«Bibliotime», anno XVI, numero 3 (novembre 2013)

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Michele Chieppi, Piera Bergomi

Le riviste scientifiche bio-mediche ed infermieristiche: Open-access vs Tool-access. Revisione della Letteratura e stato dell'arte



Abstract

Introduction: The debate on the method Open-access is still real and present in the world's scientific literature in medicine and nursing. This pattern of distribution is growing and provides high quality items. Materials and Methods: The aim of this study was to investigate the current state of knowledge concerning the progress of the Open-access publishing method by comparing it with the traditional methods to pay by subscription. The literature search of documents was carried out by means of the consultation of databases: PubMed, Cinahl, Cochrane Library, Trip Database. The selected articles were published during 2012-2013. Discussion: One of the consequences of Open-access publications has been the explosive growth in the number of journals that follow this form. While some of these are legitimate and useful, many others fall into the categories of Predatory publishers. The review of the literature on the politics of the journals is not uniform and editors have different opinions. Some of them believe in Open-access, others in Tooll-access, others again in a Hybrid method of publication. Conclusions: The Open-access movement is undergoing final maturation and can neither be ignored nor avoided by publishers in the near future. The main issue to solve is to establish an economically sustainable business model that satisfies the authors, publishers and readers. We have tried to suggest some solutions.

Introduzione

Sin dalla fondazione del Philosophical Transactions nel 1665, le riviste sono state il veicolo preferenziale per la diffusione della conoscenza scientifica. Nel corso degli anni, il numero di attivo di riviste scientifiche è arrivato complessivamente a circa 28.000, pubblicando più di 1.800.000 articoli all'anno. La maggior parte di queste riviste sono accessibili tramite un abbonamento e, fino alla prima metà degli anni '90, erano disponibili unicamente su supporto cartaceo. Verso la fine del XX secolo, la maggior parte dei journals ha trasferito i propri contenuti su piattaforme on-line, aumentando notevolmente l'accessibilità delle informazioni scientifiche [1].

Negli ultimi due decenni, con l'avvento e l'ampio utilizzo delle tecnologie digitali per la comunicazione in campo scientifico, il concetto di accesso alle risorse accademiche è cambiato. Dato il bisogno di informazioni immediatamente accessibili dopo la loro pubblicazione, gli editori più affermati, come ad esempio SpringerLink, Elsevier's Science-Direct, Wiley Online Library, hanno appositamente proposto repository o e-library per i loro abbonati individuali o istituzionali. La US National Library of Medicine è andata anche oltre e ha progettato PubMed Central concependola come una biblioteca digitale gratuita di full-text indicizzati in PubMed e in PubMed Central. Tali archivi digitali sono nati e cresciuti rapidamente per facilitare l'accesso all'informazione scientifica: forse il miglior esempio di queste iniziative è ResearchGate, una piattaforma in rete per gli scienziati, la quale incoraggia la condivisione di dati scientifici grezzi e articoli pubblicati con il fine di cambiare il discorso scientifico globale [2].

L'Open-access (OA) è stata un'idea originariamente avanzata da attivisti all'interno della comunità scientifica e poi ripresa in un quadro politico attraverso le dichiarazioni sottoscritte a Budapest, a Bethesda nel Maryland e a Berlino [3]. Apparso nella seconda metà del XX secolo, ha avuto il suo slancio con la comparsa di internet. Alla fine degli anni '80, inizio dei '90, la comunità scientifica ha visto la nascita del primo OA dedicato ai peer-reviewed journal (OAJs) [4]. Oggi, dopo un decennio dalle dichiarazioni sopra citate, siamo di nuovo di fronte ad una ondata di prese di posizione su questo argomento: molte concordano sul fatto che il pubblico che finanzia la ricerca deve avere libero accesso ai risultati e che il modello di pubblicazione basato sull'abbonamento corrente deve essere sostituito [3]; altre sostengono sistema ibrido, altre ancora il tradizionale accesso chiuso. Il dato rilevante rimane comunque che l'OA può essere considerato inevitabilmente un attraente modello di distribuzione pronto a fornire alta qualità, alta selezione e peer-review di letteratura scientifica per un vasto pubblico, con un costo inferiore se comparato con il tradizionale modello di distribuzione [5].

Materiali e Metodi

Obiettivo di questo studio è stato di indagare nella letteratura bio-medica ed infermieristica lo stato dell'arte relativo al progredire del metodo di pubblicazione OA, confrontandolo con i tradizionali metodi a pagamento tramite abbonamento, non tralasciando un cenno anche ai modelli ibridi. Nel 2013, molti journals hanno pubblicato editoriali riguardo la posizione presa o che intendono prendere le riviste di pertinenza a proposito del crescente sviluppo ed incremento delle riviste che si propongono free on-line. Interrogate le banche dati bio-mediche ed infermieristiche PubMed, Cinhal, Cochrane Library, Trip Database si è proceduto alla selezione della documentazione relativa all'oggetto d'indagine, focalizzando la ricerca bibliografica sulle pubblicazioni relative all'anno 2013, a cui va aggiunta una stretta selezione di documenti particolarmente rilevanti editi nel 2012. Si è prodotta quindi una revisione della letteratura includendo anche una parte relativa al fenomeno degli editori predatori in preoccupante aumento.

Discussione

L'ascesa delle riviste OA è dovuta al modello su cui si basano e sui punti di forza che presentano: permettono agli scienziati e al pubblico accesso libero alla ricerca, un'efficiente navigazione e mappatura delle conoscenze e la citazione dei risultati della ricerca; un successo che ha visto aumentare sensibilmente le circa 800 riviste OA che esordirono nel 2000 [6]. Nel dettaglio: 2000 (744 riviste; 20.702 articoli), 2001 (1.154 riviste; 36.117 articoli), 2002 (1.140 riviste; 46.013 articoli), 2003 (1.841 riviste; 63.299 articoli), 2004 (2.368 riviste; 79.253 articoli), 2005 (2.991 riviste; 105.262 articoli), 2006 (3.502 riviste; 125.809 articoli), 2007 (4.243 riviste; 151.630 articoli), 2008 (5.010 riviste; 187.444 articoli), 2009 (5.788 riviste; 225.610 articoli), 2010 (6.213 riviste; 288.357 articoli), 2011 (6.713 riviste; 340.130 articoli) [7].

Lo scenario globale di riviste OA è oggi incoraggiante e ancora in ascesa. In particolare, secondo i dati ufficiali della Directory of Open Access Journals (DOAJ), se nel gennaio 2013 contava 8.518 riviste pubblicate in 121 Paesi (in ordine decrescente per numero di riviste: Stati Uniti, Brasile, Regno Unito, India e Spagna) [8], attualmente riferisce (secondo dati rilevati il 31 ottobre 2013) di 9.946 riviste pubblicate in 123 Paesi per un totale di 1.523.054 articoli. Secondo dati evidenziati nel maggio 2013 dalla Directory of Open Access Journals di Nature, gli Stati Uniti detengono il primato di riviste OA (1.312); seguono: Brasile (843), Regno Unito (587), India (518), Spagna (465), Egitto (363), Germania (286), Romania (264), Italia (256) [9].

Il modello di pubblicazione secondo i criteri dell'OA è da intendersi quindi come un modo alternativo di distribuzione della ricerca in base al quale la rivista garantisce l'accesso gratuito, irrevocabile e senza restrizioni all'articolo a partire dalla data della sua pubblicazione on-line. Questo inverte la logica di accesso limitato e facilita la riproduzione totale o parziale, nonché lo sviluppo e la distribuzione delle opere. L'idea è quella di sfruttare al massimo tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in continua evoluzione, al fine di ampliare la condivisione delle informazioni e di conseguenza favorire lo sviluppo scientifico [10].

Due sono i modelli principali secondo cui si articola l'OA: la via aurea (gold) e la via verde (green). La prima, che prevede di più di modello economico (in cui convivono un grande numero di riviste peer-reviewed e corredate da Impact-factor), si ha nel momento in cui le spese relative alla diffusione editoriale sono a carico dell'autore o dell'istituzione di appartenenza, come nel caso autori iscritti al BioMed Central Member, rimborsati appunto dalle loro medesime fondazioni [11] e l'articolo è accessibile in modo gratuito all'utente finale; la seconda quando l'autore si trova di fronte a una sorta di auto-archiviazione dei documenti via web su piattaforme ad accesso libero [12] [13].

Editori predatori

Una delle conseguenze delle pubblicazioni OA è stato lo sviluppo esplosivo del numero di riviste che seguono un modello poco trasparente, alimentato dal fenomeno noto come vanity press o editoria di vanità [14]. Mentre alcune di queste sono legittime e utili, molte altre rientrano nella categorie dei "predatori editoriali", editori che in genere addebitano commissioni significative per la pubblicazione nel loro journals (con tariffe comprese tra US$ 1.000 e US$ 4.000) e dove il processo di peer review è spesso assente o superficiale [15].

Tra le persone più in vista e combattive nei confronti di questo fenomeno vi è Jeffrey Beall (Scholarly Initiatives Librarian at the University of Colorado Denver) che su Nature parla dell'avvento degli editori predatori, ossia di coloro che, sfruttando il modello OA, gestiscono riviste contraffatte in cui l'autore paga per pubblicare. Tali editori, certamente poco trasparenti, ingannano i ricercatori, soprattutto quelli inesperti in comunicazione scientifica. Creano siti web che assomigliano a quelli del legittimo editore on-line e pubblicano riviste di bassa qualità. Molti dicono di aver sede negli Stati Uniti, Regno Unito, Canada o Australia ma in realtà provengono da Pakistan, India e Nigeria. Alcuni di questi editori, dopo aver sollecitato i manoscritti e dopo che l'articolo è stato accettato, fatturano gli autori per spese inerenti alle tasse: in genere l'importo è in media di circa US$ 1.800 [16].

Beall ha dato vita anche ad un blog il quale include anche l'ormai celebre Beall's List, che cita quegli editori sulla cui reputazione riserva dei dubbi. Non è stato di conseguenza estraneo a subire attacchi informatici a cui hanno fatto seguito messaggi di solidarietà da tutto il mondo. Antonella De Robbio ha analizzato e recentemente pubblicato i dati relativi Beall's List: nel 2013 gli editori predatori risultano essere ben 225, con un aumento a dir poco vertiginoso se rapportati con quelli inclusi nella lista del 2011 (solo 23) e con quella del 2010 (18). Nel complesso se ne deriva che l'intero sistema dell'editoria scientifica è ad alto rischio di erosione [17].

Declan Butler, senior reporter di Nature, riserva anche una serie di consigli per valutare l'editore a cui si ha intenzione inviare il proprio manoscritto, tra cui: controllare che fornisca informazioni complete verificabili (incluso l'indirizzo sul sito ufficiale); che sia ben visibile la sua politica riguardo le tasse per gli autori; diffidare di inviti via e-mail per inviare manoscritti o diventare membri del comitato editoriale; leggere alcuni articoli pubblicati dalla rivista e valutarne la qualità; verificare che sia ben descritto il processo di revisione del manoscritto e che la rivista faccia parte di un'associazione di settore; usare il buon senso come si farebbe quando si acquista un oggetto on-line (se qualcosa giungesse sospetto procedere con cautela) [18].

La Voce degli Editori

In un editoriale pubblicato nel febbraio 2013 dal Cadernos de Saúde Pública di Rio de Janeiro (che aderisce al circuito di SciElo.org) si afferma che la pubblicazione scientifica è diventata un'industria altamente lucrativa: tra le ragioni che portano a questa riflessione vi è il fatto che le riviste ricevono gratuitamente i risultati della ricerca finanziata per lo più da agenzie governative, e le procedure interne ed i costi di mantenimento delle riviste sono relativamente bassi. Da ciò ne consegue che i ricercatori creano valore, mentre gli editori scientifici commerciali generano profitti [10].

Sull'analisi dei costi si pronuncia anche Charlotte Haug sul "New England Journal of Medicine", che concorda sul fatto che i costi di distribuzione possono essere molto bassi se una rivista decide di pubblicare solo on-line, ma vi sono ancora costi elevati per una corretta peer-review e un controllo editoriale di qualità [19]. Per Thomas J. Liesegang, editore dell' American Journal of Ophthalmology, l'attuale modello di OA in associazione con le spese da sostenersi per l'elaborazione di un articolo, non è redditizia per gli editori quanto la tradizionale attività derivante dalla sottoscrizione alla rivista, secondo la quale le istituzioni o il singolo acquistano l'abbonamento. Valuta l'OA come un disincentivo finanziario per gli editori: da qui la riluttanza degli stessi ad abbracciare il modello di accesso aperto per le proprie riviste [20].

Infatti, mentre il modello tradizionale si affida a limitare l'accesso alla ricerca pubblicata con il fine di recuperare i costi del processo di pubblicazione, il modello OA tratta la pubblicazione come l'ultima fase del processo di ricerca. Invece di far pagare agli utenti finali una tassa per leggere il contenuto dei journals, è prevista un'imposta a carico degli autori denominata article-processing charge (APC) applicata all'inizio del processo di valutazione del manoscritto [11], tassa che molto spesso viene supportata dalle istituzioni di appartenenza.

A tal proposito, è corretto aprire una parentesi ricordando, come sottolinea De Robbio, che il governo britannico ha applicato attraverso il rapporto Finch, una nuova politica nei riguardi degli articoli finanziati dai Research Councils (RCUK), quei finanziatori della ricerca che puntarono particolare attenzione all'OA. Tali disposizioni indicavano che i documenti avrebbero dovuto essere pubblicati in journals compatibili con i criteri OA, comprensivi dei dati relativi ai finanziamenti di supporto. In sintesi si intendeva seguire la via gold: da qui una rivista poteva ospitare sia articoli aperti che chiusi finanziati dal Governo britannico. Da un lato questa scelta è senza dubbio vantaggiosa sul lungo periodo, ma dall'altro è molto impegnativa dal punto di vista economico nell'immediato: il Governo si vede nella posizione di pagare gli editori per pubblicare in OA i risultati delle ricerche che già finanzia. A pochi mesi di distanza da queste prese di posizione, e in virtù del fatto che non sono state esenti da numerose polemiche, il Governo sta tornando indietro rivalutando gli archivi aperti, e si è reso conto di non aver valutato in maniera adeguata l'infrastruttura degli archivi aperti governativa. In conclusione la via green sembra essere la via più economica, che concede nel contempo la libertà agli autori di pubblicare scegliendo fra riviste tradizionali e OA [21].

L'APC, che varia da rivista a rivista, copre l'intero costo del processo di pubblicazione: dalla peer-review alla correzione del testo, dalla pubblicazione all'archiviazione, consentendo l'accesso immediato ai full-text degli articoli. Le riviste che gravitano attorno all'istituzione BioMed Central, ad esempio, rinunciano regolarmente agli oneri degli autori di paesi a basso reddito. Questa politica è supportata dal loro open access waiver fund, una sorta di fondo di rinuncia, mentre vengono valutati di volta in volta richieste individuali di esenzione concesse in caso di mancanza di fondi. Tuttavia gli autori iscritti al BioMed Central Member, come già accennato, hanno il loro APC coperto in tutto o in parte dalle loro medesime istituzioni [11]. A quanto ammonta l'APC proposto dalle riviste in seno a BioMed Central? Le tariffe variano dai US$ 1.355 (1.000 €) per pubblicare sugli Acta Neuropathologica Communications, ai US$ 2.060 (1.520 €) per BMC Nursing, ai US$ 2.710 (1.995 €) per Genome Biology e Genome Medicine secondo dati rilevati nell'ottobre 2013 [22].

Ma quali sono i costi per la pubblicazione di un articolo in una rivista scientifica TA? Secondo uno studio condotto dal Cambridge Economic Policy Associates nel 2010, il costo si aggira attorno a £ 2.500 (US$ 3.957), mentre per l'American Physiological Society il costo per l'articolo è di circa US$ 2.635 [1]. Per Martin Haspelmath del Dipartimento di Linguistica del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Leipzig, una volta che le pubblicazioni OA diventeranno la norma editoriale per eccellenza, gli editori for-profit saranno costretti a proporre alle fondazioni e agli istituti a cui gli autori sono afferenti un prezzo notevolmente inferiore per l'APC [23].

L'Australian & New Zealand Journal of Psychiatry, scrive che un decennio fa l'OA era considerato da alcuni una moda che difficilmente avrebbe preso piede in letteratura; con il senno di poi bisogna ricredersi e guardare a considerare miope questa visione del fenomeno. Nel decennio a seguire da oggi, l'accesso aperto continuerà senza dubbio a crescere fino a diventare il modello dominante per la pubblicazione. La principale preoccupazione dovrà essere l'integrità del processo di pubblicazione, anche se la maggior parte delle riviste OA ha adottato procedure equivalenti a quelle dei journal tradizionali. Come gli OA journal salgono in termini di Impact-factor, essi sono predisposti a guadagnare prestigio e ad essere sempre più riconosciuti come fonti autorevoli per la pubblicazione [24].

Rebecca McKetin, in un Editoriale del Drug and Alcohol Review del gennaio 2013, considera l'OA come un qualcosa di conveniente ed eccitante e, prendendo in prestito le parole del presidente del consiglio di amministrazione della John Wiley & Sons, Peter Booth Wiley: è seducente (poiché è più economico) e più efficiente e fornisce l'accesso universale, a differenza del tradizionale supporto cartaceo ma, per ironia della sorte, la creazione di giornali free richiede un notevole impegno finanziario (copy-editing, software, marketing, ecc.). Conclude dicendo che solo un folle potrebbe prevedere come apparirà il mondo della ricerca scientifica nei prossimi 10 o 20 anni a partire da oggi, ma sarebbe anche altrettanto da sciocchi non prevedere quali drastici cambiamenti potrebbero verificarsi [25].

Douglas T. Carrell ed Ewa Rajpert-De Meyts, nell'editoriale di Andrology del marzo 2013, sostengono che la peer-review di un manoscritto non solo conferisce validità al medesimo, ma molto spesso aiuta il ricercatore nella pubblicazione di un articolo migliore. Questo porta a meno possibilità di errori e maggiore fiducia da parte del lettore. Essi comunque sostengono il passaggio ad un rapido accesso aperto di tutti i manoscritti, e promettono di continuare a lavorare con il loro editore per raggiungere tale obiettivo. Tuttavia, nella fretta di aprire la pubblicazione in OA, incoraggiano tutti i ricercatori a resistere al facile sentiero di pubblicazione in riviste che tassano l'autore e propongono peer-review scadenti [15].

Relativamente alle peer-review di scarso valore, ed a proposito di quelle riviste che immettono sul panorama editoriale articoli che non hanno seguito un corretto itinerario di revisione del manoscritto, è molto indicativa un'esperienza realizzata per iniziativa del biologo di Harvard John Bohannon. In sintesi, con il fine di smascherare quelle riviste che si definiscono scientifiche ma che sono in realtà unicamente intenzionate a ricevere il contributo pagato dall'autore (e rimborsato dalle istituzioni afferenti), Bohannon ha inviato un "articolo civetta" volutamente insignificante e pieno di errori a 304 riviste OA; 157 di queste hanno accettato il manoscritto a fronte del pagamento, mentre journals accreditati - come ad esempio PLOS - hanno rilevato la scadente qualità dello scritto e l'hanno rifiutato [26].

Un'importante riflessione è stata pubblicata dal BMC Medicine, che si sofferma sul fatto che non sembra più essere un problema se l'OA diventi una valida alternativa al modello di sottoscrizione tradizionale, ad esempio per gli scholarly journals publishing (riviste accademiche); la questione è piuttosto quando la pubblicazione OA diventerà il modello di flusso principale per la letteratura. Quel che sarà da vedere è se la crescita continuerà ad una velocità simile, come misurato durante ultimi anni, se accelererà o se assumerà altri andamenti. Come in molti altri mercati in cui internet ha completamente riscritto le regole del gioco, un'interessante domanda è se i nuovi entranti, come la Public Library of Science e BioMed Central, assumeranno il controllo del mercato o se i tradizionali editori commerciali affermati e le società che adottano modelli che prevedono sistemi TA saranno in grado di adattare i loro modelli di business e di riguadagnare il terreno che hanno finora perso [27].

Mutaz B. Habal, capo redattore del Journal of Craniofacial Surgery, scrive che la sua rivista intende avvicinarsi all'OA attraverso un sistema ibrido, vale a dire dedicando 1 o 2 articoli per fascicolo secondo il metodo OA, lasciando il resto dei documenti visibili attraverso i canali di abbonamento tradizionali. In tal modo vuole rilevare il numero dei visitatori e degli abbonati che accedono ed ascoltare la loro opinione. Da qui sarà così possibile spostare l'asse verso una parte o l'altra fino a raggiungere uno stato di equilibrio ideale nel contesto del sistema ibrido [28]. Lo stesso sistema ibrido è stato adottato anche dal British Dental Journal che pubblicò il suo primo articolo OA nell'agosto 2013 [29], mentre di opinione diametralmente opposta sembra essere Patrick O Brown, professore di biochimica presso il Department of Biochemistry della University School of Medicine di Stanford e membro del comitato editoriale di BMC Biology, il quale dichiara in un'intervista che il sistema OA è vicino alla sua massa critica di materiale, in cui il corpo di informazioni è sufficiente da permettere di ignorare tutta la letteratura TA.

Si raggiungerà il punto in cui si svilupperanno strumenti per rendere le informazioni OA più preziose, e quindi diventerà un sistema più ricco delle fonti ad accesso limitato, il quale verrà sempre più emarginato poiché nessuno vorrà più entrare in questo spazio [30]. Il British Journal of General Practice (BJGP), in seno al quale il passaggio a forme di OA è stato ampiamente discusso, offre dall'aprile 2013 l'accesso aperto alla pubblicazione di articoli derivanti da borse di ricerca le cui risorse prevedono il pagamento dell'APC. L'editore della rivista, Roger Jones, attesta che sono state analizzate le fonti di finanziamento di 216 articoli pubblicati nel BJGP negli ultimi 2 anni. Ne deriva che circa il 49% risulta essere finanziato da organizzazioni che potrebbero sostenere finanziariamente le pubblicazioni OA sia di articoli provenienti dal Regno Unito che al di fuori di esso. La rivista prevede di offrire agli autori che vogliono rendere il loro lavoro immediatamente disponibile attraverso l'OA, la possibilità di pagare la stessa APC (per il BJGP è di £ 1.700, pari a US$ 2.756 circa) all'approvazione del manoscritto [31].

Diverso è il discorso proposto da Martyn T. Cobourne nell'editoriale del Journal of Orthodontics, in cui scrive che la British Orthodontic Society di cui la rivista è l'organo ufficiale, ha deciso di finanziare la pubblicazione di 4 studi clinici randomizzati all'anno da pubblicarsi sul journal secondo i parametri dettati dal modello OA [32]. Anche Steven J. Lindauer editore dell'Angle Orthodontist, si dimostra entusiasta di annunciare nel maggio 2013 che il consiglio d'amministrazione dell'American Association of Orthodontists Foundation ha approvato per i 3 anni a venire un finanziamento che si tradurrà a sostegno significativo per la prosecuzione della politica OA impostata dalla rivista [33].

Per concludere, un importante contributo è fornito dal Frontiers in behavioral neuro science, il quale sostiene che la pubblicazione di riviste e di libri è divenuta semplice ed economica a seguito dello sviluppo tecnologico. Questo processo è fattibile senza grandi investimenti e di conseguenza la pubblicazione di documenti nei paesi meno ricchi è aumentata sensibilmente negli ultimi 20 anni. Un esempio su tutti, la piattaforma brasiliana Scielo.org, che ospita oltre 1.000 riviste liberamente accessibili dagli utenti finali. Una possibilità di finanziamento sono i fondi pubblici, mentre un altro sistema deriva dai finanziamenti delle aziende for-profit sulla base dell'APC.

In realtà le pubblicazioni scientifiche non servono solo a diffondere i risultati della ricerca ma anche a costruire prestigio e reputazione scientifica. Se il lavoro viene pubblicato da aziende for-profit, esse guadagnano denaro dal prestigio che viene a costituirsi al di sopra del lavoro scientifico finanziato con fondi pubblici. Ciò porta a dedurre che la ricerca scientifica dovrebbe essere pubblicata da parte di organizzazioni no-profit. Questo è infatti il tradizionale modello del XIX secolo, quando erano in primo luogo le società scientifiche e le accademie a pubblicare lavori scientifici. Oggi scopriamo che questo modello del passato sarebbe anche il migliore modello per il futuro [23].

Le voci degli Autori e dei Lettori

Recentemente sia autori che istituzioni hanno firmato petizioni indicando l'accettazione dei principi del movimento OA, con cui si impegnavano a sottoporre i loro manoscritti unicamente a riviste che presentavano nelle proprie linee editoriali una politica favorevole all'accesso aperto. La maggior parte di queste iniziative è fallita, in quanto il primo obiettivo degli autori accademici è quello di pubblicare nei journals notoriamente celebri per la loro qualità e il loro rigore. Alcune di queste riviste possono essere anche ad accesso aperto, ma la maggior parte dei journals di un certo prestigio mantengono fede al tradizionale sistema editoriale.

Quando si sceglie una rivista a cui proporre una pubblicazione, gli autori valutano il sistema della peer-review quale determinante fondamentale, a cui fanno seguito la reputazione della rivista e la qualità del comitato di redazione. Il fattore d'impatto, insieme alla disponibilità di pubblicare in OA, o rendere disponibile i risultati della ricerca attraverso il processo di auto-archiviazione, sono considerati fattori meno importanti per la scelta [20]. Una conversione totale a favore dell'OA sarà dunque lenta a venire, perché gli scienziati hanno ancora tutto l'interesse economico a presentare i loro manoscritti a riviste di alto prestigio gestite con il metodo degli abbonamenti [34]: gli autori conservatori, infatti, credono che le riviste che adottano modelli tradizionali siano più prestigiose in quanto essi poggiano su prassi consolidate.

Le sottoscrizioni agli abbonamenti vengono poi, in genere, stipulate dalle biblioteche e dal punto di vista dell'utente nulla cambia: per lui l'accesso alla pubblicazione è generalmente e comunque free. Ma il successo dell'OA, secondo l'economista Mark McCabe della University of Michigan, è dovuto anche al fatto che, nel momento in cui le biblioteche hanno raggiunto il limite sui loro bilanci e non dispongono più di fondi da investire negli abbonamenti, l'adozione di modelli OA è l'unico modo per le riviste nuove di entrare nel mercato [34].

Un'indagine interessante per quanto riguarda il panorama italiano è stata svolta da Maria Chiara Pievatolo dell'Università di Pisa, che si domanda quanto spendono i sistemi bibliotecari italiani per le riviste, e rileva quanto in questo settore la crisi sia rilevante anche nel nostro Paese [35]. Molto interessante inoltre è la sua traduzione di un documento la cui paternità spetta a Jean-Claude Guédon, in cui si evidenzia che in Italia le pubblicazioni vengono finanziate con i fondi di ricerca, vale a dire con le imposte dei cittadini e le tasse degli studenti. I testi che ne derivano, a causa delle restrizioni legate alle leggi sul diritto d'autore, sono privati e non pubblici: da qui ne deriva che sia gli utenti finali sia le biblioteche devono acquistare ciò che in linea di massima già esiste, perché finanziato da denaro pubblico [36].

L'aumento del costo degli abbonamenti dei journals è la maggior forza che favorisce l'emergere dell'OA. I suoi maggiori benefici sono: per i ricercatori e gli studenti, acquisire una maggiore possibilità d'accesso alla conoscenza; le pubblicazioni ricevono maggiore visibilità aumentando il numero dei lettori; il potenziale impatto della ricerca scientifica risulta accresciuto; l'aumento dell'accesso e della condivisione della conoscenza porta a nuove opportunità di sviluppo economico socialmente equo; viene promosso il dialogo interculturale e stimolata l'innovazione [37]. In conclusione, l'importanza dell'OA in presenza di una rilevante crisi finanziaria è evidente. L'OA può superare le barriere e gli ostacoli verso la diffusione delle conoscenza e fornire una piattaforma eccellente per la condivisione dei risultati scientifici, contribuendo allo stesso tempo a rendere il cyberspazio una realtà ancora più multilingue [38].

Conclusioni

Il movimento OA è in fase di definitiva maturazione e non può essere né ignorato né evitato dagli editori in un futuro imminente. Il nodo principale è quello di individuare uno o più modelli di business economicamente sostenibili che trovi il consenso di autori, editori e lettori. Un sistema integrato di finanziamenti per la ricerca, pubblici e privati (come le associazioni di categoria) liberi da conflitti d'interessi, dovrebbero riservare una parte delle risorse investite nella ricerca per favorire la pubblicazione della medesima attraverso articoli scientifici OA. In tal modo verrebbero garantite: la copertura delle spese necessarie (dalla peer-review al marketing) alla rivista per la pubblicazione di prodotti di qualità; l'esenzione del pagamento dell'APC per gli autori; la gratuità del prodotto finale disponibile nel più breve tempo possibile on-line.

Come suggerisce Guédon, e come sottolineato da De Robbio, le biblioteche dovrebbero cominciare a sviluppare strumenti che possano riequilibrare il rapporto tra editoria e ricerca, il cui asse contemporaneo è sbilanciato sul versante del mercato editoriale. Una soluzione sarebbe la creazione di banche dati aperte (su modello del sudamericano SciElo), "consultabili, fruibili, nelle quali rendere pubblici tutti i dati utili relativi a contratti e licenze d'uso, clausole, cessioni di diritti su contenuti e prezzi di abbonamento, editore per editore, con descrizioni dettagliate di quello che è stato ottenuto in termini di vantaggi a fronte di quanto pagato" [39].

In una fase economica incerta come quella presente, è comunque indispensabile valutare altre soluzioni. Ad esempio, nel caso in cui un editore possegga un buon numero di riviste, una soluzione potrebbe essere quella di suggerire la gestione di alcune di esse con il tradizionale sistema di abbonamenti, altre che con il metodo OA, in modo da poter equilibrare la bilancia delle entrate e nel contempo restare al passo con il progredire continuo dello stesso OA. In questo modo, visto che gli autori applicano un criterio di selezione preferendo gli editori e le riviste più prestigiose, essi si sentirebbero sicuramente più stimolati a proporre i propri lavori a questi circuiti, simboli e garanti di qualità nella valutazione di tali lavori, piuttosto che affidarli ad una sconosciuta rivista OA.

Si combatterebbe così, nello stesso istante, anche il proliferare degli editori predatori. Guardare con attenzione al panorama editoriale prima di proporre un manoscritto, è infatti fondamentale per tutelarsi da editori predatori e per non correre il rischio di pubblicare un ipotetico articolo qualitativamente efficace fra le pagine di riviste scadenti, impedendogli la giusta collocazione in un valido contesto scientifico. Le riviste elette ad organo ufficiale per la trasmissione delle conoscenze di una determinata disciplina risultano essere fra i migliori canali di pubblicazione: i componenti dei comitati editoriali, incaricati di valutare l'impatto di una proposta di pubblicazione in letteratura, sono nella maggior parte dei casi i migliori professionisti del settore, e la loro opinione è fondamentale per rivedere, correggere e migliorare il proprio documento con il fine di ottenere un risultato finale scientificamente rilevante e prestigioso.

Michele Chieppi, Biblioteca di Infermieristica - Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico S. Matteo di Pavia, e-mail: biblioteca.laureaps@smatteo.pv.it

Piera Bergomi, Corso di Laurea in Infermieristica - Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico S. Matteo di Pavia, e-mail: p.bergomi@smatteo.pv.it


Note

[1] M. Frank, Open but not free-publishing in the 21st century, "N Engl J Med.", 368 (2013 Feb 28) 9, p. 787-9.

[2] A. Y. Gasparyan - L. Ayvazyan, G. D. Kitas, Open access: changing global science publishing, "Croat Med J.", 54 (2013 Aug 28) 4, p. 403-6.

[3] C. Kratky, A coordinated approach is key for open access, "Nature", 500 (2013 Aug 29) 7464, p. 503.

[4] H. Baric - D. Polsek - L. Andrijasevic - S. Gajovic, Open access - is this the future of medical publishing?, "Croat Med J.", 54 (2013 Aug 28) 4, p. 315-8.

[5] D. N. Salem - M. M. Boumil, Conflict of interest in open-access publishing, "N Engl J Med.", 369 (2013 Aug 1) 5, p. 491.

[6] N. Shea - V. Prasad, Open issues with open access publication, "Am J Med.", 126 (2013 Jul) 7, p. 563-4.

[7] M. Laakso – B. C. Björk, Anatomy of open access publishing: a study of longitudinal development and internal structure, "BMC Med.", (2012 Oct 22) 10, p. 124.

[8] N. Jain, Open Access Ensures Effective Information Retrieval of Medical Literature in e-Databases, "Indian J Community Med.", 38 (2013 Jan) 1, p. 1-3.

[9] J. Bayry, Journals: Open-access boom in developing nations, "Nature", 2 (2013 May) 497 (7447), p. 40.

[10] M. S. Carvalho - C. Travassos - CM. Coeli, Open access, "Cad Saude Publica", 29 (2013 Feb) 2, p. 213-5.

[11] Article-processing charges, <http://www.biomedcentral.com/authors/apc>.

[12] G. Vitiello, Circuiti commerciali e non commerciali del sapere, "Biblioteche Oggi", 31 (2013) 2, p. 7-26.

[13] Finch and Open Access, "Online Searcher", 37 (2013 Jan-Feb) 1, p. 31-50.

[14] A. De Robbio, Vanity Press: Editoria a pagamento o nuovi modelli editoriali open access? "Il Bo'", 07, December 2012, <http://www.unipd.it/ilbo/content/vanity-press-editoria-pagamento-o-nuovi-modelli-editoriali-open-access>.

[15] D. T. Carrell - E. Rajpert - De Meyts, Open access, scientific integrity and andrology, "Andrology", 1 (2013 Mar) 2, p. 175-6.

[16] J. Beall, Predatory publishers are corrupting open access, "Nature", 489 (2012 Sep 13) 7415, p. 179.

[17] A. De Robbio, Chi sorveglia gli editori predatori, "Il Bo'", 20, February 2013, [Journal Article (On-line/Unpaginated)], <http://www.unipd.it/ilbo/content/chi-sorveglia-gli-editori-predatori>.

[18] D. Butler, Investigating journals: The dark side of publishing, "Nature", 495 (2013 Mar 28) 7442, p. 433-5.

[19] C. Haug, The downside of open-access publishing, "N Engl J Med.", 368 (2013 Feb 28) 9, p. 791-3.

[20] T. J. Liesegang, The continued movement for open access to peer-reviewed literature, "Am J Ophthalmol.", 156 (2013 Sep) 3, p. 423-32.

[21] A. De Robbio, Gold vs Green: le differenti vie dell'accesso aperto, "Il Bo'", 01, October 2013, <http://www.unipd.it/ilbo/content/gold-vs-green-le-differenti-vie-dell%E2%80%99accesso-aperto>.

[22] How much is BioMed Central charging?, <http://www.biomedcentral.com/about/apcfaq/howmuch>.

[23] M. Haspelmath, Why open-access publication should be nonprofit-a view from the field of theoretical language science, "Front Behav Neurosci.", 6 (2013 Jun) 7, p. 57.

[24] G. E. Hunt - G. Walter – G. S. Malhi, 'Open for business': do open-access psychiatry journals provide value for money?, "Aust N Z J Psychiatry", 47 (2013 May) 5, p. 407-11.

[25] R. McKetin, The brave new world of open access, "Drug and Alcohol Review", (2013) 32, p. 1–2.

[26] A. De Robbio, Luci ed ombre sulla "peer review" delle riviste scientifiche, non solo Open Access, "Il Bo'", 30, October 2013, <http://www.unipd.it/ilbo/content/luci-ed-ombre-sulla-peer-review-delle-riviste-scientifiche-non-solo-open-access>.

[27] M. Laakso – B. C. Björk, Anatomy of open access publishing: a study of longitudinal development and internal structure, "BMC Med.", (2012 Oct 22) 10, p. 124.

[28] M. B. Habal, The future of publication systems: closed, hybrid, open access, or keep as is, "J Craniofac Surg.", 24 (2013 Mar) 2, p. 333-4.

[29] First open access article published in the BDJ, "British Dental Journal", 215 (2013), 4, p. 157.

[30] P. O. Brown, An interview with Patrick O Brown on the origins and future of open access, "BMC Biol.", 15 (2013 Apr) 11, p. 33.

[31] R. Jones - H. Dambha - C. Hull, Open access publishing: important changes for the BJGP, "Br J Gen Pract.", 63 (2013 Apr) 609, p. 181.

[32] M. T. Cobourne, Open access orthodontics, "J Orthod.", 40 (2013 Jun), 2, p. 91-2.

[33] S. J. Lindauer, Supporting open access and the AAOF, "Angle Orthod.", 83 (2013 May) 3, p. 553.

[34] R. Van Noorden, Open access: The true cost of science publishing, "Nature", 495 (2013 Mar 28) 7442, p. 426-9.

[35] M. C. Pievatolo, La crisi dei prezzi dei periodici in Italia: quanto ci costano le riviste scientifiche?, "Bollettino telematico di filosofia politica", 8, June 2013 <http://btfp.sp.unipi.it/?p=3884 >.

[36] J. C. Guédon, Per la pubblicità del sapere: I bibliotecari, i ricercatori, gli editori e il controllo dell'editoria scientifica, "Bollettino telematico di filosofia politica", traduzione dall'originale inglese di Maria Chiara Pievatolo, Brunella Casalini, Francesca Di Donato, <http://btfp.sp.unipi.it/ebooks/preguedon.html>.

[37] N. Jain, Open Access Ensures Effective Information Retrieval of Medical Literature in e-Databases, "Indian J Community Med.", 38 (2013) 1, p. 1-3.

[38] N. L. Bragazzi, The importance of Open Access publishing in the field of Linguistics for spreading scholarly knowledge and preserving languages diversity in the era of the economic financial crisis, "Front Behav Neurosci.", 2 (2013 Aug) 7, p. 91.

[39] A. De Robbio, Biblioteche, quanto si spende davvero per le riviste scientifiche?, "Il Bo'", 12, July 2013, <http://www.unipd.it/ilbo/content/biblioteche-quanto-si-spende-davvero-le-riviste>.




«Bibliotime», anno XVI, numero 3 (novembre 2013)

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