Promozione della lettura alla Biblioteca Nazionale Marciana: tra progetto nazionale e interazione col territorio

Annalisa Bruni

Gli italiani leggono poco, pochissimo, praticamente niente. Le statistiche dicono infatti che solo il 46 % dei nostri connazionali legge almeno un libro all'anno che diventa un 55 % se si considerano i lettori di guide, manuali di cucina, gialli o rosa da edicola, i "lettori morbidi", come vengono definiti in contrapposizione ai "lettori forti" che non temono di varcare le soglie di una libreria (Dati tratti dall'articolo "E noi faremo come l'America", pubblicato il 14 febbraio 2000 su "Unità media"). Questo dato allarmante non è certo una novità: periodicamente, infatti, sui giornali compaiono articoli, inchieste, interviste che denunciano il grave stato di prostrazione in cui langue la lettura nel nostro paese, che ci vede molto lontani dalle percentuali di altri paesi europei, come ad esempio la Germania che si attesta al 72 %, o la Gran Bretagna che raggiunge il 76 %.

Nuovo, invece, è l'impegno di Giovanna Melandri, Ministro per i Beni e le Attività Culturali, intervenuta nel dibattito sorto attorno all'argomento con un articolo pubblicato il 10 settembre 1999 sul quotidiano "Il Corriere della sera", con il quale ha invitato gli scrittori e i poeti italiani a scendere in campo personalmente per "salvare il libro".

Per la verità da tempo le biblioteche pubbliche afferenti agli enti locali hanno attivato iniziative analoghe, organizzando incontri con l'autore o addirittura letture integrali di romanzi (come per esempio la Biblioteca civica di Mestre che ha osato proporre alla cittadinanza, lo scorso autunno, la lettura integrale "ad oltranza", cioè in una stessa serata, del romanzo La cantina di Thomas Bernhard, riscuotendo un notevole successo). L'impegno in questo senso delle biblioteche nazionali e statali -- che si configurano maggiormente come luoghi di studio "avanzato" -- non si era ancora inoltrato su questo terreno, più prettamente divulgativo e promozionale. Una svolta che non è stata esente da polemiche, anche aspre, da parte della stampa, di alcuni intellettuali e anche di diversi bibliotecari. Molti di noi ricorderanno la discussione che su questo argomento si e' sviluppata questo autunno su AIB-CUR, la lista di discussione dei bibliotecari italiani, e probabilmente a molti di noi è noto il contenuto dell'articolo a firma Elisabetta Francioni, uscito sul n. 3 del 1999 di "Bibelot", la rivista della Sezione Toscana dell'AIB.

Desidero innanzitutto dire che condivido molte delle perplessità e delle critiche che sono state sollevate sull'iniziativa, soprattutto in relazione al fatto che il progetto è stato pensato e diretto in modo verticistico senza tenere conto delle specificità delle biblioteche che vi sono state coinvolte. Io credo, tuttavia, che il progetto nazionale delle "Scuole di lettura in Biblioteca" sia stata un'occasione offerta alle biblioteche statali e nazionali per aprirsi alla contemporaneità, per riflettere sulla letteratura del proprio tempo arricchendo il proprio patrimonio intellettuale e bibliografico, nell'ambito delle proprie competenze, per altro, perché, non dimentichiamolo, le biblioteche statali e nazionali non devono soltanto incrementare le proprie collezioni in relazione al patrimonio "storico" che ne ha determinato l'origine e lo sviluppo, ma hanno anche l'importante funzione di documentare la cultura del territorio a cui fanno riferimento, raccogliendo tutto il materiale che potrà e dovrà costituire strumento di studio e di informazione per le future generazioni (si veda a questo proposito il nuovo regolamento delle biblioteche statali, DPR 5 luglio 1995, n. 417, art. 2). Un ciclo di letture che mettesse in luce la produzione letteraria (ma non solo) di autori contemporanei legati alla propria regione per origine o per affinità, non vedo come possa essere ritenuto fuorviante rispetto a tali premesse.

Ma torniamo al tema della promozione della lettura. Se è vero che il piacere di leggere è, come tutte le passioni, contagioso, chi meglio degli scrittori -- che prima di tutto sono lettori forti e impenitenti -- può partecipare a pieno titolo ad una crociata in favore della lettura? Roberto Denti ha affermato che la lettura ad alta voce, quindi condivisa e partecipata, è la più generosa forma d'amore che si possa immaginare. I bambini, si sa, amano molto ascoltare qualcuno che legge per loro un libro a voce alta. Questa forma di condivisione, però, termina troppo spesso con l'alfabetizzazione: quando i bambini sono in grado di leggere da soli, gli adulti smettono di leggere per loro (ma sarebbe meglio dire: insieme a loro). La lettura a voce alta e collettiva, invece, normale nell'antichità e ormai quasi abbandonata, può essere una grande risorsa nella battaglia per la diffusione della lettura; l'ha ben dimostrato Daniel Pennac nel suo libro Come un romanzo: spesso, è proprio dall'ascoltare qualche pagina letta da altri, o nel sentir parlare di un romanzo con passione, che nasce il desiderio di saperne di più, di andare a sperimentare di persona quel sottile piacere che è la lettura di un buon libro.

Partendo da quest'idea sono nate le "Scuole di lettura in Biblioteca", il progetto ministeriale che ha coinvolto, lo scorso anno, 20 biblioteche in 17 città italiane. Per tre mesi, dal 5 ottobre al 21 dicembre, tutti i martedì pomeriggio, le sale delle maggiori biblioteche statali e nazionali, in tutt'Italia, sono state aperte ad un pubblico più vasto e abbastanza diverso dall'usuale, tali istituti hanno proposto incontri con autori che leggevano pagine tratte dai propri libri, discutendone poi con gli intervenuti.

La Biblioteca Marciana ha aderito al progetto, inserendo il ciclo di incontri nell'ambito del percorso museale integrato dei Musei di Piazza S. Marco: gli appuntamenti letterari si sono svolti infatti nell'Antisala della Libreria Sansoviniana, dal 3 giugno 1999 aperta per la prima volta stabilmente ai visitatori di tutto il mondo. (Nei più importanti musei del mondo, come ad esempio il Metropolitan Museum di New York si creano occasioni di "contaminazione" di questo tipo, a museo aperto). Dodici gli scrittori e i poeti invitati: Pier Maria Pasinetti, Paolo Barbaro, Pia Fontana, Daniele Del Giudice, Giulio Mozzi, Riccardo Held, Tiziano Scarpa, Pasquale Di Palmo, Andrea Zanzotto, Marilia Mazzeo, Bianca Tarozzi, Gilberto Sacerdoti.

Sono stati chiamati per questa iniziativa a favore della diffusione della lettura, dunque, autori affermati ma anche emergenti o esordienti, per offrire percorsi di lettura il più possibile esaurienti e stimolanti (anche se, per il momento, parziali) nel panorama variegato della produzione letteraria contemporanea, privilegiando quella in qualche modo legata alla realtà veneta. Intenzione del Ministro era infatti, in questo primo ciclo (il secondo, che inizierà il 7 marzo 2000, affronterà altri aspetti della lettura) far conoscere quegli autori che avevano relazione con il territorio a cui la biblioteca fa riferimento. Il pubblico veneziano (ma non solo: molti sono venuti dalla terraferma e da altre città del Veneto) ha dimostrato di gradire molto la proposta: ha partecipato numeroso con una media di oltre 100 (per l'esattezza 100,23) persone ad ogni incontro, laddove l'agibilità è concessa per un massimo di 99. Si è riscontrata una presenza costante di studenti degli istituti superiori (liceo classico, scientifico, istituto navale) e universitari. Vivaci i dibattiti, che spesso hanno prolungato l'incontro oltre l'ora e mezza programmata. Ogni autore ha dato una diversa impronta al suo intervento, dando magistrale esempio di come la lettura, e l'approccio ad essa, possa e debba essere personale, diversificato e vario.

I dati generali, pubblicati da Elisabetta Francioni nell'articolo succitato, sono meno incoraggianti (nel titolo, ella parla addirittura di "flop": ai 240 incontri organizzati su tutto il territorio nazionale, i partecipanti sono stati complesssivamente 14.500, per una media nazionale, dunque, che si attesta sulle 60 presenze di media (poco più della metà di quelle registrate alla Marciana!). Per la Toscana nell'articolo si riportano dati ancora meno entusiasmanti: 30 presenze di media a incontro a Pisa. A Lucca si scende a 13-15 persone per volta, a Firenze il pienone si è raggiunto solo per il popolarissimo Michele Serra (70 presenze), mentre per Cesare Garboli si sono presentate meno di 20 persone.

Come spiegare tali differenze di risultato?

Io ho molto riflettuto su questo e sono giunta alla conclusione che probabilmente tali disparità sono dipese proprio dal centralismo dell'iniziativa che non ha tenuto conto delle specificità di ogni biblioteca, delle realtà del suo bacino d'utenza, delle necessità del territorio a cui essa fa riferimento.

Mi spiego meglio e per farlo dovrò gioco forza rifarmi alla mia esperienza, illustrando il contesto locale che può motivare il successo alla Biblioteca Marciana rispetto ad altre biblioteche dove l'iniziativa non ha avuto un riscontro positivo. Credo che solo così si possa concretamente cercare di capire il fenomeno.

Innanzitutto partiamo da una delle obiezioni avanzate da chi ha criticato le "Scuole di lettura in Biblioteca" dicendo che la promozione della lettura, iniziativa sacrosanta, "deve essere portata avanti nei luoghi giusti, cioè nelle biblioteche di pubblica lettura che hanno il compito precipuo di acquistare il romanzo o il saggio del momento" (così Francioni nel citato articolo) e di darli in prestito.

Ora, è noto che Venezia non ha una biblioteca civica, in quanto la biblioteca centrale del sistema bibliotecario comunale ha sede a Mestre. La Biblioteca Querini Stampalia, una biblioteca di fondazione privata, che egregiamente, e praticamente da sempre, svolge le funzioni di biblioteca civica, non ha, però, per ragioni statutarie, il servizio di prestito e, comunque, rimane una biblioteca storica dove difficilmente l'utenza va a consultare l'ultimo bestseller o l'istant book. Questa lacuna nell'ambito dell'offerta bibliotecaria cittadina, che vede operare sul territorio molte biblioteche di fondazioni e istituti privati di alto livello, nonché di istituti universitari che però non possono soddisfare le esigenze dell'utenza che non appartenga all'ateneo di riferimento Ca' Foscari o Architettura) ha spesso determinato un uso forse "spurio" dei servizi offerti dalla Biblioteca Marciana, che si trova, suo malgrado, a supplire a questa carenza. Ecco perché non si può, a mio parere, considerare "snaturante", sic stantibus rebus, l'idea di fare della Biblioteca Marciana un luogo d'incontro privilegiato relativamente alla lettura. Un luogo ricco di storia e di tradizione -- e spesso visto come scrigno impenetrabile e/o respingente -- che per la prima volta si è aperto ad un pubblico variegato, certo, ma unito dal fattore coagulante costituito dal piacere di ascoltare uno scrittore che legge e commenta pagine dei suoi libri, confrontandosi con i suoi lettori, sia reali che potenziali. Io non ci vedo, scusate, nulla di scandaloso.

Bisogna anche dire, che il programma pensato per gli incontri delle "Scuole di lettura in Biblioteca" non ha voluto adeguarsi alle tendenze del momento offrendo un programma influenzato da fenomeni di moda. In questo la Biblioteca Marciana non ha concesso sconti al suo pubblico. Ha scelto i suoi autori tra i più interessanti e innovativi del panorama letterario contemporaneo, offrendo un programma equilibrato, teso a presentare autori affermati come Daniele Del Giudice ed esordienti come Marilia Mazzeo, figure autorevoli come Andrea Zanzotto e Pier Maria Pasinetti e personalità irriverenti come Tiziano Scarpa, autori impegnati nella scrittura teatrale come Pia Fontana e scrittori sensibili al sociale come Giulio Mozzi e Paolo Barbaro, per citare solo alcuni tra gli autori invitati.

Come spiegare poi i dati tanto positivi dell'affluenza? Qui entra in gioco "l'interazione col territorio", a cui ho voluto dare risalto nel titolo dato alla mia comunicazione.
Cosa intendo con questa espressione? Intendo tutto quel lavoro di conoscenza della realtà territoriale in cui si deve muovere un ente che, iniziando un'attività nuova, voglia e debba promuoverla.
Per quanto riguarda l'esperienza della Biblioteca Marciana si è trattato di una fortunata confluenza di competenze e conoscenze pregresse che sono state utilizzate in questo frangente.
Non si deve dimenticare, prima di tutto, l'impegno della Biblioteca Marciana nei confronti della conoscenza e dell'approfondimento di autori veneti quali Ugo Facco De Lagarda, Giacomo Noventa e Luigi Carrer, a cui ha dedicato, unitamente all'Ateneo Veneto, importanti convegni in questi ultimi anni.

E poi c'è un altro fattore da tenere presente. Spero non verrà interpretato come immodestia, ma devo qui collegarmi ad altre iniziative di promozione della lettura, che da anni conduco a titolo personale, che hanno inciso molto nel successo di questa.

Per il Comune di Venezia ho organizzato dei "Laboratori di lettura" collegati alla mostra su Casanova organizzata a Ca' Rezzonico nel 1998: si trattava di approfondire alcune sezioni dell'esposizione attraverso percorsi di lettura tematici della produzione letteraria dell'epoca (il viaggio, l'erotismo, l'autobiografia, ecc.). Sempre per il Comune di Venezia, in collaborazione con un Circolo Culturale di Mestre, organizzo dal 1996 incontri con l'autore e letture nell'ambito della manifestazione estiva chiamata "Al fresco" e ospitata all'interno del napoleonico Forte Marghera. La caratteristica di questi incontri era quella di chiamare come relatori (o meglio, narratori) persone conosciute a livello cittadino, che però non si presentavano come critici letterari, ma come lettori. Il libro non doveva essere considerato come oggetto di studio, ma come oggetto di piacere. Si doveva comunicare una passione, un forte legame (anche fisico, emotivo, perché no?) col libro che si era deciso di raccontare.

Questa rassegna, dal titolo "I romanzi della nostra vita", è nata fondamentalmente da una suggestione. Per raccontarla devo partire da lontano. C'è una piazza, in una città molto distante da qui, che all'imbrunire si anima lentamente, prende vita, forma e colore; si illumina di fuochi, si riempie di chioschi che offrono cibo e bibite, risuona di ritmi e melodie, vibra di vita, con le sue danze e i suoi mille venditori. Chi c'è stato, avrà già capito che sto parlando di Jemaa el Fna, la straordinaria piazza di Marrakech, il vero cuore pulsante della città marocchina. Di notte, in un'atmosfera quasi infernale, tra i vapori delle griglie dove arrostiscono le carni e tra i fuochi che le alimentano, tra gli incantatori di serpenti, i percussionisti e i venditori d'acqua, tra i carretti di spremute d'arancia e mandarino, trovano posto strani imbonitori che non vendono nulla, che non suonano e che non danzano, e che tuttavia hanno attorno a sé un pubblico foltissimo, attento, partecipe. Cosa fanno? Raccontano storie. La gente ascolta in silenzio, spesso ride o si commuove, alla fine offre qualche moneta e se ne va a casa contenta. Mi è capitato di pensare, analizzando il successo delle trasmissioni televisive di Alessandro Baricco, a questa piazza, a Jemaa el Fna. Che cos'è la televisione, alla fine, per noi, se non una grande piazza? E che cosa fa Baricco, se non raccontare storie? E che cosa sono i romanzi? Sono soprattutto storie. Ecco allora la proposta di portare nella piazza estiva di Mestre, nella manifestazione tradizionale che accompagna la nostra estate, questa rassegna notturna di romanzi raccontati da cittadini, più o meno conosciuti. Tre giornalisti (uno del Gazzettino, uno del gruppo Nuova, Mattino, Tribuna, una freelance), un'attrice, una bibliotecaria, un pubblicitario, un'insegnante, quattro uomini di spettacolo hanno accettato la sfida di salire su un palco e parlare di un romanzo che per loro è stato significativo. Un modo per comunicare una passione, per rileggere alcune pagine, per riflettere su un patrimonio comune. Di questo dunque si è trattato: una persona che racconta, altre che ascoltano, mentre attorno si mangia, si beve, si ascolta musica, si balla. Come a Marrakech. Quando ci sono stata, io mi sono fermata ad ascoltare, anche se non capivo la lingua, tanta era la magia di quel luogo.

Un'offerta letteraria, dunque, abbastanza eccentrica, nel senso che si proponeva di portare il libro al di fuori dei luoghi canonici della sua diffusione (in questo caso in un luogo affollato dove si mangia, si beve, si balla, si ascolta musica ,si gioca a pallavolo, si tira con l'arco, ecc.). Lo spirito che animava questa iniziativa è lo stesso che anima l'idea della "biblioteca fuori di sé". Un'offerta che è continuata quest'inverno con la proposta del ciclo "Libri a teatro", incontri sul romanzo, letture organizzate il sabato pomeriggio in un teatrino di Mestre.

Nel corso di queste esperienze (integrate e completate da quella del Laboratorio di scrittura creativa che curo dal 1995 per il Circolo Culturale Walter Tobagi di Venezia, nel quale la lettura ha un ruolo centrale e imprescindibile) si è creata una vasta rete di relazioni con quella che è divenuta una "comunità di lettori" -- per usare un'espressione forse inventata da Daniele Del Giudice in occasione dell'iniziativa "Fondamenta. Venezia città dei lettori" attivata lo scorso giugno appunto a Venezia -- "una comunità di lettori", dicevo, cioè una nutrita schiera di persone interessate alla lettura, che è stata lo "zoccolo duro" del nostro pubblico, ma anche il veicolo d'informazione per un "passa parola" che si è sviluppato fin dal primo appuntamento, in ottobre. Certo, queste esperienze e il patrimonio, anche in termini di mailing list estremamente selezionata e mirata, che ho potuto utilizzare per la campagna di promozione, sono stati una sorta di asso nella manica che ho usato a mio vantaggio. Bisogna anche dire però che molto ha significato decidere per tempo di coinvolgere altre realtà territoriali, come le associazioni culturali, le biblioteche, le università, gli istituti scolastici superiori, le librerie, gli istituti culturali cittadini, che sono stati costantemente informati non solo tramite volantini e locandine col programma e il calendario degli incontri, ma anche tramite comunicati stampa arricchiti delle voci bio-bibliografiche relative allo scrittore invitato, settimana dopo settimana, in modo che l'informazione giungesse tempestivamente e fosse il più completa possibile. L'idea, poi, di predisporre attestati di frequenza da consegnare a chi ne facesse richiesta la sera stessa dell'incontro, ha avuto il suo peso nello stimolare la presenza di studenti. Una furbizia, forse, che però ha contribuito a creare un primo contatto con dei giovani che si spera possa dare i suoi frutti in futuro. Così come, per far circolare la notizia al di fuori dell'ambito cittadino, è stato molto utile avere dimestichezza col mezzo informatico, sfruttando l'iscrizione a liste di discussione tematiche (penso ad italian-studies, nell'ambito degli studi accademici, ma anche a fabula letteratura, a pseudolo, Racconti & letteratura o eymerich nell'ambito dell'interesse letterario più, diciamo, svincolato da percorsi critici; per continuare a liste meno direttamente interessate, come ledonne o la stessa AIB-CUR, che non sempre ha gradito, quest'ultima, i comunicati stampa, per esempio, giudicandoli off-topics!). Le possibilità offerte da questi nuovi strumenti d'informazione rapida e diffusa, ha sicuramente inciso sulla visibilità dell'iniziativa e non credo sia azzardato ritenere che anche a questi accorgimenti sia dovuta la partecipazione (di entità non indifferente) di persone provenienti da altre province (Pordenone, Treviso, Rovigo, Padova, Vicenza, per esempio).

Ora, io mi rendo conto che non si può chiedere ai bibliotecari di trasformarsi in operatori culturali, presentatori (come qualcuno ha detto), intrattenitori e quant'altro. Io credo che pero', se una biblioteca (come è il caso della Marciana, e cito solo questa perché è quella che conosco meglio, ovviamente) svolge i propri compiti tenendo aperte le proprie sale di lettura per 10 ore al giorno (dalle 9 alle 19), offrendo all'utenza il proprio patrimonio attraverso la lettura in sede e tramite il servizio di prestito, favorendo la conoscenza del patrimonio medesimo tramite progetti di riconversione del catalogo retrospettivo in linea attraverso il progetto GOLEM, tramite la microfilmatura del proprio patrimonio manoscritto, la realizzazione di facsimili, la digitalizzazione delle carte geografiche, di altro materiale iconografico e delle opere musicali, nonché attraverso l'organizzazione di mostre temporaneee tematiche e attraverso pubblicazioni scientifiche; se una biblioteca, ripeto, come la Marciana, offre alla sua utenza la possibilità di arricchire la proprie ricerca di strumenti come banche dati in CD-ROM e in linea oltre agli strumenti tradizionali, cercando di sfruttare al meglio e sempre più le nuove risorse tecnologiche, io credo che, se una biblioteca, come la Marciana sa e può fare tutto questo, mettendo a frutto investimenti consistenti che il Ministero mette a sua disposizione, è giusto che possa offrire alla propria utenza (reale e potenziale) occasioni d'incontro e di approfondimento con la cultura contemporanea anche attraverso iniziative come quella delle "Scuole di lettura in Biblioteca", che, tuttavia, come ogni cosa, possono e devono essere migliorate. Perché, si sa, chi fa sbaglia e chi non fa non sbaglia mai.