«Bibliotime», anno XVII, numero 3 (novembre 2014)

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Sara Valla, Benedetta Alosi

Report dal Decennale OA di Messina, 3-4 novembre 2014



Abstract

This report is organized into thematic sections and provides an overview mainly addressed to the topics covered during the session dedicated to the breakout session and institutional policies.The space almost exclusively dedicated to this session is motivated by the centrality of the issues related to institutional policies within the programme of the Messina Conference which ran over two days: a technical pre-conference was held in the first day while the second day was conceived as a celebrative event of the tenth anniversary of the Messina Declaration. On the second day the debate on institutional policies dealt with actions and political strategies implemented to ensure the cultural change that requires the adoption of a policy. The signing of the Road Map 2014-2018 renewed the commitment of academic and research Institutions to keep moving forward with the Italian way to open access in the horizon set by European programmes. This report mainly focuses on the technical pre-conference which was characterized by a very stimulating and pervasive brainstorming which involved all the participants.

Il presente report è focalizzato principalmente sulla pre-conference tecnica all'interno del programma della Conferenza di Messina ("Dichiarazione di Messina 2.0: la via italiana all'accesso apertomo"), che ha previsto due giornate differenti. La prima – oggetto del presente elaborato – prevalentemente tecnica e strutturata in momenti di vero e proprio brainstorming, successivi alle tavole rotonde tematiche, attività condivise che hanno coinvolto anche i partecipanti. La seconda a carattere politico, ha visto ruotare attorno al momento celebrativo vero e proprio le riflessioni a dieci anni dalla sottoscrizione della Dichiarazione di Messina, la situazione attuale e gli impegni per il futuro. La Road Map è il documento sottoscritto da parte delle istituzioni presenti quale impegno da qui al futuro sullo sviluppo dell'accesso aperto nei prossimi anni verso orizzonti europei.

Le tre breakout sessions della prima giornata - Policy in progress: dialogo istituzionale e aspetti organizzativi"Integrazione dei CRIS e Archivi Aperti; L'ABC… degli open data in biomedicina: Accesso, Barriere, Condivisione - avevano lo scopo di predisporre un piano di azione per l'implementazione della Road Map presentata formalmente il giorno successivo nel momento "politico". Ciascuna sessione era strutturata in un'introduzione in assemblea plenaria attorno a un tavolo di relatori ed un dibattito successivo in sessione parallela facilitato dal moderatore. I punti emersi nelle tre sessioni sono stati poi condivisi in Assemblea plenaria con interventi dei rispettivi moderatori. Di seguito gli spunti di riflessione delle due autrici

2. Policies, dialogo istituzionale e aspetti organizzativi

Le policies, la loro creazione e le esperienze fatte in merito, oltre che la loro implementazione, sono state protagoniste a Messina 2014. La sessione dedicata alle breakout session, [1] che ha aperto i lavori della prima delle due giornate, è stata interamente dedicata alle politiche istituzionali per il deposito della letteratura scientifica e dei dati della ricerca negli archivi aperti. Sono stati tre i temi specifici trattati nel corso delle sessioni: i modelli organizzativi nella implementazione delle policy e l'importanza del dialogo istituzionale che deve precedere l'adozione delle politiche; l'integrazione tra i CRIS e gli Archivi Aperti; le politiche per il deposito dei dati della ricerca, con particolare riferimento all'ambito dei dati della biomedicina. Le sessioni sono state pensate per creare un'opportunità di riflessione corale intorno alle politiche istituzionali che nella Road Map vengono identificate come obiettivi strategici per lo sviluppo dell'accesso aperto in Italia nei prossimi quattro anni. Proprio per favorire il confronto diretto tra i partecipanti, subito dopo le relazioni introduttive delle moderatrici, i lavori delle breakout session sono proseguiti in sessioni parallele. Gli spunti di discussione emersi nei diversi gruppi e le proposte per avviare la definizione di un piano di azione che conduca gli atenei italiani ad adottare politiche per il deposito dei risultati della ricerca sono stati poi condivisi in plenaria nelle relazioni conclusive delle moderatrici.

Paola Galimberti, dell'Università di Milano, ha aperto i lavori con una panoramica dei progressi più recenti dell'Open Access in Italia: molti dei nuovi statuti degli atenei italiani hanno recepito l'accesso aperto al loro interno, numerose università hanno formalizzato l'obbligo di deposito di tesi di dottorato nei repository istituzionali, sono nate iniziative di pubblicazione, ed alcuni Atenei si sono dotati di policy istituzionali per il deposito dei risultati della ricerca negli Archivi aperti. Galimberti ha ricordato inoltre il nuovo catalogo della ricerca Cineca, IRIS, per il deposito dei metadati e dei testi pieni dei lavori di ricerca, in modalità aperta, strumento utile non solo per la raccolta e la conservazione dei risultati della ricerca ma anche per la loro esposizione.

Stefania Arabito dell'Università di Trieste ed Elena Giglia dell'Università di Torino, rappresentanti degli Atenei che per primi hanno adottato, rispettivamente, una policy e un regolamento Open Access, hanno condiviso in modo appassionato e spumeggiante le proprie esperienze rispetto all'elaborazione e all'adozione di tali strumenti.

In particolare Elena Giglia ha condiviso il timore che il concetto di accesso aperto non sia così chiaro tra ricercatori e docenti, e che il silenzio possa creare un ulteriore muro di incomprensioni falsi miti e malintesi; da qui l'importanza della promozione capillare dell'Open Access all'interno degli atenei, e del dialogo istituzionale utile a rompere il muro di indifferenza che lo circonda, concetti sui quali ha insistito con forza.

"A ciascuno il suo", suggerisce Giglia ricorrendo a Sciascia, per ribadire l'importanza di utilizzare argomenti e temi differenti a seconda degli interlocutori. Si dovrà parlare di ritorno sugli investimenti e di riconoscimento delle competenze in Consiglio di Amministrazione, di visibilità, disseminazione della ricerca e aumento delle citazioni in Senato Accademico, di prestigio nei dipartimenti.

All'Università di Torino si è ritenuto opportuno creare consapevolezza sulle reali logiche dell'accesso aperto e sui vantaggi per i ricercatori attraverso eventi di lancio, corsi di formazione teorico-pratici per i bibliotecari, seminari nei dipartimenti e per i dottorandi, e la creazione di un portale informativo. [2] Oltre a due eventi di livello internazionale, in ogni dipartimento si sono tenuti seminari interattivi, che hanno fatto emergere obiettivi ed esigenze diverse, e che hanno avuto lo scopo di far comprendere che, al di là dell'obbligo normativo, l'accesso aperto è soprattutto garanzia di trasparenza anche nell'utilizzo dei fondi pubblici destinati alla ricerca. L'accesso aperto ha, infatti, come suo principio di fondo l'assunto che se i finanziamenti ottenuti nelle università e negli enti di ricerca sono pubblici, anche i risultati delle ricerche finanziate dovranno essere pubblicamente disponibili.

A Torino è richiesto ai ricercatori di "depositare la copia digitale del prodotto nella versione consentita dall'editore per la diffusione in accesso aperto, che verrà messa a disposizione senza finalità di lucro". Il Regolamento ha previsto, inoltre, un forte legame tra la disponibilità ad accesso aperto e la valutazione della ricerca che si esprime nel passaggio relativo alla non valutabilità dei prodotti della ricerca, che pur potendo essere depositati, non vengano inseriti nel repository istituzionale. Con il deposito quindi i docenti non sono obbligati a cambiare le proprie abitudini editoriali, pubblicando necessariamente su riviste Open Access, ma devono soltanto rendere disponibile la versione consentita nel repository istituzionale.

Il Regolamento prevede naturalmente il rispetto del periodo di embargo e l'istituto della deroga all'obbligo di deposito. Il modello seguito a Torino si è ispirato ai principi della policy dell'Università di Liegi, presentata nella seconda giornata da Bernard Rentier, Rettore della stessa Università, il cui mandato si è da poco concluso.

Le Linee Guida sulle policy, così come gli esempi di policies esistenti, sono principi generali forti a cui fare riferimento. Stefania Arabito ha fatto presente che, nella definizione di una policy, si rende necessaria a monte una seria analisi del contesto nel quale la policy andrà a ricadere, oltre che un'attenzione particolare alla cultura dell'organizzazione e ai microcosmi disciplinari che presentano pattern comportamentali diversi.

"No one size fits all": l'analisi del contesto consente di comprendere sino a dove sia possibile spingersi e quali siano i modelli più adatti alla propria istituzione. Modelli accentrati o decentrati non sono da considerarsi, infatti, positivi o negativi a priori, ma vanno sempre legati al contesto di riferimento. Da Trieste il riferimento teorico è stato sulle "learning organizations" (Garvin, 1993 [3]), un modello interessante che rimanda alle comunità di pratica. Arabito ha proposto l'idea di policy di Peter Suber, [4] che individua come politiche di successo quelle fondate su aspettative, formazione, incentivi ed assistenza, da preferire, quindi, alle politiche basate su coercizione e ottiche di tipo impositivo.

3. Strumenti" istituzionali per l'attuazione dell'Open Access: policies come punto di partenza, supporto e organizzazione

La necessità di una forte volontà politica e tecnica, di un supporto istituzionale e di un mandato altrettanto forte sono stati concetti ripresi più volte nei diversi interventi.

Si è detto che l'approvazione delle policies è un traguardo importante e che va visto in realtà come un punto di partenza.

Giglia ha sottolineato l'importanza di dotarsi di una struttura solida e stabile, ma al tempo stesso flessibile, e di definire compiti, strutture, strumenti di supporto e consulenza, e livelli di servizio. I docenti e i ricercatori non possono essere lasciati soli, ha ribadito Arabito, ma supportati ed aiutati. Tuttavia è anche opportuno essere realisti rispetto al livello di servizio che si è in grado di offrire, porsi obiettivi raggiungibili e sostenibili basati sulla valutazione delle risorse che si possono mettere in campo.

Arabito ricorre alla metafora della big band, contrapposta alla one man band. Occorrono una direzione puntuale e professionale, una commistione di approcci bottom up e top down. Nella band esistono varie sezioni, la ritmica che sostiene, i fiati che devono collaborare, ascoltarsi. Occorrono circolazione di saperi ed esperienze, altrimenti il tutto "non suona bene". D'altra parte si suonano brani che sono standard - servizi che vanno presidiati - ma nessuna band suona lo stesso pezzo allo stesso modo, le interpretazioni sono differenti.

Arabito ha ricordato che sono richieste competenze specifiche da parte di chi deve agire come facilitatore dell'accesso aperto e cita ancora una volta Peter Suber e il suo richiamo all'importanza dell'education. [5] Sono molteplici le competenze che devono concorrere al lancio di una policy e al modello organizzativo che essa nel concreto richiede, competenze che attengono soprattutto al personale tecnico amministrativo che è di supporto al processo.

E' importante conoscere la storia dell'accesso aperto, seguirne l'evoluzione, essere addentro nei principi della valutazione, avere competenze tecnologiche. Sono altresì necessarie competenze legali, tecniche e di comunicazione. Il processo è, infatti, complesso e va presidiato in tutte le varie fasi. E' anche necessario lavorare insieme per l'unico obiettivo mettendo in campo competenze diversificate. Il Gruppo di lavoro o la Commissione per l'accesso aperto, che lavorerà alla redazione della policy e alla sua implementazione, dovrà avere carattere misto, essere formato da docenti, tecnici, bibliotecari, e lavorare in collaborazione con la Commissione Ricerca.

Quando si stilano le policies, e quando si pensa ad un'organizzazione a supporto dell'Open Access, occorre tener presente che spesso manca una consapevolezza sulle possibilità di gestione dei propri diritti rispetto ai contratti editoriali. L'Ateneo di Torino sta lavorando da tempo ad un censimento delle politiche editoriali degli editori italiani per conoscere le loro posizioni rispetto all'accesso aperto, anche se l'operazione non è senza difficoltà; inoltre, ha stipulato un accordo con Open Edition [6] per la pubblicazione di monografie nell'area delle scienze umane e sociali;

Roberto Caso (Università di Trento) ricorda che le regolamentazioni sono essenzialmente improntate a due logiche: autoritarismo e dispotismo, pur se illuminato, con decisioni a cascata, atte a condizionare il comportamento e la logica dell'università come impresa, che funziona se c'è un "capo". L'Open Access, tuttavia, è una visione democratica del mondo, per cui non pare possibile fare democrazia in modo autoritario. Come fare allora? Caso suggerisce di portare il dibattito a livelli più elevati e non focalizzarsi sui dettagli. Inoltre sottolinea che esiste un problema di qualità dei dati empirici dell'OA ed una necessità di pubblicazione delle statistiche sui dati relativi all'applicazione delle policies: monitorare le policies, cercare di comprendere gli effetti della loro applicazione potrebbe incentivare la pratica dell'Open Access.

Anche Elena Giglia ritiene che sia fondamentale cercare di offrire strumenti di feedback dai quali si evincano il numero di download, di citazioni, per mostrare che le operazioni di apertura dell'accesso hanno ricadute positive sulle attività di ricerca e sul prestigio dei ricercatori e dell'istituzione. Per la stesura del regolamento o della policy si potrà fare riferimento alle Linee Guida disponibili in ambito internazionale, alle Linee Guida redatte dal Gruppo di lavoro sull'Accesso Aperto della CRUI [7] e ad altri strumenti, tra i quali le Linee Guida per l'implementazione di politiche ad accesso aperto redatte nell'ambito del progetto MedOANet. [8]

4. Aspetti tecnologici

Nella sessione coordinata da Susanna Mornati del Cineca si è parlato di integrazione tra i CRIS (Current Research Information System) e gli archivi aperti, oltre che delle soluzioni che permettono di raccogliere tramite un unico punto di inserimento i dati sulla ricerca e i dati della ricerca (pubblicazioni peer reviewed e dati generati durante la ricerca). Si tratta di soluzioni che prevedono che i dati sulla ricerca e della ricerca siano aperti e interoperabili, in modo da permetterne il riutilizzo in una varietà di contesti (conservazione, aggiornamento, awareness, discovery, visibilità, citazione, impatto, misurazione, valutazione ecc.).

Si è partiti da una breve analisi dei modelli di CRIS, ossia i sistemi di gestione della ricerca e degli archivi aperti nel contesto italiano, che attualmente vede diversi atenei dotati di un CRIS (ad esempio gli atenei italiani che avevano U-GOV Catalogo della Ricerca), ma sprovvisti di un archivio istituzionale; altri invece dotati del CRIS (U-GOV) e di un archivio istituzionale, ma senza alcuna integrazione tra i due; e infine istituzioni che hanno realizzato l'integrazione tra archivio istituzionale e CRIS (U-GOV) attraverso il trasferimento dei metadati e delle relative pubblicazioni dal CRIS all'archivio aperto. La soluzione integrata che prevede l'archivio aperto come componente del CRIS è portata avanti da alcuni anni dal Cineca, e a partire dal 2014, sostituisce UGOV- Catalogo della Ricerca.

L'archivio istituzionale, e quindi l'accesso aperto, entrano a far parte del sistema dedicato al censimento delle risorse, delle attività e dei risultati connesse alla ricerca, diventando un componente essenziale del desktop del ricercatore ma anche di quello dei gestori/decisori politici. Quindi l'archivio aperto non è più optional ma è parte integrante del sistema della ricerca, fornendo la massima visibilità all'esterno dei risultati della ricerca (vedi pubblicazioni peer reviewed, dati della ricerca)

Si è accennato allo scenario futuro nel quale, sempre di più, i dati sulla ricerca e della ricerca potranno migrare da un contesto all'altro, senza duplicazioni, per rispondere alle esigenze e agli sviluppi delle infrastrutture nazionali (ad esempio sito docente nel caso dell'Italia) e internazionali (la piattaforma OpenAIRE).

Di OpenAIRE si è parlato nella giornata del 4 nell'intervento di Paola Gargiulo, sempre di CINECA. OpenAIRE aggrega risultati accademici e scientifici, inclusi dati e letteratura depositati negli archivi istituzionali o tematici, e dati su progetti, persone, enti, ecc., mantenuti in sistemi informativi per la ricerca. La piattaforma offre servizi integrati diretti ai ricercatori, ai gestori di archivi delle pubblicazioni e dei dati, ai coordinatori di progetto e ai finanziatori della ricerca, per trovare, accedere, analizzare,  correlare e questa informazione. OpenAIRE è stata rifinanziata in Horizon 2020 per il trienno 2015-2017 con il progetto OpenAIRE20

Si è parlato dell'importanza del DOI per l'identificazione delle pubblicazioni e di ORCID, per l'identificazione univoca degli autori. Mornati ha annunciato che è in corso una trattativa con l'agenzia ANVUR, che è interessata - per le pratiche di valutazione - all'adozione dell'identificativo ORCID, [9] il codice identificativo persistente che serve a identificare in modo univoco un ricercatore. Il codice è assegnato in fase di registrazione sul sito dalla omonima associazione aperta e no-profit. In conclusione, Mornati ha sostenuto in modo efficace che le tecnologie aperte e interoperabili oggi esistono: il punto è adottarle e affrontarne le sfide.

L'orientamento verso un'architettura integrata, che combini in un unico strumento il censimento delle pubblicazioni e la raccolta di dati per lo svolgimento di funzioni amministrative interne, e che renda possibile anche un livello di apertura verso il mondo esterno, sembra in effetti la direzione presa non solo da Cineca con IRIS, ma anche da Thomson Reuters. Il fatto che esista la possibilità di entrare nei processi di disseminazione e valutazione con un componente integrato può essere uno stimolo per l'adozione di politiche di Open Access. Paola Galimberti ha sottolineato come un CRIS, costituito come modulo portante dal deposito istituzionale, sia un'occasione da non perdere per esporre la ricerca di ateneo non solo come metadati ma anche come full text, uno strumento utile per realizzare la propria policy.

5. Open Science

A livello teorico, Paolo Manghi [10] e Annamaria Tammaro [11] (per AIB) ricordano il Quarto paradigma, quello dell'esplorazione dei dati, nato da una relazione di Jim Gray nel 2012, che combina teoria, simulazione ed esperimento e sostiene che il ciclo delle pubblicazioni si debba integrare con il ciclo della ricerca, per cui l'Open Access diviene un prerequisito di base della Scienza Aperta. Il professionista dell'informazione non è solo coinvolto nella creazione delle pubblicazioni ma anche nella gestione dei dati, per cui ci sono diverse competenze e responsabilità da considerare e riconoscere.

Manghi evidenzia come ormai le infrastrutture di ricerca vadano di fatto già oltre la letteratura e che esistono depositi per la pubblicazione dei dataset e degli esperimenti, presentando le sfide scientifiche e tecnologiche alla base della disseminazione di tutti i prodotti della ricerca. Il confronto tra il workflow editoriale relativo alle pubblicazioni, piuttosto consolidato, e quello ad oggi abbozzato relativo alla condivisione dei dataset e degli esperimenti presenta forti differenze, anche se potrebbe essere utile sfruttare i workflow esistenti. Per open data e loro aperture esistono due soluzioni: riviste dedicate dove alloggiano i data paper cui è associato un dataset e i compound objects, ossia pacchetti informativi contenenti la letteratura, i dati, gli elementi di contesto che possono servire per l'interpretazione (esperimenti, ecc.).

Di open data (anche se con focus sulla biomedicina) si è parlato già nella breakout session "L'ABC… degli open data in biomedicina: Accesso, Barriere, Condivisione". La sessione è stata aperta e moderata da Elisabetta Poltronieri [12] dell'Istituto Superiore di Sanità, che ha introdotto il tema ricordando che è fondamentale, quando si parla di dati, considerare il tipo di dato, la privacy associata non solo ai dati ma anche alle combinazioni di dati, il possibile grado di apertura dei dati nonché la provenienza, e che certamente i ricercatori sono attualmente messi alla prova con il pilot uscito in Horizon 2020. Una politica trasparente dei dati è auspicabile per diversi scopi e auspicata da diverse parti (associazioni dei pazienti, organismi regolatori, normativa europea). Poltronieri rileva come il riconoscimento degli open research data potrebbe contrastare la resistenza ad una cultura di apertura. Per riconoscimento si parla di carriera per ricercatori e tecnici, tracciabilità delle informazioni, controllo degli accessi e monitoraggio/misurazione, rispetto dei vincoli etici e legali.

6. Necessità di un approccio sistemico all'OA

Paola Galimberti ha ricordato che, a fronte delle iniziative portate avanti nei singoli atenei per l'adozione di policies e l'implementazione di archivi istituzionali rispondenti ai bisogni dei singoli contesti, sia necessario un sostegno da parte del Ministero e che l'accesso aperto dovrebbe essere una priorità nell'agenda del Ministero stesso, con azioni normative e finanziamenti ad hoc a supporto dell'Open Access. La necessità di una visione di sistema, piuttosto che parziale, è stata condivisa da Stefania Arabito, che ha ricordato le infinite complessità del concetto di accesso aperto, di uno spettro di gradazioni e delle differenze tra accesso libero e gratuito. Arabito ha rilevato, inoltre, che le prassi e gli approcci diversi nelle varie aree disciplinari costituiscono un ulteriore elemento di complessità.

Roberto Caso ha quindi accennato alla proposta, lanciata il 20 ottobre 2014 nell'incontro sull'Open Access svoltosi a Trento, [13] di costituzione di un'associazione per la promozione dell'accesso aperto, un soggetto giuridico che funga da collante tra i vari atenei, con una funzione diversa rispetto a quella degli organi politici come la CRUI e il CUN, rivolta ad iniziative di formazione capillare. L'associazione si pone come un raccordo tra un approccio bottom-up del movimento, e un approccio top-down dell'istituzione.

7. Le "strade colorate" dell'Open Access

Un altro aspetto dell'approccio sistemico è che sembra che sia giunto il momento ripensare ai colori dell'Open Access. Secondo Bernard Rentier (Rettore di Liegi), che ha parlato in sede di giornata politica, il Gold Open Access è un termine ormai utilizzato in maniera distorta, è diventato un sogno, un'utopia.

L'interpretazione data dagli editori all'Open Access, in effetti, non sembra semplificare le cose per gli Atenei. La loro interpretazione della "Gold Road" è, di fatto, quella che Antonella De Robbio dell'Università di Padova definisce "via rossa", una via scivolosa e pericolosa che di fatto strumentalizza l'Open Access creando il fenomeno del double diping, per cui gli editori, oltre a percepire le somme derivanti dagli abbonamenti alle riviste, ricevono anche dai 1000 a 5000 € dalle istituzioni per "liberare gli articoli".

Se Maria Bellantone di Springer, nella sessione dedicata all'editoria commerciale, suggerisce di evitare di perdere la percezione del valore, e di non confondere Open Access con accesso "gratuito", De Robbio cita il fenomeno ancora più insidioso della via nera, ossia editori predatori che strumentalizzano l'Open Access sfruttando l'editoria di vanità di dottori di ricerca che chiedono di rimuovere la loro tesi di dottorato dagli archivi aperti a seguito di promesse false e ingannevoli di tali editori, che rischiano di compromettere la reputazione del giovane ricercatore.

8. Diritto d'autore

Antonella De Robbio [14], in giornata politica, si sofferma sugli aspetti legati alla gestione dei diritti (questione rimasta congelata da dieci anni), con un intervento sulla gestione dei diritti lungo le vie dell'accesso aperto, citando alcune delle domande chiave relative alla detenzione dei diritti o alla loro cessione, al rispetto del copyright in caso di deposito nell'archivio di ateneo, al versioning, alla libertà di scegliere dove pubblicare (vedere le slides). Sottolinea che per pubblicare gli editori non avrebbero bisogno di richiedere il copyright, ma che nella pratica questo avviene nella maggior parte dei casi, con diversi tipi di licenze. Parla inoltre del problema dell'embargo, e di come si tratti in questo caso anche di un problema economico, non limitato esclusivamente ai diritti.

De Robbio introduce inoltre gli strumenti che consentono all'autore di mantenere i propri diritti, come addendum e licenze LtP. Le istituzioni non sono ancora entrate nell'ottica di una gestione consapevole del patrimonio intellettuale che gli autori "regalano" a terze parti del mercato editoriale. La mancanza di una concreta gestione economica dei diritti da parte delle istituzioni influenza negativamente anche l'impatto citazionale dei risultati della ricerca, che viene frantumato nelle miriadi di versioni depositate negli archivi istituzionali – laddove non disertati dagli autori – nei portali commerciali disciplinari entro reti sociali 2.0.

Il problema della copia è un problema sottovalutato, reale e concreto e strettamente correlato alla questione dei diritti, anche se gli autori, come De Robbio ha sottolineato, non ne hanno percezione. Il rischio è che si configurino due canali paralleli, che corrispondo una alla via verde, una sorta di canale di serie B con depositate versioni non certificate, pre-print, post-print, manoscritti accettati d'autore (AAM), e la seconda di classe A, sui siti degli editori, una sorta di via maestra dove troneggia la versione editoriale PDF regolarmente citata. Ma questa via maestra non è sempre una via aurea, ma spesso è una via ad ostacoli, una via rossa.

Celina Ramjoué, Rappresentante della Commissione Europea, comunica che è stata identificata una nuova commissione per trattare il tema del diritto di autore e si spera che si pervenga ad un'eccezione per il diritto e la scienza.

Cameron Neylon, nel portfolio che propone come approccio all'Accesso Aperto, inserisce come base fondamentale l'acquisizione da parte dell'istituzione di tutti i diritti relativi alla pubblicazione (sul modello delle policy di Harvard); disporre dei diritti è inoltre una delle premesse per la garanzia della conservazione nel tempo.

9. OA e qualità

Sembra ormai condiviso, sia da parte dei protagonisti accademici che degli editori, che Open Access non sia più sinonimo di scarsa qualità, poiché in ogni caso esiste un processo di peer review delle pubblicazioni.

Roberto Delle Donne, Coordinatore del Gruppo di lavoro Open Access della CRUI, ha sottolineato che la garanzia di qualità delle pubblicazioni è per lo più assicurata dai comitati scientifici delle riviste e delle collane, oltre che dall'esercizio della "peer review" a livello internazionale, e per questo è importante comprendere che la funzione di certificazione di qualità non è in capo agli editori.

Stefano Bianco, considerando che il costo principale della diffusione di pubblicazioni e della certificazione della qualità è la peer review, ha lanciato l'idea di un organismo di certificazione indipendente.

Dal canto loro, gli editori hanno voluto precisare che il loro approccio all'accesso aperto non è diverso rispetto al modello tradizionale di pubblicazione. Bellantone di Springer afferma che le regole della peer review sono le stesse sia per il modello tradizionale sia per l'Open Access. Anche Carloni di Web of Science (Thomson Reuters) ha sottolineato che non ci sono differenze nella selezione delle riviste OA rispetto alle altre e che il tasso di accettazione è allineato con quello generale. A chi chiede se il pagamento di un contributo degli autori non crei un rischio di qualità per l'Open Access Stefano Tonzani di Wiley risponde che i processi di peer review e il pagamento delle fees per pubblicare ad accesso aperto restano sempre processi separati.

Maria Chiara Pievatolo (Università di Pisa), muovendo dall'esperienza del Bollettino Telematico di Filosofia Politica, ha sottolineato il contributo di qualità che gli overlay journals possono dare alla comunicazione scientifica negli ambiti delle scienze umane e sociali.  Le riviste appartenenti alle discipline non bibliometriche sono oggi strette nella morsa dei modelli economici del mercato editoriale e delle logiche classificatorie dei processi di valutazione, che risultano in piena antitesi con lo spirito socratico della qualità che trae alimento dal dialogo e dalla confutazione.  

Come ha spiegato ancora Pievatolo l'overlay journal - "rivista copertina che pesca nel mondo dell'accesso aperto" riproponendo testi scelti tra quelli già pubblicati e dando loro visibilità - può assicurare processi di revisione ex post aperti, gestiti all'interno della stessa comunità scientifica e, se di piccole dimensioni e per questo economicamente sostenibili, può assicurare gratuità agli autori e ai lettori, evitando il rischio di finire nelle maglie dell'editoria predatoria (via nera)

10. Una tavola rotonda dedicata alle policies

L'esigenza di costruire una visione sistemica dell'accesso aperto, e l'intento di lavorare insieme per un'armonizzazione delle policies italiane, [15] sono state alla base dell'idea di organizzare la tavola rotonda con i delegati rettorali degli atenei che si erano già dotati di politiche istituzionali Open Access. La tavola rotonda, moderata da Mauro Guerrini, Presidente della Commissione Open Access, Università di Firenze, si è tenuta nella seconda giornata ed è stata in qualche modo speculare alla sessione tecnica del primo giorno, fornendo spunti interessanti sulle scelte politiche che hanno caratterizzato il percorso di adozione delle policies, per cui ci sembra importante riportarle brevemente, ma con una premessa.

L'intervento di Bernard Rentier, che ha preceduto la tavola rotonda, è stato particolarmente significativo, anche in considerazione del ruolo di riferimento che, in larga parte, la policy di Liegi ha costituito per i modelli di policies italiani sin qui adottati. Il modello di Liegi, basato sull'ID/OA, [16] prevede il deposito nell'archivio istituzionale di tutte le pubblicazioni a testo pieno prodotte in ateneo nel rispetto dei periodi embargo previsti dagli editori, e dei metadati resi immediatamente disponibili ad accesso aperto.

Rentier ha sottolineato che il ricercatore deve aderire all'accesso aperto, e crederci, sentendosi libero di scegliere anche a fronte di una policy obbligatoria. Per questo motivo, a Liegi, si è ritenuto di non attivare l'apertura automatica dei prodotti depositati alla fine del periodo di embargo, lasciando la scelta agli autori. A Liegi, le pubblicazioni sono suscettibili di valutazione interna (fondi, promozioni, ecc.) solo se disponibili in forma aperta, e Rentier lo ha ribadito con una provocazione: "Unless their publication is in the repository, then it doesn't exist."

La policy, ha mostrato Rentier, ha avuto come effetto un notevole incremento delle pubblicazioni con full text nell'archivio aperto ORBi dal 2008 ad oggi. Il repository fornisce allo studioso una serie di dati statistici, relativi agli scarichi e alle visualizzazioni dei suoi articoli.

Analogo nesso con la valutazione della ricerca si rintraccia nelle policies italiane, come confermato dai delegati, per cui sono ammesse alla valutazione interna solo le pubblicazioni depositate. Enrico Pasini, Delegato ai Servizi Bibliotecari dell'Università di Torino, ha anche sottolineato che l'inserimento nel regolamento degli aspetti operativi è dovuto al tentativo di evitare blocchi o chiusure dopo l'adozione della policy. A chi afferma che il modello di Torino è più forte di altri, ha spiegato Pasini, va detto che in realtà l'obbligo di deposito previsto dalla policy non è tanto quello di pubblicare ad accesso aperto quanto di dichiarare la propria posizione.

Fabio Benedetti, Presidente della Commissione OA dell'Università di Trieste, con un richiamo alla posizione assunta da Randy W. Schekman, [17] premio Nobel per la medicina nel 2013, contro l'editoria scientifica commerciale, e dal riconoscimento dell'importanza dell'accesso aperto per lo sviluppo socio-economico, ha illustrato i tre pilastri dell'impegno istituzionale dell'Ateneo, sfociato poi nella recente policy: il repository istituzionale, interoperabile con U-GOV e dal 2015 con IRIS, il deposito obbligatorio delle tesi di dottorato, la casa editrice di ateneo con il 90% di pubblicazioni disponibili ad accesso aperto.

Roberto Caso, Delegato per l'Open Access dell'Università di Trento, ha precisato che l'accesso aperto è stato inserito come approccio istituzionale con apposita clausola nello statuto e nel codice etico, inserimento avvenuto anche a Venezia e a Trieste.

Emilia Perassi, Responsabile della Commissione OA del Senato Accademico dell'Università di Milano, ha sottolineato che la scelta dell'Ateneo di una Commissione OA in seno al Senato Accademico è stata dettata dalla volontà di dare alla Commissione un'istituzionalizzazione e un'identità forte e dalla consapevolezza che, così facendo, l'Open Access sarebbe divenuto un tema accademico. La policy di Milano non ha previsto l'obbligo di deposito perché non c'erano le condizioni adatte, ha spiegato la Perassi, che ha anche auspicato una maggiore condivisione delle politiche a livello nazionale.

Agostino Cortesi, Prorettore ai Rapporti con la Regione e le Istituzioni Politiche ed Imprenditoriali dell'Università Ca' Foscari dui Venezia, ha illustrato i vincoli e le incentivazioni con le quali l'Ateneo è riuscito a lanciare la propria casa editrice ad accesso aperto e a favorire il deposito delle pubblicazioni nel repository istituzionale, prevedendo rispettivamente che i fondi di ateneo potessero essere utilizzati solo per pubblicare ad accesso aperto nella casa editrice, e mettendo come vincolo per i finanziamenti individuali che almeno il 75% delle pubblicazioni di ogni autore fosse auto-archiviato. L'80% delle pubblicazioni 2011-2013 si trovano oggi in archivio e il 20% degli autori, senza sostanziali differenze tra le quattro aree disciplinari dell'ateneo, ha acquisito l'abitudine di depositare le proprie pubblicazioni. Altre azioni combinate sono state il supporto legale, tecnologico e l'avere coinvolto intorno al progetto di policy la Divisione ricerca, Biblioteche e Risorse Umane.

11. Editoria digitale ad accesso aperto e modelli di business

Tra le esperienze di pubblicazione di riviste ad accesso aperto, ha suscitato molto interesse l'intervento di Luigia Puccio del Gruppo di Lavoro OA dell'Università degli Studi di Messina, che ha illustrato l'esperienza decennale di pubblicazione condotta da SIMAI (Società Italiana di Matematica Applicata e Industriale) con la collaborazione del CAB [18] di Messina, che ha portato alla pubblicazione di Communications to SIMAI Congress, e Communications in Applied and Industrial Mathematics e della Collana SIMAI e-Lecture Notes. Ha colpito, in particolare, l'impatto impressionante, in termini di downloads, che ha caratterizzato il lancio in Open Access degli Abstracts corti del convegno SIMAI del 2006 su piattaforma OJS: in un anno, ha riferito Puccio, sono stati superati i 500.000 downloads da tutte le parti del mondo.

Pierre Mounier, Deputy Director di Open Edition [19], una piattaforma di pubblicazione di riviste e monografie dedicata alle scienze umane e sociali, ha illustrato il modello "Freemium" come modello economico sostenibile, basato sull'accesso aperto alle pubblicazioni, anche se in particolari formati, ma che prevede il pagamento di servizi a valore aggiunto o di formati differenti delle pubblicazioni.

Cameron Neylon, Director of Open Access Advocacy di Public Library of Science, [20] ha posto in evidenza l'importanza delle scelte istituzionali e di un approccio di tipo "portfolio", una combinazione di politiche per massimizzare la disseminazione, intesa anche come accessibilità, rapidità, possibilità di riuso, valore, qualità. Sono da compiere non più scelte in una sola direzione ma piuttosto una combinazione tra Institutional Repositories, Disciplinary Repositories, Subscription Publishing, Open Access Publishing.

Il "portfolio" richiederà l'acquisizione da parte dell'istituzione di tutti i diritti relativi alla pubblicazione (sul modello delle policy di Harvard); disporre dei diritti è, inoltre, una delle premesse per la garanzia della conservazione nel tempo. L'aspetto della conservazione a medio termine di dati e pubblicazioni, in effetti, è stato sollevato da più parti come fondamentale. Occorre prevedere contenitori ma anche stabilire, a livello politico, come conservare e preservare i dati per il futuro. Neylon considera la conservazione una componente fondamentale delle scelte istituzionali.

Una proposta di nuovo modello economico alternativo arriva dal CERN e dalla comunità dei fisici con SCOAP3 [21], descritto da Stefano Bianco. SCOAP3 è stato avviato con l'istituzione di un fondo, basato sugli importi in precedenza utilizzati per sottoscrivere abbonamenti, che serve a coprire le pubblicazioni Open Access per alcune riviste individuate con una gara pubblica. In questo modo gli autori non si fanno carico delle spese di pubblicazione, e il costo medio per articolo è più basso del costo di mercato (considerando che uno studio ha mostrato che più le riviste hanno impact factor alto più alto è il costo di pubblicazione). Le riviste SCOAP3 si attestano su una buona qualità, e il costo medio resta più basso della media. Per l'implementazione del modello sono stati fondamentali il coordinamento e il finanziamento iniziale del CERN, ma l'aspetto interessante dell'iniziativa è anche dato dal fatto che, per la prima volta, è stata lanciata una gara che ha messo gli editori in competizione tra loro, sulla base dei requisiti di qualità e di prezzo.

Infine, è apparso di notevole interesse l'intervento di Celina Ramjoué, Head of Sector on OA to Scientific Publications and data della Commissione Europea, anche per la dettagliata presentazione del programma Horizon 2020. Ramjoué ha illustrato il ruolo della Commissione Europea all'interno del più vasto contesto della scienza aperta, sia nella veste di policy maker sia in quella di finanziatrice della ricerca, chiarendo come, in tale veste, la Commissione abbia previsto, nell'ambito di Horizon 2020 e in armonia con la sua visione, specifiche norme per assicurare l'accesso aperto alle pubblicazioni e ai dati della ricerca.

Sara VallaSara Valla, Benedetta Alosi, UniPR Co-Lab - Università degli Studi di Parma, e-mail: ...


Benedetta Alosi, Settore Polo Scientifico e Tecnologico del SBA - Università degli Studi Messina , e-mail: alosib@unime.it

Note

[1] Sul sito della Conferenza di Messina, nella pagina del programma, alla URL <http://decennale.unime.it/?page_id=526>, sono disponibili le presentazioni e le registrazioni video di tutti gli interventi tenuti nelle due giornate.

[2] <http://www.oa.unito.it/>.

[3] Cfr. David A. Garvin, Building a learning organization, "Harvard Business Review", July 1993, <https://hbr.org/1993/07/building-a-learning-organization>.

[4] Cfr. Peter Suber, Open Access, MIT Press, 2012, <http://mitpress.mit.edu/books/open-access>.

[5] Peter Suber, cit.

[6] Open Edition, <http://www.openedition.org/>.

[7] CRUI - Commissione Biblioteche - GdL OA, Linee guida per la redazione di policy e regolamenti universitari in materia di accesso aperto alle pubblicazioni e ai dati della ricerca, 2013, <http://www.crui.it/HomePage.aspx?ref=2200>.

[8] Progetto MedOAnet – Linee Guida MedOAnet per l'attuazione di politiche per l'accesso aperto per le università, enti di ricerca e enti finanziatori, (2013). <http://www.medoanet.eu/sites/www.medoanet.eu/files/documents/GUIDLine_dp_%CE%99%CE%A4_ws2.pdf>.

[9] ORCID - Open Researcher and Contributor ID, <http://orcid.org/>.

[10] Paolo Manghi, Sfide scientifiche e tecnologiche verso l'accesso aperto a tutti i prodotti della ricerca, <http://decennale.unime.it/wp-content/uploads/2014/11/Manghi_Messina_04112014.pdf>. Sul sito del Decennale è possibile scaricare la registrazione audio.

[11] Annamaria Tammaro, Il Quarto paradigma: open data e biblioteche, <http://decennale.unime.it/wp-content/uploads/2014/11/Tammaro_Messina_03112014.pdf>.

[12] Elisabetta Poltonieri L'ABC… degli open data in biomedicina: Accesso, Barriere, Condivisione,

<http://decennale.unime.it/wp-content/uploads/2014/11/Poltronieri_Messina_03112014.pdf>.

[13] Università di Trento, Facoltà di Giurisprudenza, Open Access e Scienza Aperta: stato dell'arte e strategie per il futuro, <http://www.jus.unitn.it/services/arc/2014/1020/home.html>.

[14] Antonella De Robbio, La gestione dei diritti lungo le vie dell'accesso aperto: prospettive a dieci anni di distanza, <http://decennale.unime.it/wp-content/uploads/2014/11/DeRobbio_Messina_04112014.pdf>. Sul sito del Decennale è possibile scaricare la registrazione audio-visiva dell'intervento.

[15] Un gruppo di esperti, tra i quali figurano anche Alma Swan e Stevan Harnad, ha appena predisposto uno schema per Open Access Policies sul quale la comunità è stata invitata a confrontarsi: <http://scholarlycommunications.jiscinvolve.org/wp/>. L'approccio condiviso e l'armonizzazione delle politiche Open Access rientra anche tra gli obiettivi del progetto della Commissione Europea PASTEUR404; nell'ambito del progetto, si è tenuto di recente al Birkbeck College di Londra il Workshop dal titolo Working Together to Promote Open Access Policy Alignment in Europe. Nella sessione "Countries Share and Compare", la policy del Belgio era tra le esperienze condivise e Bernard Rentier ne è stato lo speaker. Le news sono tratte dalla lista di discussione LibLicence

[16] Immediate Deposit/Optional Access Mandate.

[17] Schekmann, che è anche editor della rivista Open Access "eLife, ha preso posizione con una lettera al quotidiano britannico "The Guardian", contro la tirannia esercitata dall'editoria scientifica commerciale: <http://www.theguardian.com/commentisfree/2013/dec/09/how-journals-nature-science-cell-damage-science>.

[18] Il Centro di Ateneo per le Biblioteche offre supporto tecnico per la pubblicazione di riviste ad accesso aperto su piattaforma OJS: <http://cab.unime.it/journals/>.

[19] Il sito di Open Edition si trova alla URL <http://www.openedition.org>.

[20] Il sito di Public Library of Science (PLOS) si trova alla URL <http://www.plos.org>.

[21] <http://www.scoap3.org>.




«Bibliotime», anno XVII, numero 3 (novembre 2014)

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