«Bibliotime», anno XVII, numero 1 (marzo 2014)

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Luca Maffiotti

Che cosa c'è attorno a un bibliotecario? *



Abstract

The article offers a reflection about the role of the librarian in the present age. In particular, its function as a cultural mediator is examined, especially in relation to the topics of the digital library and the open access. In conclusion, a survey on the concept of information is proposed.

1. Il bibliotecario tra metafora e realtà

I numerosi problemi che assillano la società, pongono inquietanti interrogativi intorno alla politica, all'economia, alla vita sociale, religiosa e civile. Possiamo chiederci se questi discorsi riguardino o meno la vita di un bibliotecario, [1] considerato che un bibliotecario di solito non è un politico né un economista né un filosofo; può tuttavia considerarsi un intellettuale, qualora sentisse che il suo compito ha una funzione importante per la comunità della conoscenza.

Se volessimo interrogarci su ciò che il bibliotecario può fare per svolgere il suo compito, potremmo dire che dovrebbe essere sempre aggiornato su quello che accade nel mondo di tutti i giorni, fungendo cioè da mediatore culturale, e ciò implica la necessità di trovare una soluzione ai dubbi delle persone sui problemi di natura culturale propri di una società complessa.

Difatti il bibliotecario, il/la professionista dei libri, vive in mezzo ai significati, tanto che potrebbe essere una sorta di apprendista stregone nei mondi dei significati, una sorta di mediatore tra la dimensione dei libri e dei significati e quella di coloro che vivono nella realtà quotidiana. Possiamo dire allora che il bibliotecario vede il mondo sotto il punto di vista di una metafora, la metafora del libro [2]; questa è formata da alcuni segni/segnali i quali, tutti assieme, parlano della realtà e della natura delle cose e del loro luogo, cioè il loro esserci necessario nel mondo grazie al loro significato. Nella metafora del libro trovano accordo: un pensiero a proposito di un concetto, un concetto a proposito di un oggetto e un oggetto a proposito di un pensiero.

Il ruolo del bibliotecario dunque dovrebbe essere soprattutto quello di mediatore culturale, cercando di mettere in movimento i libri in accordo con le richieste dei lettori che frequentano le biblioteche. A questo proposito, vorremmo ricordare le cinque leggi della biblioteconomia che sono state proposte da Shiyali Ramamrita Ranganathan nel 1931 [3]:

  1. I libri sono fatti per essere usati.
  2. Ad ogni lettore il suo libro.
  3. Ad ogni libro il suo lettore.
  4. Risparmia il tempo del lettore.
  5. La biblioteca è un organismo che cresce.

In queste leggi, il più importante punto di vista è quello che riguarda l'idea di biblioteca, la cui funzione è incentrata sull'uso e non solo sulla conservazione: l'idea cioè che i libri sono oggetti utili per la vita culturale di uomini e donne, che vivono per formarsi un'opinione sui problemi di una comunità della conoscenza sempre più complessa.

Di converso, gli utenti di una biblioteca sono principalmente lettori che si mettono in relazione con i testi, e in questa dinamica essi sono l'intera umanità che fa riferimento alla storia della nostra civiltà [4]. Come il patrimonio di conoscenza dell'umanità cresce nello lo spirito delle persone, così le biblioteche sono organismi in crescita. Se proviamo a pensare alla nostra vita di oggi, immersa nella tecnologia e pervasa dai media, potremmo richiamare anche le cinque leggi di W. Crawford e M. Gorman [5]:

  1. Le biblioteche sono utili all'umanità.
  2. Rispetta tutte le forme in cui la conoscenza viene comunicata.
  3. Usa la tecnologia in modo intelligente per sviluppare servizi.
  4. Proteggi il libero accesso alla conoscenza.
  5. Onora il passato e crea il futuro.

In queste leggi, il più importante punto di vista è che il mondo della biblioteca dovrebbe confrontarsi con le forme di comunicazione tecnologica, le quali pongono alcuni problemi di mutuo rispetto di tutte queste forme e del loro uso, oltre di protezione del libero accesso alla conoscenza consentito da esse stesse. Ma per riuscire a vedere il nostro futuro nella sua vera dimensione, senza essere prigionieri di quei valori, dovremmo considerare i valori storici della nostra civiltà passata [6].

2. Il bibliotecario e la digital library

Un altro aspetto che investe a pieno i bibliotecari è l'idea della digital library, il cui campo scientifico multidisciplinare ha piantato le sue radici nelle ultime due decadi. Al riguardo, è interessante quanto riportato sul sito DL.org [7], dove il termine digital library è correntemente usato in riferimento a sistemi che possono essere molto diversi per campo di applicazione e che possono possedere funzionalità molto diverse.

Questi sistemi possono da riferirsi a repository – intesi come archivi di deposito – di oggetti digitali connessi come metadati che descrivono gli oggetti. Nella digital library trovano spazio anche sistemi reference-linking, capaci di gestire contenuti e loro riferimenti citazionali, utili a misurarne l'impatto entro le comunità scientifiche a anche verso la società civile. Se i sistemi che compongono le digital libraries sono stati elaborati in prevalenza in ambienti di ricerca, alcune funzionalità o particolari sistemi sono stati sviluppati anche dal settore privato e dall'industria, e si legano – in modo più o meno complesso – integrando servizi avanzati entro un quadro di digital library globale e pervasivo.

Questo panorama presenta significative potenzialità, non solo grazie alla tecnologia che apre all'innovazione, ma in particolare grazie all'interoperabilità, che consente un mutuo scambio di contenuti e dati. Inoltre, se opportunamente "aperti" consentendo il riuso, dati e contenuti potrebbero spalancare nuovi orizzonti per i settori pubblico e privato, e portare grandi vantaggi alla società nell'ottica di una concreta open society.

La natura multi-faccette delle digital libraries ha generato una varietà di definizioni. Secondo Fox e altri studiosi, [8] il termine digital library ha diversi significati, che vanno dalla semplice informatizzazione delle biblioteche tradizionali alla rappresentazione di uno spazio in cui le persone comunicano, scambiano e producono nuova conoscenza. L'analisi di Lesk, [9] d'altra parte, si concentra sui due termini che compongono l'espressione digital library, osservando che il primo implica principalmente l'esistenza di software per la ricerca testuale, mentre il secondo si riferisce all'esistenza di materiale che è stato digitalizzato per consentirne l'accesso online, e conclude che la ricerca fatta in questo campo non è usualmente associata ai reali bisogni degli utenti.

A parere di Borgman [10], poi, ci sono almeno due visioni in competizione riguardo all'espressione digital library': il punto di vista dei ricercatori, che intende le digital libraries come contenuti collezionati nell'interesse delle comunità di utenti, e il punto di vista dei bibliotecari che lavorano sul campo, che le interpretano come istituzioni o fornitori di servizi.

Alcuni autori che hanno preso parte al primo Delos Brainstorming Workshop hanno ipotizzato che una digital library possa essere un sistema che rende possibile ad ogni cittadino l'accesso a tutta la conoscenza umana, sempre e dovunque, in un modo amichevole, multi-modale, efficiente ed efficace grazie al superamento delle barriere rappresentate dalla distanza, il linguaggio e la cultura, e grazie all'uso multiplo di dispositivi connessi ad Internet [11].

A sua volta Soergel [12] parla di tre diverse prospettive che si possono correlare alle digital libraries: una serie di strumenti per la ricerca, la formazione scolastica e l'educazione; un mezzo per accedere all'informazione; la possibilità di fornire servizi a singoli utenti. Ne emergono delle linee guida applicabili a diversi campi.

Kuny e Cleveland [13] parlano invece dei quattro miti a proposito delle digital libraries: 1) Internet è 'la' digital library; 2) sotto certi punti di vista, potrebbe esserci o ci sarà una singola digital library o una singola finestra d'accesso alle collezioni proprie della digital library; 3) le digital libraries possono fornire un accesso più equilibrato ai contenuti, da qualsiasi punto e in ogni momento; 4) esse sono strumenti più economici delle biblioteche fisiche. Gli autori concludono che le digital libraries impongono una reinvenzione del ruolo del bibliotecario e dei modelli di biblioteca, ad esempio come un sistema che fornisce accesso a libri digitalizzati e altri documenti testuali.

A questo proposito, il DELOS Network of Excellence ha incoraggiato la visione delle digital libraries come strumenti che stanno al centro dell'attività intellettuale, e rendono possibile l'assenza di confini o barriere di tipo logico, concettuale, fisico o personale sull'informazione. Dunque la digital library si sposta da un tipo di sistema centrato sul contenuto, che semplicemente organizza e fornisce accesso a particolari collezioni di dati e informazioni, ad un sistema centrato sulla persona, che intende fornire interessi, racconti ed esperienze personalizzate agli utenti (Library 2.0). Il suo ruolo slitta da quello di magazzino statico per il recupero dell'informazione a quello di facilitatore della comunicazione, della collaborazione e di altre forme di interazione tra studiosi, ricercatori o il pubblico in generale su temi attinenti all'informazione immagazzinata nella stessa digital library.

Questa visione sembra emulare il concetto di information space, sviluppato dal Computer Supported Cooperative Work (CSCW) [14]. Snowdon, Churchill e Frecon [15] hanno elaborato i concetti di "connected communities" e "inhabited information spaces", di cui il secondo è strettamente correlato all'idea di digital libraries, mentre nel primo è un prerequisito per il CSCW. Più nel dettaglio, gli inhabited information spaces sono "spazi e luoghi dove persone e dati digitali possono incontrarsi in uno scambio fruttuoso, cioè sono effettivamente spazi di lavoro dove l'informazione di tipo digitale può essere creata, esplorata, manipolata e scambiata".

Entro gli inhabited information spaces sono rappresentate sia l'informazione sia le persone che stanno usando quella informazione (visionandola, manipolandola). Di conseguenza, una digital library fornisce un information space che è popolato da una comunità-utente, e diventa un inhabited information space attraverso la tecnologia CSCW. I due campi si completano a vicenda: uno è focalizzato sull'accesso e la fornitura di informazione pertinente, mentre l'altro ruota intorno alla visualizzazione e allo scambio di informazioni.

Quella di digital library quindi è una nozione complessa, che non è possibile definire in modo semplice. È allora necessaria una descrizione comprensiva, in grado di incapsulare tutte le potenziali prospettive. In questo senso, il Digital Library Manifesto [16] stabilisce le regole di base per definire quest'ambito e stabilire un'agenda che porti a una teoria fondamentale della digital library.

Il Manifesto precisa tre tipi di sistemi correlati all'universo Digital Library: Digital Library (DL), Digital Library System (DLS), e Digital Library Management System (DLMS). In esso sono elencati i principali concetti che caratterizzano questi sistemi (e quindi l'intero universo della digital library), e cioè: organization, content, user, functionality, quality, policy e architecture. I ruoli professionali giocati all'interno delle digital libraries sono descritti in termini di utenti finali (end-users), progettisti (designers), amministratori (administrators) e sviluppatori (software developers). Il Manifesto fornisce la struttura di riferimento necessaria ad illustrare l'universo della digital library a diversi livelli di astrazione: il Digital Library Reference Model e la Digital Library Reference Architecture.

 

L'Universo Delos Digital Library: concetti principali [17].

 

 Nel discorso sulla digital library – ed in particolare nell'Universo Delos – entrano in gioco anche problemi legati alla policy. In particolare si possono individuare tre aspetti, uno di tipo legale (legato alla gestione dei diritti) uno più propriamente politico (eGovernment) e un terzo economico.

Sul fronte legale molte sono le iniziative che tentano di porre rimedio alle criticità normative e alle competizioni dei mercati. Dall'era del movimento Open Source all'era dell'Open Access numerose sono state le tappe, ma non è questa la sede adatta per trattare la materia. Si tratta tuttavia di problemi che non vanno trascurati

 3. Il bibliotecario e l'accesso aperto all'informazione

Un altro argomento che il bibliotecario non può in alcun modo tralasciare è quello che riguarda l'Open Access (OA). Il movimento OA, ha avuto un concreto avvio con la Budapest Open Access Initiative (BOAI, 2002), in cui gli autori che hanno preso parte a questo evento hanno dichiarato:

Con l'accesso aperto alla letteratura, intendiamo la sua libera disponibilità pubblica su Internet, consentendo a tutti gli utenti di leggere, scaricare, copiare, distribuire, stampare, ricercare o creare un collegamento ai testi integrali di questi articoli, acquisire dati per l'indicizzazione, passarli come dati al software, o usarli per qualsiasi altro scopo lecito, senza barriere finanziarie, giuridiche o tecniche diverse da quelle inseparabili dall'accesso stesso ad Internet. L'unico vincolo alla riproduzione e alla distribuzione, e l'unico ruolo per il copyright in questo campo, dovrebbe essere quello di dare agli autori il controllo sulla integrità del loro lavoro e sul diritto di essere adeguatamente riconosciuti e citati" [18].

Successivamente la Berlin Declaration on Open Access to Knowledge in the Sciences and Humanities (2003) ha stabilito le condizioni che i contributi ad accesso aperto devono soddisfare [19]:

  1. L'autore(i) ed il detentore(i) dei diritti relativi a tale contributo garantiscono a tutti gli utilizzatori il diritto d'accesso gratuito, irrevocabile ed universale e l'autorizzazione a riprodurlo, utilizzarlo, distribuirlo, trasmetterlo e mostrarlo pubblicamente e a produrre e distribuire lavori da esso derivati in ogni formato digitale per ogni scopo responsabile, soggetto all'attribuzione autentica della paternità intellettuale (le pratiche della comunità scientifica manterranno i meccanismi in uso per imporre una corretta attribuzione ed un uso responsabile dei contributi resi pubblici come avviene attualmente), nonché il diritto di riprodurne una quantità limitata di copie stampate per il proprio uso personale.
  2. Una versione completa del contributo e di tutti i materiali che lo corredano, inclusa una copia della autorizzazione come sopra indicato, in un formato elettronico secondo uno standard appropriato, è depositata (e dunque pubblicata) in almeno un archivio in linea che impieghi standard tecnici adeguati (come le definizioni degli Open Archives) e che sia supportato e mantenuto da un'istituzione accademica, una società scientifica, un'agenzia governativa o ogni altra organizzazione riconosciuta che persegua gli obiettivi dell'accesso aperto, della distribuzione illimitata, dell'interoperabilità e dell'archiviazione a lungo termine.

Tra i principali sostenitori del movimento vi sono Jean-Claude Guédon, Stevan Harnad e Peter Suber [20], anche se hanno posizioni differenti su come mettere in pratica l'OA. Se all'inizio si parlava delle due strade OA, la via verde e la via aurea, oggi i confini tra le due vie sono assai sfumati e molti autori ritengono non sia più il caso di parlare di green o di gold.

 Il bibliotecario può rendere possibile una reale trasformazione? Certamente sì, in particolare se l'utilizzo degli archivi e dei depositi in rete saranno più facili da usare per l'utente, e se l'interoperabilità da una parte e il riuso dei contenuti dall'altra grazie alle tecnologie digitali saranno adottate come modelli imprescindibili. In questo senso, il compito del bibliotecario può essere quello di gestire nel migliore dei modi il cambiamento affinché utilizzi efficaci di prassi e strumenti siano messi al servizio della conoscenza.

In questa prospettiva, è molto importante il protocollo OAI-PMH (Open Archives Initiative Protocol for Metadata Harvesting) [21], formato dalle tre componenti: il protocollo HTTP (Hyper Text Transfer Protocol), il linguaggio di marcatura XML (eXtensible Markup Language, metadati strutturali), e la tipologia di metadati descrittivi rappresentati dal Dublin Core. Forse un bibliotecario non può essere un progettista o uno sviluppatore di software, ma può essere senz'altro un buon amministratore di una biblioteca digitale.

4. Il bibliotecario e l'informazione

Finora si è parlato a lungo di informazione, senza chiederci che cosa s'intende con questo termine. Secondo Buckland [22], l'informazione può essere intesa come 'cosa', nel senso di 'oggetto' della nostra conoscenza o del processo di elaborazione della nostra conoscenza. Quando parliamo di informazione come cosa, dovremmo intendere il significato della parola 'cosa' come se fosse simile al significato della parola 'oggetto'.

La nostra conoscenza trasforma oggetti in concetti, ma la relazione che noi pensiamo vi sia tra i nostri schemi concettuali e il loro contenuto empirico non è un'identità, ma piuttosto una similarità differenziale. Solo così l'oggetto della nostra conoscenza diventa un concetto nella nostra mente, e così quest'ultimo può possedere un valore informativo.

Il riferimento, cioè l'oggetto stesso, non è un problema; il problema è il significato, e il significato è il valore informativo della parola che si riferisce all'oggetto di partenza. L'oggetto dovrebbe essere innanzitutto la possibilità di diventare un segno/segnale, affinché possa essere elaborato dal nostro pensiero e possa così diventare conoscenza. I concetti di segno e di oggetto esprimono una possibilità; di quale possibilità si tratta? La possibilità di essere pensato.

Quindi, l'informazione intesa come cosa si esprime come la nostra possibilità di pensare la realtà e non l'attualità della cosa. Di conseguenza l'informazione è l'istituire relazioni. Da qui al nostro capire che l'informazione lascia delle tracce in altre cose in relazione con essa, il passo è breve. L'informazione costruisce delle relazioni, o più esattamente noi costruiamo relazioni con l'informazione, le relazioni che rappresentano la nostra realtà, perché noi possiamo pensare la realtà direttamente. In tale assetto si inquadra anche il concetto di documento, il quale esprime il nostro lasciar tracce nella realtà, dal passato in vista del futuro.

In ambito biblioteconomico un documento può essere un testo, un'immagine, un suono, un contenuto multimediale, e così via. Un oggetto fisico (fatto dall'uomo o naturale) oppure un oggetto digitale (fatto dall'uomo ma le cui componenti sono naturali). In relazione alla sua replicabilità, nel senso di oggetto fisico un documento sembra possedere una dimensione finita; nel senso di oggetto digitale la replicazione è considerata potenzialmente infinita. Certamente gli oggetti digitali dipendono da supporti materiali, da formati, programmi di lettura e sistemi operativi (software) e da dispositivi hardware. Grazie ai documenti (fisici o digitali) noi lasciamo tracce nella realtà, e questo per gli esseri umani sembra essere necessario [23].

Abbiamo sostenuto che il bibliotecario vede il mondo dal punto di vista di una metafora, la metafora del libro, e un libro è un documento, il principale oggetto culturale di una biblioteca. Con i libri le persone lasciano tracce delle loro esistenze in vista del futuro. Dunque i lettori leggono il passato in vista del futuro, e sono trasformati dall'atto di leggere, come essi trasformano il contenuto semantico del libro (inteso come testo) con la loro esperienza di vita quotidiana, per loro più familiare che la realtà del mondo della lettura. L'esperienza della lettura è principalmente un'esperienza di trasformazione e di elaborazione semantica. Sappiamo che l'invenzione della stampa è stata una vera rivoluzione, comunque un agente di cambiamento; probabilmente sarà così anche per l'era digitale del libro (ebook) [24].

Ma non ci libereremo mai dei libri e della bellissima e serendipica esperienza di un viaggio attraverso la nostra fantasia in una biblioteca piena di libri [25]. Sotto questo punto di vista la nuova biblioteca tecnologica, un vero miscuglio (mashup) [26] nell'epoca dell'informazione e dell'accesso, potrebbe sempre riservare la possibilità di un nuovo tipo di esperienze.

Luca Maffiotti, Padova, e-mail: maffiotti.luca@gmail.com


Bibliografia

Note

* Il presente articolo costituisce parte di un lavoro assai più ampio e tuttora in progress. La redazione di Bibliotime ringrazia l'autore per aver accettato di pubblicarlo in forma ridotta.

[1] Cfr. J. Ortega Y Gasset, Mision del Bibliotecario, in Rivista de Occidente, Madrid, 1935 (trad. it.: La missione del bibliotecario e Miseria e splendore della traduzione, Varese, SugarCo, 1994).

[2] Cfr. E. R. Curtius, Europaeische Literatur und lateinisches Mittelalter, Bern, A. Francke, 1948 (trad. it.: Letteratura Europea e Medio Evo latino, a cura di R. Antonelli, trad. it. Milano, RCS La Nuova Italia, 2010 (rist.), spec. Cap. XVI, Il Libro come simbolo, pp. 335-385); L. Febvre, H. J. Martin, L'apparition du livre, Paris, Albin Michel, 1958 (trad. it.: La nascita del libro, a cura di Armando Petrucci, trad. it. Roma-Bari, Laterza, 1977); H. Blumenberg, Die Lesbarkeit der Welt, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1981 (trad. it.: La leggibilità del mondo: il libro come metafora della natura, trad. it. Bologna, il Mulino, 1984).

[3] S. R. Ranganathan, The five laws of library science, Madras – London, The Madras Library Association/Blunt, 1957 (2. ed.; 1. ed. 1931) (trad. it.: Le cinque leggi della biblioteconomia, trad. it. Firenze, Le Lettere, 2010).

[4] Cfr. P. RICOEUR, Temps et récit. Tome I: L'intrigue et le récit historique; Tome II: La configuration dans le récit de fiction; Tome III: Le temps raconté, Paris, Le Seuil, 1983-85 (trad. it.: Tempo e racconto: 1 Tempo e racconto; 2 La configurazione nel racconto di finzione; 3 Il tempo raccontato, trad. it. Milano, Jaca Book, 1986-87-88, spec. 1. v., p. 19-139).

[5] W. Crawford - M. Gorman, Future libraries: dreams, madness & reality, Chicago, American Library Association, 1995, p. 1-12.

[6] Cfr. M. Gorman, Our enduring values: librarianship in the 21st century, Chicago, American Library Association, 2000 (trad. it.: I nostri valori: la biblioteconomia del 21. Secolo, trad. it. Udine, Forum, 2002); Id., The enduring library: technology, tradition and the quest of balance, Chicago, American Library Association, 2003 (trad. it.: La biblioteca come valore: tecnologia, tradizione e innovazione nell'evoluzione di un servizio, trad. it. Udine, Forum, 2004).

[7] <http://www.dlorg.eu/index.php/outcomes/digital-library-manifesto/background-drivers>.

[8] E. A. Fox - R. M. Akscym - R. K. Furuta - J. J. Leggett, Digital Libraries, in "Communication of the ACM", 38 (4), 1995, p. 29-32.

[9] M. Lesk, Expanding Digital Library Research: Media, Genre, Place and Subjects, in "Proceedings of the International Symposium on Digital Libraries" (ISDL 1999), p. 51-57.

[10] C. L. Borgman, What Are digital libraries? Competing visions, in Information Processing and Management, 35 (3) 1999, p. 227-243. Id., From Gutenberg to the global information infrastructure: access to information in the networked world, Cambridge (Mass.) – London, The MIT Press, 2000.

[11] Digital Libraries: Future Directions for a European Research Programme, 1[][] DELOS Brainstorming Workshop on Digital Libraries, 2001.

[12] D. Soergel, A Framework for Digital Library Research, "DLib Magazine", 8 (12), 2002, in <http://www.dlib.org/dlib/december02/soergel/12soergel.html>.

[13] T. Kuny - G. Cleveland, The Digital Library: Myths and Challenges, in Proceedings 62[][] IFLA General Conference, 1996.

[14] Cfr. <http://en.wikipedia.org/wiki/Computer-supported_cooperative_work>.

[15] D. Snowdon - E. Churchill - E. Frecon, Inhabited Information Spaces: living with your data, Dordrecht, Springer, 2004.

[16] D3.2b. The Digital Library Reference Model, European Commission – Information Society and Media (FP7), in <http://www.dlorg.eu/index.php/outcomes/dl-org-cookbook>.

[17] Ivi, p. 19.

[18] <http://www.budapestopenaccessinitiative.org/read>.

[19] <http://openaccess.mpg.de/286432/Berlin-Declaration>.

[20] Cfr. J.-C. Guedon, In Oldenburg's long shadow: Librarians, Research Scientists, Publishers, and the control of scientific publishing, Washington DC, Association of Research Libraries, 2001 (trad. it.: Per la pubblicità del sapere: i bibliotecari, i ricercatori, gli editori e il controllo dell'editoria scientifica, a cura di Maria Chiara Pievatolo, Brunella Casalini, Francesca Di Donato, Pisa, Plus - Pisa University Press, 2004); Id., Open Access and the divide between "mainstream" and "peripheral" science, 2008 (trad. it.: Open Access: contro gli Oligopoli del sapere, a cura di Francesca Di Donato, trad. it. Pisa, ETS, 2009), entrambi in: http://eprints.rclis.org/; S. Harnad, Ingelfinger Over-Ruled: The Role of the Web in the Future of Refereed Medical Journal Publishing, in "The Lancet Perspectives", 256, 2000, in: <http://cogprints.org/1703/1/harnad00.lancet.htm>; Id., For Whom the Gate Tolls? How and Why to Free the Refereed Research Literature Online Through Author/Institution Self-Archiving, Now, Department of Electronics and Computer Science, University of Southampton.2003, in: <http://users.ecs.soton.ac.uk/harnad/Tp/resolution.htm#1>; P. Suber, Open Access Overview: focusing on open ace to peer-reviewed research articles and their preprints, 2004-2013, in: <http://legacy.earlham.edu/~peters/fos/overview.htm>.

[21] <http://www.openarchives.org/OAI/openarchivesprotocol.html>.

[22] Cfr. M. Buckland, Information as Thing, preprint 1991; What is a "document"?, preprint 1997; What is a "digital document"?, preprint 1998, in: <http://people.ischool.berkeley.edu/~buckland/concepts.html>. Cfr anche: P. Adriaans, Information, in The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Fall 2013 Edition), Edward N. Zalta (ed.), in: <http://plato.stanford.edu/archives/fall2013/entries/information/>; L. Floridi, Information: a very short introduction, Oxford, Oxford University press, 2010 (trad. it.: La rivoluzione dell'informazione, Torino, Codice, 2012).

[23] Cfr. M. Ferraris, Documentalità: perché è necessario lasciar tracce, Roma – Bari, Laterza, 2009.

[24] Cfr. E. L. Eisenstein, The printing press as an agent of change: communications and cultural transformations in early-modern Europe, Cambridge [etc.], Cambridge University press, 1979 (trad. it.: La rivoluzione inavvertita: la stampa come fattore di mutamento, tra. it. Bologna, il Mulino, 1985); Id., The printing revolution in early modern Europe, Cambridge [etc.], Cambridge University press, 1990 (trad. it.: Le rivoluzioni del libro: l'invenzione della stampa e la nascita dell'età moderna, trad. it. Bologna, il Mulino, 1995); R. Darnton, The case for books: past, present and future, New York, Public Affairs, 2009 (trad. it: Il futuro del libro, trad. it. Milano, Adelphi, 2011); G. Roncaglia, La quarta rivoluzione: sei lezioni sul futuro del libro, Roma – Bari, Laterza, 2010.

[25] Cfr. U. Eco - J. C. Carriere, N'espérez pas vous débartasser des livres. Entretiens menés par Jean-Philippe de Tonnac, Paris, Grasset & Fasquelle, 2009 (trad. it.: Non sperate di liberarvi dei libri, a cura di Jean-Philippe de Tonnac, trad. it. Milano, Mondolibri, 2009); U. Eco, De Bibliotheca, 1981 in: <http://www.liberliber.it/mediateca/libri/e/eco/de_bibliotheca/html/testo.htm>.

[26] Cfr. Library Mashups: Exploring New Ways to Deliver Library Data, edited by N. C. Engard, London, Facet, 2009.




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