«Bibliotime», anno VIII, numero 3 (novembre 2005)

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Giulia Visintin

La miglior parte



Gabriele Mazzitelli, Che cos'è una biblioteca, Roma, Carocci, 2005.

""Che cos'è l'arte? A questa domanda - che gli accade di provocare imprudentemente lui stesso, tentando l'approccio estetico con turiste di varia estrazione - il Delaude non ha mai saputo cosa rispondere. Se l'è sempre cavata limitandosi a indicare, se all'aperto, il monumento più prossimo, campanile di Giotto o San Miniato al Monte che fosse, e dicendo con solenne semplicità: "Eccola lì, l'arte". Oppure, se in luoghi chiusi e più esigenti, usando un'altra scappatoia infallibile: "Ma io ci vivo, in mezzo all'arte, la respiro. Come faccio a sapere cos'è?"".

Fruttero e Lucentini, Enigma in luogo di mare, Milano, Mondadori, 1991, cap. 6.

Sembra ieri, e invece sono passati più di vent'anni. Non so se un giorno si potrà dire di noi che siamo stati l'ultima generazione cresciuta così, ma di sicuro nessuno di noi è andato a scuola per fare il bibliotecario. Qualcuno studiava letteratura, qualcuno filosofia, altri una qualche disciplina - non sempre o solo umanistica - severa, appartata, ma certo moneta più corrente negli studi universitari di quelle strane ricerche che guardano alle biblioteche come a luoghi dove si sta bene, luoghi dell'abbondanza e non delle ristrettezze, dell'agio più che della fatica.

Abitavamo e lavoravamo in città lontane, i nostri maestri e i nostri amici erano assai diversi gli uni dagli altri. Poi ci siamo incontrati: a un convegno (cioè, come succede, nelle conversazioni durante le pause tra le sessioni), fra le pagine di una rivista (voglio dire: nei riferimenti trovati in una recensione o nei primi, brevi articoli). E non abbiamo avuto bisogno di dirci: "anche tu?!", perché ce n'eravamo già accorti. Alcuni di noi hanno stretto amicizie, con molti si sono intrecciati rapporti di lavoro. Lavoro del genere migliore, però, non completamente costretto nelle necessità, urgenze, scadenze più ingrate - piuttosto quel tipo di lavoro che spalanca aperture e curiosità, spazi inattesi, grazie allo studio, alla riflessione, agli scambi e alle iniziative condivise. Lavoro fatto di dialoghi epistolari (anche in epoca pre internet), chiacchierate alla stazione prima che i treni riportassero ciascuno alla propria città, di idee messe in comune e sperimentate insieme. E, col tempo, progetti più definiti: incontri, seminari, pubblicazioni.

"Probabilmente ciascuno di noi coltiva una sua idea di biblioteca", scrive Gabriele Mazzitelli proprio all'inizio del suo libro più recente (Che cos'è una biblioteca, Roma, Carocci, 2005), procedendo poi nel dimostrare quante e quali siano le forme possibili, oggi, della biblioteca. Una serie di fotografie, da inquadrature diverse - anzi di immagini in movimento, perché il soggetto delle riprese è tutt'altro che statico (lo è stato mai?).

Fra queste immagini ben note - in misure diverse - a chi nelle biblioteche ci lavora, grazie a queste immagini durante la lettura si compone anche un altro film: il ritratto di una generazione di bibliotecari, non tanto nelle loro identità individuali, quanto in ciò che - in tanti - hanno fatto. Una postilla professionale, quasi, al film di Giordana La meglio gioventù.

Non c'è pagina di questo libro che non desti qualche memoria - almeno in una lettrice come quella che sta scrivendo. Molte frasi sparse nel testo suonano come echi o traguardi di discussioni cominciate talvolta per occasioni contingenti e proseguite con passione fra colleghi e amici. Nelle descrizioni degli strumenti, materiali o astratti che siano, per mezzo dei quali una biblioteca vive ed agisce, si leggono in filigrana le riflessioni, i dubbi anche, che ne hanno accompagnato l'avvento, le prime sperimentazioni e l'insediarsi fra i normali servizi di biblioteca.

Già: una biblioteca normale. La si può descrivere, in un libro come questo, pensando a tutto quanto nelle biblioteche italiane è ancora più o meno lungi dall'essere normale? In uno scritto che si rivolge innanzi tutto a chi le biblioteche non le conosce, o le conosce poco, come equilibrare la verità di ciò che è e quella di ciò che potrebbe essere? Era probabilmente il compito più difficile. Gabriele Mazzitelli sa mettere in parole, con respiro pacato, situazioni complesse senza ridurle a semplificazioni inutili. Anche su questo aspetto ha saputo rappresentare anche la tensione fra realtà quotidiana e prospettive possibili che tanto posto tiene nei discorsi e nelle speranze dei bibliotecari.

Spero che l'autore perdonerà l'aver visto nelle sue pagine ciò che forse non aveva intenzione esplicita di metterci, perdonerà questa indulgenza alla nostalgia, o meglio alla rievocazione del tanto che ci accomuna. Non siamo reduci, ancora per un po' almeno - ma è stato bello sfogliare questo album di istantanee, rivedere questo film, ritrovare volti e voci conosciuti.

Giulia Visintin - Firenze, e-mail: visintin@aib.it





«Bibliotime», anno VIII, numero 3 (novembre 2005)

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