«Bibliotime», anno XIV, numero 3 (novembre 2011)

Precedente Home Successiva



Sara Dinotola

Frank Schirrmacher, La libertà ritrovata. Come (continuare a) pensare nell'era digitale; Clay Shirky, Surplus cognitivo. Creatività e generosità nell'era digitale



Frank Schirrmacher, La libertà ritrovata. Come (continuare a) pensare nell'era digitale, Codice Edizioni, 2010.

Clay Shirky, Surplus cognitivo. Creatività e generosità nell'era digitale, Codice Edizioni, 2010.

Frank Schirrmacher ne La libertà ritrovata. Come (continuare a) pensare nell'era digitale e Clay Shirky in Surplus cognitivo. Creatività e generosità nell'era digitale indagano uno dei temi attualmente più discussi da sociologi, esperti della comunicazione e professionisti della mediazione della conoscenza: gli impatti che si manifestano sul singolo individuo e sull'intera società, in seguito alla sempre più massiccia diffusione dei nuovi media che hanno segnato l'era digitale, espressione che ritroviamo nei sottotitoli di entrambe le opere.

I due studiosi tuttavia seguono un differente approccio. L'autore tedesco riflette preoccupato sugli aspetti negativi di questa era, che a suo parere stanno portando ad una robotizzazione del cervello, anche se è convinto che sia ancora possibile per l'uomo mantenere o ritrovare la sua libertà e la sua capacità di pensare, specie se sarà in grado di proteggere le sue peculiarità.

Lo studioso americano, invece, continuando il percorso intrapreso con il suo precedente libro Uno per uno, tutti per tutti, descrive entusiasta gli scenari che si stanno profilando in questa nuova epoca dei social media e dimostra grande fiducia nella capacità dell'uomo di utilizzare al meglio tali strumenti per trarre dalle sperimentazioni un alto valore individuale e soprattutto sociale.

Partiamo dal libro di Frank Schirrmacher, che è suddiviso in due parti: nella prima, intitolata "Perché facciamo ciò che non vogliamo fare", l'autore fa una dettagliata e preoccupante diagnosi della situazione attuale; nella seconda, dal titolo "Come possiamo riprendere il controllo del nostro pensiero", propone una cura che può portare a risolvere i problemi che si stanno manifestando e che si acuiranno se non si interverrà in modo corretto e tempestivo.

Nei capitoli iniziali Schirrmacher descrive le principali caratteristiche dell'era digitale, non in modo freddo ed oggettivo, ma raccontando le sue esperienze, le sue difficoltà e i suoi timori, così da coinvolgere emotivamente i lettori e suscitare in loro una maggiore attenzione e riflessione. Il primo aspetto che presenta dell'attuale società tecnologica e connessa è l' information overload o sovraccarico cognitivo: l'uomo è travolto da milioni di informazioni che ricerca in modo spasmodico e che arrivano a getto continuo e in tempo reale tramite la rete, ma spesso ha "la sensazione di perdere o dimenticare un'informazione", di rimanere indietro.

L'autore, facendo riferimento ad esempi chiarificatori, afferma che tutti questi fenomeni comportano una serie di effetti negativi: difatti "l'apparato di memoria e di pensiero ha cominciato a cambiare in modo sorprendente", e la ricchezza di informazioni porta a una diminuzione della capacità di distinguere tra quelle utili e quelle inutili, tra quelle giuste e quelle sbagliate e della capacità di lettura, tanto che "la civiltà digitale più sviluppata al mondo sta disimparando a capire testi complessi".

L'altro fenomeno che si sta manifestando e che Schirrmacher comprensibilmente descrive in modo allarmato è l'adattamento dell'uomo alle macchine. Egli ricorda che sempre di più le persone sono costrette a funzionare secondo le regole dei computer e ad applicare il multitasking che, però, per l'uomo può essere solo una "malattia" che porta ad un'incapacità di selezionare cosa ricordare e cosa no, ad una diminuzione dell'efficienza e della qualità delle azioni.

Tale tendenza che sta portando al predominio dei computer si nota anche perché essi ci fanno continuamente delle proposte, producono correlazioni che ricavano dalle informazioni su di noi disperse nel Web, sembrano conoscerci meglio di quanto noi conosciamo noi stessi. Secondo Schirrmacher tutto ciò rende l'uomo sempre più "calcolabile", determina il venir meno del libero arbitrio e l'incapacità di scegliere liberamente ed indipendentemente. Il lavoro di Schirrmacher si conclude quindi con un'esaltazione della creatività umana e con la consapevolezza che l'utilità delle nuove tecnologie può emergere solo nel momento in cui sia l'uomo a dominare i computer e ad utilizzarli come strumenti al proprio servizio e non viceversa.

E proprio questi aspetti sono alcuni dei cardini dell'opera di Clay Shirky. L'argomento attorno a cui ruota il suo libro, suddiviso in sette capitoli, è il surplus di tempo libero a disposizione degli individui e il modo in cui questi lo hanno utilizzato, lo utilizzano e lo potranno utilizzare sfruttando gli strumenti e le nuove opportunità disponibili nell'era digitale.

Nel primo capitolo l'autore delinea un rapido excursus sulla storia del tempo libero, la cui esplosione è avvenuta a partire dal secondo dopoguerra, proprio nel momento in cui è iniziata una "riduzione costante del capitale sociale degli individui". Nella seconda metà del XX secolo tale tempo non strutturato – si tratta di miliardi e poi di triliardi di ore all'anno complessive – è stato impiegato principalmente guardando la televisione, preferita rispetto ad altri passatempi e soprattutto alla socializzazione.

Ma da alcuni anni, con la diffusione capillare di Internet, stanno cambiando le attività cui ci si può dedicare nel tempo libero. Grazie ai nuovi mezzi dell'era digitale si può passare dal "non far nulla" al "fare qualcosa", e questo per Shirky è il passaggio fondamentale per arrivare a un nuovo utilizzo del tempo libero, che ha conseguenze non solo individuali ma anche sociali. Infatti, ricorda entusiasta l'autore, "se c'è una cosa che fa della nostra epoca un periodo degno di nota, è che oggi possiamo trattare il tempo libero come un vantaggio sociale generale utilizzabile per grandi progetti collettivi, invece che come una serie di singoli minuti da passare piacevolmente in solitudine", quindi, secondo lui, il tempo libero può diventare una "risorsa globale condivisa", un "surplus cognitivo".

Tuttavia, continua lo studiodo, tale surplus cognitivo è un "materiale grezzo", non basta, altrimenti gli attuali cambiamenti si sarebbero verificati già un secolo fa. Sono necessari mezzi, movente, opportunità e cultura, ad ognuno dei quali Shirky dedica un capitolo del suo libro, rispettivamente il secondo, il terzo, il quarto e il quinto, corroborando le sue argomentazioni sulla base di esempi, riferimenti ad esperimenti e alle proprie esperienze.

In particolare, nel penultimo capitolo Shirky si sofferma sul valore che l'utilizzo del surplus cognitivo può portare, e che può essere personale, comunitario, pubblico o civico. Egli auspica che nel futuro si possa diffondere in modo sempre più esteso soprattutto il quarto di questi valori, che è il più difficile da raggiungere e che ha come obiettivo il "miglioramento della società".

Il filo conduttore dell'opera è rappresentato dalla rassegna dei diversi modi di utilizzo dei social media per dare una dimostrazione concreta di come gli individui, unendosi online in gruppi più o meno ampi, riescano ad influenzare direttamente la vita reale. I casi rappresentano le varie tipologie di applicazioni del cosiddetto Web 2.0, anche se l'autore non utilizza mai questa espressione, le cui caratteristiche fondamentali sono la possibilità di essere allo stesso tempo utente ed autore, pubblicando testi, foto e video, l'interattività, la personalizzazione e la condivisione paritaria e partecipata.

Tutto ciò porta al fenomeno dell'amatorializzazione di massa, criticato da molti ma non da Shrirky perché, secondo il suo punto di vista, è proprio questo che consente quello scatto fondamentale tra l'essere passivi fruitori e il diventare attivi creatori. Oggi, infatti, è facile accedere agli strumenti prima riservati ai tecnici, e ciò sta comportando la crisi del classico ciclo del sapere, per cui sembra perdere di importanza il ruolo svolto da figure professionali, come l'autore, l'editore, il fotografo, il giornalista e possiamo aggiungere anche il bibliotecario.

A partire da questi temi trattati nei due libri, viene spontaneo guardare al mondo che ci interessa più da vicino, quello bibliotecario, anche se in essi non è presente un esplicito riferimento a tale ambito. Infatti, come tutte le strutture che si dedicano alla produzione e disseminazione del sapere, anche la biblioteca in quanto "organismo vivente", come affermava Ranganathan nella sua quinta legge, risente direttamente dei cambiamenti della società provocati dalla diffusione dei nuovi media poiché interagisce con l'ambiente che la circonda.

In un contesto in cui ognuno in modo autonomo, con l'aiuto dei motori di ricerca, degli agenti intelligenti e delle tante applicazioni del Web 2.0, ha la possibilità di recuperare tantissime informazioni, sembra che la biblioteca possa perdere la sua funzione di mediazione della conoscenza. Tale istituzione, però, non deve sentirsi minacciata o in competizione con questi nuovi strumenti. Infatti, da un lato può sfruttarli per offrire un servizio sempre migliore e personalizzato in base alle esigenze degli utenti; dall'altro si può porre come garante della qualità e dell'approfondimento, laddove il Web permette di reperire con rapidità un'enorme quantità di informazioni spesso superficiali.

Credo quindi che essa si debba proporre come il luogo in cui poter ritrovare l'abitudine all'attenzione, alla consapevolezza e alla riflessione, il cui valore viene esaltato più volte da Schirrmacher, e in cui si possa trovare ed elaborare la conoscenza nel senso pieno del termine, in contrapposizione alla miriade di informazioni da cui siamo bombardati. È importante, dunque, "offrire la biblioteca come punto di riferimento stabile per la crescita culturale e morale dei cittadini" [1].

In un momento così difficile per il settore, il bibliotecario deve essere in grado di ripensare la propria professionalità per poter offrire "un'intermediazione umana, specialistica, un'esperienza, delle conoscenze, delle competenze ad alto livello in un contesto informativo sempre più vario e complesso. Come si può realizzare tutto questo? Garantendo l'accesso al servizio, dotandosi di competenze culturali, tecniche e professionali adeguate, promuovendo il servizio, collaborando con le altre professionalità". [2]

Inoltre, così come l'aspetto più importante che viene sottolineato da Shirky in riferimento ai social media è la possibilità e la volontà di scambio e condivisione, anche nella biblioteca si devono accentuare questi aspetti e devono trovare la loro espressione le migliori competenze ed idee di tutti gli stakeholders, ricordando che "l'essenza più profonda della biblioteca, in quanto organismo vivente sistemico, è la sua componente relazionale. In particolare, la caratterizzazione di una biblioteca è il risultato delle dinamiche relazionali interne, tra gli stessi bibliotecari ovvero tra bibliotecari e decisori politici, e delle dinamiche relazionali esterne, con gli utenti, i fornitori, le altre biblioteche e la congerie di soggetti singoli e collettivi che popola l'ambiente locale e globale nel quale la biblioteca è immersa" [3].

È fondamentale che il bibliotecario sia in grado di custodire e nello stesso tempo di trasmettere agli utenti la capacità di esercitare lo spirito critico e di riflessione. In questo senso la biblioteca può presentarsi come la sintesi e l'emblema di quanto suggerito sia da Schirrmacher che da Shirky: la centralità dell'uomo, in quanto essere pensante e creativo.

È proprio questa convinzione, questo umanesimo, che accomuna i due libri, i quali, nonostante la differenza di approccio, si possono leggere in modo consequenziale. Infatti, solo dopo aver intrapreso il percorso di liberazione e riappropriazione del pensiero, come suggerito da Schirrmacher, saremo in grado di sfruttare al meglio le potenzialità dei computer e della rete e le opportunità che ci offrono, come affermato da Shirky.

Sara Dinotola, e-mail: esiucos@alice.it


Note

[1] Antonella Angoli, Biblioteche nella crisi, "Biblioteche oggi", 28 (2010), 9, p. 6-9.

[2] Paola Gargiulo, Il ruolo del bibliotecario di reference nell'era digitale, "Bibliotime", 8 (2005), 1, <http://didattica.spbo.unibo.it/bibliotime/num-viii-1/gargiulo.htm>.

[3] Anna Galluzzi, A proposito di biblioteconomia e scienze sociali, "Bollettino AIB", 45 (2005), 2, p. 227-234.




«Bibliotime», anno XIV, numero 3 (novembre 2011)

Precedente Home Successiva


URL: http://static.aib.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num-xiv-3/dinotola.htm