[AIB] AIB. Sezione Toscana. Bibelot, n. 1 (1998)


AIB-WEB | Bibelot | Indice numero 1(1998)

BIBELOT HA ORGANIZZATO UN FORUM SULL'ALBO PROFESSIONALE

ALBO SI PUÒ, MA COME?

La proposta del CEN di dotare l'Associazione di un proprio albo professionale trova una sua legittimazione nell'esigenza sentita da molti di riconoscimento professionale e di creare momenti per misurare il proprio livello di preparazione rispetto a quello raggiunto in altri paesi. Nel momento in cui andiamo in stampa non sappiamo ancora se il 44° Congresso Nazionale, che si terrà a Genova, approverà o meno questa proposta. In ogni caso crediamo sia importante avviare e far continuare il dibattito fra i soci sull'argomento dell'albo professionale, per cui abbiamo rivolto alcune domande a Franca Arduini, Susanna Giaccai, Sandra Di Majo e Gabriele Lunati per sapere cosa ne pensano.

Bibelot: L'AIB si avvia a istituire un proprio albo professionale. Una caratteristica di questo albo dovrebbe essere la definizione di un meccanismo con cui certificare i requisiti professionali dei propri associati, senza per questo delegittimare ad esercitare la professione chi non appartiene all'Associazione. Ritenete che l'impostazione scelta vada incontro alle reali esigenze dei cittadini che usano le biblioteche?

Arduini: "Mi è difficile pensare ad un rapporto diretto e soprattutto immediato tra certificazione dei requisiti professionali e soddisfazione dei cittadini. E' logico aspettarsi però un miglioramento progressivo della qualità del servizio dall'accertamento di standard di formazione professionale, obiettivo che evidentemente sottende alla istituzione dell'albo professionale."

Lunati: "Certamente al cittadino si fa un buon servizio con questa iniziativa; tuttavia si tratta di un fatto a lui assolutamente trasparente, analogamente alla creazione di una legge quadro in base alla quale gli si forniscano servizi bibliotecari efficienti e a livello di quelli di altri paesi."

"C'é invece un aspetto sul quale un po' di spregiudicatezza non dispiacerebbe. Portato alle estreme conseguenze il processo di certificazione della professionalità dovrebbe arrivare, non a delegittimare chi non appartiene all'associazione, ma chi impropriamente occupa posti di rilievo da perfetto incompetente. Non dimentichiamo che il nostro è uno strano paese dove importanti istituti sono diretti da mediocrissimi bibliotecari e dove mediocrissimi bibliotecari arrivano ad occupare cattedre universitarie."

Di Majo: "Devo dire che l'istituzione di un albo professionale mi ha visto in passato molto tiepida; come altri, ho sempre nutrito una forte diffidenza verso gli ordini professionali spesso nati, o di fatto diventati nel tempo, al di là delle dichiarazioni ufficiali, strumenti di protezione per gli iscritti."

Probabilmente anche grazie al dibattito che ha evidenziato limiti e aspetti negativi, la situazione sta mutando e l'obiettivo fondamentale degli ordini professionali sembra essere quello di garantite le competenze ed abilità concrete degli iscritti a svolgere certe attività e servizi. Il fatto che sia prevista la possibilità di una pluralità di albi anche in concorrenza tra loro e che comunque la professione possa essere esercitata anche da chi non è iscritto ad albi mi sembra una garanzia ulteriore."

"La concorrenza - se svolta lealmente - dovrebbe stimolare i diversi enti e associazioni che gestiscono un albo a sentirsi realmente responsabili delle certificazioni rilasciate, quindi anche a stabilire criteri per l'iscrizione che garantiscano la preparazione degli iscritti e un codice deontologico adeguato."

Giaccai: "Io ritengo che l'elemento essenziale per un servizio qualificato sia la presenza di professionalità competenti ed aggiornate. In Italia, invece, l'accesso al lavoro di bibliotecaria o di bibliotecario ha scarsissimi filtri che garantiscano al cittadino la competenza professionale di chi lo serve. Prove di cultura generica o amministrativa sono ancora spesso la norma nei concorsi pubblici. E' invece essenziale la messa a punto di meccanismi che garantiscano la qualità del servizio cui l'utente ha diritto entrando in biblioteca."

Bibelot: La certificazione dei requisiti professionali degli iscritti AIB dovrebbe essere una tutela per chi usufruisce delle loro prestazioni professionali, ma dovrebbe anche essere una referenza per i bibliotecari che esercitano la professione. Ritenete che tale certificazione possa essere fatta dall'AIB?

Arduini: "Proprio ricollegandomi a quanto dicevo, non è tanto importante che la certificazione sia fatta dall'AIB, o da altro organismo (per altro non si vede chi altri possa farla), quanto che l'iscrizione all'Albo divenga una condizione obbligatoria per accedere alla professione. Il che mi pare assai difficile da realizzare, tenendo conto del fatto che ogni datore di lavoro pubblico e privato può scegliere i criteri dell'assunzione."

Lunati: "La certificazione è certamente uno dei compiti propri di una associazione professionale. Ancora più se questo avviene con riguardo a ciò che accade in zone ed associazioni limitrofe - documentalisti, archivisti - in un momento in cui tutte le professioni che toccano i problemi della gestione dell'informazione sempre più si intrecciano e si incontrano a vari livelli: tecnologie, standard, metodologie di lavoro..."

Di Majo: "A me sembra la migliore tra le alternative attualmente ipotizzabili. D'altra parte è anche un mezzo di crescita in autorevolezza dell'Associazione e quindi di crescita della professione..."

Giaccai: "Anche perché attualmente non credo ci sia in Italia nessun'altra struttura che possa dare referenze di professionalità; non certo le università il cui peso nella nostra formazione professionale è ancora scarsissimo, non certo strutture statali centrali, non certo gli enti locali. In assenza di un riconoscimento diffuso della specificità della nostra professione, siamo noi soli che possiamo definirne gli ambiti e le competenze, sulla base anche di confronto con le altre associazioni professionali "sorelle", e con i nostri diretti referenti: utenti e istituzioni...; chi dobbiamo servire e chi ci paga..."

Bibelot: Condividete il meccanismo di valutazione per l'ammissione all'albo che in questo momento è ipotizzato nella bozza in discussione e che, tra l'altro, prevede di essere iscritti all'AIB per almeno un triennio? E quali suggerimenti dareste?

Arduini: "L'iscrizione all'AIB per almeno tre anni, come una delle condizioni imposte, potrà creare in un primo momento perplessità e persino opposizioni. L'Associazione professionale deve conquistare con i fatti una credibilità ed una autorevolezza che in genere provengono alle associazioni professionali dalla loro capacità di tutelare l'iscritto e quindi dalla forza "contrattuale" nei confronti del datore di lavoro: il problema si pone essenzialmente in questi termini e difficilmente può essere aggirato. Per quanto riguarda i meccanismi di valutazione, sarebbe necessaria una lettura più attenta di quella che ho potuto fare e una competenza più vasta ed aggiornata della mia."

Lunati: "Stabilire un triennio, come un biennio, é un fatto puramente convenzionale. Non lo trasformerei in un limite insuperabile. Né rifiuterei come AIB di certificare chi ne facesse esplicita domanda (iscritto o no all'associazione). Pensiamo ad un collega straniero di provata esperienza bibliotecaria: perché mai dovrebbe stare in quarantena tre anni?"

Di Majo: "Io penso che la proposta sia riuscita a garantire, in questa fase di transizione, un non facile equilibrio senza peccare per eccesso né in rigore, né in lassismo, né in burocratismo. Non sono invece convinta della norma che richiede di essere soci AIB per poter essere iscritti all'albo professionale. Anche se strettamente legate, Associazione e Albo non coincidono - come dice Petrucciani su aib-cur del 22 febbraio -. Infatti, e a mio parere giustamente, l'iscrizione all'AIB non comporta l'automatica iscrizione all'Albo. Ma perché non dovrebbe essere altrettanto valido il contrario?"

"Del resto, se l'istituzione dell'Albo può costituire uno stimolo per chi voglia esercitare la professione a prepararsi ed a mantenersi aggiornati, la sua gestione deve essere per l'AIB uno stimolo a crescere in prestigio ed autorevolezza tanto da convincere, anche i non soci, a richiedere all'Aib - e non ad altra associazione concorrente - la certificazione della propria professionalità."

Giaccai: " Be' io ritengo che l'iscrizione da tre anni all'AIB sia un buon parametro per verificare i requisiti professionali...; anche se non certo il più importante."

"I titoli e gli attestati indicati nella proposta mi paiono corretti, resta una seria difficoltà a valutare i titoli di studio e attestati in assenza di iter formativi consolidati e di seri criteri di certificazione dei corsi offerti da enti pubblici e strutture private."

Bibelot: Molto probabilmente questo tipo di albo professionale verrà approvato al 44° Congresso nazionale dell'AIB che si terrà in aprile a Genova. In questo caso l'iscrizione all'AIB sarà la condizione essenziale per far parte dell'albo professionale. Secondo voi quali sono i vantaggi che un bibliotecario avrà nell'iscriversi all'AIB? E quali saranno secondo voi i bibliotecari che potranno usufruire di tali vantaggi?

Arduini: "I vantaggi di iscriversi all'AIB saranno direttamente proporzionali alla capacità contrattuale dell'Associazione nei confronti dell'Amministrazione centrale e periferica, soprattutto per quanto riguarda l'assunzione e la retribuzione. Nei confronti del datore di lavoro privato è probabile che l'Albo possa rappresentare fino da subito un elemento non trascurabile di selezione: in questo caso è evidente che una verifica della qualità dei criteri sarà quasi immediata. Insomma nel privato non si dovrà attendere molto per sapere se un bibliotecario iscritto all'Albo troverà più facilmente lavoro e avrà una migliore retribuzione di un altro: che è quanto gli iscritti, credo, si aspettano in concreto dall'Albo."

Lunati: "Più o meno i vantaggi saranno quelli di sempre, vale a dire tanti o nessuno, a seconda del punto di vista di ciascuno, cioè a seconda del valore che ciascuno attribuisce all'essere iscritto all'AIB, anche sotto il profilo ideale."

"L'utilità' reale per il bibliotecario Sara' direttamente proporzionale alla forza con cui i requisiti richiesti e certificati saranno utili a sbarrare la strada agli incompetenti."

Di Majo: "Non dimenticherei la premessa che non c'è necessaria identità tra essere socio AIB ed iscritto all'Albo. I vantaggi dei soci possono desumersi dagli obiettivi dell'Associazione indicati nell'articolo 2 dello statuto: promozione di un servizio bibliotecario efficace; promozione della formazione e dell'aggiornamento professionale; definizione di un codice deontologico della professione... A questi vantaggi tutti i soci hanno pari diritto indipendentemente dell'essere o meno iscritti all'Albo."

" Da quest'ultima condizione deriva invece la certificazione delle proprie competenze professionali e quindi, con ogni probabilità, maggiori facilitazioni per chi voglia intraprendere la professione."

Giaccai: "Io penso che la presenza di un Albo dia maggior peso specifico alla nostra attività professionale. L'essere iscritta o iscritto all'AIB dimostra adesione a una comunità professionale: in questo senso l'assunzione di garante dell'Albo, impegnerà fortemente l'AIB a qualificare e ampliare sempre di più i servizi per gli iscritti, rendendo l'iscrizione strumento essenziale del proprio aggiornamento."

Bibelot: Direi, con questo augurio di Susanna per un'Associazione più efficiente, possiamo anche concludere il Forum...

Lunati: "Sì, ma... Vorrei aggiungere un'ultima osservazione: questo albo è certamente un passo importante ma piccolo se si limita in se stesso o se si limita al contesto associativo. Troverà la sua piena attuazione e realizzerà i suoi scopi se si collocherà in una situazione formativa di base finalmente normalizzata e alla stregua di quella di altri paesi."


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Copyright AIB, ultimo aggiornamento 1998-04-16 a cura di Vanni Bertini