«Bibliotime», anno XIII, numero 1 (marzo 2010)


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Tradizione e discontinuità



Le biblioteche, è fuor di dubbio, sono state un fecondo terreno di sperimentazione delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione, senza per ciò veder snaturata la propria mission – inequivocabilmente volta al servizio agli utenti – ma contribuendo a "testare" e rendere familiari alcuni fra gli strumenti più innovativi comparsi nell'attuale panorama tecnologico.

Il riferimento va, inutile dirlo, all'interesse che anche nel nostro paese molte biblioteche dedicano ai nuovi supporti di lettura – i cosiddetti e-book – i quali vengono dati letteralmente in prestito, insieme ai relativi contenuti digitali, al fine di incentivare la propensione alla lettura anche grazie alle inedite modalità di utilizzo che tali supporti prevedono. [1] Siamo di fronte a strumenti indiscutibilmente diversi dal tradizionale libro cartaceo, e che dunque non sono ancora entrati a pieno titolo nella nostra quotidianità, ma che sembrano in grado di "intercettare" e rendere disponibili – con meccanismi che si sforzano di replicare i vantaggi della stampa su carta – la quantità di monografie e altre risorse presenti sulla rete. [2]

E se è vero che il libro – ossia l'oggetto che è stato il più importante e privilegiato, e sostanzialmente fondativo dell'idea di biblioteca – assume forme del tutto inconsuete, è altresì vero che l'altro supporto da sempre ospitato nelle strutture bibliotecarie, il periodico, è investito da una trasformazione ancora maggiore, che non riguarda solo il suo aspetto esteriore, ma che affonda nella sua dimensione più intrinseca e la destruttura radicalmente.

E ciò probabilmente non avviene a caso: fin dalle origini infatti il periodico è stato concepito come uno strumento funzionale e dinamico di trasmissione delle conoscenze (in particolare di quelle scientifico-tecniche [3]), ed è per questo che, in linea con la rapidissima evoluzione che subisce l'universo delle scienze, [4] esso si rinnova incessantemente, al fine di accogliere nella sua compagine e redistribuire efficacemente le prospettive originate dai più recenti sviluppi del sapere.

Non è dunque un caso se l'annuale seminario di Modena, di cui il presente numero di Bibliotime riporta gran parte degli interventi, sia stato dedicato all'articolata dimensione dei periodici ed alla loro complessa interazione con l'universo bibliotecario: e questo a partire dalla dettagliata relazione di Maria Cassella, che da un lato ha messo in luce la sostanziale continuità dell'idea di periodico (da sempre volta a diffondere le conoscenze scientifiche ma anche a certificarne l'originalità), mentre dall'altro ha analizzato le rilevanti modificazioni a cui va incontro la forma-rivista, fino a diventare qualcosa di assolutamente diverso da quell'oggetto ripartito in fascicoli e legato a una determinata periodicità che ci ha consegnato la tradizione.

Ma al tempo stesso il convegno ha posto l'accento sulla ineludibile presenza dei periodici – in qualsivoglia veste appaiano – nell'odierno contesto bibliotecario; è quanto è avvenuto con l'intervento di Paola Manara che, ponendosi dal punto di vista di una biblioteca intrinsecamente legata a una grande realtà urbana qual è la "Sormani" di Milano, ha messo in evidenza i considerevoli problemi di acquisizione, di trattamento e di conservazione che tale presenza comporta.

E se Raffaella Manelli ha ripercorso le tappe dell'accordo di cooperazione fra diverse biblioteche territorio modenese per la gestione condivisa di periodici e altre risorse, Giuliana Benvenuti è ritornata sul valore esplicitamente culturale da sempre incarnato dalle riviste, chiedendosi se al giorno d'oggi, per l'appunto, sia ancora possibile parlare di periodici di cultura.

Il numero è poi completato da un incisivo resoconto di Emanuela Casson sul seminario tenutosi a Venezia nel novembre scorso e dedicato alle problematiche del reference, ma anche da una acuminata introduzione di Riccardo Ridi al tema – nel nostro paese ancora "sommerso" – della bibliometria; ed è interessante sottolineare che entrambi i contributi prendono lo spunto dalla pubblicazione di due volumi sugli argomenti in oggetto, a testimonianza della notevole vivacità del dibattito professionale in corso nel nostro paese.


Michele Santoro


Note

[1] Si veda il progetto "Books eBooks", promosso dalla biblioteca di Cologno Monzese, teso a sperimentare la tecnologia dell'e-book attraverso il prestito gratuito dei nuovi lettori digitali (http://www.biblioteca.colognomonzese.mi.it/index2.php?consez=voglioeprendo&page=ebook ).

[2] Cfr. ad esempio Maurizio Caminito, Quale lettore per il reader?, "Biblioteche oggi", 28 (2010), 1, p. 8-13.

[3] Al riguardo ci permettiamo di rinviare al nostro Il sistema periodico. Breve storia delle riviste tra comunicazione scientifica e pratica bibliotecaria, "Bibliotime", 7 (2004), 1 <http://didattica.spbo.unibo.it/bibliotime/num-vii-1/santoro.htm>.

[4] Su questo tema si veda, fra l'altro, The OpenScience Project,<http://www.openscience.org/blog/>; Andrea Gaggioli - Giuseppe Riva, Scienza 2.0 – Un'introduzione, <http://www.scienza20.org/>.



«Bibliotime», anno XIII, numero 1 (marzo 2010)


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