«Bibliotime», anno XIV, numero 1 (marzo 2011)

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Giovanni Di Domenico

La responsabilità sociale nella gestione delle biblioteche *



Abstract

At the present time, new emphasis is placed on social and economic impact of libraries, which puts in evidence their social responsibility management. In particular, libraries should continually improve their social accounting and reporting processes, in order to: present their value system more effectively; facilitate an intimate knowledge of several types of activities; promote opinions about a range of service outputs and outcomes; achieve the service objectives together with community members. In this perspective, there are some managerial aspects that are of considerable importance, such as involvement of stakeholders, use of valid indicators, and evaluation of outcomes.

There are, at the same time, great advantages for libraries, such as higher market penetration, strong relationship with public corporations, adoption of community-led planning models, and professional development of librarians.

1. Lo stato dell'arte: valori, servizi, esternalità delle biblioteche

La responsabilità sociale è inscritta nel DNA delle biblioteche (tutte): ne inquadrano il retroterra valoriale i documenti "fondativi" di settore (manifesti IFLA e UNESCO, codici deontologici dei bibliotecari, linee guida per le diverse tipologie e missioni); [1] ne sottolineano la centralità strategica gli orientamenti e i modelli di servizio che si sono affermati, nell'ultimo periodo, un po' in tutti i contesti; [2] ne ribadiscono l'importanza i contraccolpi della crisi, [3] la quale si abbatte sulle biblioteche e i bibliotecari non soltanto con la riduzione dei finanziamenti e degli organici, e con la conseguente contrazione dei servizi, ma anche in forma di delegittimazione ideologica (che diventa, nelle situazioni più esposte, l'anticamera della chiusura totale).

Le esternalità sociali ed economiche prodotte dalle biblioteche pubbliche stanno acquisendo rilievo ovunque, anche nel nostro Paese. [4] Diventa indispensabile trovare nuovi riscontri circa i vantaggi che esse assicurano alle città e ai territori in tutta una serie di campi: economia, lavoro, commercio, turismo, identità culturali e creatività. Ci s'interroga sul valore di mercato dei servizi bibliotecari e sull'impatto della spesa di settore su diversi segmenti del mercato medesimo (editoria, servizi, attrezzature ecc.), sulle relative ricadute occupazionali, sulle convenienze che l'uso dei servizi può generare per i soggetti economici. Si scoprono le grandi potenzialità sociali dei progetti condotti dalle biblioteche in collaborazione con aziende e terzo settore. Si riflette (e s'investe) sulle biblioteche in quanto luoghi a specifica vocazione relazionale, in grado, anche, di accompagnare processi di ricupero e riqualificazione dei centri storici o di aree periferiche. Si insiste sul notevole contributo che da esse deriva o può derivare al benessere dei cittadini (siano essi anziani, giovani, bambini) e alla qualità sociale delle comunità in cui operano, in termini di equità, opportunità di accesso alle risorse informative e della conoscenza, esercizio consapevole dei diritti di cittadinanza (anche in ambiente digitale) e partecipazione democratica, solidarietà civile, educazione interculturale, promozione dell'ambiente [5] e della salute e così via. Si scorge nel trasferimento sociale di capacità e nella creazione di capitale umano la principale sfida di servizio del prossimo decennio per le biblioteche, il che significa riconoscere un peso crescente ai processi di lifelong learning (alfabetizzazione informativa e valutazione critica delle risorse digitali, conoscenze e abilità spendibili nelle professioni, autoapprendimento), [6] allo sviluppo di competenze e gusti personali (nella lettura, nella visione, nell'ascolto), alla possibilità di formarsi opinioni autonome su questioni complesse dell'esistenza individuale e della vita sociale. [7]

Nel campo delle biblioteche accademiche emergono altri elementi di responsabilità sociale: l'esigenza di esaminare il loro impatto sui risultati di studio e di ricerca degli utenti; la spinta a valorizzarne al massimo grado le funzioni di presidio della conoscenza, intesa come bene pubblico disponibile; la ricerca di modelli che rendano praticabili e sostenibili i servizi erogati a beneficio delle professioni e di utenze non strettamente istituzionali; la partecipazione ad alleanze, progetti ed esperienze di cooperazione territoriale o digitale insieme alle biblioteche pubbliche e ad altri soggetti pubblici e privati.

Naturalmente, la responsabilità sociale delle biblioteche non è separabile dai suoi risvolti gestionali: da un lato essa implica un investimento sulle attività socialmente rilevanti e politiche favorevoli alla partnership di rete e di progetto, dall'altro richiede solide competenze organizzative e professionali in materia di analisi di scenario, programmazione e progettazione dell'offerta documentaria e di servizio, politiche di spesa, qualità, autovalutazione, flussi comunicativi. In questi ambiti, nell'arco di un ventennio almeno, e a dispetto delle gravi difficoltà in cui si è imbattuto, il settore ha accumulato un non esiguo stock di capitale intellettuale, che oggi può essere ulteriormente incrementato, prima di tutto raccogliendo elementi di evidenza intorno all'impatto sociale ed economico delle biblioteche, poi avviando cicli di rendicontazione sociale del loro operato: ciò, per richiamare in modo più efficace il sistema di valori che ne guida l'attività, agevolare negli interlocutori una conoscenza documentata delle diverse tipologie d'intervento, promuovere un giudizio informato sui risultati raggiunti, "costruire" gradualmente il servizio insieme alla comunità.

2. Responsabilità e rendicontazione sociale delle imprese

Le biblioteche possono intanto confrontare la propria peculiare cultura della responsabilità con un quadro etico, concettuale, anche normativo, molto più largo, che spazia dalla responsabilità sociale d'impresa a quella dell'intero settore pubblico.

Sul primo versante, a partire dagli anni Ottanta del Novecento, si è affermato un modello di management etico (accountability), che non si esaurisce nella ricerca del profitto e negli obblighi verso gli azionisti, e che collega gli obiettivi di competitività e innovazione ad altre tre componenti, creatrici di valore:

In sintesi: "La maggior parte delle definizioni della responsabilità sociale delle imprese descrivono questo concetto come l'integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate. Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma anche andare al di là investendo "di più" nel capitale umano, nell'ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate". [8]

Questo modello (che è stato fortemente contrastato dalle teorie e dalle politiche liberiste e neoliberiste) ha vissuto (e vive tuttora) alterne fortune, ma ha avuto, tra gli altri, il merito di suggerire anche a un settore pubblico in cambiamento l'opportunità di focalizzare meglio (sul piano normativo, delle politiche e dei servizi) le finalità della propria responsabilità sociale, le forme della propria governance e gli strumenti delle proprie attività di rendicontazione. [9]

3. Responsabilità e rendicontazione sociale nel settore pubblico

La responsabilità sociale delle pubbliche amministrazioni, segnatamente degli enti locali, risiede nello sforzo di "ritrovare la propria identità non tanto e non solo in quanto attori economici, gestori e allocatori di risorse pubbliche, ma riaffermando prima di tutto la propria natura di attori sociali e di istituzioni finalizzate alla salvaguardia e tutela di interessi comuni". [10] Ciò significa, nella sostanza,

Nel settore pubblico lo strumento di accountability più noto e diffuso è il bilancio sociale, "definibile come il documento, da realizzare con cadenza periodica, nel quale l'amministrazione riferisce, a beneficio di tutti i suoi interlocutori privati e pubblici, le scelte operate, le attività svolte e i servizi resi, dando conto delle risorse a tal fine utilizzate, descrivendo i suoi processi decisionali e operativi". [12]

Secondo le linee guida della Funzione pubblica, [13] il bilancio sociale, che ha carattere volontario e consuntivo, deve essere prodotto con cadenza tendenzialmente annuale, consentire la formulazione di un giudizio "su come l'amministrazione interpreta e realizza la sua missione […] e il suo mandato", [14] innescare un confronto ciclico tra obiettivi e risultati, favorire l'acquisizione di elementi d'indirizzo per la programmazione dei nuovi impegni istituzionali. Le politiche e i servizi devono essere distinti per "ambiti di intervento coerenti" (o "aree di rendicontazione"). Per ogni ambito si dichiarano: "a) gli obiettivi perseguiti; b) le azioni intraprese; c) le risorse impiegate; d) i risultati raggiunti; e) gli impegni e le azioni previste per il futuro". [15] La rendicontazione dei risultati dovrebbe essere espressa in termini di quantità e qualità delle prestazioni rese; indicatori di efficienza, efficacia, effetto; giudizi formulati dai destinatari e "ogni altro elemento descrittivo che consenta di valutare il rapporto tra gli obiettivi previsti e i risultati conseguiti". [16]

Ultimamente, la rendicontazione sociale (con la realizzazione di bilanci sociali e di mandato) [17] ha visto piuttosto attive le amministrazioni locali dell'Italia centrale e settentrionale (ed è in queste regioni che troviamo i casi più significativi di partecipazione delle biblioteche, presenti nei documenti istituzionali di comuni e province con i propri programmi e progetti, la descrizione dei servizi erogati e degli eventi organizzati, il corredo di alcuni dati d'interesse statistico e indicatori di performance). [18]

Le linee guida specificamente dedicate a questo comparto [19] suggeriscono di suddividere il bilancio sociale in cinque sezioni: "a) presentazione del documento e nota metodologica; b) identità dell'ente locale; c) servizi erogati; d) risorse economico-finanziarie e dotazione patrimoniale; e) asseverazione del bilancio sociale". [20] I servizi devono essere classificati in "macro-aree di intervento", per ciascuna delle quali "si devono illustrare i seguenti elementi: a) il collegamento con i documenti di programmazione; b) la situazione iniziale relativamente allo stato dei servizi erogati; c) i portatori di interesse specifici della singola macro-area; d) le finalità, gli obiettivi e le risorse funzionali al loro raggiungimento; e) i risultati conseguiti (output) e gli effetti prodotti (outcome); f) le valutazioni degli stakeholder; g) gli impegni e le azioni per il futuro". [21] Una struttura molto accurata, come si vede, ma che non sempre è rispettata scrupolosamente.

4. La rendicontazione sociale in biblioteca: alcuni profili gestionali

Le strutture bibliotecarie potrebbero darsi un primo obiettivo: diffondere la cultura della rendicontazione sociale all'interno delle amministrazioni e nelle comunità, laddove si registri un ritardo su queste problematiche. Nulla vieta poi, ed è anzi auspicabile, che le biblioteche operanti in regime di autonomia gestionale, i sistemi e le reti territoriali di servizi bibliotecari avviino propri percorsi di rendicontazione. [22] Nei molti casi in cui il bilancio sociale è invece curato dall'ente di appartenenza, si pone senz'altro per l'organizzazione bibliotecaria un problema di visibilità, essendo "facoltà di ciascun ente scegliere su quali aree porre l'enfasi in funzione delle proprie scelte strategiche, secondo un principio di gradualità nell'introduzione dei percorsi di rendicontazione sociale". [23]

Le informazioni sulle biblioteche dovrebbero trovare adeguato spazio all'interno della macro-area riservata alle politiche e ai servizi culturali: è fuor di dubbio; appare però opportuno un cenno a questi servizi e al ruolo svolto dalle biblioteche anche in altre zone del documento di rendicontazione, soprattutto nella sezione in cui si delineano, in funzione introduttiva, la fisionomia e l'identità dell'ente (visione, missione, valori di riferimento, struttura organizzativa ecc.). [24] Il tutto dipenderà dal maggiore o minore peso delle politiche culturali nelle scelte di fondo dell'amministrazione e dal livello di coinvolgimento delle stesse biblioteche nel suo sistema di governance, ma conterà, sia pure in misura diversa, anche la capacità d'iniziativa e negoziazione dei bibliotecari.

Del resto, sia le linee guida della Funzione pubblica sia le linee guida dell'Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali prevedono da un lato la formazione di un apposito gruppo di lavoro con funzioni di coordinamento, [25] e dall'altro l'impegno delle "strutture interessate, che partecipano all'analisi della propria attività, alla raccolta delle informazioni e alla predisposizione del documento". [26] Ciò richiede, anche attraverso passaggi formativi ad hoc, l'acquisizione di specifiche competenze valutative e redazionali, per avere voce in capitolo, oltrepassare il livello minimo di descrizione del patrimonio e delle attività (statistica dei prestiti, generici elenchi di servizi ed eventi ecc.) e poter superare qualsiasi giudizio sull'affidabilità del processo di rendicontazione e sull'attendibilità delle informazioni e dei dati impiegati.

Un secondo nodo critico è rappresentato dal confronto con gli stakeholders. Il cuore della rendicontazione sociale, infatti, sta proprio nel dialogo costante con interlocutori e portatori d'interesse, che dovrebbero intervenire in tutte le fasi del processo. Non casualmente, le linee guida dell'Osservatorio

All'interno della propria macro-area, dunque, le biblioteche dovrebbero distinguere specifiche categorie di stakeholders e coinvolgerle efficacemente nelle tre fasi del percorso di rendicontazione (ex ante, in itinere, ex post). È chiaro, nel caso delle strutture pubbliche, che parte interessata è tutta la comunità; tuttavia, occorre dedicarsi a un buon lavoro di segmentazione di quei bisogni impliciti o espliciti di conoscenza e rendicontazione che singole categorie (determinate fasce di popolazione e utenza, decisori politici, partner di servizio e commerciali, scuole, associazioni culturali e professionali, sponsor, staff, volontari ecc.) maturano nei confronti delle attività bibliotecarie.

L'individuazione e la selezione dei portatori d'interesse presuppongono, allora, un'analisi di comunità più articolata rispetto al passato, giacché la trama delle relazioni intessuta dalle biblioteche pubbliche all'interno delle comunità stesse e dei territori è nel frattempo cresciuta in densità ed estensione, e così gli effetti diretti e indiretti delle loro azioni su nuove categorie di cittadini e su soggetti istituzionali, gruppi sociali, attori economici: basti pensare a tematiche, pur eterogenee, quali l'offerta documentaria e di servizio per i cittadini immigrati, le sponsorizzazioni e le partnership con aziende e fondazioni bancarie, l'introduzione di una tessera unica per l'accesso a servizi erogati in collaborazione con strutture bibliotecarie delle università (ma anche statali e di altri enti), i progetti locali di "Nati per leggere".

Grande attenzione richiede anche la scelta degli strumenti di indagine e raccolta di opinioni e osservazioni, alcuni dei quali poco frequentati dalle biblioteche pubbliche. Il problema principale è come raggiungere anche i non utenti e come farlo con costi molto contenuti, ma con tecniche qualitative controllate e un feedback veritiero. Metodi come le interviste in profondità, i gruppi di discussione, le interviste telefoniche e i questionari on-line, variamente sperimentati altrove, e integrabili in uno stesso ciclo di rilevazione, possono tornare utili, purché si abbia piena consapevolezza delle peculiari finalità, dei vantaggi e dei limiti connessi a ciascuna di queste soluzioni. [36]

Le indagini qualitative sono parte di un più strutturato sistema di monitoraggio e valutazione, che è necessario mettere in piedi a sostegno di una buona pratica di rendicontazione sociale e che deve basarsi anche sull'uso di indicatori contabili (finanziari, patrimoniali e di equilibrio economico) e di indicatori extra-contabili (quantitativi e, appunto, qualitativi). Gli indicatori finanziari danno conto della composizione e correlazione di entrate e spese; gli indicatori patrimoniali prendono in esame la composizione degli investimenti e le fonti di finanziamento; gli indicatori di equilibrio economico mettono in rapporto i proventi e i costi. [37]

Gli indicatori extra-contabili dovrebbero invece fornire, possibilmente in serie storica, un quadro attendibile dei risultati raggiunti dalle strutture sotto il profilo a) dell'efficacia/qualità, b) dell'efficienza, c) dell'impatto socio-economico e ambientale. Relativamente alla raccolta, elaborazione e analisi di dati riconducibili agli aspetti a) e b), le biblioteche italiane vantano una buona esperienza organizzativa; [38] servirebbe, nondimeno, una riformulazione mirata di cosa valutare e con quali processi e standard aggiornati per il benchmarking di settore: i sistemi bibliotecari di ateneo dispongono già di un valido ambiente di rilevazione; [39] per le biblioteche pubbliche è auspicabile invece l'attivazione di programmi valutativi su base regionale e provinciale, che permettano di scegliere e testare indicatori vecchi e nuovi.

Esiste, d'altro canto, un'ottima strumentazione di riferimento, come il manuale Measurig quality dell'IFLA e lo standard ISO 11620. [40] Entrambi suddividono gli indicatori per aree (risorse/infrastruttura, uso, efficienza, potenzialità/sviluppo), seguendo il Balanced Scorecard Approach. [41] Il manuale propone un numero di indicatori leggermente più basso, ma è più dettagliato ed è corredato di esempi. Gli indicatori, incrociando pochi dati, coprono molte esigenze di misurazione e valutazione: condizioni di accessibilità e attrattività delle sedi bibliotecarie, adeguatezza delle raccolte e della spesa, risorse di personale, penetrazione nel bacino di utenza, uso dei servizi e delle raccolte fisiche e digitali, soddisfazione degli utenti, [42] costo per uso e costo-efficienza dei servizi, velocità di acquisizione dei documenti, entità degli investimenti in risorse elettroniche e in formazione del personale, attività di fund raising, finanziamenti istituzionali. Un vaglio accorto e un'applicazione costante di questi indicatori (alcuni dei quali chiamati a riflettere i cambiamenti di scenario e di servizio intervenuti nell'ultimo decennio) possono accreditare un primo quadro d'insieme delle attività svolte dalle biblioteche pubbliche.

A fini di rendicontazione sociale, è però indispensabile attrezzarsi soprattutto per la valutazione degli outcome, dell'impatto di medio-lungo periodo, così da mostrare se e in che modo le biblioteche contribuiscono a migliorare le condizioni e le prospettive di studio, di lavoro e di vita degli utenti (impatto diretto) e se e in che modo producono vantaggi culturali, sociali ed economici per le comunità (impatto indiretto). Qui lo sforzo richiesto è maggiore, sia per la complessità della materia sia per il ritardo che il settore sconta "sul campo" rispetto ai progressi di metodo e applicativi realizzati in Australia, nell'Europa del Nord e in Gran Bretagna, negli Stati Uniti. [43]

Anche se sono in fase di avvio un paio di progetti per le biblioteche pubbliche (in Emilia e nelle Marche), [44] in Italia non disponiamo ancora, per la valutazione dell'impatto, di modelli condivisi, di attività diffuse e di una traccia operativa sicura, vale a dire confortata da tecniche collaudate. In altra sede ho proposto qualche riflessione circa i nodi istituzionali, organizzativi e metodologici, che, mi sembra, bisognerebbe sciogliere, in vista di iniziative che servano a:

In ogni ciclo di valutazione dell'impatto dovrebbero poi essere particolarmente presidiati alcuni processi gestionali:

Un lavoro di tale portata, per quanto non semplice, e nemmeno leggero, conduce a esiti valutativi di grande sostanza: può soddisfare un'esigenza e una domanda specifiche di accountability; può contrastare i fenomeni striscianti di delegittimazione della biblioteca e del suo significato nella contemporaneità; può porre in una luce nuova gli effetti sociali e anche il valore economico del suo impegno.

5. La rendicontazione sociale in biblioteca: i vantaggi

Attorno al bilancio sociale le biblioteche possono riannodare i fili di una comunicazione istituzionale più aperta al giudizio degli interlocutori e più partecipata, meglio raccordata con la programmazione e la valutazione dei servizi, più documentata e responsabile, più concreta nel rappresentare la sostenibilità dei finanziamenti e degli investimenti di settore e nel valorizzare i benefici creati per gli utenti e le comunità. Al tempo stesso, esso le colloca in uno spazio sociale e politico più largo e in una trama di relazioni più fitta, non limitata al solo rapporto quotidiano con gli utenti. Ne esce rafforzato anche il legame con gli enti di appartenenza, con i loro indirizzi e le loro politiche, perché è meglio esplicitata la funzione che le biblioteche possono svolgere nei sistemi e nei processi di una governance istituzionale (in particolare, della governance pubblica e della governance territoriale degli enti locali).

Sul piano interno, inoltre, la rendicontazione sociale è un eccellente strumento di diagnosi e di programmazione, che - se utilizzato con regolarità - aiuta a dare respiro strategico, profondità e coesione alle decisioni delle organizzazioni bibliotecarie, a renderle permeabili alla dialettica del confronto, ad allinearne coerentemente processi e progetti alla dimensione valoriale e sociale della loro missione, a spingerle verso l'attuazione di modelli di Community-led planning, nei quali la collaborazione tra staff e membri della comunità caratterizza tutte le fasi gestionali, dall'identificazione dei bisogni alla scelta delle politiche e delle priorità, dall'erogazione dei servizi alla loro valutazione. [46] Ancora: essa può rivelarsi un non trascurabile fattore di arricchimento professionale e motivazionale per i bibliotecari, perché affina le loro competenze, conforta il loro lavoro con riscontri fattuali, potenzia i presupposti del riconoscimento istituzionale e sociale del loro ruolo.

Infine, la stessa biblioteconomia gestionale (nel suo insieme: destinazioni disciplinari, risorse di metodo, nesso teoria/pratica) può attingere nuova linfa dagli orizzonti e dai cimenti della responsabilità sociale (nel suo insieme: politiche, servizi, rendicontazione). Il suo futuro dipende anche da questa capacità di estensione e apertura. E da un tentativo di approfondimento: è forse di nuovo all'ordine del giorno, ma in forme inedite, una biblioteconomia sociale?

Giovanni Di Domenico, Università di Urbino "Carlo Bo", e-mail: giodidomenico@libero.it


Note

* Questo articolo riprende il testo della relazione tenuta in occasione del Seminario "Verso una responsabilità sociale delle biblioteche", Modena, Teatro della Fondazione Collegio San Carlo, 14 dicembre 2010.

[1] Una riflessione andrebbe però dedicata alla persistente difficoltà di ottenere un'adesione vasta e convinta ai valori sociali e culturali di cui sono portatrici le biblioteche. Si tratta, sovente, di "valori intrinseci", tanto più difficili da comunicare e da proporre con appelli di tipo razionale quanto più distanti dagli interessi contingenti degli individui (si pensi al tema della conservazione delle memorie documentarie a beneficio delle generazioni future o a quello della lettura). Vedi, a tal riguardo, Tom Crompton, Common cause. The case for working with our cultural values, September 2010, <http://assets.wwf.org.uk/downloads/common_cause_report.pdf>, un rapporto promosso dal WWF britannico e redatto per un consorzio di ONG, ma di più largo interesse, soprattutto quando pone l'accento, con un riferimento esplicito alle note tesi di George Lakoff, sulla funzione dei frames "as vehicles for working to activate and strengthen helpful values" (p.11).

[2] Spicca l'esperienza londinese degli idea stores, oggi in fase di rielaborazione strategica: vedi Anna Galluzzi, Gli Idea Store dieci anni dopo, "Biblioteche oggi", 29 (2011) 1, p. 7-17.

[3] Vedi OCLC, Perceptions of libraries, 2010. Context and community. A report to the OCLC membership. Dublin (Ohio), OCLC, 2011, <http://www.oclc.org/reports/2010perceptions/2010perceptions_all.pdf>. Il rapporto testimonia come negli Stati Uniti, durante la nuova great recession, sia cresciuta la percezione del valore delle biblioteche: "Not only are Americans using the library and its many services more, they also see increased value of the library for themselves and for their communities. They agree - overwhelmingly - that librarians are valuable. And they believe -overwhelmingly - that libraries equal books" (p. 8). Più in generale, assistiamo a una "riscoperta" della funzione sociale delle public libraries americane, ma soprattutto nella direzione dell'ospitalità e del sostegno alle fasce più povere o comunque svantaggiate della popolazione, come disoccupati, senzatetto e immigrati: vedi Leslie Edmonds Holt, Glen E. Holt, Public library services for the poor. Doing all we can. Chicago, American Library Association, 2010; vedi anche l'articolo di Massimo Gaggi, La biblioteca sociale: non solo libri, ma lavoro e integrazione, "Corriere della sera", 24 gennaio 2011, disponibile all'indirizzo <http://www.corriere.it/cultura/11_gennaio_24/gaggi-biblioteca-sociale_aea54256-2796-11e0-a862-00144f02aabc.shtml>, che contiene una panoramica delle iniziative e dei servizi (accoglienza, cercalavoro, doposcuola, corsi di lingua, cineforum, videogiochi, laboratori musicali ecc.), senza tacere inconvenienti e dissensi. Un rischio (evitabile) sembra di poterlo cogliere, anche se solo in taluni esempi: quello di concepire la biblioteca pubblica come istituzione quasi filantropica, ispirata a principii di capitalismo compassionevole, piuttosto che come luogo di riconoscimento dei diritti (umani, sociali, democratici) e quindi leva di eguaglianza, libertà e crescita personale. Sarebbe un passo indietro.

[4] Vedi Verso un'economia della biblioteca. Finanziamenti, programmazione e valorizzazione in tempo di crisi, atti del convegno (Milano, 11-12 marzo 2010), a cura di Massimo Belotti, Milano, Editrice Bibliografica, 2011.

[5] Sull'impatto ambientale delle sedi bibliotecarie e sull'educazione ambientale in biblioteca è recentemente uscito un piccolo ma utilissimo manuale dell'American Library Association: Kathryn Miller, Public libraries going green, Chicago, ALA, 2010.

[6] Per una disamina di queste vocazioni e destinazioni di servizio, vedi Rónán O'Beirne, From lending to learning. The development and extension of public libraries, Oxford-Cambridge-New Delhi, Chandos, 2010.

[7] Su quest'ultimo aspetto è di grande conforto il bellissimo saggio di Martha Craven Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Bologna, Il Mulino, 2011.

[8] Commissione delle Comunità europee, Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese. Libro verde, 18 luglio 2001, p. 7, <http://www.pcnitalia.it/documenti/promuovere-un-quadro-europeo-per-la-responsabilita-sociale-delle-imprese>.

[9] Vedi Il bilancio sociale su base territoriale. Dalla comunicazione istituzionale alla Public Governance, a cura di Angelo Paletta, Marco Tieghi, Torino, Isedi, 2007; Alberto Romolini, Accountability e bilancio sociale negli enti locali, Milano, Franco Angeli, 2007; Donatella Bruno, Maurizio Sarti, Rendicontazione e partecipazione sociale: dal bilancio sociale al bilancio partecipativo. Cosa sono e a cosa servono, prefazione di Franco Archibugi, Milano, Franco Angeli, 2009.

[10] Rendere conto ai cittadini. Il bilancio sociale nelle amministrazioni pubbliche, a cura di Angelo Danese, Roma-Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2004, p. 18-19, disponibile all'indirizzo <http://db.formez.it/fontinor.nsf/fc197b3dbb8ca7a9c125719b0046f43d/0347C5619EC216ABC125714F005C5419/$file/Rendere_conto.pdf>.

[11] Il riferimento è a strumenti come il bilancio ambientale, il bilancio consolidato, il bilancio di genere, il bilancio di territorio, il bilancio partecipativo e, soprattutto, il bilancio sociale e il bilancio sociale di mandato.

[12] Dipartimento della Funzione pubblica, Direttiva del Ministro della Funzione pubblica sulla rendicontazione sociale nelle amministrazioni pubbliche, 16 marzo 2006, <http://bilanciosociale.formez.it/sites/all/files/Direttiva_Bilancio_Sociale_2006.pdf>.

[13] Dipartimento della Funzione pubblica, Bilancio sociale. Linee guida per le amministrazioni pubbliche, allegato alla citata direttiva sulla rendicontazione sociale.

[14] Ibid., prima parte, punto 2.

[15] Ibid., seconda parte, punto 2.

[16] Ibid., terza parte, punto 1.

[17] Il bilancio sociale di mandato si riferisce a un intero quinquennio di legislatura.

[18] Alcuni casi recenti, a titolo esemplificativo: Comune di Bologna, Bilancio sociale, ed. 2009, <http://www.iperbole.bologna.it/rendicontazione-sociale/sociale/comune.php>; Comune di Formigine, Il bilancio della città. Rendicontazione sociale di mandato 2004/2009, <http://www.comune.formigine.modena.it/cms/pagina.do?task=show&idpagina=46769>; Comune di Pesaro, Bilancio di mandato 2004-2009, <http://www.comune.pesaro.pu.it/fileadmin/user_upload/ALLEGATI2007/ALBO_PRETORIO/ATTI/BILANCIOSOCIALE_2004_09.pdf>; Comune di Udine, Bilancio sociale 2008, <http://www.comune.udine.it/opencms/opencms/release/ComuneUdine/comune/bilancio_sociale/2008/capitoli/allegati/Bilancio-con-copertina.pdf>. Non sono molti gli scritti sulla rendicontazione sociale nelle biblioteche. Tra questi, segnalo Pieraldo Lietti - Stefano Parise, Il bilancio sociale della biblioteca, "Bollettino AIB", 46 (2006), 1/2, p. 9-20 e ancora Stefano Parise, Il bilancio sociale come strumento di progettazione e valutazione in biblioteca, in Vitamina biblioteca. Quanto cresce la città. Impatto sociale delle biblioteche, valutazione costi/benefici degli interventi culturali, domanda di cultura, atti della giornata di studio (Scandicci, 3 aprile 2009), redazione e editing Serena Borgi e Stefano De Martin, Firenze, Centro stampa Giunta Regione Toscana, 2009, p. 26-31, disponibile all'indirizzo <http://www.regione.toscana.it/regione/multimedia/RT/documents/2009/11/10/f10a00723f6265f9a1b6b00c7ed8c834_vitaminabiblioteca2009.pdf>.

[19] Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali, Linee guida per la rendicontazione sociale negli enti locali, 7 giugno 2007, <http://osservatorio.interno.it/pareri/Linee%20guida%20.pdf>.

[20] Ibid., § 3, punto 13. L'asseverazione è un giudizio, "che attesta la veridicità e l'attendibilità delle informazioni espresse e la conformità del processo di rendicontazione ai contenuti previsti dalle […] linee guida" (ivi, § 5.1, punto 108). È eseguita dall'organo di revisione dell'ente, per ciò che attiene alle verifiche di veridicità e attendibilità dei dati contabili esposti, e dallo stesso organo o da una società di revisione, per ciò che attiene alla veridicità del bilancio sociale nel suo insieme e all'affidabilità del processo redazionale.

[21] Ibid., § 3.3, punto 40.

[22] Vedi, per esempio, Fondazione per leggere, Bilancio di mandato 2006-2010, a cura di Stefano Parise, Abbiategrasso (Mi), Edizioni Fondazione per leggere, 2011, disponibile all'indirizzo <http://www.fondazioneperleggere.it/attivita/bilancio_mandato_2006_2010.pdf>.

[23] Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali, Linee guida per la rendicontazione sociale negli enti locali, cit., § 3.2.7, punto 31.

[24] Vedi § 3.2. Un'altra sezione da considerare è quella che presenta la dotazione e gestione patrimoniale dell'ente. Le citate linee guida per gli enti locali consigliano, per esempio, di presentare i dati patrimoniali con un prospetto e di integrare quest'ultimo con informazioni di tipo qualitativo, focalizzate sui "beni di particolare pregio storico, artistico o culturale […]. Per ciascuno di essi vanno esplicitate le modalità di utilizzo, di valorizzazione, di conservazione e di fruizione […]" (ibid., § 3.4.2, punto 58). Le informazioni qualitative diranno, inoltre, degli "impatti sociali significativi che derivano o potrebbero derivare dalle politiche seguite nelle scelte di gestione del patrimonio".

[25] Le linee guida dell'Osservatorio contemplano anche la possibilità di costituire "sotto-gruppi tecnici di lavoro al fine di assicurare l'efficacia e l'efficienza del percorso di rendicontazione" (§ 4.1, punto 67).

[26] Dipartimento della Funzione pubblica, Bilancio sociale. Linee guida per le amministrazioni pubbliche, cit., terza parte, punto 5.

[27] Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali, Linee guida per la rendicontazione sociale negli enti locali, cit., § 3.1, punto 14.

[28] Ibid., § 3.1, punto 15.

[29] Ibid., § 4.2, punto 69.

[30] Ibid., § 3.2.6, punti 27 e 28.

[31] Ibid.

[32] Ibid., § 3.3, punto 48.

[33] Ibid. § 4.4.

[34] Ibid., § 4.7, punto 106.

[35] Ibid., § 4.7, punto 107.

[36] Mi permetto di fare rinvio al mio Biblioteconomia e culture organizzative. La gestione responsabile della biblioteca, Milano, Editrice Bibliografica, 2009, p. 81-83.

[37] Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali, Linee guida per la rendicontazione sociale negli enti locali, cit., § 4.3.2, punti 89, 90 e 92.

[38] Con il fondamentale ausilio delle linee guida AIB e IFLA: Associazione italiana biblioteche. Gruppo di lavoro "Gestione e valutazione", Linee guida per la valutazione delle biblioteche pubbliche italiane. Misure, indicatori, valori di riferimento, [coordinatore Giovanni Solimine], Roma, AIB, 2000; International Federation of Library Associations and Institutions, Linee guida per la valutazione delle biblioteche universitarie, edizione italiana di Measuring quality, a cura della Commissione nazionale Università ricerca [dell'Associazione italiana biblioteche], Roma, AIB, 1999.

[39] Mi riferisco alle rilevazioni GIM (Gruppo interuniversitario per il monitoraggio dei sistemi bibliotecari di ateneo): vedi all'indirizzo <http://www.gimsba.it/>.

[40] Roswitha Poll - Peter Boekhorst, Measuring quality. Performance measurement in libraries, 2nd revised ed., München, K. G. Saur, 2007; International Organization for Standardization, International standard ISO 11620. Information and documentation - library performance indicators, 2nd ed., Geneva, ISO, 2008. In seguito, ISO ha pubblicato anche una guida specifica per le biblioteche nazionali: International Organization for Standardization, Technical report ISO/TR 28118. Information and documentation - performance indicators for national libraries, Geneva, ISO, 2009.

[41] Cfr. Roswitha Poll, Benchmarking in the form of performance indicators and Balanced Scorecard, in Library statistics for the Twenty-First Century world, proceedings of the conference reporting on the Global library statistics project (Montréal, 18-19 August 2008), edited by Michael Heaney, München, K. G. Saur, 2009, p. 61-70.

[42] Per le indagini sulla percezione, la soddisfazione e i comportamenti degli utenti, non mancano, tuttavia, diverse altre metodologie e una casistica molto nutrita: vedi Giovanni Di Domenico, Biblioteconomia e culture organizzative, cit., p. 67-97; Alison Jane Pickard, La ricerca in biblioteca. Come migliorare i servizi attraverso gli studi sull'utenza, introduzione, traduzione e cura di Elena Corradini; prefazione di Anna Maria Tammaro. Milano, Editrice Bibliografica, 2010.

[43] Per una ricostruzione delle coordinate teorico/metodologiche della valutazione d'impatto e per una rassegna di letteratura e studi di casi in materia, vedi Maria Cassella, Se la biblioteca accademica calcola il ritorno del suo investimento, "Biblioteche oggi", 27 (2009) 8, p. 19-28; Id., Ridefinire il valore globale della biblioteca accademica, in Verso un'economia della biblioteca, cit., p. 44-62; Giovanni Di Domenico, Biblioteconomia e culture organizzative, cit., p. 99-128; Roberto Ventura, La biblioteca rende. Impatto sociale e economico di un servizio culturale, Milano, Editrice Bibliografica, 2010.

[44] Vedi anche Elena Bandirali, Misurare l'impatto sociale del servizio di biblioteca. Il quadro di riferimento internazionale e l'analisi di un caso locale, "Biblioteche oggi", 28 (2010) 2, p. 35-43. È stato appena pubblicato, inoltre, un rapporto riguardante l'impatto delle biblioteche scientifiche dell'ateneo urbinate su docenti e ricercatori: Cristiana Chmielewski - Marcella Peruzzi, Valutare l'impatto delle biblioteche. Il caso dell'Area scientifica dell'Università degli studi di Urbino "Carlo Bo", "Biblioteche oggi", 29 (2011) 1, p. 19-28.

[45] Giovanni Di Domenico, Come si realizza un progetto di valutazione, in Vitamina biblioteca, cit., p. 42-47.

[46] Vedi John Pateman - John Vincent, Public libraries and social justice, Farnham-Burlington, Ashgate, 2010.




«Bibliotime», anno XIV, numero 1 (marzo 2011)

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