«Bibliotime», anno XII, numero 1 (marzo 2009)

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Maria Teresa Miconi

L'accesso aperto in Italia: una rassegna bibliografica *



Introduzione

Scopo del presente contributo non è quello di offrire una bibliografia esaustiva. Difatti, sulla rete esistono diversi strumenti dedicati alla raccolta, alla segnalazione e all'aggiornamento bibliografico sul tema dell'accesso aperto alle produzioni intellettuali di ricerca [1]; piuttosto l'obiettivo è quello di proporre una riflessione critica su ciò che è stato prodotto in ambito italiano sull'argomento.

Come è noto, "l'Open Access o accesso aperto è un movimento internazionale che incoraggia gli scienziati e gli studiosi a disseminare i propri lavori rendendoli liberamente accessibili in rete" [2]. Il documento che ufficialmente segna la nascita del movimento è considerato, a livello internazionale, la Budapest Open Access Initiative, nota e citata comunemente attraverso l'acronimo BOAI. Si tratta della dichiarazione [3] scaturita da un incontro ristretto tenutosi a Budapest nel dicembre del 2001 tra scienziati, editori no-profit, bibliotecari e rappresentanti dell'Open Society Institute, ente fondato dal magnate e filantropo George Soros, che ha erogato un consistente finanziamento a sostegno della iniziativa [4]. La BOAI descrive chiaramente le finalità del movimento open access: rendere disponibile liberamente e gratuitamente sul web la letteratura scientifica validata per supportare l'attività di ricerca e le sue ricadute sociali. Con tale dichiarazione, che può sembrare utopica nei suoi intenti, negli ultimi anni il movimento per l'Open Access ha di fatto richiamato l'interesse del mondo accademico e stimolato la riflessione in ambito biblioteconomico, ma non solo [5], anche nel nostro paese.

Selezione e analisi

Nel panorama nazionale è possibile isolare circa una sessantina di contributi specifici, tutti piuttosto recenti ma di carattere molto eterogeneo. Complessivamente, tuttavia, si registra una netta prevalenza di articoli dedicati a resoconti su eventi, convegni e congressi nazionali e internazionali [6].

La studiosa italiana maggiormente attiva su questo fronte è Antonella De Robbio "al tempo stesso aggiornata teorica e efficace divulgatrice del movimento Open access, che l'ha vista fra i suoi protagonisti a livello internazionale a partire dall'inizio del ventesimo secolo fino a tutt'oggi." [7]

L'autrice ha di recente raccolto i suoi scritti sull'argomento (per la gran parte già apparsi in riviste o miscellanee) in un volume intitolato Archivi aperti e comunicazione scientifica, pubblicato presso ClioPress [8] sottoforma di e-book ad accesso gratuito, ma disponibile anche a stampa on demand. "La raccolta si propone un duplice obiettivo: da un lato colmare una lacuna nel panorama della carente bibliografia italiana sugli archivi aperti; dall'altro, fare il punto della situazione sulla delicata questione del movimento Open Access e della speranza, nutrita dai suoi sostenitori, che esso possa davvero porre al più presto le basi per un accesso democratico e tempestivo ai risultati della ricerca scientifica." [9]

Sempre ad Antonella De Robbio si deve un contributo intitolato L'Open Access in Italia, [10] che fornisce una panoramica di carattere generale sul movimento, con particolare attenzione al contesto italiano. L'articolo puntualizza alcuni fondamentali concetti, definizioni e obiettivi, allo scopo di "chiarire le non sempre corrette informazioni sull'Open Access". L'autrice sottolinea inoltre come anche nel nostro paese, da qualche tempo, le università e gli enti di ricerca si stanno dotando di archivi aperti, allineandosi agli altri paesi del mondo dove l'accesso aperto è già una realtà più manifesta, concludendo con dei suggerimenti utili al rafforzamento delle strategie Open Access all'interno degli atenei italiani.

Una stimolante riflessione di carattere generale è stata prodotta anche da Nicola Cavalli, nel contributo dal titolo Open Acces: un'introduzione ragionata [11], nel quale l'autore, dopo aver chiarito i concetti fondamentali, si sofferma in particolare sullo studio del fenomeno Open Access come nuovo modello per l'editoria scientifica digitale.

Un approccio di tipo 'storico', volto a ricostruire le origini e le motivazioni alla base della nascita e dello sviluppo del movimento Open Access, è quello fornito da Luca Guerra e Michele Santoro. Nell'articolo intitolato Paradigmi emergenti della scholarly communication [12], Guerra ricostruisce la cosiddetta "journal crisis" [13] e offre una panoramica delle risposte alla crisi formulate dalla comunità dei bibliotecari e dei ricercatori, dapprima con azioni di contrasto (come massicce cancellazioni e ricorso al modello just in time), poi con iniziative (pubbliche e private) animate dall'obiettivo di modificare l'intero sistema della scholarly communication, come appunto la Budapest Open Access Initiative. Più incisiva la produzione di Santoro, che ha dedicato molteplici contributi [14] all'analisi dell'evoluzione storica delle riviste in quanto strumento di comunicazione privilegiato all'interno della comunità scientifica, a partire dai primi periodici scientifico-letterari, nati all'interno delle Accademie sei-settecentesche, per arrivare agli e-journals e oltre fino agli open access journals.

Alcuni studi italiani sono dedicati all'analisi dei comportamenti degli attori coinvolti nel processo di comunicazione scientifica, ed in particolare agli autori accademici nella loro duplice veste di produttori e fruitori di informazione. Su questo fronte si sono impegnati in particolare Paola Gargiulo ed Eugenio Pelizzari. Nell'articolo intitolato Il nuovo ruolo dell'autore nella comunicazione scientifica, [15] Paola Gargiulo si propone di sensibilizzare gli autori accademici, ma anche i bibliotecari, sui cambiamenti in corso nel mondo della comunicazione scientifica. In particolare l'autrice sottolinea come, grazie alle nuove tecnologie informatiche e telematiche, si stia profilando un nuovo scenario, nel quale gli autori possono ricoprire un ruolo del tutto inedito di autori/editori e contribuire alla creazione di nuovi sistemi di circolazione dell'informazione più equi e democratici.

Un approccio di tipo applicativo è invece quello offerto da Eugenio Pelizzari che nel suo contributo intitolato Autori accademici e Open Archives, [16] riporta i risultati della ricerca svolta presso le facoltà di Economia e di Giurisprudenza dell'Università degli studi di Brescia, e condotta allo scopo di indagare i fattori che possono facilitare e gli ostacoli che possono rallentare l'affermarsi della filosofia dell'Open Access tra gli autori accademici e i ricercatori. L'autore conclude che gli atteggiamenti, i bisogni e le aspettative che emergono dalla comunità indagata sono molteplici e in parte contraddittori e insiste tuttavia, in chiusura, sull'importanza di condurre studi analoghi, possibilmente in contesti interdisciplinari (settori HSS & STM), allo scopo di evidenziare le potenzialità offerte dalla strategia Open Access e convincere la comunità accademica a rendere liberamente disponibile la propria produzione scientifica.

Per una disamina delle questioni connesse alla gestione del copyright nella prospettiva dell'Accesso Aperto, punto di riferimento per il contesto italiano è nuovamente la figura di Antonella De Robbio [17]. Segnaliamo, da ultimo, la sua relazione presentata alla Conference "Institutional Archives for Research: Experiences and projects in Open Access, Session 4. Opportunities and Services to develop", Roma, Istituto Superiore di Sanità, 1 dicembre 2006, il cui testo è stato pubblicato sotto forma di articolo sulla rivista "Bibliotime" [18]. L'autrice esamina le problematiche della proprietà intellettuale nell'ambito dell'Open Access, chiarendo le opportunità e le protezioni offerte all'autore dall'auto-archiviazione.

Di recente, la studiosa italiana si è interessata anche di bibliometria, pubblicando un lavoro ampio e articolato dal titolo Analisi citazionale e indicatori bibliometrici nel modello Open Access [19], nel quale analizza e discute in modo approfondito numerose iniziative e diversi progetti in campo bibliometrico, che si stanno diffondendo nel mondo Open Access, e in cui sono in corso di sperimentazione soluzioni alternative al tradizionale Impact Factor [20]. Scrive l'autrice che "gli archivi aperti ben si prestano ad analisi bibliometriche, in quanto si tratta di campi di indagine ben definiti, che possono condurre a una valutazione dell'impatto nella ricerca non tanto delle riviste quanto del singolo autore o meglio del singolo lavoro".

Sul versante complementare della valutazione qualitativa delle pubblicazioni scientifiche, un importante contributo critico è offerto da Anna Maria Tammaro nello studio intitolato Indicatori di qualità delle pubblicazioni scientifiche e open access [21]. Il lavoro vuole essere una rassegna bibliografica sugli indicatori di qualità, descrivendo al contempo le opportunità e le debolezze degli indicatori medesimi nella transazione al digitale. "Lo scopo è in particolare quello di focalizzare la nuova situazione creata dall'accesso aperto (open access), che ha delle implicazioni molto importanti per la scelta degli indicatori di qualità".

Sul piano propriamente biblioteconomico-gestionale meritano di essere segnalati i contributi di Anna Maria Tammaro, Teresa De Gregori e Maria Cassella. L'articolo intitolato Ruolo e funzionalità dei depositi istituzionali [22], frutto della collaborazione tra Anna Maria Tammaro e Teresa De Gregori, è il primo contributo italiano ad affrontare dal punto di vista del management la gestione delle funzionalità e dei servizi dei depositi istituzionali [23]. Le autrici riflettono sulla natura e sulle finalità dei depositi istituzionali, e sottolineano con forza il fatto che "il concetto di deposito istituzionale non è quello dell'archiviazione di una collezione di documenti su supporto digitale. I depositi istituzionali devono essere considerati come vere e proprie biblioteche digitali […] il cui focus non è sulle collezioni o sui processi ma sugli utenti come comunità attive nel sistema e comunicanti tra loro".

Più recentemente Maria Cassella ha prodotto un contributo dal titolo Il ruolo del bibliotecario nei depositi istituzionali [24] nel quale sostiene (e dimostra) che i bibliotecari giocano un ruolo determinante per il successo di un institutional repository. L'autrice analizza lo stretto rapporto che intercorre tra deposito istituzionale e bibliotecario, a partire dalla progettazione fino alla realizzazione dell'archivio, concludendo che "la consapevolezza di questo nuovo ruolo è un primo passo per garantire un futuro, al momento ancora incerto, ai depositi istituzionali, contribuire al rinnovamento del tradizionale paradigma editoriale e, quindi, indirettamente alla disseminazione 'etica' della comunicazione scientifica".

Per una veloce panoramica delle iniziative avviate dagli atenei italiani a favore del paradigma dell'accesso aperto si può far riferimento all'articolo di Giulio Casilio, [25] nel quale vengono presi in esame gli open archives realizzati dall'università di Bologna, da Roma "La Sapienza", dall'università di Trento, dall'università di Padova e dalla "Federico II" di Napoli. Peraltro ad alcune di queste iniziative – e ad altre cui Casilio accenna solamente – sono stati dedicati specifici contributi da parte di coloro che vi hanno partecipato attivamente a livello di singolo ateneo raccontando poi la loro esperienza [26].

Un discorso a parte, per l'ampiezza della prospettiva adottata, merita il recente contributo di Fabrizia Bevilacqua, [27] nel quale vengono discussi i risultati di una ricerca condotta tra giugno e ottobre 2007 su diciotto depositi istituzionali italiani che usano la tecnologia DSpace, allo scopo di analizzare le scelte organizzative, politiche e gestionali. Sul piano metodologico l'indagine è stata condotta individuando, attraverso l'analisi della letteratura professionale, una griglia di indicatori ritenuti utili ai fini della valutazione, integrati attraverso interviste strutturate con alcuni dei responsabili del servizio. L'autrice formula in chiusura alcune osservazioni individuando quali fattori locali possono condizionare lo sviluppo dei depositi istituzionali e limitarne la portata rispetto ai potenziali benefici. Sempre a DSpace è dedicato il contributo di Pietro Gozzetti [28], che però privilegia un approccio più specialistico, che si rivela utile per chi voglia conoscere più da vicino il software maggiormente diffuso e utilizzato in Italia. L'autore ripercorre le origini del sistema e ne illustra le caratteristiche tecniche e le potenzialità.

Per quanto attiene le piattaforme tecnologiche, va segnalato anche il contributo scritto in collaborazione da Ugo Contino, Paola Gargiulo, Susanna Mornati e Zeno Tajoli [29], dedicato al progetto PLEIADI [30] (Portale per la Letteratura scientifica Elettronica Italiana su Archivi Aperti e Depositi Istituzionali) nato dalla collaborazione tra CASPUR e CILEA, due dei maggiori consorzi interuniversitari italiani. L'articolo traccia le origini del progetto, descrive le funzionalità della piattaforma, che consente la ricerca federata su tutti gli archivi aperti italiani, e illustra i servizi disponibili che hanno reso nel tempo PLEIADI il portale di riferimento a livello nazionale.

Conclusioni

Sebbene nel complesso la produzione in lingua italiana, paragonata a quella dei paesi anglo-sassoni [31], non risulti molto cospicua, tuttavia si può registrare un incremento costante dell'interesse a partire dal Convegno di Messina "Gli atenei italiani per l'Open Access: verso l'accesso aperto alla letteratura di ricerca", 4 e 5 novembre 2004, organizzato con il patrocinio della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) e che ha segnato l'ingresso "ufficiale" del movimento in Italia. Peraltro proprio in seno alla Commissione Biblioteche la CRUI ha costituito nell'aprile 2006 il gruppo Open Access, del quale fanno parte i delegati di circa 40 atenei italiani [32], allo scopo di fornire strumenti di supporto alle università che hanno sottoscritto la Dichiarazione di Messina [33].

Va segnalato infine che anche l'AIB (Associazione Italiana Biblioteche) ha costituito recentemente un Gruppo di lavoro su "Diritto d'autore e Open Access" [34], a misura dell'importanza crescente di questa materia nel lavoro quotidiano e per le prospettive strategiche delle biblioteche nei circuiti dell'informazione e della conoscenza. Proprio alle parole di Rosa Maiello [35], coordinatrice del Gruppo AIB, ci piace affidare le conclusioni di questa breve riflessione:

Oggi esistono diverse soluzioni per armonizzare gli interessi degli autori alla visibilità, all'integrità e alla giusta valutazione della loro opera, quelli degli editori alla remunerazione della loro attività e quelli delle agenzie pubbliche che finanziano la ricerca (ovvero, dei cittadini) a realizzare a costi sostenibili la loro missione di produzione, di trasferimento e disseminazione della conoscenza […]. Le soluzioni esistono, la cooperazione tra le parti coinvolte è possibile e – se il compito dei bibliotecari e di quanti sostengono il movimento per l'accesso aperto è quello di mostrarle, di sollecitare tutte le parti coinvolte a guardare lontano – quello delle istituzioni pubbliche è di recepirle e di darvi seguito. L'Open Access è il futuro della comunicazione scientifica.

Maria Teresa Miconi, Biblioteca - Università degli Studi di Teramo, e-mail: mtmiconi@unite.it


Note

* L'ultima consultazione dei siti web risale al mese di dicembre 2008.

[1] Si segnala in particolare il recente Wiki italiano sull'Open Access <http://wiki.openarchives.it/index.php/Pagina_principale> lanciato nel mese di aprile 2008. Il Wiki è curato da un gruppo di bibliotecari che operano a sostegno dell'Accesso Aperto alla letteratura di ricerca nelle Università italiane e nei principali consorzi interuniversitari. Ha lo scopo di offrire un unico punto di accesso alle principali informazioni sull'Open Access, partendo dallo scenario internazionale, ma con particolare attenzione alla realtà italiana. Presenta una bibliografia dei contributi italiani.

[2] La definizione, sintetica ma efficace, si deve ad Antonella De Robbio, Open Access o Accesso Aperto, in Archivi aperti e comunicazione scientifica, Napoli, Clio Press, 2007, p. 33-45.

[3] Presente in rete al seguente indirizzo <http://www.soros.org/openaccess/read.shtml>.

[4] Maggiori informazioni sull'OSI, sul suo fondatore e sulle iniziative promosse sono disponibili a partire dall'indirizzo <http://www.soros.org>.

[5] Si veda ad esempio il contributo di Luigi M. Reale, Libro elettronico, editoria digitale, accesso aperto: riflessioni e prospettive, "Nuova Informazione Bibliografica", 2005, 1, p. 197-204.

[6] Chiaramente su tali contributi non ci soffermeremo in questa sede.

[7] La citazione è tratta dalla presentazione di Riccardo Ridi al volume Archivi aperti e comunicazione scientifica, Napoli, Clio Press, 2007.

[8] Antonella De Robbio, Archivi aperti e comunicazione scientifica, Napoli, Clio Press, 2007, <http://www.storia.unina.it/cliopress/derobbio.htm>.

[9] La citazione è tratta dalla prefazione di Nicola Madonna al volume sopracitato.

[10] "Digitalia: rivista del digitale nei beni culturali", 2006, 1, p. 31-44.

[11] In Studiare la Società dell'Informazione, a cura di Davide Diamantini. Milano, Guerini, 2005, <http://eprints.rclis.org/archive/00005091/>.

[12] Luca Guerra, Paradigmi emergenti della scholarly communication, "Bollettino AIB", 42 (2002), 4, p. 413-437, <http://eprints.rclis.org/archive/00000131/01/Paradigmi_per_LIS.htm>.

[13] Come è noto, con l'espressione "journals crisis" s'intende la imperiosa ascesa dei prezzi delle riviste scientifiche iniziata negli anni settanta e divenuta concreta minaccia per il libero corso della comunicazione scientifica condotta mediante la forma-articolo.

[14] Ricordiamo Pubblicazioni cartacee e pubblicazioni digitali: quale futuro per la comunicazione scientifica?, "Memoria e Ricerca. Rivista di storia contemporanea", 8 (2001), p. 207-217, <http://eprints.rclis.org/98/1/15.htm >; e Il sistema periodico. Breve storia delle riviste tra comunicazione scientifica e pratica bibliotecaria, "Bibliotime", 7 (2004), 1, <http://didattica.spbo.unibo.it/bibliotime/num-vii-1/santoro.htm>. Più recentemente, la riflessione di Santoro ha trovato una compiuta sistemazione nel volume Biblioteche e innovazione. Le sfide del nuovo millennio, Milano, Editrice Bibliografica, 2006, in particolare nel Capitolo IV, p. 279-394.

[15] "Bibliotime", 3 (2000), 2, <http://www.spbo.unibo.it/bibliotime/num-iii-2/gargiulo.htm>.

[16] "Biblioteche Oggi", 21 (2003), 9, p. 37-51 <http://www.bibliotecheoggi.it/2003/20030903701.pdf>.

[17] Ad Antonella De Robbio si deve, tra l'altro, la cura e l'aggiornamento della sezione Open Access e copyright: FAQ <http://www.cab.unipd.it/node/1104#OpenAccessecopyright>. Si tratta di uno strumento di facile consultazione, che fornisce le risposte ai principali quesiti e dubbi di chi pubblica in ambiente di Accesso Aperto: cosa prevede la normativa italiana, le eccezioni alla tutela del diritto d'autore, il concetto di copyleft etc. Su questi temi si veda anche Marco Marandola, Il nuovo diritto d'autore: introduzione a copyleft, open access e creative commons, Milano, DEC, 2005, <http://www.unitus.it/biblioteche/webif/06-docs/download/nuovo_diritto_autore.pdf>.

[18] Antonella De Robbio, Accesso Aperto e copyright: il copyright scientifico nelle produzioni intellettuali di ricerca, "Bibliotime", 10 (2007), 2 <http://didattica.spbo.unibo.it/bibliotime/num-x-2/derobbio.htm>.

[19] "Bollettino AIB", 47 (2007), 3, p. 257-288 <http://eprints.rclis.org/archive/00011999/>.

[20] Su questo tema va ricordato anche il contributo di Valentina Comba, La valutazione delle pubblicazioni: dalla letteratura a stampa agli open archives, "Bollettino AIB", 43 (2003), 1, p. 65-76, sebbene meno recente e meno approfondito. Per una panoramica dei principali studi condotti a livello internazionale in campo bibliometrico, può essere utile la lettura di Danilo Deana, Gli archivi ad accesso aperto e l'impatto delle pubblicazioni: indicatori e tecniche di misurazione, "Biblioteche Oggi", 26 (2008), 1-2, p. 9-16, <http://www.bibliotecheoggi.it/content/20080100901.pdf>.

[21] In Partecipare la scienza, a cura di Adriana Valente e Daniela Luzi, Roma, Biblink, 2004, p. 51-88.

[22] "Biblioteche Oggi", 22 (2004), 10, p. 7-19, <http://www.bibliotecheoggi.it/2004/20041000701.pdf>.

[23] L'articolo è corredato in chiusura da una tabella di comparazione dei principali sistemi per la gestione dei depositi istituzionali.

[24] "Biblioteche Oggi", 25 (2007), 5, p.3-14 <http://www.bibliotecheoggi.it/2007/20070500301.pdf>.

[25] Gli open archives delle università italiane, "Bibliotime", 9 (2006), 3, <http://didattica.spbo.unibo.it/bibliotime/num-ix-3/casilio.htm>.

[26] Ricordiamo, tra gli altri, i contributi di: Alessandra Seghini e Lucilla Vespucci, I matematici "tosati", "Aida Informazioni", 22 (2004), 4, p. 23-29, <http://eprints.rclis.org/archive/00011250/01/seghini-vespucci.pdf>; Simone Sacchi, L'Open Access negli atenei italiani: il progetto Alma-DL dell'Università di Bologna, "Biblioteche Oggi", 23 (2005), 4, p. 44-57, <http://www.bibliotecheoggi.it/2005/20050404401.pdf >; Danilo Deana, Valutazione della ricerca e Archivi Istituzionali: il caso dell'Università di Milano, "Biblioteche Oggi", 25 (2007), 7, p. 38-56, <http://www.bibliotecheoggi.it/2007/20070703801.pdf>; Maria Grazia Franceschini e Piero Innocenti, Open Access e Open Archive: motivazioni, problematiche, applicazioni, "Culture del testo e del documento", 8 (2007), 24, p. 105-114, <http://dspace.unitus.it/handle/2067/429>.

[27] L'organizzazione dei depositi istituzionali DSpace in Italia, "Biblioteche Oggi", 26 (2008), 7-8, p. 17-25.

[28] DSpace ed i suoi servizi: un innovativo sistema di Biblioteca Digitale, "Biblioteche Oggi", 23 (2005), 5, p. 27-34, <http://www.bibliotecheoggi.it/2005/20050502701.pdf>.

[29] PLEIADI, un portale per la letteratura scientifica "Open Access", "Bollettino del CILEA", 2005, 99, p. 11-16, <http://bollettino.cilea.it/viewarticle.php?id=457>.

[30] <http://www.openarchives.it/pleiadi/>.

[31] Si veda la monumentale Open Access bibliography: liberating scholarly literature with e-prints and Open Access journals, di Charles W. Bailey Jr., Washington, Associations of Research Libraries, 2005 (la cui versione online è ad accesso aperto e disponibile all'indirizzo <http://www.digital-scholarship.com/oab/oab.htm>), e la correlata Open Access Webliography, curata dallo stesso Bailey in collaborazione con Adrian K. Ho, disponibile in rete all'indirizzo <http://www.digital-scholarship.com/cwb/oaw.htm>.

[32] Maggiori informazioni sono presenti in rete all'indirizzo <http://www.crui.it/HomePage.aspx?ref=894>.

[33] E' il documento italiano a sostegno della Dichiarazione di Berlino sull'accesso aperto alla letteratura accademica, <http://www.aepic.it/conf/viewpaper.php?id=49&cf=1 >. Tra le iniziative scaturite dal convegno di Messina c'è OA-Italia, la lista di discussione italiana sui temi relativi all'Open Access, <http://openarchives.it/mailman/listinfo/oa-italia>. La lista intende condividere e scambiare opinioni, informazioni, iniziative relative all'accesso aperto in Italia e all'estero. La partecipazione è libera e l'archivio dei messaggi è disponibile anche ai non iscritti.

[34] Maggiori informazioni sulla composizione e le finalità del gruppo sono disponibili sul sito web dell'AIB a partire dall'indirizzo <https://www.aib.it/aib/commiss/gruppi.htm>.

[35] Rosa Maiello, Open Access o del futuro della comunicazione scientifica, "Bollettino AIB", 46 (2006), 4, p. 313-315.




«Bibliotime», anno XII, numero 1 (marzo 2009)

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