di Luca Ferrieri
Credo che il bisticcio del titolo, che non è solo linguistico, sia
intenzionale, naturale, obbligato. Rileva la formidabile ambiguità
del termine (e della pratica) di promozione della lettura.
Proporrò una rapida rassegna delle ambiguità [con questa
premessa-avvertenza: spero non ci siano equivoci nel mio cahier de
doléances, critiche e autocritiche. Essendo un promotore della
promozione, un pasdaràn della centralità della lettura, ecc.
ecc., il mio rigirare il coltello nella piaga non nasce da volontà
denigratoria o abdicatoria, ma dalla esigenza esattamente contraria, quella
che la promozione della lettura sia all'altezza della sfida. Se poi con le
mie incaute affermazioni "farò il gioco" dei nemici della lettura,
che sono tanti, ben organizzati e ben mimetizzati, pazienza. Ho imparato
che non bisogna mai farsi tappare la bocca da questo argomento. I nemici
sono nemici, gli amici amici, anche se apparentemente dicono le stesse
cose].
Promozione è una brutta parola - sa di club mediterranée, di
scoutismo, di deportazione di non lettori. Contrabbanda implicitamente uno
sbocco di mercato, quando è ormai risaputo (io dico per fortuna) che
la lettura non è più pedigree culturale, pas-se-par-tout per
le carriere, leva di sapere-potere.
Sul risvolto dei promossi ecco apparire i bocciati-rimandati:
un'attività che è nata sottobanco, sotto il banco, viene
beffata da un linguaggio scolastico. A volte ritornano. [Nuova parentesi:
si può e si deve fare promozione contro la scuola, ma non senza la
scuola, come se la scuola non esistesse. La scuola in tal caso si vendica e
condanna la promozione pura e dura all'irrilevanza]. Torna con i bocciati
della promozione (i recalcitranti recidivi, gli irriducibili della non
lettura, gli orgogliosi di non leggere) l'ombra dell'esclusione su
un'istituzione, come la biblioteca pubblica, che si vuole e deve essere
istituzione dell'inclusione per eccellenza.
Sarebbe più bello chiamare la promozione furore (alla francese) o
fomento (alla spagnola), ma…
Nomen omen: se la promozione si chiama così una ragione ci sarà che non sia solo linguistica. La promozione
Mi riferisco in particolare
Capace di :
- affermare il ruolo delle biblioteche nella difesa del diritto d'autore
visto che esse contribuiscono in maniera decisiva a far conoscere opere di
autori fuori commercio, bistrattati e dimenticato dalla patria editoria;
- dividere il fronte innaturale tra editori e autori;
- abbozzare una nuova concezione della proprietà intellettuale
nell'epoca della riproduzione digitale.
Questo significa che la promozione dovrà deporre ogni eccesso di
pedagogismo, ogni pretesa di conversione, dovrà farsi insieme
più modesta (perché cesserà di rivolgersi alla marea
dei non lettori orgogliosi e ostinati, per privilegiare il servizio a
favore dei lettori - forti, deboli, felici, infelici, ex o neo, in crisi o
in crescita; insomma quanti, comunque, hanno scelto la lettura come
orizzonte possibile di sapere e di piacere) e più radicale
(perché cesserà di pensare a un mondo diviso in lettori e
non-lettori, quasi uomini e no, ma a un mondo in cui tutti possano leggere
e quindi siano anche liberi di non farlo, senza etichette o sanzioni).
Questa è per me la dimensione della promozione della lettura che
forse potrà spezzare le sue ambiguità, anche prendendosene
gioco.
Promozione della lettura come difesa della differenza, della
biodiversità. Contro ogni dogma, compreso quello di leggere. Se la
libertà è sempre libertà di chi pensa diversamente, la
lettura è sempre lettura di chi legge diversamente.