«Bibliotime», anno XI, numero 1 (marzo 2008)

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Paul Gabriele Weston

Caratteristiche degli opac e strategie delle biblioteche *



La crescente concorrenza di strumenti di ricerca alternativi, in primo luogo dei motori di ricerca, ha avviato un processo di revisione delle caratteristiche degli opac e, più in generale, un ripensamento delle strategie delle biblioteche di fronte al problema di organizzare e distribuire le informazioni bibliografiche, ciò che ha costituito fino ad oggi uno degli obiettivi primari dell'istituzione bibliotecaria. In precedenti occasioni [1] abbiamo avuto modo di commentare i risultati di una indagine condotta su scala internazionale dalla rete OCLC nel 2005 [2], e di un'altra commissionata dalla Library of Congress a Karen Calhoun e pubblicata l'anno successivo, [3] la quale a causa di un'impostazione ritenuta assai poco rispettosa dell'identità della biblioteca è stata oggetto, anche in Italia, di un ampio e qualificato dibattito. [4]

I due documenti non sono immediatamente confrontabili, perché troppo diversi sono metodo di indagine, struttura e finalità. Dalle osservazioni, che riflettono il modo in cui attori diversi, semplici lettori e frequentatori di biblioteche nel primo caso, bibliotecari e specialisti di tecnologie della comunicazione nel secondo, utilizzano gli strumenti e i servizi che la biblioteca tradizionale mette a loro disposizione, emergono tuttavia alcuni fatti evidenti. In primo luogo, che Google è, senza discussione, lo strumento di ricerca più usato e quello a cui si rivolge la stragrande maggioranza delle persone nel momento in cui debba avviare una ricerca che non sia finalizzata all'individuazione di uno specifico documento. La sua forza deriva, oltre che dalla costante disponibilità dei servizi e dalla sua apparente facilità di funzionamento, dal fatto di consentire mediante un'unica sessione di ricerca l'accesso a risorse di ogni tipo, disciplina o provenienza, una caratteristica, quest'ultima, che non garantiscono nemmeno gli archivi delle reti bibliotecarie più estese o i metamotori che permettono di interrogare contemporaneamente cataloghi di biblioteche, periodici elettronici e siti di editori e librerie online.

Alcuni degli intervistati sottolineano la difficoltà di interpretare correttamente le richieste dell'opac e di distinguere, tra i diversi canali di ricerca proposti, quello potenzialmente più adeguato a rispondere alle loro esigenze informazionali. La ricerca booleana, poi, viene largamente sottoutilizzata, anche nei casi in cui l'opac ricorra a tecniche volte a rendere particolarmente agevole la selezione dell'operatore e l'immissione delle stringhe secondo la sequenza corretta. Semplicità di funzionamento ed immediatezza della ricerca sono, dunque, due tra le caratteristiche che ricorrono più di frequente a marcare la differenza tra Google e gli altri strumenti proposti, tra i quali l'opac.

Quando, però, si tratta di valutare la qualità e l'affidabilità dell'informazione resa, le cose cambiano sensibilmente. Il motore di ricerca non è più il padrone incontrastato della scena. Al contrario, molti utenti concordano sul fatto che le informazioni che accompagnano il titolo di ciascuna risorsa per lo più non consentono di operare immediatamente una scelta e costringono, invece, ad accedere in sequenza a più risorse, prima di individuare quelle più rispondenti, per caratteristiche e contenuto, alle proprie esigenze. In questo senso l'opac viene considerato lo strumento di ricerca più affidabile, sia in termini di precisione, sia per la quantità di informazioni che fornisce riguardo alle risorse che vi vengono descritte. Viene, poi, molto apprezzata la possibilità di acquisire la risorsa, sia ricorrendo al prestito, sia acquistandola grazie al collegamento che, con crescente frequenza, permette di passare direttamente dalla descrizione dell'opac alla pagina dell'editore o di una libreria elettronica. Si consolida pertanto l'idea che, se in una prima fase appare vantaggioso per il lettore disporre di un insieme il più possibile ampio e variegato di risorse sul quale effettuare la ricerca, utilizzando per di più il linguaggio naturale, nel ruolo di "ultimo miglio", termine con il quale si intende la tratta di cavo che connette le centrali telefoniche agli utenti finali, il catalogo è tuttora uno strumento insostituibile.

A conclusioni non dissimili perviene lo studio della Calhoun, la quale dopo aver premesso che "il catalogo è in declino, le sue procedure e le sue strutture sono insostenibili e il cambiamento deve avvenire rapidamente", conclude affermando, tra l'altro, che "l'opac ha ancora un ruolo indispensabile da svolgere nel garantire l'accesso alle raccolte librarie, nel mantenere una forma coerente ed autorevole di controllo bibliografico e nel fornire insiemi di informazioni mirate a comunità utenziali ben definite". Qualità dei dati e personalizzazione dei servizi sono quindi tra i concetti basilari dai quali ogni futura evoluzione del catalogo deve assolutamente partire.

Per quanto riguarda la qualità dei dati, l'insieme dei progetti che sono stati presentati nel corso della mattinata dimostra quanto la questione stia a cuore alle principali istituzioni bibliotecarie del mondo e quanto, oggi più che mai, si debba tener conto da un lato dell'esigenza di integrare cataloghi ed altre risorse bibliografiche prodotte da agenzie appartenenti a Paesi diversi (ne è un esempio il progetto VIAF), dall'altro che occorre coinvolgere nell'organizzazione dell'universo bibliografico tutti quei soggetti che a vario titolo contribuiscono al suo arricchimento, quindi editori e distributori, aggregatori di periodici elettronici, istituzioni accademiche, gli archivi, le arti ed altre istituzioni che fino ad oggi non hanno svolto alcun ruolo diretto nell'allestimento dei cataloghi bibliografici.

Facendo riferimento alle pratiche catalografiche della Library of Congress e al suo ruolo di fonte primaria per i dati bibliografici di un gran numero di istituzioni nordamericane, l'esigenza di adottare criteri di lavoro collaborativi, decentralizzati, con una visione internazionale e basati sul web è stata più volte ribadita da Deanna Marcum [5], ed ha condotto alla pubblicazione di un documento Report on the future of bibliographic control [6] da parte di un gruppo di lavoro del quale hanno fatto parte, accanto ai rappresentanti di importanti biblioteche universitarie e governative statunitensi, esponenti di OCLC, di Google, della Microsoft e di altre società impegnate nella produzione di sistemi per la creazione, la gestione e la circolazione di risorse digitali. Le raccomandazioni formulate nel documento si basano sul principio che, negli anni a venire, il controllo bibliografico si realizzerà in cooperazione con il settore privato e con la collaborazione attiva degli utenti e che occorrerà mettere in atto ogni accorgimento tecnologico e organizzativo che consenta di rispondere immediatamente ai cambiamenti rapidi che investono il mondo dell'informazione, a partire dal rendere accessibili i record catalografici direttamente dai motori di ricerca, sulla scia di quanto è stato fatto da OCLC con Open WorldCat.

Per quanto riguarda invece la personalizzazione dei servizi bibliografici, la National Library and Copenhagen University Library, unitamente ad altre importanti istituzioni danesi, nel 2006 ha pubblicato uno studio [7] focalizzato sulle biblioteche di ricerca, nel quale vengono prefigurati una serie di scenari relativi al funzionamento degli strumenti di ricerca, al ruolo dei bibliotecari e alle prospettive di sviluppo delle raccolte fisiche. Obiettivo dello studio non è l'individuazione di linee guida o di norme comportamentali; piuttosto si cerca di individuare, a partire da un'indagine sul campo, quali relazioni sussistano fra le componenti suindicate e di prevedere in che modo scelte effettuate in un ambito possano riflettersi negli altri due ambiti.

La personalizzazione dei servizi bibliografici, questa volta nell'ottica della estensione alla biblioteca del modello partecipativo considerato funzionale alla creazione e alla disseminazione della conoscenza, è l'argomento di uno studio promosso dall'American Library Association's Office for Information Technology Policy [8]. Gli autori tengono a sottolineare come l'adozione di concetti e software delle reti partecipative non sia frutto di una concessione alla moda del momento, ma dovrebbe rientrare a pieno titolo nella missione di una biblioteca verso la propria comunità di riferimento e sia, di conseguenza, del tutto logico dare un carattere interattivo al proprio sistema informativo, avvalendosi delle tecnologie messe a disposizione dagli attuali sviluppi di internet.

Alla questione complessa della partecipazione dedica un'indagine anche OCLC [9] con l'intento di verificare, a distanza di due anni dall'indagine sulla percezione delle biblioteche, quanto abbia inciso sui comportamenti degli utilizzatori di internet e, più in dettaglio, dei frequentatori di biblioteche, l'affermarsi di fenomeni sociali quali YouTube, MySpace e Facebook. Visti i risultati dell'indagine precedente, non deve meravigliare che una larga maggioranza degli intervistati dichiari di non vedere alcun ruolo per le biblioteche nel nuovo scenario, se non quello piuttosto generico di favorire l'aggregazione di gruppi di lettura. L'opinione è condivisa anche dai responsabili delle biblioteche, che tuttavia riconducono tale diffuso scetticismo al numero davvero esiguo di realizzazioni esistenti. Meno prevedibile era l'indifferenza manifestata dagli intervistati nei confronti della possibilità di contribuire personalmente ad arricchire il contenuto dei siti delle biblioteche attraverso recensioni, tagging e la partecipazione a gruppi di discussione.

Il quadro non sarebbe completo senza un accenno al contesto italiano, per il quale non si registrano indagini di ampio respiro, come quelle appena ricordate. Non si può negare, tuttavia, l'esistenza di un interesse diffuso nei confronti delle tematiche collegate allo sviluppo dei sistemi bibliografici e degli opac di nuova generazione. Negli ultimi anni si sono succedute iniziative di vario genere, alcune di rilievo internazionale, come i convegni su FRBR, sulle risorse elettroniche e sul controllo di autorità, all'interno dei quali numerosi sono stati gli interventi che hanno riguardato le linee di sviluppo dei cataloghi alla luce delle possibilità offerte dalle nuove tecnologie e delle crescenti sollecitazioni degli utenti.

Né può essere sottaciuto il ruolo che l'Italia ha svolto all'interno di comitati e gruppi di lavoro internazionali che si occupano dei cataloghi e dei servizi collegati. Per quanto riguarda specificamente le problematiche dell'opac, l'attivazione della nuova interfaccia della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, la realizzazione di nuovi portali, talvolta in combinazione con la riorganizzazione delle reti sottostanti da parte di alcuni sistemi territoriali, provinciali o regionali, la progettazione di archivi della produzione editoriale in funzione delle nuove procedure di deposito legale, l'adozione di cataloghi di nuova generazione da parte di singole biblioteche o reti dimostrano l'esistenza di un certo fermento. Né può mancare un accenno alla trasformazione in atto all'interno di SBN, con il passaggio dall'Indice proprietario ad una struttura predisposta ad interfacciarsi con i sistemi commerciali disponibili sul mercato e aperta a livelli variegati di cooperazione, il cosiddetto Indice2.

Ci si sarebbe forse potuto attendere che un momento tanto importante e potenzialmente foriero di una vera e propria riorganizzazione del "sistema biblioteca" in Italia sarebbe stato accompagnato da una indagine conoscitiva sullo stato dei cataloghi e sulle aspettative degli utenti dei servizi bibliografici nel Paese. Il 55. Congresso nazionale AIB, che si svolgerà a Firenze il prossimo ottobre e che ha per titolo "Servizio bibliotecario nazionale: gli strumenti. Controllo bibliografico", rappresenta senz'altro l'occasione per una riflessione comune e per un confronto sulle prospettive. Per quanto concerne infine l'accesso ai cataloghi collettivi di SBN, è opportuno sottolineare le potenzialità offerte dalla nuova interfaccia, rispetto a quelle precedenti, anche in termini di integrazione con nuovi servizi e forme di personalizzazione.

Tornando alle caratteristiche degli opac, riscontriamo nel suo ruolo un'evoluzione che può essere così schematizzata:

Le funzionalità richieste per la gestione in tempo reale dei prestiti e delle prenotazioni, nonché per altre forme elementari di interazione con gli utenti, sono ormai disponibili in gran parte degli opac attivati nelle biblioteche italiane, mentre si sta diffondendo la procedura dell'arricchimento bibliografico, anche per l'esistenza di appositi servizi commerciali. La crescita dei cataloghi e la varietà dei documenti in essi rappresentati tende a rendere sempre meno soddisfacente l'uso dei dispositivi di ricerca tradizionalmente presenti negli opac, mettendo in evidenza, al contrario, l'importanza di disporre di strumenti con caratteristiche differenziate, tali da semplificare, ogni qualvolta si renda necessario, il percorso del lettore ottimizzando la successione di procedure in cui si articola la sua ricerca bibliografica. Per fare un esempio, proprio quella granularità che garantisce efficienza al catalogo, risulta penalizzante se, al momento della ricerca, l'utente si trova di fronte una lista infinita di occorrenze, generata dall'insieme delle versioni in lingue, edizioni e supporti diversi di una medesima opera.

L'implementazione almeno parziale della struttura logica di FRBR può fornire una prima risposta al problema. Per ciascuna opera verrebbe infatti generata una sola occorrenza, corrispondente alla descrizione di una tra le versioni collegate. Il lettore dispone a quel punto di una serie di comandi, grazie ai quali richiedere la visualizzazione delle descrizioni di tutte le altre versioni presenti nel catalogo. L'accorgimento è stato, ad esempio, fatto proprio da Open WorldCat, mediante il quale OCLC rende consultabile tramite i motori di ricerca un archivio di quasi 70 milioni di registrazioni bibliografiche, con un beneficio per i motori di ricerca stessi, all'interno dei quali, lungi dal contribuire alla crescita del rumore causata dalla ridondanza dei dati, le notizie del catalogo costituiscono un nucleo ben organizzato e strutturato, al quale aggregare dati e informazioni di altra natura. [10]

La mancanza di dispositivi atti a favorire il raggruppamento dei risultati è uno dei fattori che le indagini sui desiderata degli utenti tendono ad evidenziare come un elemento di criticità ricorrente. [11] L'applicazione di FRBR e i raggruppamenti dinamici dei risultati (di cui ha già trattato Bergamin) sono due possibili soluzioni. In altri casi, specialmente nel campo della letteratura per i lettori più giovani si ricorre a vere e proprie liste tematiche compilate dai responsabili del servizio e rinnovate di tanto in tanto per seguire l'evoluzione delle mode e, ovviamente, la pubblicazione di nuovi titoli. Per evitare la spersonalizzazione del servizio e contribuire allo stesso tempo alla fidelizzazione dei piccoli lettori, in alcune biblioteche queste liste sono presentate come "i suggerimenti di ..." e ciascun bibliotecario tende a specializzarsi in uno o più filoni di lettura o fasce di età. [12]

In Gran Bretagna è stato attivato un sistema che seleziona le letture attraverso la compilazione di un breve questionario, con il quale il lettore può indicare per ciascuna caratteristica (umorismo, avventura, animali, mistero, dramma ecc.) il proprio gradimento. L'insieme degli indicatori permette di definire un profilo, al quale sono associate le letture che vengono presentate sullo schermo una volta che il questionario sia stato completato. Per quanto questo sistema presenti un grado di complessità maggiore rispetto alle semplici liste e richieda una maggiore partecipazione da parte di chi lo usa, il sistema offre il vantaggio di soddisfare dinamicamente i criteri impostati dal lettore, che si sente quindi più direttamente coinvolto nella scelta, e permette al tempo stesso di ricavare alcuni dati conoscitivi sui gusti e le abitudini degli iscritti alla biblioteca, anche in ragione delle differenti fasce di età e di genere. [13]

Un altro modello, assai più sofisticato, ma certamente funzionale, è quello del Recommendation System, [14] che trova diffusa applicazione nell'ambito del commercio elettronico e di cui Amazon rappresenta probabilmente l'esempio più conosciuto. Sono programmi che hanno lo scopo di predire oggetti che potrebbero interessare l'utente sulla base del suo comportamento all'interno del sistema. In tale direzione muove uno studio condotto da un gruppo di lavoro istituito, sulla base di un cospicuo finanziamento ricevuto dalla Andrew W. Mellon Foundation, presso la California Digital Library e denominato Melvyl Recommeder Project. [15] La ricerca articolata in cinque ambiti (sistemi di ricerca testuali, correzione automatica di stringhe digitate erroneamente, strategie di restituzione dei risultati agli utenti, ordinamento per rilevanza, suggerimento di percorsi di ricerca e di risultati alternativi) è stata affiancata da una serie di sperimentazioni, condotte su campioni di dati di crescente estensione tratte dai cataloghi e dagli altri archivi dell'istituzione, che hanno portato alla realizzazione di un prototipo, l'interfaccia Relvyl, [16] che implementa la maggior parte delle caratteristiche individuate nel corso dello studio.

In particolare, il gruppo di lavoro ha inteso valutare quale tra le alternative possibili, alla luce dello stato dell'arte dei software e dell'ampiezza raggiunta dai cataloghi collettivi e dagli archivi dei progetti digitali, costituisca la strategia più appropriata e assicuri il miglior rendimento. Tra gli ambiti di indagine sembra particolarmente interessante quello relativo al suggerimento di percorsi di ricerca e di risultati alternativi, in quanto consente di verificare l'incidenza di fattori sui quali il bibliotecario non abbia alcun controllo nella formulazione dei suggerimenti e quali precauzioni occorra dunque prendere perché il catalogo continui a svolgere in maniera oggettiva il proprio compito. Una rinuncia del catalogo alla propria trasparenza e al rispetto della condizione di terzietà comporterebbe, infatti, una rottura dell'implicito patto di fiducia che si instaura con il lettore, con il conseguente venir meno della sua autorevolezza. Per ciascun record Relvyl presenta una serie di suggerimenti di lettura ripartiti fra tre colonne. Nella prima compaiono i suggerimenti prodotti dall'applicazione di specifici algoritmi su dati provenienti dal record e, dunque, immessi direttamente dal catalogatore al momento della descrizione semantica dell'opera (il soggetto, la classificazione, le note di contenuto o gli indici e così via), oppure provenienti da altre informazioni, anch'esse prodotte dall'attività di catalogazione (titoli dello stesso autore, opere apparse nella stessa collana, ecc.).

Si tratta, in ogni caso, di suggerimenti originati da procedure e dati sotto la diretta responsabilità del catalogatore. Nella seconda colonna sono invece raccolti i suggerimenti ottenuti analizzando il comportamento degli utenti ("coloro che hanno preso in prestito il volume in questione hanno anche letto ..."). Evidentemente il sistema funziona meglio qualora l'algoritmo venga applicato a quantità elevate di traffico, perché su movimentazioni ridotte crescono le probabilità che il suggerimento sia frutto della richiesta casuale di un lettore che abbia preso in prestito due o più libri privi di qualunque caratteristica comune. In presenza di grandi numeri, invece, le sovrapposizioni fra le indicazioni della prima e della seconda colonna sono più frequenti e, a patto di dichiarare l'origine dei dati, le due colonne potrebbe utilmente risultare complementari.

Diverso è il caso della terza colonna, nella quale sono presentati i suggerimenti offerti da Amazon per quello specifico titolo. Sebbene le informazioni possano risultare pertinenti con l'oggetto della ricerca e quindi essere potenzialmente utili al lettore, resta il fatto che i criteri di individuazione dei titoli non vengono dichiarati e potrebbero dipendere anche da interessi di natura commerciale, come lo smaltimento delle giacenze o la sollecitazione di un editore. Occorre considerare, inoltre, che il suggerimento esiste fintantoche il libro è in commercio e che non può ovviamente estendersi a ritroso alle edizioni pubblicate anteriormente all'avvento del sito web. L'insieme delle considerazioni porta a considerare, quindi, i suggerimenti provenienti da un'agenzia commerciale (Amazon o altre non importa) alla stregua di informazioni estranee alla vera natura del catalogo. La loro origine, qualora si decidesse di renderli comunque visibili all'utente, andrebbe esattamente chiarita.

Un discorso analogo, seppur con motivazioni differenti, dovrebbe essere fatto per i tag (o marcatori) che alcuni sistemi consentono ai lettori di apporre, nell'ottica della partecipazione degli utenti all'arricchimento e all'organizzazione dei contenuti di una risorsa digitale. L'opportunità di tenere distinto il canale di ricerca per termini di un vocabolario controllato dall'insieme dei tag, spesso organizzati graficamente in forma di nuvola lessicale (una rappresentazione visiva dei marcatori attribuiti ad una risorsa, nella quale i termini sono rappresentati con dimensioni dei caratteri proporzionali al loro peso o importanza), risponde al criterio di chiarire responsabilità e funzione di ciascuna componente del catalogo. Non è un giudizio di valore sulla maggiore o minore affidabilità a distinguere i due strumenti di indicizzazione; a caratterizzarli è piuttosto la diversità dei criteri che sottendono alla formulazione e all'assegnazione dei lemmi. L'emergere di nuovi tag all'interno del catalogo dà il segno della direzione in cui si muovono gli interessi degli utenti. Ciò detto, il social bookmarking ha permesso il conseguimento di ottimi risultati in alcuni settori, come quello della grafica.

Un'altra forma di contributo è rappresentata da ciò che viene solitamente etichettato con la categoria "recensioni". Anche in questo caso si presentano numerose possibilità: che il testo sia quello riportato sulla quarta di coperta o provenga dal record sul sito dell'editore; che la recensione sia effettivamente tale venendo eventualmente ricavata dal sito di un periodico; che sia un abstract o un sommario redatto dal bibliotecario; che si tratti di un commento immesso in forma originale da un lettore. In alcuni siti di biblioteche alle recensioni è dato particolare risalto, venendo ad occupare uno spazio preminente sulla pagina di accesso e contribuendo quindi alla valorizzazione delle novità. In altri casi esse contribuiscono con i propri termini all'arricchimento delle nuvole semantiche.

Se la funzionalità delle recensioni rappresenta un aspetto tipico del catalogo della biblioteca territoriale, essa si sta diffondendo, sotto altra veste, anche nell'ambito dei sistemi bibliografici delle istituzioni di ricerca. Stiamo parlando di applicativi che consentono agli studiosi di integrare i record catalografici per mezzo di commenti, citazioni bibliografiche e collegamenti ad altre risorse. L'accesso a queste informazioni può essere ristretto a chi ha immesso il singolo dato, oppure condiviso all'interno di una comunità di specialisti. Si ottiene in questo modo di estendere il numero dei canali attraverso i quali le conoscenze relative ai diversi progetti di ricerca vengono fatte circolare e si pongono le premesse perché la citazione bibliografica sia il punto di aggregazione di informazioni eterogenee, utili tanto in fase di studio, quanto in funzione della didattica.

Man mano che il catalogo evolve da database bibliografico a vero e proprio portale, cresce la necessità che esso disponga al proprio interno dei dispositivi che consentano, su sollecitazione del lettore di estendere la ricerca dal patrimonio documentale ivi rappresentato ad universi documentali via via più estesi, dall'insieme delle risorse digitali (periodici, banche dati, cataloghi di altre biblioteche, ecc.) che la biblioteca gestisce direttamente o per i quali è attivo un abbonamento, a risorse a libero accesso, fino all'interrogazione libera sul web. Nel caso della North Carolina State University (ricordato nell'intervento di Bergamin), il portale è strutturato come un vero e proprio repertorio all'interno del quale all'utente che abbia indicato il settore disciplinare di interesse, anche attraverso l'uso di un thesaurus che permette di circoscrivere sempre meglio l'ambito, il sistema suggerisce una serie di percorsi e di strumenti di ricerca.

I percorsi sono costituiti dai termini relativi allo specifico ambito, più utilizzati all'interno del catalogo per la rappresentazione dei contenuti, cioé soggetti e descrittori di classificazione. Gli strumenti di ricerca sono invece i repertori e le risorse digitali più rispondenti alle necessità degli utenti. Tra i riferimenti è particolarmente significativa la presenza del nome e delle coordinate del bibliotecario che svolge il servizio di reference per quel settore disciplinare. L'accesso all'universo esterno al catalogo presuppone l'esistenza di un metamotore che interroghi le differenti risorse e che, una volta ottenute le occorrenze, provveda ad organizzare le citazioni in modo tale da eliminare le ridondanze e mostrare all'utente un'unica lista ordinata secondo il criterio di rilevanza o un altro criterio selezionato dall'utente stesso tra quelli disponibili. Nell'effettuazione della ricerca distribuita il metamotore deve essere in grado di interfacciarsi con basi di dati SRU/SRW e SQL, archivi OAI, siti web, file pdf e così via.

Per rendere più agevole la prosecuzione della ricerca a partire dai risultati dell'interrogazione degli archivi distribuiti, alcuni applicativi prevedono, accanto alla tradizionale restituzione a lista, l'uso di dispositivi grafici. Questa soluzione può essere particolarmente efficace per fornire all'utente un quadro immediato della quantità di risorse individuate per ciascuna tipologia e in combinazione con una barra del tempo consente di valutare la variazione di interesse nei confronti di una particolare problematica o di una tipologia documentaria. [17]

La complessità degli interventi che l'attivazione delle nuove funzionalità richiederebbero sugli applicativi gestionali ha prodotto lo sviluppo di componenti separate, [18] da collocare per così dire al di sopra dei sistemi esistenti, dando vita a quello che viene oggi definito "catalogo di nuova generazione" (next generation catalog), [19] oppure, a seconda della sua caratteristica predominante, OPAL (Online Public/Patron Access Library, un acronimo coniato nel lontano 1987 da Corrado Pettenati e ripreso di recente da Ridi [20]) per indicare l'opac portalizzato, oppure SOPAC (Social OPAC) per indicare un opac sul quale vengano implementati gli strumenti tipici del social networking. In alcuni casi queste componenti sono state realizzate dai produttori dei gestionali di biblioteca, [21] altri invece sono il risultato di specifici sviluppi o l'applicazione alle biblioteche di sistemi di ricerca inizialmente creati per altri settori. [22] In questo secondo caso si parla anche di sistemi agnostici in quanto costituiti da servizi e prodotti indipendenti rispetto al sistema sul quale essi vengono implementati.

L'analisi del mercato mette in luce, accanto ai software commerciali (occorre distinguere tra software"commerciale" e "proprietario", tenendo conto del fatto che la maggior parte del software commerciale è proprietario, ma esiste anche del software libero commerciale e c'è del software non commerciale che non rientra tuttavia nella tipologia del software libero), l'esistenza di sistemi di software libero (ci si riferisce in questo caso alla possibilità che l'utente possa, secondo livelli variegati, liberamente eseguire, copiare, distribuire, studiare, cambiare e migliorare il software), che negli ultimi anni sono pervenuti ad un buon livello di specializzazione e che consentono in tutto o in parte le medesime procedure del software commerciale, cioé il recupero di informazioni bibliografiche e l'accesso alle risorse collegate, sia quando queste sono accessibili in formato digitale, sia per la localizzazione ed il recupero del materiale tradizionale. [23] Non di rado lo sviluppo di queste applicazioni è curato da istituzioni accademiche e pubbliche, [24] così come non mancano esempi di proficue collaborazioni tra sistemi liberi e sistemi proprietari per la creazione di nuovi servizi. [25]

L'adozione di software libero presenta una serie di opportunità che una biblioteca dovrebbe attentamente valutare: innanzi tutto viene favorita la più ampia aderenza ai formati e ai protocolli standard e documentati, ciò che determina la possibilità di realizzare moduli che garantiscano accessibilità e interoperabilità e consentono il più alto grado di affidabilità in ordine alla preservazione dei dati, nonché alla loro fruibilità nel tempo; in secondo luogo, la scalabilità e la portabilità delle applicazioni realizzate consente all'istituzione di sviluppare il sistema a misura della crescita dei dati, dei servizi e degli utilizzatori, senza doversi impegnare sin dall'inizio nell'acquisizione di un prodotto sovradimensionato rispetto alle effettive esigenze, mentre al tempo stesso viene abbattuto il costo per le licenze d'uso del software, che costituisce una delle voci più pesanti nel caso dell'acquisizione di un software proprietario; quanto al mantenimento e all'evoluzione dell'applicativo, l'istituzione dovrebbe sentirsi garantita in virtù del numero crescente di utenti e di sviluppatori attivi nel campo delle tecnologie aperte e al tempo stesso l'insieme delle informazioni che vengono elaborate nel corso dello sviluppo e della documentazione allegata, vanno a costituire un patrimonio di conoscenze e di competenze che rimane nella disponibilità dell'istituzione. A fronte di tali vantaggi, la biblioteca deve essere consapevole che le viene richiesto un sostanzioso investimento nella fase iniziale, dovuto al reperimento delle risorse umane occorrenti alla progettazione, allo sviluppo e alla verifica delle diverse componenti e che questi investimenti sono difficilmente definibili con precisione prima del completamento dell'analisi dei requisiti formalizzati, che costituisce un prerequisito per le scelte tecnologiche.

Poiché la coesistenza di un applicativo gestionale (ILS) e di un software - libero o proprietario - per le attività di metaricerca e di organizzazione dei dati fin qui sta diventando un fenomeno ricorrente, nel 2007 la Digital Library Federation (DLF) ha istituito un gruppo di lavoro, denominato ILS Discovery Interface Task Force, con il compito di analizzare le questioni connesse all'effettiva integrazione tra le componenti e di formulare una serie di proposte tecniche. I prodotti presentano caratteristiche molto diverse, così come assai variegato è lo spettro di funzionalità che mettono in atto. Le biblioteche dal canto loro sarebbero ben contente si avvalersi di sistemi agnostici che garantiscano loro la possibilità di assemblare componenti diverse, per origine, struttura e funzionalità, calibrate in modo ottimale per rispondere alle loro esigenze. La prima e più immediata necessità è quella di permettere che i dati bibliografici siano cumulati per essere indicizzati ai fini della ricerca, trattati per le personalizzazioni dei servizi, collegati ai dati gestionali al reference e alla fornitura dei documenti.

Al termine di un anno di lavoro, nel marzo 2008 un gruppo di dieci produttori di applicativi gestionali hanno siglato un accordo, detto accordo di Berkeley, con il quale si impegnano a favorire l'interoperabilità mediante l'adozione di protocolli aperti per almeno tre funzioni: l'harvesting, relativamente ai record bibliografici e a quelli con altre informazioni (collocazioni, posseduto ecc.) ad essi collegati, attraverso un'interfaccia OAI-PMH; la disponibilità, finalizzata alla ricerca in tempo reale dell'esemplare di un documento; il collegamento (linking), finalizzato a garantire la stabilità dell'accesso al singolo record nell'opac. L'accordo si svilupperà ulteriormente nei prossimi anni e i suoi effetti prenderanno corpo a partire dai nuovi prodotti o da future versioni di quelli esistenti.

Dall'insieme delle questioni affrontate, emerge un panorama in rapida evoluzione, nel quale le biblioteche sono allo stesso tempo spettatrici e protagoniste. Nell'attesa che alcuni nodi si sciolgano e che le prospettive appaiano definite con maggiore chiarezza, non si può non ribadire che la qualità del catalogo (e dei servizi bibliografici, nel complesso) deve essere ora più che mai un obiettivo da perseguire. A questo risultato possono tendere tutte le biblioteche, in rapporto alla loro tipologia e alla loro grandezza, perché esistono strumenti che consentono di ottenere risultati di impatto immediato, anche con investimenti modesti. Più ancora che le tecnologie sofisticate, contano la professionalità e la fantasia del bibliotecario [26].

Paul Gabriele Weston, Dipartimento di Scienze storiche - Università di Pavia, e-mail: paul.weston@unipv.it


Note

* Questo articolo riprende il testo della relazione tenuta in occasione del Seminario " Il catalogo oggi: le norme catalografiche fra consolidamento e fluidità", Modena, 13 dicembre 2007.

[1] P. G. Weston – S. Vassallo, "… e il navigar m'è dolce in questo mare". Linee di sviluppo e personalizzazione dei cataloghi, in La biblioteca su misura: verso la personalizzazione del servizio, a cura di Claudio Gamba e Maria Laura Trapletti, Milano, Editrice Bibliografica, 2007, p. 130-167. Si veda anche A. Marchitelli, Le biblioteca nella percezione degli utenti: i risultati di tre indagini di OCLC, "AIB Notizie", 20 (2008), n. 4, p. 13-14.

[2] OCLC, Perceptions of libraries and information resources. A report to the OCLC Membership, Dublin (OH), OCLC, 2005 <http://www.oclc.org/reports/2005perceptions.htm>.

[3] K. Calhoun,The Changing Nature of the Catalog and its Integration with Other Discovery Tools, prepared for the Library of Congress (final report: March 17, 2006) <http://www.loc.gov/catdir/calhoun-report-final.pdf>.

[4] Si vedano, ad esempio, T. Mann, The Changing Nature of the Catalog and Its Integration with Other Discovery Tools. Final Report. March 17, 2006. Prepared for the Library of Congress by Karen Calhoun. A Critical Review. Prepared for AFSCME 2910, The Library of Congress Professional Guild (April 3, 2006) <http://www.guild2910.org/AFSCMECalhounReviewREV.pdf> (tr. italiana: Il catalogo e gli altri strumenti di ricerca: un punto di vista dalla Library of Congress, "Bollettino AIB", 2006, n. 3, p. 186-205) e A. Petrucciani, La catalogazione, il mercato e la fiera dei luoghi comuni, "Bollettino AIB", 2006, n. 3, p. 177-205.

[5] D. B. Marcum, The Future of Bibliographic Control in the Cooperative Environment (panel discussion). PCC Participants' Meeting Summary American Library Association (ALA) 2006 Annual Conference <http://www.loc.gov/catdir/pcc/archive/pccpart06a.html>.

[6] Library of Congress Working Group on the Future of Bibliographic Control, On the record. Report (Jan. 9, 2008) <http://www.loc.gov/bibliographic-future/news/lcwg-ontherecord-jan08-final.pdf>. Del documento fornisce una sintesi Giovanna Frigimelica in Aib Notizie, mentre è in preparazione la traduzione integrale del testo ad opera della stessa Frigimelica.

[7] The hybrid library: from the users' perspective. A report for the DEFF project "The loaners' expectations and demands for the hybrid library". The National Library and Copenhagen University Library (ecc.), February 2006 <http://www.statsbiblioteket.dk/summa/resolveuid/ed225c050698b9d5998a2cfa9bbe776e>.

[8] R. D. Lankes - J. Silverstein - S. Nicholson, Participatory Networks. The Library as Conversation. Produced for the American Library Association's Office for Information Technology Policy <http://iis.syr.edu/projects/PNOpen/ParticiaptoryNetworks.pdf> (tr. ital.: Le reti partecipative, la biblioteca come conversazione, trad. a cura di Angela Di Iorio e Marialaura Vignocchi del Gruppo di studio sulle biblioteche digitali dell'Associazione Italiana Biblioteche <https://www.aib.it/aib/cg/gbdigd07.htm3>).

[9] OCLC, Sharing, Privacy and Trust in Our Networked World. A Report to the OCLC Membership, Dublin (OH), OCLC, 2007 <http://www.oclc.org/reports/sharing/default.htm>.

[10] <http://www.worldcat.org/>.

[11] Elenchi di criticità sono reperibili, ad esempio, in eXtensible Catalog Survey Report, by Nancy Fried Foster (ecc.), Rochester (NY), River Campus Libraries, University of Rochester, July 20, 2007 <http://www.extensiblecatalog.info/wp-content/uploads/2007/07/XC%20survey%20report.pdf>; M. Myhill, Canute rules the waves? Hope for e-library tools facing the challenge of the "google generation", "Program", vol. 41, no. 1 (2007), p. 5-19 e in K. G. Schneider, How OPACs Suck, Part 2: The Checklist of Shame, "ALA TechSource" (3 Apr. 2006) <http://www.techsource.ala.org/blog/2006/04/how-opacs-suck-part-2-the-checklist-of-shame.html>. Della medesima autrice interessanti anche How OPACs Suck, Part 1: Relevance Rank (Or the Lack of It) (13 Mar. 2006) <http://www.techsource.ala.org/blog/2006/03/how-opacs-suck-part-1-relevance-rank-or-the-lack-of-it.html> e How OPACs Suck, Part 3: The Big Picture (20 May 2006) <http://www.techsource.ala.org/blog/2006/05/how-opacs-suck-part-3-the-big-picture.html>.

[12] Si veda l'esempio della Salt Lake City Public Library [Teenlists] <http://www.slcpl.lib.ut.us/details.jsp?parent_id=265&page_id=272>.

[13] readingmatters Bookchooser <http://www.readingmatters.co.uk/bookchooser.php>.

[14] G. Adomavicius, – A Tuzhilin,), Toward the Next Generation of Recommender Systems: A Survey of the State-of-the-Art and Possible Extensions, "IEEE Transactions on Knowledge and Data Engineering", vol. 17 (2005), no. 6, p. 734-749.

[15] California Digital Library, The Melvyl Recommender Project final report (July 2006) <http://www.cdlib.org/inside/projects/melvyl_recommender/report_docs/Mellon_final.pdf />.

[16] <http://rec-proto.cdlib.org/xtf/search?style=melrec&brand=melrec>.

[17] Si veda, ad esempio, Grokker <http://www.grokker.com/>. Il sistema bibliotecario della Binghamton University fornisce un buon esempio di come possano combinarsi in una unica interfaccia il catalogo con le nuove funzioni di raggruppamento, la segnalazione di novità editoriali di volta in volta relative all'oggetto della ricerca dell'utente, una nuvola lessicale e l'estensione della ricerca a risorse distribuite. I risultati di quest'ultima componente vengono presentati graficamente in un'altra schermata, utilizzando le funzionalità di Grokker <http://library.lib.binghamton.edu/>.

[18] Il fenomeno viene comunemente definito la "dis-integrazione degli applicativi gestionali". Si veda K. Antelman, The Dis-Integration of library systems of the future, Potomac Technical Processing Librarians, 81st Annual Meeting, Annapolis, Maryland, Oct. 28, 2005 (diapositive: <http://www.lib.virginia.edu/ptpl/2005antelman.ppt>). E' disponibile anche la trascrizione dell'intervento (p. 112-165): <http://www.lib.virginia.edu/ptpl/2005mtgtranscripts.pdf>.

[19] M. Breeding, Next-generation library catalogs, "Library Technology Reports", 43/4 (2007) <http://www.techsource.ala.org/ltr/next-generation-library-catalogs.html>.

[20] R. Ridi, La biblioteca come ipertesto, Milano, Editrice Bibliografica, 2007, p. 116-124.

[21] Ad esempio MetaLib e Primo (ExLibris), Millennium Access Plus e Encore (Innovative Interface), Sebina OpenSearch (Data Management), Libero Opensearch Portal (Infologic).

[22] Ad esempio Endeca Information Access Platform (Endeca), Aquabrowser Library 2.0 (Medialab Solutions; CIG/Bowker), WebFeat (Serial Solutions-Proquest, CIG)

[23] Ad esempio LibraryFind, VuFind, Evergreen e gli strumenti per la ricerca federata realizzati da Index Data (la suite YAZ). European Digital Library e CERL Portal sono ottimi modelli per obiettivi, metodologia e standard adottati.

[24] Ad esempio LibraryFind (Oregon State University) e il portale Summa (Statsbiblioteket di Arhus, cfr. nota 7).

[25] Ad esempio OpenTranslators, che unisce la tecnologia prodotta da Index Data con WebFeat, in collaborazione con CARE Affiliates.

[26] In occasione del convegno "La biblioteca pubblica: microcosmi a confronto" tenutosi a Catania nel febbraio 2008, Agnese Galeffi, nel corso di una relazione intitolata "Un catalogo 'nuovo' per nuovi servizi", rifacendosi al decalogo presentato da Mauro Guerrini nel 2000 (M. Guerrini, Il catalogo di qualità: oltre gli indicatori quantitativi: dieci criteri di analisi qualitativa, "Biblioteche oggi", 18, n. 5 (giugno 2000), p. 6-17), ha proposto una serie di indicatori di qualità dell'opac destinati in particolare alle biblioteche territoriali e ha mostrato una serie di realizzazioni interessanti sviluppate, a costi esigui e con tecnologie "povere".




«Bibliotime», anno XI, numero 1 (marzo 2008)

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