«Bibliotime», anno XVI, numero 1 (marzo 2013)

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Laura Testoni

Digital curation e content curation: due risposte alla complessità dell'infosfera digitale che ci circonda, due sfide per i bibliotecari



Abstract

The aim of this paper is to explore the 'curation' concept and his impact on the LIS professions and skills. The article analyze the difference between the 'digital curation' and the 'content curation' concepts. In the LIS field the 'digital curation' concept regards some specific professional practices and tecniques designed to manage the full lifecycle of the digital objects (research data, documents), in order to add value to them. The 'content curation' term is used in a broader contexts, and it is linked to the importance of a better online experience and a more organized and accurate management of the online contents. In the final section of the article: 'Who cure the curators?', we describe the tools and the curricula for both the 'digital curation' and the 'content curation'

1. "Just stop it" (la curation è una cosa seria)

"Stop it. Just stop. Do you have a business card? Read it. Does it say "Curator" under your name? No? You are not a curator" [1].

Così inizia una vibante lettera aperta scritta da Lauren Northup, curatore della Sloane collection, una collezione privata di oggetti d'arte con sede a Norfolk, in Virginia [2]. Questa lettera stigmatizza il dilagare del termine curation/curator sul web, ed in sostanza la tendenza ad attribuire il termine "curation" a qualunque attività amatoriale di approvazione e elencazione di immagini attraenti [3].

Naturalmente non ci sentiamo di condividere il tono risentito della lettera aperta e l'orientamento dell'autore, attento più a erigere steccati che a condividere pratiche; riteniamo infatti che le professioni della conoscenza necessitino di dialogo, confronto e integrazione.

2. Oltre il "buzzword": il termine curation nel web e nella letteratura

Ci pare tuttavia che la lettera aperta di Lauren Northup ponga in evidenza un fenomeno vero: cioè lo slittamento semantico del termine curation, che, attribuito inizialmente alle attività di allestimento di collezioni in ambito museale, ed a specifici contesti in ambito archeologico [4], viene oggi utilizzato ampiamente in diversi contesti, quasi fino a diventare un buzzword, cioè una parola di moda [5].

Non abbiamo metriche certe e affidabili per misurare nel tempo la frequenza di un termine sul web. Google Trend indicherebbe una crescita del termine di ricerca curation a livello mondiale [6], soprattutto a partire dal 2010/2011. La chiave di ricerca "curation" risuterebbe correlata nei termini: "curation content", "digital curation", "data curation".

Fig.1 frequenza delle ricerche del termine "curation" su Google

I numeri sul grafico indicano il numero di ricerche web eseguite con un termine specifico rispetto al numero totale di ricerche effettuate su Google nel tempo. Non rappresentano valori assoluti di volume di ricerca, perché i dati sono normalizzati e presentati su una scala da 0 a 100. Ogni punto sul grafico viene diviso per il punto più alto, ossia 100.

Non abbiamo nessuna forma di ostilità verso i buzzwords: quando un termine travalica i suoi confini semantici originari, e dilaga in altri contesti, significa, ad avviso di chi scrive, che questo termine è efficace, e aiuta a rappresentare qualcosa che prima non esisteva, oppure conferisce consapevolezza e attenzione alle pratiche a cui allude.

Anche nella letteratura scientifica di ambito umanistico/Scienze sociali il termine curation è oggetto di un numero crescente di contributi. Abbiamo interrogato i Database Scopus/Elsevier e ISI Web of science [7] ottenendo i risultati seguenti

Fig. 2 frequenza del termine "curation" nei database Scopus/Elsevier e ISI Web of science

3. Digital curation e Content curation: discipline LIS e esperienza online

Obiettivo di questo contributo è esplorare come il termine curation può essere declinato, e in che modo impatta nelle professioni dell'informazione e della conoscenza. Per questa ragione differenziamo i concetti di digital curation e content curation, illustandone i significati, la portata e aggiungendo alcune riflessioni critiche. Nella parte finale dell'articolo: "Chi cura i curatori?", proviamo ad indicare quali sono gli stumenti ed i percorsi formativi per la digital curation e la content curation.

4. Che cos'è la digital curation? [8]

Nel mese di Agosto 2011 l'ALA (American libray association) ha aperto la mailing list Digital Curation Interest Group [9], che oggi conta più di 500 iscritti. I primi messaggi della lista avevano come tema la definizione dell'ambito di discussione, cioè la messa a fuoco del concetto stesso di digital curation.

Non è possibile né necessario riassumere qui il dibattito; ci limitiamo a indicare che, inevitabilmente, in alcuni interventi emerge il disagio per l'utilizzo generico e alla moda del termine, associato a qualunque mash-up di contenuti di ogni tipo; altri sottolineano che il digital curator è precipuamente uno specialista di conservazione, con alcune secondarie funzioni relative all'aggiunta di valore ("Curation = Preservation + Added Value"), ma che resta oggetto di interpretazione in che cosa questo valore aggiunto consista; altri infine evidenziano che il curatore è un "produttore di significato" o almeno una persona che facilita la produzione di significato degli oggetti digitali su cui opera.

Quasi tutti fanno riferimento, tuttavia, alla definizione proposta dal Digital curation centre (DCC) [10]: "Digital curation involves maintaining, preserving and adding value to digital research data throughout its lifecycle". Va osservato come questa definizione assegna la digital curation ad una prospettiva dinamica, che fa riferimento non tanto e non solo ai singoli step che riguardano la gestione degli oggetti digitali, quanto piuttosto all'intero ciclo di vita di essi.

5. Digital curation e ciclo di vita degli oggetti digitali

Il ciclo di vita della digital curation, secondo il DCC [11], può essere riassunto in queste fasi (che sintetizziamo):

Il DCC associa a ciascuna di queste fasi una appropriata lista di attività da eseguire (checklist). L'emergere della digital curation come ambito specifico di lavoro suggerisce alcune considerazioni che proviamo a declinare di seguito.

5.1 Oltre la preservation

Il concetto di digital curation non si limita alla digital preservation (che corrisponde a progetti e pratiche molto consolidati) [12], ma prende atto dell'ubiquità dei contenuti digitali (e specificamente nativi digitali, cioè senza corrispondente supporto analogico), e della necessità di pratiche che permettano non solo di conservarli ma di gestirli e valorizzarli. L'idea di un processo codificato che aggiunge valore ai dati è centrale nel concetto di digital curation.

Digital curation e digital preservation non sono sinonimi: la dialettica tra i due termini può essere così delineata [13]: la digital curation è tutto ciò che riguarda il mantenimento (mantaining) e il conferimento di valore aggiunto ad un corpo di informazione digitale per l'uso corrente e futuro. Essa si basa sul soggiacente concetto di preservazione digitale, a cui aggiunge valore e conoscenza. La preservazione è quindi una delle attività di curation.

5.2 Essere generalisti e specialisti

La digital curation, attraverso le sue differenti fasi, costringe i bibliotecari ad essere allo stesso tempo generalisti e specialisti [14]. Generalisti per essere consapevoli di tutto il ciclo di vita degli oggetti digitali, e dei problemi che sono collegati a ciascuna fase ma, per quanto possibile, anche specialisti, perché ogni step richiede competenze molto specifiche, e percorsi formativi e curriculari diversificati (su cui torneremo).

5.3 Essere équipe

Nessuna persona da sola può possedere e padroneggiare tutte le competenze necessarie per presidiare in modo adeguato il ciclo di lavoro della digital curation. Ciò comporta che la digital curation è un processo che può essere agito solo a livello di équipe, di gruppo organizzato che contiene al suo interno competenze differenti e complementari. Oppure, come giustamente è stato sottolineato [15], la digital curation richiede una comunità di pratica.

5.4 Seguire linee guida

Molte fasi del ciclo di vita degli oggetti digitali alludono a documented guidance, policies and legal requirements, ed in effetti presidiare un processo così articolato richiede procedure, regole codificate, linee guida [16] e standards [17].

6. Che cos'è la content curation?

Mentre, come abbiamo visto, il tema della digital curation si sviluppa prevalentemente all'interno della comunità professionale dei digital librarians, e si riferisce in senso stretto al "ciclo di vita" degli oggetti digitali, la content curation allude in modo più ampio alla necessità di organizzare i contenuti su web, in un contesto di proliferazione esponenziale dell'informazione.

Sembrerebbe [18] che il termine content curation sia stato utilizzato per la prima volta nel 2009 dal professor Rohit Bhargava. Nel suo "Manifesto for the Content Curator: The Next Big Social Media Job of the Future?" [19] viene sottolineato come, in un contesto in cui i contenuti su web potrebbero raddoppiare ogni 72 ore, è necessario che ci siano persone che danno un senso a questo diluvio informativo.

Il content curator è quindi colui che, all'interno di una impresa o di una organizzazione, si occupa di "trovare, raggruppare, organizzare o condividere i migliori e più rilevanti contenuti su un tema specifico". I content curators, secondo il Manifesto di Bhargava sopra citato, sono quindi una nuova categoria di professionisti del web, in grado di soddisfare la necessità di contenuti di qualità: essi non creano nuovi contenuti, quanto piuttosto danno senso a quelli esistenti, scegliendo i migliori e i più rilevanti per farli emergere, pubblicando compilazioni di elevato valore aggiunto.

In un altro intervento più recente, pubblicato nel 2011 [20], Rohit Bhargava elenca cinque modelli che costituiscono l'attività di content curation:

Tracciamo di seguito alcune considerazioni.

6.1 L'inquietante familiarietà della content curation

Il concetto di content curation è davvero familiare per un bibliotecario, e ha evidenti somiglianze con molte attività abituali per la professione, soprattutto per chi presidia i servizi informativi ed il reference (disseminazione selettiva dell'informazione, abstracting, indexing ecc.). Tuttavia non nasce né si sviluppa in ambito bibliotecario, forse perché, a parere di chi scrive, i bibliotecari non sono particolarmente abili a valorizzare quello che già fanno.

Content curation è un concetto che nasce e prende piede nell'ampia platea dei knowledge workers della rete, tra i bloggers, nelle redazioni dei giornali online [21], nella progettazione di servizi di e-commerce. Non casualmente, poi, rimbalza verso i bibliotecari, che registrano come questa "nuova professione" sia nelle loro corde, e permetta loro di uscire dalle biblioteche per esercitare altrove le loro competenze professionali [22].

6.2 Wisdom of crowds" o content curation?

The wisdom of crowds, la saggezza delle folle, è il titolo di un libro di grande successo di James Surowiecki, pubblicato nel 2004 [23]. Una delle tesi principali del libro è che un gruppo molto ampio di persone è più intelligente di una élite nella risoluzione di problemi, nel promuovere l'innovazione, nel prendere decisioni sagge.

Nel 2007 Tim O'Really, in uno dei manifesti [24] dell'allora emergente "Web 2.0", riprese il tema della saggezza delle folle, associandolo ai blog, allora uno dei più popolari strumenti "2.0": nel mondo dei blog, sosteneva O'Reilly, l'intelligenza collettiva, attraverso il reticolo delle citazioni reciproche e dei trackback, agisce come una specie di filtro: la saggezza delle folle entra in gioco e seleziona i contenuti di valore. In sostanza i contenuti migliori emergono spontaneamente, attraverso l'approvazione che viene loro tributata dall'intelligenza collettiva dei netsurfers.

Registriamo che la content curation, attività in cui singoli individui realmente competenti selezionano e organizzano i contenuti migliori presenti in rete su un tema specifico, sembra un superamento netto della wisdom of crowds [25]: i contenuti migliori non emergono "da soli" grazie alla saggezza delle folle, ma i professionisti, cioè i curators, possono farli emergere e valorizzarli, producendo una più ricca esperienza online.

Sarebbe tuttavia banale considerare la content curation come il superamento in termini "realistici" di una precedente concezione ingenua e entusiastica. La content curation si afferma perché l'ecosistema dell'informazione su Internet cambia tutti i giorni diventando enormemente complesso, e perché, come sostiene Clay Shirky [26], l'attività di ricerca sul web ha smesso di funzionare.

Emerge la richiesta di una esperienza online più ricca di significato, meno disorientante. Come è stato scritto [27], la content curation in qualche misura si oppone alla disintermediazione, presentandosi piuttosto come una re-intermediazione, in un contesto di abbondanza informativa e di scarsità di attenzione e senso.

6.3 Information as commodity e content curation (materia prima e prodotto finito?)

Gli UGCs (user generated contents), contenuti generati dagli utenti, sono prodotti gratuitamente per definizione, e costituiscono la maggior parte dei siti web visitati in Internet [28]: gli UGC sono il cuore e il primo motore della crescita illimitata dei contenuti online. Molti UGC che troviamo in rete sono buoni, perché chi li produce agisce, com'è noto, per accrescere beni intangibili: reputazione, autorevolezza, consenso (self-marketing), oppure/e anche si colloca in un'ottica comunitaria di dono e reciproca gratuità [29] (si pensi a esperienze complesse e longeve come Wikipedia).

Tuttavia sempre più troviamo in rete anche elevatissime quantità di contenuti di livello molto scadente: duplicazioni virali (copia/incolla) e del tutto inaccurate di altre informazioni senza fonte, meme [30], oppure veri e propri fattoidi [31], cioè realtà dubbie, non verificate, ma formate e affermate come un fatto.

Riteniamo che in questo senso l'illimitato flusso informativo online che ci circonda, e in cui siamo immersi, è un materiale sempre più indistinto e magmatico, una "materia prima" (commodity) e grezza, che può richiedere, per consentire una esperienza online utile e positiva, precisamente un lavoro continuo e permanente di curation.

7. Chi cura i curatori? (iniziative, risorse strumenti)

7.1 Digital curation

Il tema della digital curation è attraversato da una particolare attenzione agli aspetti formativi e curriculari. In ambito LIS emergono specifici percorsi formativi, didatticamente diversificati, che riconoscono la pluralità di competenze necessarie per presidiare le varie fasi della Digital curation: un call for papers IFLA2011 è precisamente focalizzato sul tema education for digital curation [32].

Uno spazio particolarmente interessante per la "comunità di pratica" dei digital curators è Digital curation exchange [33], una piattaforma che mette a regime e a valore differenti risorse e strumenti, e che fa parte di un progetto più ampio dell'University of North Carolina: DigCCurr, il cui obiettivo è organizzare dei curricula definiti e diversificati per la digital curation [34]. Un'altra risorsa per i digital curators è CURATEcamp, una serie di non-conferenze sul tema a cui è associato un wiki [35]. Va anche segnalato l'International Journal of Digital Curation [36], una rivista online-only ed OA, nata nel 2006 in seno al DCC.

E' stata recentemente pubblicata l'ultima edizione di una imponente bibliografia [37] sulla digital curation, redatta da Charles W. Bayley, autore del blog DigitalKoans. DigCurv [38], infine, è un progetto europeo lanciato nel 2011, e collegato al Programma Leonardo da Vinci, finalizzato a definire un percorso curriculare per la formazione sulla digital curation dei professionisti attivi in biblioteche, archivi e musei. In Italia è partner del progetto la Fondazione Rinascimento digitale. All'interno del progetto DigCurV è prevista, il 6-7 maggio 2013 a Firenze, una conferenza internazionale dal titolo "Framing the digital curation curriculum" [39].

7.2 Content curation

La content curation, proprio per le sue carattistiche di attività finalizzata al miglioramento dell'esperienza in rete, viene applicata in campi molto differenti in alcuni casi contigui (o interni) alle attività corporate: marketing [40], giornalismo, e-commerce, comunicazione d'impresa. Non prevede, come ovvio, percorsi curriculari specifici, ma piuttosto l'utilizzo di specifici tools o piattaforme [41] che facilitano la ri-organizzazione dell'informazione da parte del Curators.

Nel mese di dicembre 2012 negli Stati Uniti ha avuto luogo un "Social curation summit" [42], da cui emerge il grande interessse, in ambito corporate, alle attività connesse alla content curation. Il libro di Stephen Rosenbaum Curation nation [43], pubblicato nel 2011 codifica e sintetizza, in modo organico, molti tratti della content curation.

8. Conclusioni

Come abbiamo visto, il termine curation si afferma nella seconda metà degli anni Zero, come possibile risposta all'accresciuta complessità dei contenuti digitali presenti nell'ecosistema informativo. In ambito LIS la digital curation va contestualizzata all'interno degli scenari aperti dai big data e dall' e-science, cioè dell'attività di ricerca data-centrica, che dev'essere supportata da una infrastruttura informativa digitale in grado di gestire il ciclo di vita dei dati e dei documenti.

In questo contesto il bibliotecario è un tecnico che, all'interno di una équipe, ed in base a precise linee-guida ed a competenze specifiche, contribuisce ad aggiungere valore ai contenuti digitali, garantendone non solo la conservazione (digital preservation) ma anche l'accesso, la diffusione, il riutilizzo.

La content curation, che si applica ad un contesto più diversificato e ampio, prende atto dell'inadeguatezza dei motori di ricerca [44] per il recupero continuato nel tempo di informazioni rilevanti su un tema specifico, e in qualche misura recupera la re-intermediazione e l'expertise che possono svolgere gli specialisti, aprendo, a parere di chi scrive, un dialogo interessante e proficuo con quei bibliotecari che vogliono guardare alle loro competenze con uno sguardo più ampio, uno sguardo cioè che metta al centro la rete come patrimonio di tutti, e l'accuratezza nell'organizzare (e rendere migliore) l'informazione online come una sfida da raccogliere fuori e dentro le mura della biblioteca.

Laura Testoni, Biblioteca della Scuola di Scienze sociali - Università di Genova, e-mail: laura.test@gmail.com


Note

[1] Lauren Northup, An Open Letter to Everyone Using the Word 'Curate' Incorrectly on the Internet, 4 ottobre 2011, <http://hermitagemuseum.wordpress.com/2011/10/04/an-open-letter-to-everyone-using-the-word-curate-incorrectly-on-the-internet/> [ultimo accesso 27/01/2013].

[2] The Hermitage Museum & Gardens (da non confondere con i ben più importanti musei moscoviti) è una casa-museo aperta al pubblico che custodisce la "Sloane collection", circa 40.000 oggetti d'arte (quadri, tessuti, manufatti, documenti) <http://www.thehermitagemuseum.org/>.

[3] "[…] did not sit at my computer and passively click on images that appeal to me. I did not flip through a stack of shelter magazines and fold down the corners of pages that caught my eye. I did not write a blog post entitled "Things I want to buy!!!!!" and include a list of links […] MAKING A LIST IS NOT CURATING" (in maiuscolo nel testo n.d.r.). Lauren Northup, cit.

[4] Michael J. Shott, An Exegesis of the Curation Concept, "Journal of Anthropological Research", 52, (Autumn, 1996) 3, p. 259-280.

[5] Secondo il Dizionario Merriam Webster un buzzword è: 1) "an important-sounding usually technical word or phase often of little meaning used chierfly to impress laymen"; 2) "a voguish world of phrase called also buzz phrase". Facciamo riferimento alla definizione 2. Ci sembra utile anche la definizione di buzzword proposta dall'Oxford Dictionary: "Informal. a word or phrase, often an item of jargon, that is fashionable at a particular time or in a particular context", Oxford Dictionaries, April 2010, Oxford University Press, <http://oxforddictionaries.com/definition/english/buzzword> [ultimo accesso 27.01.2013].

[6] Com'è noto Google trend permette di ottenere l'andamento di una determinata parola come termine di ricerca. Abbiamo effettuato la ricerca per la parola "curation" in tutto il mondo (<http://www.google.com/trends/explore#q=curation>).

[7] I database sono stati interrogati il 17 gennaio 2013. Abbiamo escluso, per entrambi i database, gli archivi relativi alle scienze dure, o alle discipline biomediche. Abbiamo limitato la ricerca agli articoli che contengono la parola "curation" nel titolo. Precisamente: Scopus: Title (curation) AND Subjarea (Social Sciences & Humanities); ISI Wos: Title (curation) AND Databases (Social Sciences Citation Index, Arts & Humanities Citation Index).

[8] Segnaliamo in premessa, come lettura iniziale, la voce Digital curation predisposta su Wikipedia, a nostro avviso accurata, aggiornata e ricca di spunti utili: <http://en.wikipedia.org/wiki/Digital_curation> [ultima modifica 5/12/12, ultimo accesso 19/01/2013].

[9] Il link alla mailing list, i cui post sono pubblici, è <http://lists.ala.org/sympa/info/acr-igdc-l> [ultimo accesso 22/01/2013].

[10] DCC (Digital curation Centre), <http://www.dcc.ac.uk/about-us> [ultimo accesso 20/01/2013] è una struttura finalizzata a fornire alle organizzazioni accademiche e di ricerca del Regno Unito competenze e supporto pratico per le attività di raccolta, gestione, protezione e condivisione dei dati provenienti dalla ricerca. Viene fondato nel 2004 come parte della "strategia per l'accesso permanente e la preservazione digitale" da JISC (Joint Information Systems Committee) ed è un centro nazionale di servizio per la soluzione delle sfide sulla Digital curation che non possono essere affrontate da una sola isituzione o un solo approccio disciplinare. L'istituzione di questo centro ci pare, già solo per i suoi presupposti, una buona prassi. Sul DCC si veda anche: Sarah Higgins, Digital Curation:The Emergence of a New Discipline, "The International Journal of Digital Curation" 6 (2011) 2 p. 78-88 <http://ijdc.net/index.php/ijdc/article/view/184> [ultimo accesso 27/01/2013].

[11] Si veda: DCC Curation Lifecycle Model, <http://www.dcc.ac.uk/resources/curation-lifecycle-model> [ultimo accesso 27/01/2013].

[12] La Digital preservation secondo la definizione Unesco, è l'insieme dei processi finalizzati ad assicurare la continua accessibilità dei materiali digitali, <http://www.unesco.org/new/en/communication-and-information/access-to-knowledge/preservation-of-documentary-heritage/digital-heritage/concept-of-digital-preservation/> [ultimo accesso 20/01/2013] . La Digital preservation è tra le attività della Preservation and Conservation Section dell'IFLA <http://www.ifla.org/preservation-and-conservation> e di un gruppo di interesse ALA <http://www.ala.org/alcts/mgrps/pars/grps/ats-pardgdigit> [ultimo accesso 27/01/2013].

[13] Preservation: Continued Access to Authentic Digital Assets. Joint Information Systems Council Briefing, <http://www.jisc.ac.uk/media/documents/publications/digitalpreservationbp.pdf> [ultimo accesso 20/01/2013].

[14] Data Science: What's in it for the New Librarian?, 16 luglio 2012, "Information space", blog della School of information Studies, Syracuse University, <http://infospace.ischool.syr.edu/2012/07/16/data-science-whats-in-it-for-the-new-librarian/> [ultimo accesso 20/01/2013].

[15] Patricia Hswe - Michael J. Giarlo - Michelle Belden - Kevin Clair - Daniel Coughlin - Linda Klimczyk, Building a Community of Curatorial Practice at Penn State: A Case Study, "Journal of Digital Information", 13 (2012) 1, <http://journals.tdl.org/jodi/index.php/jodi/article/view/5874> [ultimo accesso 20/01/2013].

[16] Segnaliamo il manuale curato da DCC <http://www.dcc.ac.uk/resources/curation-reference-manual> o vere e proprie checklist <http://www.dcc.ac.uk/sites/default/files/documents/data-forum/documents/docs/DCC_Checklist_DMP_v3.pdf> [ultimo accesso 20/01/2013].

[17] Un riferimento è la pagina dedicata agli standard del DCC <http://www.dcc.ac.uk/resources/standards/diffuse/standards?framework_id=0&lifecycle_id=0&sort=type> [ultimo accesso 20/01/2013].

[18] Nancy K. Herther, Content Curation. Quality Judgment and the Future of Media and Web Search, "Searcher. The Magazine for Database Professionals", September 2012, p. 30-41.

[19] Manifesto for the Content Curator: The Next Big Social Media Job of the Future?, "Influential Marketing Blog", Sept. 30, 2009, <http://www.rohitbhargava.com/2009/09/manifesto-for-the-content-curator-the-next-big-social-media-job-of-the-future-.html> [ultimo accesso 20/01/2013].

[20] The 5 Models Of Content Curation, "Influential Marketing Blog", March. 31, 2011 <http://www.rohitbhargava.com/2011/03/the-5-models-of-content-curation.html> [ultimo accesso 27/01/2013].

[21] Un esempio di curation nei giornali online sono le Times topics del New York Times <http://topics.nytimes.com/topics/reference/timestopics/> [ultimo accesso 26/01/2013].

[22] Segnalo a questo proposito un contributo pubblicato nella sezione NMRT (New member round table) dell'ALA, la sezione dedicata ai bibliotecari neo-associati (e quindi, si suppone, più giovani): John Farrier, Content Curation: A New Profession for Librarians, "ALA NMRT News", 41 (May 2012) 3. Scrive John Farrier: "Content curators are people who quickly find and explain new information on the Internet. It's a field closely related to librarianship. For new librarians, it may even be a source of employment" <http://www.ala.org/nmrt/news/footnotes/may2012/content-curation-new-profession-librarians> [ultimo accesso 26/01/2013].

[23] James Surowiecki, The wisdom of crowds: why the many are smarter than the few and how collective wisdom shapes business, economies, societies, and nations, New York, Doubleday, 2004.

[24] Tim O'Reilly, What is Web 2.0: Design Patterns and Business Models for the Next Generation of Software, "Communications & Strategies", (First Quarter 2007), 1, p. 17 <http://ssrn.com/abstract=1008839> [ultimo accesso 26/01/2013].

[25] Segnalo una riflessione critica sulle tesi di Surowiecki: Luca de Biase "Libri Classici - Wisdom of crowds James Surowiecki" 11 novembre 2011 <http://blog.debiase.com/2011/11/libri-classici-wisdom-of-cro/> [ultimo accesso 26/01/2013].

[26] cfr. "Talk about Curation", Intervista a Clay Shirky in CurationNation.org, <http://curationchronicles.magnify.net/video/Clay-Shirky-6;search%3Ashirky#c=1RMHLF18HLLBQ6WK&t=Talk%20about%20Curation> [ultimo accesso 30/01/2013].

[27] Steven C. Rosenbaum, Curation nation: why the future of content is context : how to win in a world where consumers are creators, New York: McGraw-Hill, 2011, p. 5.

[28] Secondo Alexa.com escludendo i motori di ricerca e i negozi online (Amazon) che consideriamo siti di servizio e non di contenuto, i siti in assoluto più visitati il 27 gennaio 2013 sono Facebook, Youtube, Wikipedia, Twitter, i cui contenuti sono sempre generati dagli utenti. <http://www.alexa.com/topsites> [consultato il 27/01/2013].

[29] Reputazione, autorevolezza, reciprocità, consenso, gratuità, dono: la letteratura circa le motivazioni di chi collabora online a progetti aperti (come Wikipedia, ad esempio) è molto ampia. Citiamo solo: Yochai Benkler - Helen Nissenbaum, Common-Based Peer-Production and Virtue, "The Journal of Political Philosophy", 14 (2006) 4, p. 394–419, <DOI: 10.1111/j.1467-9760.2006.00235.x>; Stacey Kuznetsov, Motivations of Contributors to Wikipedia, "SIGCAS Computer. Society", 36 (2006) 2, <DOI: 10.1145/1215942.1215943>; Oded Nov, What motivates wikipedians?, "Communications of the ACM", 50 (2007) 11 <DOI: 10.1145/1297797.1297798>.

[30] I meme sono contenuti prevalentemente di carattere grafico che girano viralmente in rete. Cfr.: So/Cult, "Rage against the mainstraim. Mème culture" <http://fr.slideshare.net/Socultstudio/mme-culture-analyse-du-phnomne-mmes> [ultimo accesso 27/01/2013].

[31] Segnaliamo la definizione di "Fattoide" fornita da Wikipedia, che riporta anche, in sintesi, i termini del dibattito italiano sollevato da Gillo Dorfles <http://it.wikipedia.org/wiki/Fattoide> [ultimo accesso 27/01/2013].

[32] Cfr.: <http://conference.ifla.org/past/ifla77/education-for-digital-curation.htm> [ultimo accesso 27/01/2013].

[33] Cfr.: <http://digitalcurationexchange.org/> [ultima visita 27/01/2013].

[34] Christopher A. Lee - Helen R. Tibbo - John C. Schaefer - Defining What Digital Curators Do and What They Need to Know: The DigCCurr Project, "Proceedings of the 2007 Conference on Digital Libraries, 49-50", New York, ACM Press, 2007, <http://www.ils.unc.edu/callee/p49-lee.pdf> [ultimo accesso 27/01/2013].

[35] CurateCAMP, <http://curatecamp.org/about>; il wiki collegato: <http://wiki.curatecamp.org/index.php/Main_Page> [ultimo accesso 27/01/2013].

[36] <http://www.ijdc.net/index.php/ijdc/> [ultimo accesso 27/01/2013].

[37] Charles W. Bayley, The Digital Curation Bibliography: Preservation and Stewardship of Scholarly Works, CreateSpace Independent Publishing Platform, 2012. La versione online della bibliografia è rilasciata in formato pdf ed ePub in OA con licenza CC-BY-NC <http://www.digital-scholarship.org/dcbw/dcb.htm> [ultimo accesso 27/01/2013].

[38] DigCurV: Digital Curator Vocational Education Europe Project, <http://www.digcur-education.org> [ultimo accesso 27/01/2013].

[39] <http://www.digcur-education.org/eng/International-Conference> [ultimo accesso 27/01/2013].

[40] Content curation: The other side of content marketing, "Business wire" (2011, Aug 24),

<http://info.4imprint.com/wp-content/uploads/1P-15-0811-August-content-curation.pdf>.

[41] Alcuni contributi contengono liste di strumenti per la content curation: Amit Agarwal, The Best Tools for Content Curation, "Digital inspiration" 29 settembre 2011, <http://www.labnol.org/internet/best-content-curation-tools/20164/>; Joshua Kitlas, 86 Helpful Tools for the Data Professional PLUS 45 Bonus Tools, "Information space", 19 ottobre 2011, <http://infospace.ischool.syr.edu/2011/10/19/86-helpful-tools-for-the-data-professional-plus-45-bonus-tools/> (lista ampia e miscellanea dove vengono enumerati strumenti diversi per l'organizzazione dei dati, la creazione di infografiche, la content curation, il data mining…)

[42] Il programma del Social curation summit: <http://www.mediabistro.com/socialcurationsummit/program.asp>.

[43] Steven C. Rosenbaum, Curation nation: why the future of content is context: how to win in a world where consumers are creators, cit.

[44] E conseguentemente dell'inadeguatezza delle sofisticate tecniche SEO di ottimizzazione dei contenuti di un sito web ai fini della sua corretta intercettazione da parte dei motori di ricerca. Il discorso ci pare ampio e delicato, e travalica questo contributo: ovviamente l'attività di Search Engine Optimization è importante ma, com'è noto, i motori di ricerca presentano i risultati non solo in base ai metadati presenti in una pagina web (e pianificati/elaborati in ambito di SEO), ma anche, e soprattutto, in base ad altri fattori legati al sofisticato data mining che Google svolge su ciascun utente utilizzatore: cfr. Eli Pariser, Il Filtro. Quello che internet ci nasconde, Milano, Il Saggiatore, 2012 (l'edizione originale, pubblicata da Penguin Press, è del 2011).




«Bibliotime», anno XVI, numero 1 (marzo 2013)

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