimolante e ricco di prospettive non poteva restare indifferente il mondo delle biblioteche il quale, anche nel nostro paese, ha intuito le possibilità a cui esso può dar vita, specie in quelle situazioni in cui l'organizzazione bibliotecaria risulta ancora condizionata da una gestione tipicamente gerarchica e burocratica.

Tra i primi ad occuparsi del problema vi è senz'altro Giovanni Di Domenico il quale, in un saggio risalente al 1999 [20], così si esprime:

focalizzare l'attenzione sui processi significa concepire la biblioteca come un'organizzazione che nasce e vive in funzione di un pubblico determinato e dei suoi bisogni informativi, piuttosto che come casa del libro (o del documento, anche virtuale). E' un problema di mission: l'accento si sposta progressivamente dal terreno della mediazione tra risorse (presenti o remote) e utenti a quello della produzione di flussi informativi mirati e personalizzati [21].

Di Domenico dunque lega in maniera assai stretta la logica per processi alla visione della biblioteca emersa negli ultimi anni: anzi, con un ulteriore balzo in avanti, privilegia l'approccio gestionale che da essa ne scaturisce rispetto alla concezione della biblioteca come mera sommatoria di risorse. Ma l'autore si spinge ancora oltre, intravvedendo nella "catena cliente/fornitore" un modo nuovo e originale di "erogazione del servizio attraverso le persone", un modo cioè

di intendere la professione che sappia guardare oltre il modello consolidato di reference e oltre lo stesso modello, 'parcellizzato', della biblioteca elettronica: il bibliotecario non è solo in grado di analizzare e soddisfare bisogni informativi immediati: sa cogliere le impressioni dell'utente sul servizio, i suoi suggerimenti, le sue esigenze inespresse, i suoi racconti di altre esperienze; sa far circolare tra gli altri operatori il risultato delle proprie esperienze di contatto; sa coinvolgere il management sulle problematiche dell'ascolto, dell'innovazione, del cambiamento; sa anticipare le aspettative degli utenti e sa elaborare tempestivamente prodotti e servizi originali a valore aggiunto [22].

L'approccio per processi è dunque declinato da Di Domenico in un'interessante prospettiva biblioteconomica, nella quale la logica del cliente interno viene a comprendere una nuova visione del servizio in cui, come rileva lo stesso autore, ad essere valorizzate sono in primo luogo "le leve soft del management: comunicazione, cultura organizzativa, circolazione delle conoscenze, condivisione dei valori, apprendimento, formazione permanente, motivazione" [23]. E in coerenza con tale punto di vista, lo studioso non si sofferma sugli aspetti squisitamente "hard" della gestione per processi, quelli cioè relativi alla creazione di una mappa dei processi bibliotecari, al monitoraggio delle relative attività, all'individuazione delle diverse funzioni in esse coinvolte.

Allo stesso modo Giovanni Solimine, nel saggio sopra citato, mette in luce la contrapposizione tra una biblioteca gestita per funzioni ed una invece che opera per processi, osservando come in quest'ultima "le diverse parti del sistema e le diverse funzioni interagiscono e tendono tutte insieme al raggiungimento di risultati di comune interesse" [24]; ma anche in questo caso non vengono resi espliciti i criteri attraverso cui tali risultati possono determinarsi, quali sono le funzioni interessate e quali flussi di attività i processi bibliotecari devono mettere in atto per realizzare i propri obiettivi.

Per contro Piero Cavaleri e Catry Ostinelli, in un saggio dedicato agli aspetti di valutazione e di contabilità in biblioteca [25], forniscono una interessante definizione di "processo gestionale o transfunzionale" [26], introducendo una ulteriore distinzione fra i concetti di attività, compito, operazione e processo: a parere degli autori infatti l'attività

può essere individuata come un tutto, composto eventualmente da operazioni anche distinte temporalmente, che si completa con un risultato specifico che ha un suo valore autonomo. Il compito e l'operazione sono delle azioni in sé prive di valore autonomo. Il processo racchiude in sé una complessità operativa che si realizza nell'erogazione di un prodotto/servizio (per utenti intermedi e finali) [27].

In base a queste indicazioni viene dunque proposto un esempio concreto dell'attività "processuale" in biblioteca, sintetizzato dal seguente schema [28]:

E tuttavia da questo esempio non emerge la dimensione trasversale che è tipica dei processi, dal momento che in esso vi è coinvolta esclusivamente la "funzione" acquisti, mentre è evidente che il processo "sviluppo delle raccolte" interesserà anche altre funzioni, quali la catalogazione, la consultazione, il reference, e così via. Gli autori in seguito riportano un secondo esempio, assai più articolato e complesso, in cui si prendono in esame le numerose relazioni che si manifestano nelle attività processuali che vanno dalla ricerca di un documento all'erogazione di un prestito, secondo quanto raffigurato nel seguente schema [29]:

 

 

Questo esempio indubbiamente rende esplicita la complessità tanto dei processi quanto delle correlazioni che li attraversano: al punto che finisce per essere quasi un flowchart, in cui si prendono in considerazione i diversi flussi di attività, le loro interazioni e le rispettive priorità; ma ancora una volta non viene messa in luce la logica del cliente interno, né il fondamentale ruolo di soddisfazione del cliente/utente che il processo, in ogni sua fase, deve realizzare.

Sarà invece Alessandro Sardelli ad affrontare il tema in una prospettiva vasta e plurale [30], ponendo in evidenza le molteplici inferenze a cui l'approccio per processi può dar vita una volta applicato alle biblioteche.

Difatti, dopo una approfondita e quanto mai opportuna analisi di questa forma gestionale, l'autore costruisce una vera e propria mappa dei processi bibliotecari, appropriatamente distinti in primari e secondari: tra i primi figurano aspetti centralissimi per la vita delle biblioteche, come l'acquisizione del materiale bibliografico, il trattamento descrittivo, la conservazione e l'erogazione/fruizione; fra i secondi si ritrovano elementi non meno importanti, per quanto di taglio non strettamente biblioteconomico, quali la gestione dell'immagine, la gestione amministrativa e la contabilità, la programmazione e lo sviluppo, e infine la gestione del personale.

Così, incrociando gli elementi di pertinenza delle funzioni con quelli ricondicibili ai processi, l'autore giunge a raffigurare una struttura a matrice in cui sia le une che gli altri sono individuati con precisione:

le funzioni potrebbero essere: la lettura interna, il prestito locale e interbibliotecario, la consultazione, la consulenza e il reference, le informazioni e l'orientamento all'interno della biblioteca e verso altre biblioteche, altri servizi di promozione e di comunicazione verso gli utenti anche potenziali; mentre i processi potrebbero essere: l'approvvigionamento, sia come acquisizione di materiali bibliografici su qualsiasi supporto, sia come acquisto di strumenti, attrezzature e servizi, il trattamento sia descrittivo, sia fisico/gestionale, l'erogazione/fruizione del servizio come momento d'interfaccia tra la biblioteca e i suoi utenti [31].

Siamo di fronte, con ogni evidenza, a un'analisi dettagliata e specifica dell'attività processuale così come può dispiegarsi in una biblioteca: un'analisi che è stata ripresa e sviluppata nelle importanti linee guida dell'UNI dal titolo Applicare la norma UNI EN ISO 9001:2000 nelle biblioteche [32]. Si tratta del tentativo forse più avanzato e "ufficiale" di diffondere la cultura manageriale (in questo caso i sistemi per la qualità [33]) al mondo bibliotecario, attraverso una serie di raccomandazioni, linee guida ed esempi pratici che dovrebbero entrare a far parte di quella nuova "cultura del servizio" sempre più indispensabile per una gestione efficace delle biblioteche.

E in sintonia con le norme "generali" sulla qualità [34], anche questa applicazione assegna un rilievo particolare all'approccio per processi, sostenendo che l'organizzazione bibliotecaria deve non solo identificare i processi che si svolgono al proprio interno, ma anche "stabilirne la sequenza e le interazioni, i criteri e i metodi necessari per assicurare il loro efficace funzionamento e controllo". La biblioteca inoltre deve "assicurare la disponibilità delle risorse e delle informazioni necessarie per supportare il miglioramento e il monitoraggio di questi processi; monitorare, misurare e analizzare questi processi" e infine "attuare le azioni necessarie per conseguire i risultati pianificati ed il miglioramento continuo di questi processi" [35].

Queste raccomandazioni poi danno vita a un vero e proprio "albero dei processi", in cui sono riportati, "a titolo di esempio e senza pretesa di completezza, i principali processi per la realizzazione dei servizi di una biblioteca" [36]:

Questa classificazione, con ogni evidenza, rappresenta un passaggio assai importante nell'individuazione dei processi bibliotecari ai fini di un loro utilizzo che sia vantaggioso ed efficace. Ma ben guardare, anche in questo caso sembra venir meno un elemento essenziale, dal momento che i processi censiti prescindono completamente dalle funzioni di riferimento, dando vita così a una difficoltà concettuale e operativa di cui occorre tener conto.

Difatti, se è vero che le acquisizioni e la catalogazione costituiscono dei processi, è altrettanto vero che esse sono anche delle funzioni, spesso incarnate da veri e propri "uffici" al cui interno prevale la logica dello specialismo e della concentrazione sull'obiettivo: cosa che, se da un lato può produrre eccellenti risultati sotto il profilo del "prodotto intermedio", dall'altro determina una scarsa permeabilità e una ancor minore comunicazione con le altre funzioni a cui tale prodotto dovrà essere trasmesso (nel nostro caso i settori della consultazione, del reference, etc.), indebolendo o ignorando del tutto il fondamentale principio del cliente interno.

Nel suo volume Alessandro Sardelli prova a prevenire una simile obiezione ipotizzando una "biblioteca a matrice su due livelli", ossia una struttura volta a integrare le funzioni con i processi; così, tra le prime l'autore comprende specifiche realtà bibliotecarie come la lettura interna, il prestito, la consultazione e il reference, mentre tra i secondi include aspetti quali l'approvvigionamento, il trattamento descrittivo e gestionale e l'erogazione/fruizione [37]. E tuttavia anche questa rappresentazione non pare in grado di risolvere il problema sopra evidenziato, e cioè quello della doppia natura di alcune fondamentali attività bibliotecarie, che si configurano tanto come funzione quanto come processi [38].

4. Gestione per processi e knowledge management

Per sciogliere questa contraddizione (o per capire piuttosto se non si tratti di una contraddizione apparente) proviamo a uscire dalla logica nomenclatoria e un po' nominalistica fin qui perseguita e a focalizzarci sull'unico, effettivo "prodotto" realizzato dalla biblioteca, e cioè l'elaborazione della conoscenza: difatti, se vi è una peculiarità che rende l'"azienda biblioteca" qualcosa di unico e di irripetibile, questa risiede proprio nella gestione di elementi immateriali e intangibili che sono l'informazione e la conoscenza.

Ed è interessante notare come questa idea, che fin dalle origini appare connaturata alle biblioteche, risulti in perfetta sintonia con le più recenti teorie manageriali, le quali considerano le organizzazioni non più o non solo come un insieme di cose, attività e persone volte al raggiungimento di un fine, ma come un "ambiente" il cui requisito essenziale è la circolazione ampia e generalizzata della conoscenza [39]: difatti, scrive Domenico Bogliolo, in passato

molte aziende focalizzavano la loro attenzione sulla produzione materiale di prodotti tangibili. Adesso invece la conscenza è il prodotto per la maggior parte delle aziende che destinano risorse crescenti più per l'acquisizione di menti che non di braccia. Così […] la conoscenza viene sempre più vista come una ricchezza aziendale vera e propria, e compito delle organizzazioni diventa sempre di più il creare modi sistematici e razionali per identificare e convertire le esperienze, le specialità e le abilità individuali in risorse [40].

E' in questo senso che la "gestione della conoscenza" (o knowledge management, come è più comunemente chiamata [41]) rappresenta una vera rivoluzione nella teoria e nella prassi aziendale, dal momento che l'organizzazione non viene più vista come una macchina orientata al profitto, ma come "a repository of knowledge stored in organizational routines", quest'ultimo termine inteso come sinonimo di competenza e capacità di gestione.

Non v'è dubbio che tale concezione abbia il proprio fondamento nell'idea di una costante promozione e valorizzazione delle risorse umane appartenenti all'organizzazione, e punti ad un continuo miglioramento di competenze, abilità e conoscenze, che sono proprie degli individui ma che al tempo stesso vengono messe a disposizione dell'organizzazione: "compito dei nuovi manager", scrive ancora Bogliolo, diventa allora quello "di rendere visibile e dunque apprezzabile e dunque disseminabile la conoscenza". Ed è per questo, nota Stefano Tonchia, che il knowledge management può essere definito come

il complesso di sistemi organizzativi, manageriali, informativi e delle comunicazioni attraverso cui un'organizzazione si appropria delle conoscenze individuali e dei gruppi, le assimila e offre un ambiente fertile per la generazione di nuove conoscenze, le trasferisce e le diffonde, le capitalizza, le incorpora in prodotti e servizi, realizzando profitti e sostenendo un vantaggio competitivo nel tempo [42].

E per tornare al nostro tema, possiamo osservare come la logica per processi si inserisca in maniera assai significativa in questa nuova visione aziendale, se è vero che i processi che si dispiegano all'interno di una organizzazione possono essere concepiti anche come il prodotto delle competenze maturate dalle varie persone che vi sono coinvolte.

Difatti, è del tutto evidente che i partecipanti ai processi vi apportano non solo le proprie attitudini e capacità, ma l'intero bagaglio delle proprie conoscenze, da un lato contribuendo all'evoluzione dei processi, dall'altro venendo notevolmente arricchiti da tale partecipazione: è dunque in questo senso, osserva Bogliolo, che "la conoscenza è un processo, cioè un insieme complesso di abilità, conoscenze, eccetera, in costante cambiamento" [43].

E' peraltro indubbio che questa logica di costante sviluppo di competenze, abilità e conoscenze coinvolga non solo il cliente interno, che nel flusso delle attività trova continui motivi di miglioramento, ma anche il cliente/utente esterno, che è proprio quello a cui sono destinati i benefici dell'intera attività processuale.

Difatti, ricorda Stefano Tonchia, "la gestione per processi è incentrata sulla trasformazione di input e output prettamente non fisici ma informativi, insieme a un forte orientamento ai risultati di soddisfazione del cliente" [44]: ora, se vi è un'organizzazione che trasforma "input e output prettamente non fisici ma informativi", questa è la proprio biblioteca, un'azienda cioè i cui prodotti più esclusivi sono l'informazione e la conoscenza [45].

Se si accoglie questo punto di vista, si può allora fare un passo in avanti ed applicare la logica per processi alla realtà bibliotecaria intesa non solo come un'insieme più o meno correlato di funzioni, ma come una struttura che acquisisce, elabora e gestisce la conoscenza.

Si può allora proporre uno schema che veda sia gli elementi in entrata sia quelli in uscita fortemente connotati sotto il profilo della gestione delle conoscenze, che vengono introdotte nel ciclo nella forma di esigenze e richieste dell'utente; queste ultime sono "processate" dalla biblioteca, che vi aggiunge il suo specifico valore, e quindi trasmesse all'utente sotto forma di prodotto finito (un libro catalogato, un periodico indicizzato, una soluzione a un quesito di reference, etc.):

Si può quindi affermare che l'attività di trasformazione messa in atto dal "processo bibliotecario" consente di convertire forme di "conoscenza tacita" propria degli utenti (ma anche dei bibliotecari) in "conoscenza esplicita", a vantaggio degli utenti, dei bibliotecari, ma anche della biblioteca nel suo complesso; oggi infatti le organizzazioni sono sempre più consapevoli

del valore della conoscenza tacita […], quella, per intenderci, che appartiene al profondo di ciascuno di noi, e che dipende dalla nostra spiritualità, dalla nostra cultura, dalla nostra personalità e dall'irripetibilità del nostro essere individuale. È un tipo di conoscenza che non possiamo esprimere a parole né esplicitare altrimenti che, in modo indiretto, nelle azioni che caratterizzano il nostro essere e il nostro lavorare. È ciò che, alla fine dell'orario di lavoro, non possiamo lasciare sulla scrivania, come proprietà dell'organizzazione per la quale lavoriamo, ma che portiamo a casa con noi. Gran parte dello sforzo del knowledge management consiste, viceversa, nel far sì che anche la conoscenza tacita divenga proprietà dell'azienda, e sia trasmissibile ai colleghi [46].

Se questo è vero, è allora evidente che nella realtà bibliotecaria il passaggio da forme di conoscenza tacita (o inespressa, o implicita, come può essere quella che viene dagli utenti) a forme pienamente esplicite si manifesta nell'attività di elaborazione conoscitiva messa in atto dall'insieme dei servizi dalla biblioteca o, se si preferisce, da una efficace integrazione delle funzioni e dei processi. Sulla base di questi presupposti, è dunque possibile riformulare lo schema precedente, ipotizzando una dimensione processuale che sia in linea con la consolidata visione a doppia entrata (per funzioni e per processi), ma che allo stesso tempo metta in luce l'attività di elaborazione delle conoscenze che è propria del contesto bibliotecario:

In questo schema, le attività racchiuse nei rettangoli possono essere considerate non solo come funzioni (il profilo funzionale, lo sappiamo, rimane e continua a mantenere un'importanza fondamentale), ma come blocchi omogenei di conoscenze, estremamente permeabili e in stretta comunicazione con tutti gli altri blocchi; passando attraverso di essi l'attività processuale si arricchisce e si sostanzia, arrivando all'utente finale nelle molteplici forme che derivano delle diverse esigenze conoscitive di quest'ultimo.

Va da sé che l'aggiunta di valore è data proprio da quell'attività - squisitamente ed esclusivamente bibliotecaria - che consente di trasformare la conoscenza tacita in conoscenza esplicita: e questo avviene tanto all'interno delle funzioni (venendo di conseguenza esaltati lo specialismo e l'attenzione al prodotto), quanto nello sviluppo dei processi, che mettono a fuoco le competenze dei diversi appartenenti all'organizzazione.

E dunque in tal senso che possiamo riprendere l'opinione di Giovanni Di Domenico, secondo il quale appunto la gestione per processi non può non passare per "le leve soft del management", caratterizzate da quegli aspetti di "comunicazione, cultura organizzativa e circolazione delle conoscenze" [47] che sono tipiche di ogni organizzazione, ma che in biblioteca trovano la loro più peculiare e specifica incarnazione.

Michele Santoro, Biblioteca del Dipartimento di Scienze economiche - Università di Bologna, e-mail: mailto:santoro@spbo.unibo.it


Note

[1] Giovanni Solimine, La biblioteconomia e il management, in Gestire il cambiamento. Nuove metodologie per il management della biblioteca, a cura di Giovanni Solimine, Milano, Editrice Bibliografica, 2004, p. 17-68.

[2] Ibid, p. 24.

[3] Il volume, oltre al citato contributo di Solimine, contiene i seguenti saggi: Anna Galluzzi, La pianificazione dei servizi: analisi, obiettivi, metodi (p. 69-144); Giovanni Di Domenico, Pensare, lavorare per progetti (p. 145-235); Rossella Labriola - Michele Rosco, Le biblioteche verso il web marketing (p. 237-287); Anna Galluzzi, Modelli e strumenti per la valutazione dell'efficacia (p. 289-385). Su questo lavoro si può leggere la recensione di Stefano Parise, "Biblioteche oggi", 22 (2004), 6, p. 65-69.

[4] Si veda, per restare all'ambito italiano, Giorgio Merli - Marco Biroli, Organizzazione e gestione per processi, Milano, Isedi, 1996; Piero De Risi - Paolo Franchi, Dalla visione per processi alla gestione dei processi, in Manuale della qualità, a cura di Tito Conti e Piero De Risi, Milano, Il Sole 24 Ore, 2001, p. 377-394; Antonella Pamploni Scarpa - Maria Gisella Conca, Gestione per processi. Come identificare, gestire e ottimizzare i processi dell'impresa. Prefazione di Bob King, Milano, Il Sole 24 Ore, 2003; Roberto Candiotto, L'approccio per processi e i sistemi di gestione della qualità, Milano, Giuffrè, 2003; Stefano Tonchia - Andrea Tramontano - Fabio Turchini, Gestione per processi e knowledge management. Reti organizzative e nuove tecnologie: l'azienda estesa della conoscenza, Milano, Il Sole 24 Ore, 2003.

[5] Grande dizionario italiano dell'uso, ideato e diretto da Tullio De Mauro, volume V, Milano, UTET, 2000, p. 156.

[6] Si veda tra l'altro Antonio Di Tommaso - Alberto Galgano, Il just-in-time, in Manuale della qualità, cit., p. 521-543.

[7] Sul quale si rinvia almeno ad Alberto Galgano, La qualità totale. Il Company-Wide Quality Control come nuovo sistema manageriale, Milano, Il Sole 24 Ore, 1990. Per una applicazione all'ambito bibliotecario si veda Alberto Petrucciani - Igino Poggiali, La qualità totale in biblioteca, "Bollettino AIB", 32 (1992), 1, p. 7-20; Cristina Galgano, Il ruolo delle risorse umane, in L'informazione a portata di mano: biblioteche, tecnologie e servizi agli utenti. Atti del XXXVII Congresso nazionale dell'associazione italiana biblioteche, Pisa, 27-29 novembre 1991, a cura di Elena Boretti e Riccardo Ridi, Milano, Giunta Regionale Toscana - Editrice Bibliografica, 1992, p. 73-79; Michael S. Malinconico, Da utenti a clienti: la qualità nella prospettiva digitale, in La Qualità nel sistema biblioteca. Innovazione tecnologica, nuovi criteri di gestione e nuovi standard di servizio, a cura di Ornella Foglieni, Milano, Editrice Bibliografica, 2001, p. 49-69.

[8] Marco Biroli, Process analysis o process management, in "Sistemi & Impresa", 9 (1992), p. 1151-1152.

[9] Fra le molte pubblicazioni relative alle Norme ISO segnaliamo, per il suo preciso riferimento al mondo bibliotecario, l'importante e per molti versi anticipatrice raccolta di scritti di Giovanni Di Domenico, Percorsi della qualità in biblioteca, Manziana, Vecchiarelli, 2002. Per uno sguardo più approfondito e analitico si veda inoltre il già citato Manuale della qualità.

[10] ISO 9000-1, Linee guida per la selezione e l'impiego (citazione desunta da Piero De Risi, Introduzione alla gestione per processi nelle organizzazioni, <http://www.bdp.it/ifts/crea/appendici1c.pdf>.

[11] UNI EN ISO 9001: 2000, Sistemi di gestione per qualità. Requisiti, Milano, UNI, 2000, p. 5. La norma UNI EN ISO 9000: 2000 fornisce una definizione più sintetica ma altrettanto efficace di processo: "insieme di attività correlate o interagenti che trasformano elementi in entrata in elementi in uscita" (UNI EN ISO 9000: 2000, Sistemi di gestione per qualità. Fondamenti e terminologia, Milano, UNI, 2000, p. 13).

[12] Piero De Risi - Paolo Franchi, cit., p. 378 (citazione leggermente modificata).

[13] Sulle diverse forme organizzative (per funzioni, per divisioni, a matrice, per processi) si rinvia al recente Giovanni Costa - Paolo Gubitta, Organizzazione aziendale. Mercati, gerarchie e convenzioni, Milano, McGraw Hill, 2004.

[14] Stefano Tonchia, I fondamenti della gestione per processi, in Stefano Tonchia - Andrea Tramontano - Fabio Turchini, cit., p. 7.

[15] Aspetti che, in molti casi, possono assumere connotazioni quanto mai dannose per l'organizzazione. Secondo Lucio Sicca, infatti, "la consuetudine di rappresentare e gestire l'impresa verticalmente e funzionalmente ha rafforzato nei membri stessi di tali istituzioni la convinzione che esse debbano essere gestite nel rispetto della verticalità e della funzionalità. Le conseguenze di tali convinzioni sono state in alcuni casi disastrose , in particolare quando si è consolidata nell'impresa la così detta 'cultura casetta o silos' per cui le funzioni vengono vissute dai membri di un'altra funzione quasi quali nemici e non come colleghi partner nella stessa battaglia [...]. L'affermazione di tale cultura stimola quindi la ricerca, dai parte dei membri dell'impresa, dell'ottimizzazione dei risultati e degli obiettivi della propria funzione, subottimizzando spesso però il conseguimento di valore per l'impresa intesa come insieme" (Lucio Sicca, La gestione strategica d'impresa. Concetti di base e strumenti di analisi competitiva, Padova, Cedam, 2003, p. 67-68).

[16] Stefano Tonchia - Andrea Tramontano - Fabio Turchini, cit., p. XVI.

[17] Piero De Risi - Paolo Franchi, cit., p. 379.

[18] Su questo aspetto si rinvia in particolare ai citati testi di Stefano Tonchia - Andrea Tramontano - Fabio Turchini e di Piero De Risi - Paolo Franchi.

[19] UNI EN ISO 9001: 2000, cit., p. 5.

[20] Giovanni Di Domenico, L'obiettivo e la pratica della qualità in biblioteca: brevi riflessioni sul contesto italiano, in "Culture del testo", 5 (1999), 13, p. 5-13, ripubblicato con il titolo di Pratica della qualità e carta dei servizi in biblioteca, in Percosi della qualità in biblioteca, cit., p. 13-26. Le citazioni proposte sono desunte da quest'ultimo testo.

[21] Ibid., p. 17.

[22] Ibid., p. 18.

[23] Ibid.

[24] Giovanni Solimine, cit., p. 59-60.

[25] Piero Cavaleri - Catry Ostinelli, Controllo di gestione in biblioteca tra efficacia ed efficienza, in La Qualità nel sistema biblioteca, cit., p. 121-138.

[26] Un concetto, a parere degli autori, che fa "riferimento ad un insieme di attività organizzate e collegate, strutturalmente o logicamente, tra loro al fine di dare come risultato un particolare prodotto/servizio utile a soddisfare i bisogni dell'utente interno o esterno, finale o intermedio. I prodotti/servizi, infatti, vengono forniti agli utenti grazie a sequenze di attività collegate tra loro attraverso lo scambio di informazioni, documenti, oggetti fisici e persone. Informazioni, documenti, oggetti fisici e persone che rappresenteranno per ogni attività rispettivamente l'output e l'input (ibid., p. 124).

[27] Ibid.

[28] Lo schema è riportato a pagina 124 del testo citato.

[29] Ibid., p. 132.

[30] Alla gestione per processi l'autore infatti dedica un intero capitolo (l'ottavo) del suo Dalla certificazione alla Qualità Totale, Milano, Editrice Bibliografica, 2001.

[31] Ibid., p. 182.

[32] Sistemi Qualità, Applicare la norma UNI EN ISO 9001:2000 nelle biblioteche, Milano, UNI, 2002; Alessandro Sardelli, insieme ad altri esperti bibliotecari e non, ha fatto parte della commissione che ha redatto la norma.

[33] Al riguardo si segnalano i diversi interventi contenuti nel citato La Qualità nel sistema biblioteca, e in particolare quello dello stesso Sardelli dal titolo Certificare la biblioteca: tra ISO 9000 e Sistema Qualità, alle pagine 90-104.

[34] Le ricordate UNI EN ISO 9000 - 9001 - 9004 :2000.

[35] Applicare la norma UNI EN ISO 9001:2000 nelle biblioteche, cit., p. 17 (citazione leggermente modificata).

[36] Ibid., p. 18-19.

[37] Alessandro Sardelli, Dalla certificazione alla qualità totale, cit., p. 184-185. L'autore, che è responsabile del Sistema qualità della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ha proceduto ad una "reingegnerizzazione" della biblioteca sulla base delle norme ISO 9000:2000, in particolare applicando la logica per processi alle diverse attività bibliotecarie; per far ciò sono stati individuati 10 processi primari, 7 processi di supporto e 6 processi trasversali. Sulla base di questi requisiti, la BNCF nel dicembre 2003 ha ricevuto la Certificazione di qualità (Alessandro Sardelli, comunicazione personale). Le altre biblioteche in Italia che hanno ottenuto tale certificazione sono la biblioteca civica di Bareggio (MI), la biblioteca del comune di San Martino di Vanezze (RO) e, di recente, la biblioteca del dipartimento di Scienze statistiche dell'università di Bologna; su quest'ultima esperienza si rinvia a Luciana Sacchetti, Certificare la biblioteca. Il caso della Biblioteca del Dipartimento di Scienze Statistiche "Paolo Fortunati" dell'Università di Bologna, "Biblioteche oggi", 22 (2004), 6, p. 13-21.

[38] Si tratta in effetti di una situazione ben presente all'analisi aziendale, e che viene analizzata e rappresentata in una pluralità di modi. Giorgio Merli ad esempio ipotizza una organizzazione a matrice a triplice entrata (per funzioni, per processi, di linea), in cui alcune attività - tipicamente la produzione e gli acquisti - sono viste sia come funzioni che come processi, la loro diversificazione emergendo attraverso le attività di linea, nelle quali si sviluppano le diverse operazioni afferenti di volta in volta ai processi o alle funzioni (Giorgio Merli, I nuovi paradigmi del management. I processi gestionali come chiave di successo nell'era dell'e-business e dell'ipercompetizione, Milano, Il Sole 24 Ore, 1999, p. 58-63).

[39] Al riguardo si rinvia a Thomas A. Stewart, Il capitale intellettuale. La nuova ricchezza, Milano, Ponte alle Grazie, 1999; Id., La ricchezza del sapere. L'organizzazione del capitale intellettuale nel 21. secolo, Milano, Ponte alle Grazie, 2002; Cristiana Compagno, Il management della qualità. Dagli standard al knowledge management, Torino, UTET, 1999. Un'opinione controcorrente è espressa da Matteo Bonifacio - Paolo Bouquet - Davide Merigliano, Knowledge e Management: sono compatibili?, "Economia & management", 3 (2002), p. 69 - 80 <http://dit.unitn.it/~bouquet/papers/Economia_e_Management2002.doc>.

[40] Domenico Bogliolo, KM, Knowledge Management - 1/3, <http://www.uniroma1.it/documentation/km1.html>.

[41] Sulle possibili applicazioni bibliotecarie del knowledge management si veda fra l'altro Richard Lucier, Knowledge management: refining roles in scientific communication, "Educom Review", 25 (1990) 3, p. 21-27; Id., The university as library, Follett Lecture Series, <http://www.ukoln.ac.uk/services/papers/follett/lucier/paper.html>; Kathleen M. Flynn, The knowledge manager as a digital librarian: an overview of the knowledge management pilot program at the Mitre Corporation. Proceedings of Digital Libraries 1995, <http://csdl.tamu.edu/DL95/papers/flynn/flynn.html>; Denis Reardon, Knowledge management: the discipline for information and library science professionals. 64th Ifla General Conference, Amsterdam, August 16-August 21, 1998, <http://www.ifla.org/IV/ifla64/017-123e.htm>; e gli interventi raccolti in Damn the information, pass the knowledge, "Cristal-Ed, Mail List Discussion", <http://www.si.umich.edu/cristaled/postings/V81.html>. In lingua italiana si rinvia al già citato contributo di Domenico Bogliolo (con ampia bibliografia). Dello stesso autore cfr. Dal reference al KM: il "caso" Lisa Guedea Carreño, "Bibliotime", 4 (2001), 1, <http://www.spbo.unibo.it/bibliotime/num-iv-1/bogliolo.htm>. Si vedano inoltre gli interessanti contributi di Giovanni Di Domenico, La biblioteca apprende: qualità organizzativa e qualità di servizio nella società cognitiva, in La Qualità nel sistema biblioteca, cit., p. 32-48; e di Giovanni Solinas, Qualità e Knowledge Management in biblioteca. La gestione della conoscenza nei processi innovativi, "Biblioteche oggi", 19 (2001), 6. p. 62-70.

[42] Stefano Tonchia, Il knowledge management nel network di imprese, in Stefano Tonchia - Andrea Tramontano - Fabio Turchini, cit., p. 84.

[43] Domenico Bogliolo, KM, Knowledge Management, cit.

[44] Stefano Tonchia, Il knowledge management nel network di imprese, cit., p. 89.

[45] Assai sottile e problematica appare la differenza fra informazione e conoscenza: secondo molti studiosi la conoscenza si distingue dall'informazione perché mette in opera capacità e competenze di natura più specificamente cognitiva. Per un'analisi più approfondita (anche in relazione ai concetti di società dell'informazione e di società della conoscenza), si rinvia al nostro Territori digitali. Biblioteche, comunità e memoria nell'età delle reti, "Biblioteche oggi", 22 (2004), 3, p. 26-41.

[46] Domenico Bogliolo, Dal reference al KM, cit. Sul tema della conoscenza tacita vs esplicita, di cruciale importanza per l'odierna teoria dell'organizzazione, si rinvia al fondamentale libro di Ikujiro Nonaka - Hirotaka Takeuchi, The knowledge-creating company. Creare le dinamiche dell'innovazione. A cura di Umberto Frigelli e Kazuo Inumaru, presentazione di Giuseppe Alessandria, Milano, Guerini, 1997.

[47] Ibid.




«Bibliotime», anno VII, numero 2 (luglio 2004)

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