«Bibliotime», anno XIII, numero 2 (luglio 2010)

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Benedetta Alosi

Mauro Guerrini, Gli Archivi istituzionali: Open Access, valutazione della ricerca e diritto d'autore



Mauro Guerrini, Gli archivi istituzionali. Open access, valutazione della ricerca e diritto d'autore, a cura di Andrea Capaccioni, con saggi Antonella De Robbio, Roberto Delle Donne, Rosa Maiello e Andrea Marchitelli, Milano, Editrice Bibliografica, 2010.

Scrivere di Open Access è sempre un'iniziativa meritoria, ma se a scriverne è una figura autorevole della comunità scientifica questa assume il valore di una potente strategia di promozione. Un tassello importante nell'advocacy dell'accesso aperto in Italia, considerata anche la posizione di vertice che Mauro Guerrini, autore del libro Gli archivi istituzionali. Open access, valutazione della ricerca e diritto d'autore, ricopre all'interno dell'Associazione Italiana Biblioteche.

Il testo affronta alcuni dei temi più attuali del dibattito recente e, convergenza felice, costituisce la prima monografia pubblicata da un editore specializzato, quale è l'Editrice Bibliografica, che per la prima volta con Mauro Guerrini si accosta al tema dell'accesso aperto nella collana Bibliografia e Biblioteconomia. [1] Il volume, che presenta anche saggi di alcuni esponenti italiani del movimento dell'accesso aperto ed è curato da Andrea Capaccioni, traccia le tappe fondamentali che hanno condotto alla sua affermazione quale nuovo paradigma aperto di comunicazione scientifica, alternativo al circuito chiuso e toll access dell'editoria commerciale, e in grado di dare soluzione a quel paradosso, stigmatizzato da Stevan Harnad, della letteratura scientifica valutata "give away" e ostacolata nell'accesso e nell'impatto dal modello attuale di circolazione del sapere.

Più in dettaglio, il tema centrale è quello degli Archivi aperti istituzionali e il loro essenziale collegamento con la valutazione della ricerca, oltre che la questione dei diritti. Il testo non tralascia tuttavia di fare un utile riferimento all'impegno della comunità italiana e ai recenti sviluppi dell'accesso aperto in Italia, connessi all'istituzione dei gruppi di lavoro CRUI e all'elaborazione delle note Linee guida e Raccomandazioni, [2] il cui merito è anche quello di avere trasposto su un terreno più pragmatico i principi sanciti nelle Dichiarazioni di Messina e Berlino sottoscritte dai Rettori delle Università italiane.

Nel ripercorrere gli esordi del dibattito internazionale, Roberto Delle Donne pone in evidenza come le "pratiche della comunicazione scientifica", di ambito STM [3] ma anche di area umanistica, siano state fortemente condizionate dalle strategie di mercato dei grandi gruppi di editoria scientifica. E' ormai assodato che la crescita esponenziale dei prezzi delle riviste scientifiche di ambito STM e l'introduzione di modelli economici basati sull'offerta degli interi pacchetti di periodici ("bundle") abbiano posto una barriera economica alla disseminazione dei risultati della ricerca. Emerge, tuttavia, che anche la produzione culturale umanistica, anello debole del florido mercato dell'editoria scientifica in cui le sottoscrizioni dei periodici attraggono gioco forza la quasi totalità dei già esigui budget delle biblioteche, abbia pagato le scelte del mercato editoriale con una sensibile flessione nella pubblicazione di monografie di ricerca, lo strumento comunicativo più compiutamente rispondente alle esigenze metodologiche e argomentative proprie delle scienze umane e sociali." Non è un caso quindi che le prime riviste online peer-reviewed e ad accesso aperto siano nate proprio in area umanistica, anticipando quella Gold Road indicata dalla Budapest Open Access Initiative del 2002.

Nel saggio dedicato alle strategie Open access per l'editoria, Andrea Marchitelli mette in luce come la "strada d'oro" abbia portato a iniziative ormai consolidate e di successo, come Public Library of Science (PLoS), alle quali si ascrive il merito di avere introdotto un elemento di concorrenza e di competitività nel mercato dell'editoria scientifica rigido, anelastico e caratterizzato da una crescente concentrazione ai limiti del monopolio. Marchitelli affronta più in dettaglio uno degli aspetti strategici della Gold Road, ossia la sostenibilità dei modelli economici di pubblicazione ad accesso aperto, e pone in evidenza alcuni aspetti di criticità presenti nel modello economico di riferimento, l'"author/institution pay" o, più propriamente, "article processing fee", in cui sono gli autori, ma più opportunamente le istituzioni, a farsi carico dei costi di pubblicazione.

Citando Antonella De Robbio, Marchitelli sottolinea come le opzioni di pubblicazione di articoli ad accesso aperto su riviste "subscription based", possano dar vita in alcuni casi a quella terza via, quella Red Road "della pubblicazione OA di articoli in riviste commerciali che strumentalizzano l'OA", con costi elevati di pubblicazione e ricavi duplici per gli hybrid publishers. In questo contesto, l'esperienza dei fisici delle alte energie e l'iniziativa SCOAP3 (Sponsoring Consortium for Open Access in Particle Physics Publishing), citata da Roberto Delle Donne, costituisce una best practice che ha sfruttato piuttosto la transizione dalla modalità di abbonamento "per view" in abbonamento "per publish," soluzione che tra i modelli sostenibili di pubblicazione OA appare più efficace e di più semplice attuazione.

Della Green Road – l'OA Self-archiving, la sottomissione dei prodotti della ricerca scientifica all'interno di repository, istituzionali o disciplinari, scrive Mauro Guerrini nel saggio dedicato agli Archivi aperti istituzionali. Gli Archivi Istituzionali (IR) costituiscono uno strumento strategico nell'evoluzione dei modelli di comunicazione scientifica, "un complemento di qualità al modello attuale di comunicazione scientifica." [4] E sulla qualità degli IR si sofferma Guerrini, in relazione al valore scientifico della produzione scientifica depositata, a garanzia della quale le policies poste a corredo dei repository individuano nei contributi accettati, e quindi peer-reviewed o già pubblicati, il requisito di eccellenza dei prodotti da sottomere, [5] e soprattutto in relazione all'accuratezza della metadazione descrittiva e semantica, che tanto incide sul reperimento dell'informazione e sull'efficacia dell'harvesting operato dai motori di ricerca.

L'attenzione è rivolta in particolare alle delicate questioni del workflow, delle politiche di digital preservation, del controllo bibliografico e, infine, della corretta identificazione della "versione" dei contributi depositati, [6] tutti elementi in grado di rafforzare la qualità dei metadati prodotti, requisito che assume un valore essenziale nell'ipotesi di un coinvolgimento degli IR nelle procedure di valutazione della ricerca e nella loro connessione all'anagrafe della ricerca. Alcune esperienze già maturate in Europa, come nel caso del complesso sistema del Research Assessment Excercise (RAE) utilizzato per la valutazione della qualità e l'assegnazione delle risorse in Gran Bretagna, infatti, sanciscono il nesso sempre più stretto tra Open access e Bibliometria, e dimostrano l'efficacia delle procedure di valutazione, di cui l'infrastruttura degli archivi aperti istituzionali sia parte integrante.

La gestione del diritto d'autore, le licenze e le politiche di archiviazione rappresentano un nodo fondamentale nella realizzazione del paradigma dell'OA. L'accesso aperto, pongono in evidenza Antonella De Robbio e Rosa Maiello nella loro riflessione puntuale e articolata sul problema, costituisce un possibile fattore di riequilibrio del sistema tuttora contradditorio della proprietà intellettuale. In questo contesto, la definizione di politiche istituzionali che prevedano l'obbligo di sottomissione della produzione scientifica negli archivi aperti istituzionali, si colloca come una potente strategia di rafforzamento della posizione contrattuale degli autori scientifici nel rapporto con gli editori. La riserva del diritto di deposito nella cessione dei diritti economici agli editori, infatti, ha la valenza forte di restituire al pubblico i risultati delle ricerche finanziate pubblicamente e le istituzioni assurgono al ruolo di "garanti della transazione". Gli strumenti sono già disponibili. La proposta di ricorrere a integrazioni delle licenze con accordi aggiuntivi ("Addendum"), [7] formulata da SPARC e Science Commons, e la Licence to publish [8] di JISC e SURF, costituiscono soluzioni valide e già applicate in molti paesi.

La strada dell'accesso aperto è tracciata, conclude Mauro Guerrini, prendendo a prestito le parole di Robert Darnton, storico e recente Director della Harvard University Library. L'Open access ha dimostrato di non essere un "fenomeno effimero", e l'impegno è riuscire a fare dell'accesso aperto un'iniziativa diffusamente condivisa e affermata all'interno della comunità accademica, anche avvalendosi del contributo prezioso dei professionisti dell'informazione. L'esperienza di Harvard, molto apprezzata da Guerrini, va proprio in questa direzione: una policy di archiviazione "ground up, un permission mandate che è stato il punto di arrivo di un confronto e di una riflessione corale all'interno della comunità accademica.

Benedetta Alosi, Sistema Bibliotecario di Messina - Università di Messina, e-mail: alosib@unime.it


Note

[1] Due precedenti di rilievo nel numero tuttora esiguo di pubblicazioni italiane dedicate all'OA sono il libro di Antonella De Robbio, Archivi Aperti e comunicazione scientifica, pubblicato nel 2007 con ClioPress, che raccoglie saggi editi e inediti dell'autrice dedicati principalmente al ruolo degli Archivi aperti nel modello aperto di comunicazione scientifica, e che include un capitolo dedicato a E-LIS il quale, con gli oltre 10.500 contributi depositati, costituisce a tutt'oggi il più importante e popolato archivio delle scienze biblioteconomiche e dell'informazione; l'altra è la recente pubblicazione di Luciano Paccagnella, docente di Sociologia della Comunicazione e Sociologia della conoscenza e delle reti all'Università di Torino, dal titolo Open Access, Conoscenza aperta e società dell'informazione, edito da Il Mulino nel 2010, in cui il confronto tra modelli aperti e chiusi di conoscenza si gioca sul tema centrale dell'Open source e dei software liberi.

[2] Si fa qui riferimento alle Linee guida per il deposito delle tesi di dottorato negli Archivi aperti, alle Linee guida per la pubblicazione di riviste ad accesso aperto, alle Linee guida per gli Archivi istituzionali e alle Raccomandazioni su OA e la valutazione dei prodotti della ricerca scientifica, disponibili alla URL: <http://www.crui.it/HomePage.aspx?ref=894>.

[3] Acronimo di Science, Technology e Medicine.

[4] La definizione è di Antonella De Robbio.

[5] Un'eccezione ben nota è <ArXiv>, che contiene in larga parte pre-prints e che asseconda un'impostazione di lavoro e di condivisione della ricerca ormai consolidata nella comunità dei fisici.

[6] Nel testo si prendono in esame progetti recenti, quali RIVER, VERSIONS e VIF – Version Identification Version.

[7] L'Università di Padova ha messo in rete una traduzione dell'Addendum alla URL: <http://paduaresearch.cab.unipd.it/docs/SPARC%20AUTHOR%20ADDENDUM%20traduzione.pdf>.

[8] <http://www.jisc.ac.uk/news/stories/2006/10/news_model_surf.aspx>.




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