«Bibliotime», anno XVI, numero 1 (marzo 2013)

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Rossano De Laurentiis

CDU e/o CDD, un caso di studio risalente alla prima metà del Novecento: il centro di documentazione delle Officine Galileo



Abstract

The bibliographic exhibition of the collection of the Officine Galileo, organised at the Technological Science Library of the University of Florence in 2011, provided the opportunity to bring to the surface a significant section of the factory library, in which all the production sectors of the historic Florentine industry are represented in the form of manuals and technical articles. The scientific organisation of the library used the Universal Decimal Classification (UDC), and as back-up the Dewey Decimal Classification (DDC). The coexistence of the two classification systems in a library collection became the pretext for mapping decimal semantics in Italy from the end of the Nineteenth century through to the current web revolution. The issue hinges on verifying the utility and efficacy of these tools in a knowledge context that has now radically altered from that of the scientistic premises that generated them. They continue to be a monument to the systematic nature of knowledge at a time when this is within reach of everyone, and at times displays problems of information overload and noise.

tutte le visioni del '900 si stanno sgretolando:
quale prima, quale poi,
inevitabilmente travolte dalla realtà circostante.

1. Introduzione

Questo articolo nasce come riflessione originata da una mostra bibliografica sulla biblioteca specializzata delle Officine Galileo (d'ora in avanti OG) [1], e del ruolo che tale fondo librario avrebbe svolto nella vita della fabbrica. La collezione è stata donata alla Biblioteca della Facoltà di Ingegneria dell'Università di Firenze dalle stesse OG, in via di smantellamento agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, all'epoca delle prime crisi industriali del settore, prima di trasferirsi e riconvertire la produzione fuori città, nella piana di Campi Bisenzio, a nord-ovest di Firenze.

Nel complesso il Fondo OG copre settori che vanno dalla meccanica, all'ottica, all'elettrotecnica, la tecnologia del vuoto, l'ingegneria militare e navale, insieme a strumenti e apparecchiature di precisione, come gli strumenti per la didattica della fisica nei laboratori scolastici.

La presenza tra i volumi della collezione della 12. edizione in inglese della Classificazione decimale Dewey (CDD), 1927) [2], e di due volumi della Classificazione decimale universale (CDU, 1927-1928) [3], rientra nell'ordinario materiale di corredo bibliografico per una biblioteca (i cosiddetti "ferri del mestiere"). Tuttavia la compresenza dei manuali CDU e CDD porta a interrogarci sulla convivenza dei due sistemi classificatori in quello scorcio di prima metà del Novecento.

Consideriamo che siamo in Italia tra gli anni '20 e '30, nella fase di accelerazione della produzione industriale delle OG, in linea con il contesto nazionale, e quindi a un incremento fisiologico della letteratura tecnico-scientifica, anche di quella con immediate ricadute sulle scienze applicate, sulle tecnologie. Ne consegue un aumento degli accessionamenti bibliografici in una biblioteca di azienda industriale, dietro l'esigenza di una gestione progettistica e produttiva più efficace, fino alla fase della vendita. Le OG erano dotate di una tipografia interna per la stampa di cataloghi di vendita e materiale vario.

Di fronte ad una "collezione speciale" come quella delle OG si offre l'occasione di valutare sul campo l'utilizzo dei due sistemi classificatori, e quale fosse il più duttile ed efficace a un centro di documentazione e di studi funzionale alla filiera del ciclo di produzione [4].

In generale la natura della CDU come classificazione a faccette, di tipo analitico-sintetica, la rende particolarmente adatta ad una biblioteca scientifico-tecnologica come era quella delle OG. Ciò è confermato dal fatto che lo strumento "di servizio" per la classificazione fosse l'Edizione abbreviata della CDU a cura del "Centro Volpi di elettrologia", ancora utilizzato fino ai primi anni '50. Si riporta una breve scheda sul Centro di elettrologia, tratta da "Nature":


Conte Volpi di Misurata, whose name is associated with many important Italian electric companies, has decided, in the interests of science, to create an institution in Italy to promote the knowledge of, and research in, electrical science. He has presented the magnificent Vendramin-Calergi Palace in Venice to serve as a home for the new institution which will be known as the Centro Volpi di Elettrologia after its founder. It is so arranged that it works in harmony with other existing Italian scientific societies. Its principal object is the improvement of electrical knowledge by means of new cultural exchanges between Italian and foreign scientists. Its main activities will be to publish a bulletin giving summaries of recent Italian researches, translated into various languages in different editions for distribution abroad. It will also promote international congresses and meetings of men of science in the quiet Venetian palace so that they may advance electrical knowledge by exchanging ideas on specific scientific questions [5].

Giuseppe Volpi di Misurata (1877-1947) fu senatore del regno, progettò la costruzione del Porto di Marghera (1919); nativo di Venezia, dove nel Palazzo Vendramin aveva stabilito la sede del centro di elettrologia, sorto nel 1937; fu presidente di Confindustria dal 1934 al 1943; lo si ricorda anche come mecenate della prima Esposizione internazionale d'arte cinematografica di Venezia; oggi durante la Mostra del cinema la coppa Volpi, a lui intitolata, viene assegnata alle migliori interpretazioni d'attore.

Il "Centro Volpi di elettrologia", dall'Indice SBN, risulta ente-autore di quattro pubblicazioni: oltre alla citata edizione abbreviata della CDU, una Bibliografia dei proiettori (1943, anche questa posseduta dal Fondo Galileo, ne tratto più avanti), un "Bollettino" in francese, e gli atti del Primo convegno per lo sviluppo della sperimentazione ai fini dell'autarchia industriale sui materiali refrattari.

L'Edizione abbreviata Volpi della CDU è un dattiloscritto (poi tirato in più copie), con il verso delle carte in bianco: "l'edizione è da considerarsi provvisoria, in vista della edizione a stampa" [6]. Riporto dalla Premessa:

Questo repertorio costituisce la prima versione italiana abbreviata di tutta la Classificazione decimale universale. La sua estensione è tale da renderlo sufficente [sic] per una classificazione abbastanza precisa ma senza entrare in quei particolari che sono da ritenere, anche nel campo delle singole scienze, come molto specializzati. In tali casi servono solo i repertori completi delle singole scienze [7]. La versione [...] viene diffusa tra gli studiosi e gli enti interessati con la preghiera che quanti, per la loro particolare competenza o attività, ritengono utile suggerire modificazioni, vogliano segnalarle [...] [8]. Lo scopo è di ottenere un repertorio che riportando solo le principali delle suddivisioni della C.D. sia veramente utile per gli scopi generali e rechi i termini nella loro forma italiana più corretta. Le istruzioni che precedono mirano a far conoscere quali sono i concetti e le norme pratiche che regolano l'uso della C.D. e che fanno di essa un sistema estremamente elastico ma altrettanto preciso di classificazione / Maggio 1942 – XX [9].


A questa dispensa si accompagna un Repertorio alfabetico, con medesimo formato e veste tipografica, al quale è premessa la richiesta di osservazioni e suggerimenti (sostituire, togliere, aggiungere una voce o un numero) da parte degli utilizzatori della CDU o di specialisti in un particolare settore [10].

Il criterio di aggiornare e perfezionare le voci dal basso, in modo post-coordinato, era stato adottato già nell'ed. 1927-28 della CDU (3 volumi, per oltre 40.000 divisioni sistematiche), quella presente nella biblioteca delle OG: "Pour l'élaboration de celle-ci ont été utilisées de nombreuses observations reçues des usagers de la classification, de multiples sources de classification" [11].

In questo arco di tempo la CDU era curata dalla Féderation internationale de documentation (FID), con a capo l'olandese Frits Donker Duywis (dal 1929 al 1959), anni in cui si ebbero edizioni ridotte insieme a revisioni e aggiornamenti: sintomo della necessità di qualunque classificazione ad adattarsi al progresso accelerato delle scienze applicate, sempre più connesse con le scienze pure [12].

La missione storica della CDU come "repertorio bibliografico universale" puntava a fare ordine della mole crescente di "singole monografie, ricerche su argomenti specialistici, contributi a studi più generali", come ribadito da Paul Otlet: "È indispensabile che tutte queste opere siano registrate e classificate, in modo che ciascuno possa recuperarle immediatamente per usarle e progredire, per sapere in ogni istante che cosa è stato fatto e che cosa resta da fare" [13]. Nello stesso spirito la CDU si rendeva adatta ad un centro di documentazione tecnologico, come quello delle OG, che dovesse gestire articoli ed estratti molto specifici e frammentari [14].

Quella che in gergo viene chiamata "letteratura grigia" nasce o acquista rilevanza scientifica con l'epoca moderna delle economie industriali, "il campo e il programma di questo più vasto lavorìo che per il mondo si va ordinando e del quale le officine sono non pure le grandi biblioteche, ma gli uffici bibliografici [i. e. centri di documentazione], questi nuovi istituti foggiati sullo stampo di quello di Bruxelles" [15].

Biagi, nella relazione al ministero dell'Istruzione pubblica, passa poi a delineare la funzione di documentazione di un ufficio scientifico e tecnico: "La biblioteca è per l'indole sua un "conservatorio", che serba i documenti affidatile, che acquista quelli che le mancano; ma non è obbligo suo curare la diffusione opportuna del loro contenuto, né cercare di renderli per mezzo di un nuovo lavoro più assimilabili e meglio accessibili. L'ufficio invece è la forma organica data al centro d'informazioni: il suo scopo è l'informazione, la notizia, non già il documento; esso deve rispondere alle domande che gli sono rivolte, deve fornire le notizie richieste, aiutare le persone che non potrebbero rivolgersi agli specialisti, né ricorrere ai documenti, né dedicare alle indagini il tempo occorrente" [16].

Un piccolo esempio in tal senso si ha nella presenza nel Fondo OG di volumi miscellanei dei numerosi opuscoli ed estratti di articoli, "cuciti" assieme come a formare un dossier su una specifica materia inerente alla progettazione e al ciclo produttivo. All'inizio o alla fine di questi volumi miscellanei è stato apposto un foglio dattiloscritto con un indice dei contributi rilegati; i quali potevano pervenire a diverso titolo alla fabbrica e costituivano una fonte di documentazione tecnica o storica importante per il reparto di produzione.

Prendo ad esempio la "Miscellanea ottica e varie" che ha cartellinato il simbolo 535.8 che corrisponde all'epoca ad Applications. Instruments optiques, rimasto immutato oggi come Applications of optics in general (CDU); mentre Lights, Optics. Applications (CDD, 12. ed.) ha come equivalente verbale nella 22. ed.: "Sviluppi speciali della luce e dei fenomeni nell'infrarosso e nell'ultravioletto".

Ancora si segnala come "curiosità" repertoriale una Bibliografia dei proiettori, a cura del Centro Volpi di Elettrologia (Venezia 1943) composta da 131 schede di catalogo (formato cm 15 x 10), legate insieme (con viti, come il famoso Libro imbullonato futurista di Depero), a formare un catalogo specialistico ovverossia una "bibliografia speciale", segnatura 535: Rayonnement. Lumière. Optique (CDU); inoltre ciascuna scheda è segnata 651 + n. progressivo dell'item, in questo caso la notazione 651 dovrebbe fare riferimento a Organisation des bureaux (CDU), Offis economy (CDD, 12. ed.), con implicito aggancio alla "letteratura grigia": "Informazione prodotta a livello governativo, accademico o industriale, in formato elettronico e cartaceo, non controllata dall'editoria commerciale, cioè da organismi o enti produttori la cui attività principale non sia quella editoriale" (definizione del 2006). Si pensi ai brevetti [17], ai cataloghi commerciali, alle brochures che si ritrovano tra i materiali vari del Fondo OG.

Un'altra 'emergenza' bibliografica da segnalare nel Fondo è la rivista aziendale "Notizie per i laboratori scientifici e industriali" a cura delle OG, un giornale di fabbrica con finalità tecniche e di aggiornamento per la produzione, che ci introduce alla tipologia del "giornale di fabbrica" (House organ) rivolto alle maestranze; mentre in America si usa distinguerlo dalla Company publication (es. "Ford Times"), che invece si rivolge al grande pubblico, e può vedere coinvolte anche figure di intellettuali, come editorialisti o copywriter. Si pensi alla testata "Comunità" di Adriano Olivetti, poi diventata anche casa editrice; a "Il gatto selvatico" (1955-1964) di Eni che si avvalse della direzione di Attilio Bertolucci [18]. Sempre le OG offrono un esempio di controparte operaia con il giornalino "La voce dei lavoratori", che appunto diventava l'organo per battaglie sindacali, per momenti ricreativi e in seguito per la conservazione della memoria [19].

Nel lavoro di recupero catalografico del Fondo OG si è deciso di salvare la cartellinatura decimale (secondo la CDU), mentre per la descrizione semantica in Opac si è proceduto ad allineare i libri alla ed. Dewey corrente, essendo già la classificazione adottata dal Sistema bibliotecario di Ateneo (SBA). Da quello che si è riuscito a sapere anche attraverso testimonianze orali di familiari di operai e impiegati delle Officine, c'era una sola bibliotecaria a gestire il Fondo: Elena Ricci (classe 1912), una laureata in matematica e fisica, con specializzazione in ottica, ma prestata per vari motivi alla cura della biblioteca aziendale [20]. Fu lei a classificare i libri del Fondo – fino ad allora cartellinati con segnature per materia [21] – secondo la CDU abbreviata, giungendo sicuramente al 1955, quando il sistema non è più utilizzato per i volumi accessionati post quem, trattati diversamente.

La mostra bibliografica che ne è scaturita [22] è stata l'occasione per riflettere sugli archivi storici di aziende industriali, un ramo della conservazione documentaria a volte negletto in passato, ma che a partire dagli anni Settanta del Novecento ha ricevuto attenzioni e protocolli di trattamento. Se partiamo da una definizione classica: "giacimento di un complesso di documenti estremamente differenziati per qualità e quantità, complesso coerente con le differenti e numerose funzioni espresse nell'azienda nell'esercizio della sua attività" [23]; nel nostro caso oltre alla suppellettile bibliografica dell'azienda industriale – un quarto del posseduto originale (circa 1100 monografie e 80 periodici), scampato dal macero per la curiosità e la previdenza di persone che avevano contatti con le Officine e con la nascente Facoltà di Ingegneria nel 1972 [24] –, siamo venuti a conoscenza di un fondo di lettura ricreativa per gli operai e le loro famiglie, appartenente alla Fondazione dei lavoratori delle Officine Galileo (F.L.O.G.) [25].

2. Un po' di storia

Da un punto di vista storico bisogna notare che la CDU, pur nascendo come costola della CDD, e sotto lo "spirito universalistico proprio della fin de siècle" di Paul Otlet e Henri La Fontaine [26], si è nel tempo evoluta in modo pragmatico, diventando una classificazione più efficace per la documentazione specialistica.

La testa di ponte per la diffusione nel vecchio continente della Classificazione decimale Dewey fu proprio l'Istituto internazionale di bibliografia. Di questo processo di importazione abbiamo una testimonianza nella Relazione della Commissione nominata in seguito alla Conferenza di Firenze sulla classificazione decimale. 21-22 settembre 1897 [27]: come risultato del dibattito Piero Barbèra volle dare l'esempio impegnandosi direttamente con l'introdurre nel proprio catalogo editoriale del maggio-giugno 1897 gli indici della Classificazione decimale Dewey, accanto alle voci descrittive delle diverse opere; primo esempio italiano di applicazione della CDD [28].

Ma nella comunità bibliografica e bibliotecaria italiana il concetto di "classificazione universale" continuava a destare dubbi, visto che un addetto ai lavori arrivò a definire la semantica decimale una "cattiva utopia", come si ricava dalla citazione di Giuseppe Fumagalli: Otlet e La Fontaine "intendono di mettere prontamente a disposizione degli studiosi un duplice repertorio alfabetico e sistematico (onomastico e ideologico, dicono essi) che comprenda insieme la bibliografia dei tempi passati e quella dei tempi presenti, sia tenuto al corrente della produzione futura, e contenga, oltre ai libri e agli opuscoli, tutti gli articoli di riviste, gli studi contenuti negli atti accademici e dei Congressi, e questo naturalmente per tutte le letterature, antiche e moderne. E chi più ne ha più ne metta!!" [29].

Gli aspetti strategici che fecero la fortuna otto-novecentesca dei sistemi di classificazione decimale furono l'universalità, statuita come mission dall'Istituto di Bruxelles, da perseguire attraverso la cooperazione bibliografica internazionale [30]; e la collaborazione - come si è visto - con gli editori, con i produttori di libri e documenti [31].

Con il nuovo secolo certe diffidenze erano ormai superate come ribadisce ancora Guido Biagi nell'annunciare la nuova edizione della CDD (1911), dalle pagine della sua "Rivista delle biblioteche e degli archivi": "Sarà curioso ed utile paragonare lo sviluppo della classificazione decimale dato dall'A[utore]. in questa settima edizione con quello che recò al sistema l'Institut international de bibliographie di Bruxelles, che lo ha reso più noto e familiare nell'Europa latina" [32].

Senza dimenticare che la classificazione e l'indicizzazione devono servire al "beneficio dell'utente" (per citare l'ammonimento cutteriano), che deve essere facilitato nell'incontro tra la sua esigenza di conoscenza (curiosità, ricerca) e il simbolo del contenuto di un documento (coerente e perspicuo) [33]. Nella sua parabola la CDU ad un certo punto si trova davanti al bivio tra la strade delle biblioteche e quella dei centri di documentazione specializzata [34]. Una separazione funzionale che già Guido Biagi aveva delineato agli inizi del Novecento: "Definire la 'documentazione' è quasi rifare il cammino percorso dallo spirito umano in questo campo di ricerche e d'indagini. [...] La bibliografia si occupa del libro, la documentazione si occupa di qualunque soggetto, di qualunque fatto, idea o impressione di cui si abbia un ricordo grafico, e il suo intento è di fornire rapidamente e facilmente ad ogni ricercatore un materiale di fatti, di dati, d'informazioni sopra un soggetto particolare" [35].

Con l'episodio dell'"edizione abbreviata" del Centro Volpi, si assiste a un tentativo di allestire un vocabolario controllato, un tesauro per ogni campo del sapere, un'ambizione di tassonomia della conoscenza che, in piccolo e su scala italiana, anticipa il concetto di switching language (una linguafranca fra diversi linguaggi documentari), che sarebbe diventato un aspetto qualificante della CDU a partire dagli anni Settanta [36]. Sebbene questo ruolo di primazia le venisse attribuito in maniera residuale: la CDU venne infatti giudicata come il "meno insoddisfacente" fra i principali sistemi di classificazione [37]; essa restava tuttavia un laboratorio d'indagine proficuo, dal momento che fu utilizzata per la costruzione dei primi tesauri disciplinari, come quello per l'ingegneria [38].

Riporto un passo dal sito ufficiale del Consorzio UDC [39]: "Because of the nature of the subjects, the listed subdivisions in science and technology outweigh those of the arts and social sciences"; la maggiore affinità della CDU per le scienze dure, storicamente trova conferma nella classe 4 che è rimasta vacante dopo che si decise di "svuotare" la classe del "linguaggio" per accorparlo alla "letteratura" (classe 8).

Tuttavia così si esprimeva Serrai nel 1977: "La CDU, tra molti altri difetti […], ne ha uno grave, di natura genetico-storica piuttosto che costituzionale; si tratta delle sue fondamenta scientifiche, talmente superate da renderne praticamente impossibile un adeguamento alle necessità odierne della ricerca" [40]. La scepsi di Serrai era corroborata dalla sfida dei nuovi cataloghi elettronici, i futuri opac: una transizione che pure la CDU seppe affrontare con l'obiettivo raggiunto nel 1990 di una "versione standard" dello schema in un formato leggibile dalla macchina e a livello medio di estensione, cioè comprendente circa 60.000 suddivisioni. Oggi un esempio notevole di CDU attivamente utilizzata in opac è quello fornito dal catalogo del Politecnico di Zurigo (ETH) [41].

3. Impressioni dal XXI secolo

Bisogna dire che su vasta scala la CDD d'oltreatlantico ha vinto sulla CDU continentale [42], soprattutto se guardiamo alla grande platea delle biblioteche medio-piccole, a scaffale aperto, siano esse "di pubblica lettura" (comunali, civiche, di quartiere, ecc.) o di facoltà universitarie, in cui la Dewey egemonizza il criterio di collocazione [43].

Inoltre oggi a proposito di Wikipedia e di blog in generale, si fa presto a parlare di filosofia wiki o di social tagging e folksonomy, senza ricordare che forme di codificazione dal basso o partecipate – come si è visto sopra – sono esistite anche in passato, ovviamente senza l'efficacia odierna resa possibile dai potenti mezzi di comunicazione della rete. Proprio mentre preparo questo articolo rimbalza nella mailing-list dei bibliotecari italiani (AIB-CUR) la novità della fusione (chiamiamola interoperabilità) tra Google e Wikipedia: cioè tra il "search engine" e l'"enciclopedia", per eccellenza.

Ormai le novità si accavallano con cadenza quasi settimanale. Cito ancora in modo desultorio, alcune riflessioni di Alberto Manguel e Maurizio Ferraris, Il mondo in un tag ("la Repubblica", 11 novembre 2012), sul "tag" (cartellino, etichetta) associabile a qualunque documento su Internet (foto, video, testo), che sintetizza ormai la granularità del docuverso costituito dalla rete. Pertanto "il mondo sociale si manifesta come una scrittura generalizzata, che esplode, sparpagliandosi caoticamente" (Ferraris), basti pensare al web 2.0 e al boom dei social network. In questo modo i "metadati"[44] diventano una necessità o una comodità sia per l'universo della documentazione accademica e scientifica (GoogleScholar, GoogleBooks, banche dati di editori) che per il web di tutti i giorni, di intrattenimento (GoogleMaps, YouTube, Wikivoyage); "i problemi cruciali, e interconnessi, sono quelli della classificazione e della validazione di questo corpus bulimico e babelico" (Ferraris).

A proposito di "validazione", un altro argomento d'attualità nel mondo della ricerca universitaria è l'Open Access (OA), che molti atenei puntano a promuovere, vuoi per necessità: offrire un'alternativa al monopolio dei grandi editori che impongono prezzi non più sostenibili; e vuoi per prestigio: far circolare facilmente ed efficacemente i prodotti della ricerca dei propri studiosi serve a posizionarsi nelle graduatorie della Valutazione della qualità della ricerca (VQR) [45]. Ebbene nell'indicizzare un articolo scientifico lo studioso/autore invitato ad archiviare i suoi contributi per lo più ricorre ad una auto-indicizzazione, guidata da istruzioni di inserimento fornite dall'ateneo stesso; solitamente i campi richiesti sono:

Come si vede, per la mappa semantica dei contenuti open access non si menzionano "classificazioni decimali", così come non vengono utilizzate per piattaforme di e-book e libri digitalizzati, almeno da una rapida ricognizione nei principali aggregatori. Anche gli opac di nuova generazione presentano come novità la capacità di relevance ranking, sul modello Google-like e dei siti di commercio online [47].

In conclusione sembra di poter affermare che davanti alla disintermediazione offerta dal Web semantico [48] (e-book, full-text article, database, linked data [49]), le classificazioni di cui abbiamo parlato, insieme alla Colon Classification di Ranganathan [50], alla Bliss Bibliographic Classification [51], appaiono dotate di notorietà e vitalità pur nella loro vetustà illustre, ma forse sono come quei quadri di nobili antenati appesi alle pareti, fanno arredo, conferiscono un blasone, che può rimandare a un passato più o meno lontano, in cui di epoca in epoca si può risalire alla Rivoluzione industriale, al Positivismo e da questo all'Illuminismo dell'Encyclopedie e su per li rami fino all'arbor sapientiae [52].

Ma cito Ferraris nella parte dell'avvocato del diavolo: "per quanto importanti, questi progetti possono al massimo generare delle isole d'ordine in un mare troppo grande per venire ordinato dall'alto". Nella ricerca viva vigono gli specialismi, nei quali ci si muove con altri strumenti, se vogliamo meno formalizzati, effetto della velocità di calcolo e di ricerca dei moderni elaboratori e motori di ricerca.

Sebbene l'ordine del mondo e del sapere debba avere una sua cornice, anche raffinata e autorevole: "In UDC, the universe of information (all recorded knowledge) is treated as a coherent system, built of related parts, in contrast to a specialised classification, in which related subjects are treated as subsidiary even though in their own right they may be of major importance. Thus specialists may often be led to related information of which they would otherwise have been unaware" [53].

Ancora Ferraris scrive "di un mare che è disordinato, ma tende anzi a organizzarsi da solo, secondo principi abitudinari, quelli appunto generati dalla registrazione" (cloud tagging, "ricerche correlate"), aggiungiamo l'auto-archiviazione dello studioso, che all'interno della comunità accademica sa meglio di un generico "professionista dell'informazione" come "taggare" il suo contributo; o i ranking di Google che si riorientano secondo la frequenza di accesso e/o uso, a volte creando rumore:

Rispetto alle ontologie classiche, le tassonomie che risultano dai tag (keywords metadata, le "tagsonomie", si potrebbe dire) non sono ovviamente classificazioni gerarchiche, ma piuttosto paratattiche, orizzontali o meglio a forma di grafo. Dei rizomi, appunto, che […] non possono permettersi il lusso di essere indisciplinati, perché gli errori di classificazione si pagano: in termini di fatica, di danni economici, di tempo perso, di disinformazione [54].

Per un approccio utilmente filosofico segnalo anche David Weinberger, La stanza intelligente: la conoscenza come proprietà della rete. Torino, Codice edizioni, 2012: "Cambia anche la stessa struttura della conoscenza: non più a forma di piramide (dove cognizioni sempre più elevate e specializzate sono appannaggio di un numero sempre minore di persone) ma, appunto, di una rete che tutto connette e che è il risultato delle conoscenze di tutti e di ciascuno, organizzate "dal basso" [55].

Non mi resta che tornare alla citazione in esergo: sono parole prese da un commento a caldo di una collega bibliotecaria del settore tecnico-scientifico (Serena Sangiorgi, Università di Parma), formulato sul tema "Open Access, valutazione ricerca, educazione: proposte AIB", sul sito del MIUR, Horizon 2020 Italy: forum pubblico sul sistema della ricerca e dell'innovazione italiana [56]. Nella sede originaria il commento stabiliva una similitudine tra la politica di copyright dei brevetti, e il modello prevalente nella ricerca (ante OA): entrambi sistemi tradizionali di "esclusiva" che tendono col tempo, cautamente, a liberalizzarsi; in parallelo lo stesso meccanismo, ho l'impressione che si possa registrare nell'evoluzione dei sistemi di classificazione, da quelli gerarchico-enumerativi di matrice ottocentesca e positivista all'"ontologia debole" dei rizomi semantici odierni.

4. Post Scriptum

Consultando il sito dell'UDC Consortium trovo l'annuncio di un seminario internazionale <http://seminar.udcc.org/2013/index.php> dal titolo: Classification & Visualization: interfaces to knowledge, annunciato a The Hague, 24-25 October 2013, a conferma del riconoscimento da parte della CDU dei nuovi scenari accennati sopra. Colgo l'occasione per ringraziare Claudio Gnoli, esperto di Classificazione decimale universale in Italia, con cui mi sono confrontato via mail sulla tesi che sostengo provocatoriamente in questo articolo, in particolare sull'ipotesi che la CDU, come le altre grandi classificazioni sistematiche, possano essere 'superate'; egli ha osservato che i programmi di questi convegni "volutamente non sono dedicati solo alla CDU, ma non perché questa sia superata, bensì per incoraggiare un confronto e un'integrazione con le altre tecniche contemporanee dell'organizzazione della conoscenza", e come ben risulta dallo sviluppo e manutenzione attuale dello schema, di cui si può seguire lo stato dell'arte dagli indici della rivista "Extensions and corrections to the UDC" <http://www.udcc.org/ec.htm>.

Rossano De Laurentiis, Biblioteca di scienze tecnologiche - Università degli Studi di Firenze, e-mail: rossano.delaurentiis@unifi.it


Note

[1] Per un primo orientamento sulla storia di questa gloriosa industria fiorentina si veda la scheda nel sito dell'Istituto e Museo di storia della scienza <http://brunelleschi.imss.fi.it/ist/luogo/officinegalileo.html>, a cura di Paolo Brenni.

[2] Melvil Dewey, Decimal clasification and relativ index for libraries and personal use, in arranjing for immediate reference books, pamflets, clippings, pictures, manuscript notes and other material, 12. ed. Revised and enlarjd under direction of Dorcas Fellows, editor; semicentennial ed., vol. I: Tables, Forest Pres, Lake Placid Club (Essex co. N Y), 1927. Si segnala la grafia dell'inglese, in vigore in quel periodo, ricavabile anche da questa citazione.

[3] Si ricordano Manuel du Repertoire bibliograpique universel (1. ed., 1904-1907); poi Classification decimale universelle, 1927-1933; e la 3. ed. in tedesco dalla lunga gestazione, 1933-1952.

[4] Le pubblicazioni percorrono un secolo circa, dalla metà del XIX sec. alla metà del sec. successivo. Sono all'incirca per il 34% in lingua francese, seguono l'italiano (29%), il tedesco (20%), l'inglese (17%) e qualcosa in spagnolo. Cito dalla presentazione della collega Anna Bicchielli: la donazione "fu, probabilmente, l'esito di uno scarto: ci si disfaceva di quei settori che nella futura produzione non avrebbero più destato interesse (circa un quarto del materiale totale della Biblioteca delle OG) […] che era centro di documentazione tecnico-scientifica, a livello di studi superiori ma allo stesso tempo centro di formazione dei propri tecnici che realizzavano strumenti ad alto livello tecnologico".

[5] No. 142 (27 August 1938), p. 389. Un centro di ricerca scientifico dal sapore ancora ottocentesco, come fa pensare il termine quasi desueto di elettrologia: "Parte della fisica che studia i fenomeni e le leggi dell'elettricità, del magnetismo e dell'elettromagnetismo", voce dotta, cfr. anche électrologie (fr.) ed electrology (ingl.), usata da Cattaneo fino a Gadda (cfr. S. Battaglia, GDLI, ad vocem). Riporto una citazione gaddiana rinvenuta personalmente: "presso i mercatini di verdure di Via Ampère; proprio lui, l'elettròlogo!", Carlo Emilio Gadda, Le bizze del capitano in congedo e altri racconti, a cura di D. Isella, nuova ed. riveduta, Milano, Adelphi, 1994, p. 37. Cfr. poi Sergio Romano, Giuseppe Volpi: industria e finanza fra Giolitti e Mussolini, 2. ed., Venezia, Marsilio, 2011.

[6] Venezia, Palazzo Vendramin, 1942; Bid MIL0615402; posseduto in Indice SBN da 5 biblioteche: 2 a Bologna (Archiginnasio e Biblioteca Goidanich di Agraria), una a Milano (Politecnico – Ingegneria), una a Pavia (Universitaria) e quella della Biblioteca di Ingegneria di Firenze. Brossura celeste, in economia (32 cm); in copertina il motto "non nobis d[omi]ne", dalla Bibbia (Salmo 113, Antica Vulgata), che è anche inciso su una fascia di basamento che occupa l'intera larghezza della facciata di Ca' Vendramin Calergi sul Canal Grande a Venezia. L'originale dattiloscritto è stampato sul solo recto delle pagine, come si richiede a uno strumento destinato a verifiche e aggiornamenti del sistema di classificazione, da svolgersi sul campo delle occorrenze bibliografiche (una "manutenzione" alla luce della produzione di fabbrica).

[7] Come si vede la consapevolezza dei limiti della CDU, come di qualunque classificazione generalista e pre-coordinata, è ben presente all'estensore della Premessa, che non si firma personalmente, ma intesta all'ente. Ancora alla fine degli anni '50 la studiosa Désiré Kervégant segnalava la necessità di andare oltre il "corsetto di ferro" delle classificazioni gerarchico-enumerative (l'arbor sapientiae di ascendenza medievale), pur riconoscendo le difficoltà e i limiti della fase analitico-relazionale. La pratica indicizzatoria avrebbe poi confermato il relativismo di questo passaggio della Premessa: avrebbero preso piede i thesauri, i repertori completi dell'agricoltura (AGROVOC), della medicina (MeSH) ecc., per venire incontro alla esigenza di granularità lemmatica degli utenti specialistici.

[8] Nella successiva Avvertenza si "prega di annotare su questo foglio tutti gli errori che si riscontrassero nel fascicolo, nonché i suggerimenti che si ritenessero opportuni. Al momento di procedere ad una seconda edizione verrà richiesta la restituzione del foglio che sarà utilissimo per rendere il repertorio sempre meglio aderente alla necessità della classificazione secondo il sistema decimale"; segue un es. di correzione sia per singole parole che per l'equivalente verbale di una notazione numerica.

[9] Copia n. 99. Non si ha traccia di una successiva edizione ufficiale, almeno in Indice SBN. Per gli anni '40 si ricordano dello stesso genere: Classificazione decimale universale, Milano 1945 (allegato al vol. I veicoli del sapere del dott. Alberto Bertuzzi); e Jane Bedford, Che cos'è lo schedario bibliografico universale: la classificazione decimale universale, Crema, M. De Capua, 1946.

[10] Previdente appare la decisione di affidarsi ad esperti di ogni singolo settore, in modo da calibrare una classificazione che risulti dalla pratica sul campo, e non a tavolino da ignari classificatori di professione. Non diversamente dalla compilazione di un dizionario o vocabolario, dove si ricorre al parere di addetti ai lavori di ogni settore.

[11] Cito dall'Introduction, p. 2-3, a Classification décimale universelle: tables pour le classement des bibliographies, bibliothèques, archives, administrations, publications, brevets, musées et ensembles d'objets, en général toutes les espèces de documentation et les collections de toute nature. Bruxelles, Institut international de Bibliographie, 1927-1928.

[12] Per la revisione delle classi scientifico-tecniche si veda il lavoro del Classification Research Group (CRG), in particolare cfr. B. C. Vickery, La Classification Décimale Universelle et l'indexage de la documentation technique, "Bullettin de l'Unesco à l'intention des bibliothèques", 15 (1961) 2, p. 135-149.

[13] Citazioni da International organisation and dissemination of knowledge: selected essays of Paul Otlet, translated and edited with an introduction by W. Boyd Rayward, Amsterdam, Elsevier, 1990, p. 13 [traduzione di Carlo Bianchini].

[14] Il "simbolo bibliografico, questo cifrario internazionale" come lo chiamò Guido Biagi; si veda anche la precisazione sull'esatta distinzione tra Simbolo o segnatura?, scritto del 1897 di Desiderio Chilovi, Scritti scelti editi e inediti, a cura di Gianna Del Bono, Firenze, Le Lettere, 2005, p. 151-159. Oggi, su evidente suggestione dell'informatica, si parla anche in ambito di scienza dell'informazione di "granularità", cioè l'unità minima di informazione ricercata dall'utente; cfr. Maurizio Zani, Granularità: un percorso di analisi, in "Digitalia: rivista del digitale nei beni culturali", Roma, ICCU, (2006) 2, p. 60-128, si veda <http://digitalia.sbn.it/riviste/index.php/digitalia/article/view/302>.

[15] Guido Biagi, bibliotecario di primaria importanza nel panorama italiano dell'epoca, fece una relazione sulla Conferenza internazionale di bibliografia e documentazione – tenutasi a Bruxelles nel 1908, la quale in pratica sdoganava la semantica decimale nel continente europeo –, poi uscita sulla rivista professionale fondata e diretta da lui stesso: "Rivista delle biblioteche e degli archivi" (d'ora in avanti RdBA), 19 (1908) 7-8, p. 105-116. L'Institut International de Bibliographie nel 1931 si trasforma in Institut de documentation, e nel 1938 in Fédération internationale de documentation (FID).

[16] Ivi, p. 111: "Gli uffici appena costituiti, hanno costituito una biblioteca, poi hanno fondato dei repertori di filze o cartelle, dove per ogni soggetto determinato si raccoglievano materiali, stampati o manoscritti, d'ogni genere, ritagli di giornali, opuscoli, circolari; e coteste cartelle hanno in seguito classificato con un sistema che apparve ai pratici il più semplice ed opportuno, la classificazione decimale; onde conoscendo un semplice numero, senza ricorrere a schede, o a cataloghi, si mette la mano sulla filza ove sono le informazioni desiderate".

[17] Nella collezione il libro di Pietro Conter, Le arti grafiche fotomeccaniche. Milano, Hoepli, 1909, 4. ed., è segnato 608 (cartellino sul dorso), Invenzioni; poi il numero CDU al suo interno si può suddividere in: - .3 Brevetti, - .4 Modelli, - .6 Marchi di fabbrica. Nell'ex-libris troviamo un ripensamento dell'indicizzatore con 518.4 Procedimenti grafici (CDU abbreviata Volpi), mentre il Repertorio alfabetico riporta "grafici" come equivalente verbale, poi trascritto a mano nell'ex-libris. Ma meglio sarebbe 518.41 […] opérations graphiques sur les volumes (CDU 1927-28).

[18] Cfr. Piero Arnaldi, La stampa aziendale. Milano, FrancoAngeli, 1957 (Collana di relazioni pubbliche, 5), e di recente Bruno Pischedda, Imprenditori passati in rivista, "Il sole 24 ore. Domenica", 4 settembre 2011.

[19] Si veda la versione digitalizzata <http://www.flog.it/lavoce.htm>, dove si parla di una ricostituita redazione nel 2005, che ha volutamente mantenuto la testata originaria degli anni del dopoguerra, e con una tiratura tra le 1000 – 1500 copie.

[20] Per questa e altre notizie si rimanda agli scritti introduttivi del Catalogo [del] Fondo Officine Galileo, a firma Anna Bicchielli e Rossano De Laurentiis; si veda la notizia dell'evento a <http://www.sba.unifi.it/Article270.html>. Nel catalogo si veda anche la bibliografia orientativa, mentre sull'argomento si segnala il recente incontro L'impresa dell'Archivio: organizzazione, gestione e conservazione dell'archivio d'impresa, partecipanti: Riccardo Costagliola, Caterina Del Vivo, Luciano Segreto, Diana Toccafondi, Federico Valacchi, Monica Valentini, riuniti alla Sala Ferri del Gabinetto Vieusseux di Firenze il 10 dicembre 2012.

[21] Per es. i due volumi della CDU sono cartellinati una prima volta: G[eneralità] II-10 (1) e (2), poi con la CDU [0]76: "Documents for practical instruction, training"; stesso numero per l'ed. Dewey e la CDU ridotta del Centro Volpi.

[22] Il titolo dato all'iniziativa è stato Le Officine Galileo tornano a Rifredi nell'ambito della manifestazione della Regione Toscana "Ottobre piovono libri" 2011. Per questo genere di allestimenti si veda la sempre utile guida di Anna Rosa Venturi, Mostra bibliografica. Roma, AIB, 2006; e anche Segreti in vetrina: utilità e danno per la storia delle mostre di libri, documenti e cimeli, atti a cura di Claudio Leonardi. Firenze, [s.n.], 1996.

[23] Tommaso Fanfani, Gli archivi d'impresa: lo stato dell'arte, in Dall'archivio alla comunicazione d'impresa. Pontedera, Fondazione Piaggio, 2008 (Quaderni, n.s. I, 2007), p. 97-143: 100.

[24] Per la Biblioteca della Facoltà si veda Tommaso Giordano, La biblioteca della facoltà di Ingegneria di Firenze: problemi e prospettive, estratto dal "Bollettino degli Ingegneri", n. 6, Firenze 1976; Giuseppe Francini, Le tradizioni dell'ingegneria, in Storia dell'ateneo fiorentino: contributi di studio, Firenze, F. & F. Parretti grafiche, [1986], 2 v., dove alle p. 951-957 del vol. II si descrive la nascita della Facoltà con il primo consiglio tenutosi il 3 novembre 1972.

[25] Per alcune notizie si veda a <http://www.flog-online.com/it/page/28/cessione-fondo-biblioteca-flog.htm>; il fondo fu donato in comodato alla Biblioteca circolante di Sesto Fiorentino nel 1990, comune di tradizionale vocazione operaia, poi nel 2010 è stato restituito alla FLOG per mancanza di spazi. "In questi anni tanti studenti universitari hanno realizzato tesi di laurea sulla Galileo, oppure sul mondo operaio del dopoguerra, studiando e spulciando la nostra raccolta, per una ricerca anche l'analisi di un catalogo come il nostro dà tante informazioni sul tipo di interessi, letture, cultura, ecc. di un campione significativo del  mondo del lavoro come è stata la nostra Galileo"; nel sito è allegato in pdf l'elenco dei libri, che è stato deciso di vendere ai soci ad un prezzo simbolico. Per un tesi di laurea svolta in contemporanea alla mostra bibliografica cfr. Michela Candilora, Le aree industriali dismesse: memoria storica e potenzialità di riqualificazione: il caso delle ex-Officine Galileo a Rifredi, reperibile su "Progettando Ing", ed. Nerbini (in corso di pubblicazione), <http://www.nerbini.it/Nostri%20libri/Ingegneria%20e%20architettura/rivistaING.htm>.

[26] P. Otlet – H. La Fontaine, Création d'un Répertoire bibliographique universel: note préliminaire, in Conférence bibliographique internationale, Bruxelles, Institut international de bibliographie, 1895 (Imprimerie veuve Ferdinand Larcier, 1896). Un altro risultato importante del bibliografo belga Otlet fu il Traité de documentation, Bruxelles, Éd. Mundaneum, 1934, dove si pongono le basi della moderna documentazione.

[27] Milano, ATLI (Tip. F. Pagnoni), 1897. Vi parteciparono esponenti del mondo dell'editoria (Pietro Vallardi, Piero Barbèra), delle biblioteche (Filippo Salveraglio, Giuseppe Fumagalli) e Paul Otlet ospite, oltre al lessicografo Policarpo Petrocchi e Adolfo Targioni Tozzetti, docente di anatomia comparata.

[28] Sull'accoglienza della Dewey in Italia, si veda Elisa Grignani, "… nella sua forma presente non è accettabile": la classificazione decimale Dewey nel dibattito italiano di fine Ottocento, "La Bibliofilia", 92 (1990) 3, p. 283-310; e Federica Paradisi, Classificazione Dewey fra tradizione e innovazione, "Bibliotime", 6 (2003) 1. Mentre a gennaio 2013 per la prima volta è stato nominato un Editor-in-chief non americano, il tedesco Michael Panzer, <http://www.oclc.org/news/releases/2013/20134.htm?utm_source=WhatCountsEmail&utm_medium=OCLC%20Abstracts%20Test%20Group%201&utm_campaign=OCLC%20Abstracts>.

[29] G. Fumagalli, La Conferenza internazionale bibliografica di Bruxelles e il repertorio bibliografico, RdBA, 7 (1896), p. 129, datato Napoli – dove Fumagalli era bibliotecario della Universitaria –, 1° ottobre 1895; e più avanti insiste sul lavoro di "specialisti, i quali conoscono tanto meglio il loro campo di indagine quanto più esso è ristretto", che all'interno di quello sanno operare scelte criteriate di inclusione ed esclusione e che, "con intuito dei bisogni degli studiosi" sono in grado di organizzare e presentare i materiali con il supporto di un "apparato critico e bibliografico", p. 130. La posizione di Fumagalli si ritrova nell'autorevole giudizio di Charles-Victor Langlois: "Le champ des Répertoires universels de bibliographies étant désormais trop vaste, l'avenir est aux Répertoires de bibliographies spéciaux" (Manuel de bibliographie historique, 1. Instruments bibliographiques. Paris, Librairie Hachette, 1896, p. 71).

[30] Si veda di Giovanni Solimine, Controllo bibliografico universale, Roma, AIB, 1995.

[31] G. Biagi, La conferenza internazionale di bibliografia e documentazione, cit., p. 113, descrive il repertorio di Bruxelles con "più di 8 milioni di schede, divise in tante cassette" e "classificato secondo il sistema decimale perfezionato dall'Istituto, permette di trovar subito ciò che si cerca. […] Tutti gli altri sistemi che mescolano lettere e cifre non hanno la praticità di questo che è meritevole della maggiore divulgazione e che da noi è stato pregiato e approvato più dai produttori del libro [c.vo mio], i quali ne hanno compreso il valore di simbolo, che dai tecnici ai quali sulle prime non parve applicabile alle nostre raccolte"; adatto "per tutti quei lavori di catalogazione che si debbon fare ex novo o sul materiale nuovo di cui si arricchiscono le nostre collezioni". Dopo venti anni le fiches erano salite a 13 milioni e mezzo.

[32] "Notizie", RdBA, 22 (1911) 7-9, p. 144.

[33] L'utenza finale oltre che garantire aderenza a uno stato dell'arte di una materia, corrente e aggiornato, può a volte essere anche di ostacolo a stravolgimenti verso un sistema di classificazione storico che abbia acquisito ormai i suoi fedeli. Cfr. Michele Santoro, Ripensare la CDU: per una riflessione sulla storia, il ruolo e le prospettive della Classificazione decimale universale, "Biblioteche oggi", 13 (1995) 8, p. 48-57 (anche online https://www.aib.it/aib/contr/santoro1.htm), p. 52: "Ma ancora una volta le esigenze di rinnovamento dovevano fare i conti con le obiezioni di non pochi fra i suoi utenti", per cui uno studioso dell'area tecnico-scientifica era disposto a tenersi un impianto classificatorio ormai familiare, seppure con difetti e limiti, piuttosto che il salto nel buio di una revisione radicale che avrebbe stravolto ormai anche la forma mentis del fare ricerca con la CDU.

[34] Michele Santoro, Ripensare la CDU cit., p. 56: "la FID si spinse fino a ipotizzare l'esistenza di due forme del tutto separate di CDU, una per le biblioteche tradizionali e le grandi raccolte librarie, che potevano continuare ad impiegare le strutture canoniche dello schema, e un'altra per i più moderni e dinamici centri di documentazione, i quali avrebbero avuto minori difficoltà – e maggiori vantaggi – nell'accogliere le proposte di miglioramento del sistema".

[35] Si veda ancora La Conferenza internazionale di bibliografia e documentazione, cit., dove a proposito di "Documentazione" si legge a p. 107: "D'allora in poi l'opera e l'azione dell'Istituto [internazionale di bibliografia] si volsero a questo più vasto intento e più comprensivo, del quale la Bibliografia non era ormai che una parte".

[36] Basato sulla presenza di tavole di equivalenza fra il linguaggio di indicizzazione proprio di una certa biblioteca o centro documentario, ed un linguaggio intermedio, lo switching language appunto, che riportasse le occorrenze semantiche nell'impalcatura della CDU. Perciò qualunque tipo di classificazione, decimale e universale, risulta essere complementare al recupero per parole-chiave offerto dagli strumenti elettronici e digitali.

[37] Aslib Research Department, Classification in science information: a comparative study undertaken for the International Council for Scientific Unions, London, Aslib, 1969.

[38] Si ricorda la definizione di Thesauro, secondo la ISO 2788-1986: "vocabolario di un linguaggio di indicizzazione controllato in maniera formalizzata in modo che le relazioni a priori tra i concetti sono rese esplicite". Cfr. H. Wellisch, A concordance between UDC and TEST (Thesaurus of Engineering and Scientific Terms): results of a pilot project, in Proceedings of the international symposium: "UDC in relation to other indexing languages", Herceg Novi, June 28-July 1, 1971. Beograd, Yugoslav Center for Technical and Scientific Documentation, 1975, p. 1-33.

[39] Cfr. <www.udcc.org>, il Consortium viene istituito nel 1992 per l'inadeguatezza della FID a esercitare un efficace ruolo di controllo su un insieme sempre più vasto di iniziative: si pensò allora ad una nuova struttura di gestione nella forma di un consorzio, anche con l'ingresso di partner quali gli editori commerciali.

[40] Alfredo Serrai, Le classificazioni: idee e materiali per una teoria e per una storia, Firenze, Olschki, 1977, p. 285.

[41] Cfr. <http://www.library.ethz.ch/en/Home2>, su cui si veda Jiři Pika, Tecniche di ricerca di documenti basate sulla Classificazione decimale universale (CDU) in un opac multilingue svizzero, intervento al 3. incontro ISKO Italia-UniMIB, Milano, 22 giugno 2007 <http://www.iskoi.org/doc/nebis.pdf>.

[42] Michele Santoro, Ripensare la CDU, cit., p. 48: "L'inserimento di principi di sintesi su uno schema enumerativo, se da un lato ha prodotto una struttura ineguale e a volte contraddittoria, dall'altro ne ha decretato il successo, specie in quelle biblioteche specializzate e centri di documentazione dov'era necessario un trattamento dell'informazione approfondito e dettagliato" (corsivo mio), e oltre "ruolo di punta fra le classificazioni documentarie" detto della CDU.

[43] Mi è capitato di imbattermi in una significativa eccezione visitando privatamente la Biblioteca della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna (PFTS) a Cagliari, dove buona parte dei fondi conservati sono indicizzati e collocati secondo la CDU, come classificazione originaria per una biblioteca istituita nel 1927, "specializzata nelle seguenti discipline: Teologia, Scienze bibliche, Diritto canonico, Filosofia, Patristica, Archeologia cristiana, Storia del cristianesimo e della Chiesa, Liturgia, Spiritualità, Bioetica" (cfr. <http://www.theologi-ca.it/home.php?id=3&inc=contenuti>). Inoltre in paesi come Spagna o Croazia la CDU è più usata della CDD.

[44] Cfr. Nicola Benvenuti, L'importanza dei metadati nella costruzione della rete globale: riflessioni ai margini della Conferenza mondiale del DCMI, Firenze, 13-17 ottobre 2002, "Bollettino AIB", 43 (2003) 3, p. 331-350 < http://bollettino.aib.it/article/view/5032/4801>.

[45] Cfr. Benedetta Alosi, Gli atenei italiani per l'Open Access: verso l'accesso aperto alla letteratura di ricerca: "Creare degli standard all'interno degli archivi aperti, improntare un vocabolario controllato e un sistema di classificazione comune, garantire la qualità dei metadati e la persistenza dei dati sino alla preservazione stessa degli archivi nel tempo, approfondire infine i diritti di proprietà intellettuale, sono alcune delle azioni più urgenti da demandare alla comunità, nell'ottica di un lavoro condiviso che sfrutti le potenzialità interne ma che esalti al massimo le potenzialità dell'Open Access", vedi "Bibliotime", 7 (2004) 3.

[46] Le citazioni sono tratte dalla Guida alla creazione di un record [in] BOA – Bicocca Open Archive, Università di Milano Bicocca, vedi <http://www.biblio.unimib.it/downloads/boa/guida_creazione_record.pdf>. L'esempio vale come standard per tutte le repositories istituzionali: cfr. http://sol.unifi.it/flore/help/help.html (Firenze) o http://osc.hul.harvard.edu/policies (Harvard).

[47] Cfr. Maria Teresa Biagetti, Nuove funzionalità degli OPAC e relevance ranking, "Bollettino AIB", 50 (2010), 4, p. 339-356, <http://bollettino.aib.it/article/view/5340>.

[48] Riporto la definizione dal Nuovo Soggettario della BNCF: "Implementazione del World Wide Web come fonte d'informazione e di conoscenza, attribuendo ad agenti software la capacità di analizzare il significato dei documenti in esso presenti e dunque di selezionarli o confrontarli in modo semanticamente rilevante o di inferirne conseguenze che non siano già esplicitate", tratta a sua volta da Biblioteconomia: guida classificata, diretta da M. Guerrini, condirettore G. Crupi, a c. di S. Gambari, collab. di V. Fugaldi. Milano, Bibliografica, 2007, ad vocem.

[49] Si veda l'ultimo numero di "Jlis.it" dedicato per intero ai linked data <http://leo.cilea.it/index.php/jlis/>, dal momento che raccoglie in gran parte i contributi di un convegno sul tema tenutosi a Firenze nel giugno 2012, <http://www.linkedheritage.org/linkeddataseminar/>.

[50] Cfr. <http://en.wikipedia.org/wiki/Colon_classification>.

[51] Cfr. <http://www.blissclassification.org.uk/>.

[52] Si veda per questo concetto Umberto Eco, alla voce Significato dell'Enciclopedia Einaudi, vol. 12. Torino 1981, p. 851-852, e p. 854 dove è riportato un disegno dell'Albero di Porfirio, modello di classificazione gerarchica basato sul binomio genere/specie, che ebbe molta fortuna nel Medioevo.

[53] Passaggio tratto dal paragrafo "Structure" della CDU come riportato nel sito UDC Consortium <http://www.udcc.org/about.htm>. Come a dire che il valore aggiunto della CDU, come di altre classificazioni generaliste, è la serendipity: trovare qualcosa di utile che non si cercava e di cui si era ignari; lo stesso avviene all'utente che si aggira tra i palchetti e le scansie (anche solo del suo settore) di una biblioteca a scaffale aperto, collocata secondo un sistema di classificazione semantico.

[54] Per il "grafo" si veda la novità di "Graph Search" di Facebook, presentato dalla stampa come un rivale di Google, che a sua volta ha lanciato "Knowledge Graph", finora implementato solo nella versione americana. Per il "rizoma" cfr. U. Eco, Semiotica e filosofia del linguaggio, Torino, Einaudi, 1984; per una prima infarinatura rimando alle due voci sull'enciclopedia libera Wikipedia.

[55] Cito dalla recensione di Massimo Donaddio al libro di Weinberger, "Il sole 24 ore. Domenica", 30 dicembre 2012; per la casa editrice vedi <http://www.codiceedizioni.it>.

[56] Vedi <http://h2020it.ideascale.com/a/dtd/Open-Access-valutazione-ricerca-educazione-proposte-AIB/272594-20658>.

Siti visitati il 06/02/2013.




«Bibliotime», anno XVI, numero 1 (marzo 2013)

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