«Bibliotime», anno XIX, numero 3 (novembre 2016)


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Il rosso e il nero



E' forse ozioso, al giorno d'oggi, riaprire il dibattito sui fondamenti epistemologici della biblioteconomia, e chiedersi ancora una volta se si tratta di una disciplina basata su un proprio "statuto", o se invece è un insieme di attività che solo a posteriori, nella loro complessiva articolazione, riescono ad attingere a una dimensione più profonda.

Eppure i contributi presenti nel numero corrente di Bibliotime, ciascuno dal proprio punto di vista, sembrano riproporre proprio questo interrogativo, estendendo le aree tematiche sottoposte ad indagine e fornendo interessanti spunti alla discussione.

Un esempio viene dall'ampio resoconto di Antonella Brunelli che, nel percorrere il cammino che ha portato alla realizzazione di una virtual library a metà strada tra filosofia e biomedicina, sottolinea come "la forza e particolarità di questa esperienza" sia stato "il continuo avvicendarsi di momenti teorici e di fasi applicative, di sfide pratiche subito tradotte in riflessione teorica": una riflessione in cui l'immagine del bibliotecario, lungi dal "dissolversi come figura autonoma dentro una congerie di professionalità altre", trova per contro un costante arricchimento grazie a "una piattaforma di saperi e competenze consolidati dell'ambito biblioteconomico, nuove competenze trasversali che non possono che potenziare ed esaltare quelle che sono le conoscenze tecniche specifiche e le pratiche di base della professione".

Partendo da differenti prospettive, anche gli articoli di Maria Cassella e di Maria Rosaria Califano sembrano arrivare a conclusioni analoghe. La prima mette in luce come le biblioteche - ed in particolare quelle accademiche, specie nei paesi anglosassoni - siano oggi impegnate in ruoli apparentemente distanti dal core business della disciplina: esse infatti appaiono sempre più coinvolte nell'organizzazione di "grandi masse di dati in formato digitale, che necessitano di essere analizzate, rese accessibili, gestite e conservate in maniera adeguata per trasformarsi in informazioni strutturate e permettere, tramite l'apertura in rete, il loro riutilizzo futuro". E l'ovvia conseguenza di tale situazione è la nascita di "nuove figure professionali, come il repository manager e i data librarian", che "sono state chiamate in causa per creare nuovi servizi a supporto delle comunità di ricerca e delle loro esigenze di gestione dei dataset".

Per parte sua, Maria Rosaria Califano dimostra come anche una materia così peculiare qual è quella legata alla nuova norma EN ISO 9001: 2015 può avere notevoli ricadute sulle biblioteche, se si considera che queste sono alle prese con aspetti decisamente inconsueti ma di grande rilevanza per il mondo contemporaneo: basti pensare al tema dell'impatto - inteso "in termini di benessere dell'utente anziché di mera soddisfazione rispetto al servizio erogato", o a quello della responsabilità sociale, ossia il "valore associato al prodotto-servizio", in base a cui "la biblioteca ha l'onere di adottare strategie e metodologie gestionali che mirano proprio al riconoscimento di queste responsabilità che, attraverso l'erogazione dei servizi, divengono delle esternalità positive capaci di influenzare la fruizione stessa dei servizi", per averne una chiara consapevolezza.

La variabile tecnologica - sotto la specie dei codici QR - è invece il banco di prova impiegato da Alessandra Citti e Silvia Tecchio non solo per dare risalto ai servizi ed alle risorse della biblioteca ma - per riprendere la bella espressione delle autrici - per rendere via via più "sfumati i confini tra mondo fisico e mondo elettronico": oggi infatti la presenza generalizzata dei dispositivi mobili, e l'applicazione a questi dei codici QR, consente di "tenere a portata di mano la biblioteca, ovunque e in qualsiasi momento. In questo modo la biblioteca, e quindi l'accesso alle informazioni da essa possedute, entra a far parte della quotidianità delle persone e, in modo virale, della comunità. Il servizio stesso diventa così più funzionale e più semplice per chi lo utilizza, offrendo anche la possibilità di scegliere quando e a che punto della ricerca accedere all'ambiente fisico e facendo sentire l'utente maggiormente coinvolto nella rete sociale".

Ma in una realtà sempre più interconnessa, alle biblioteche sono necessari degli alleati - o per meglio dire dei partner - affinché sia possibile un'esplorazione a 360° delle risorse presenti anche fuori dai suoi confini, fisici o virtuali che siano. Il contributo di Federica Rossi esplora efficacemente questa realtà, dando particolare enfasi alle esperienze di cooperazione fra istituzioni diverse (archivi, biblioteche, musei) messe in atto nel nostro Paese, e grazie a cui si è "rafforzata l'idea che professionalità tradizionalmente distinte possano oggi lavorare insieme, e che la moderna tecnologia informatica possa aiutarci ad esplorare nuove frontiere per connettere e valorizzare le nostre collezioni".

Michele Santoro



«Bibliotime», anno XIX, numero 3 (novembre 2016)


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