di Emanuela Porta Casucci
Prato - 25 giugno, decennale del Museo di Arte Contemporanea. Apre la Collezione permanente, soffoca lentamente il Centro di Informazione e Documentazione per le Arti Visive (CID/Arti Visive). Ne' biblioteca d'arte per eccellenza, ne' unica al mondo, la sola in Italia di questo genere e fra le prime in Europa per patrimonio e attrezzatura. Sui due cartelli segnaletici esterni CID, solamente CID. Uno ai piedi della scalinata di accesso al Museo. Uno dietro, fra insegne di uffici professionali e commerciali. CID, neppure Arti Visive. Ma ci tiene Prato a questa biblioteca? Se si: perche' la avvilisce nascondendola ? Se no: perche' la tiene aperta?
Affermano che il CID, sempre CID mai Arti Visive, è un irrinunciabile bene per la citta': di quale CID parlano? Dell'ufficio nebuloso che i soci privati dall'Associazione attaccano da anni all'interno del Consiglio di Amministrazione e all'esterno come un fardello inutile? O della raccolta storica di cataloghi di mostre, impreziositi da tirature limitate che li rende da subito rarita' editoriali, di riviste rare e specializzate, di documentazione sull'attivita' di musei e gallerie private in tutto il mondo dal Secondo Dopoguerra ad oggi, preesistente al progetto museale dal 1983 e confluita poi, per volonta' comunale, nell'Associazione Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci? Una parte poco amata che, tuttavia, anche il nuovo Statuto, oggi in via di approvazione, riconosce e, ufficialmente, mantiene.
Una straordinaria biblioteca di 30.000 volumi che inizio' a declinare il giorno in cui fu inaugurata al pubblico, nove anni fa. Alla energia di chi aveva promosso l'idea, al lancio di allora come progetto pilota nel mondo dell'informazione, è seguito uno svuotamento progressivo, con sempre meno investimenti in acquisto di libri e in progetti culturali aggravato da una disattenzione programmata e naïf e dal dirottamento sistematico di ogni sovvenzione a favore del calderone espositivo. La banca dati bibliogragica prodotta, concepita per un'utenza di critici, saggisti, universitari, galleristi, responsabili editoriali, per anni, non li ha mai raggiunti fino alla recente era Internet che, suo malgrado, l'ha resa visibile.
Nei nove anni trascorsi a fianco al Museo nessun direttore artistico, dei tre che si sono succeduti, ha mai messo piede oltre il bancone informativo della biblioteca. Nessun presidente, dei tre che si sono alternati ha mai verificato di persona la consistenza del patrimonio libri-macchine-personale-utenza. Nessuno dei tre segretari generali ha mai difeso nei consigli di amministrazione, ruolo storia e profilo del CID/Arti Visive associativa. Nessun Assessore. Nessun Sindaco.
Il degrado della biblioteca è giunto a un punto di non ritorno. Iniziamo con il degrado fisico: per tutti il Fondo Ferruccio Marchi, 4000 volumi introvabili degli anni 50-60-70, oggi sfascicolati e corrosi, che andrebbe microfilmato per la consultazione pubblica e, poi, rilegato. Un'operazione conservativa di routine in una biblioteca pubblica: inutile proporla a consigli di amministrazione assordati dal proprio frastuono e insensibili al bisbiglio della biblioteca. Al CID/Arti Visive regna la costernazione. Passiamo al degrado gestionale: per tutti il settore riviste, il più vivace della biblioteca, produttore in tempo reale di un indice di articoli on line, oggi fermo al dicembre 1997 (!!) perche' nessuno ha dato mandato al rinnovo dei 132 abbonamenti per il 1998, nonostante le pressanti richieste dei bibliotecari.
Dove finiscono gli stanziamenti annuali dal Comune per la biblioteca? Si sta incentivando la disaffezione del pubblico e ogni ritardo nell'aggiornamento vanifica il proporsi come biblioteca specializzata al servizio dell'arte contemporanea.
Da quasi un anno, infine, manca la figura del Coordinatore, tramite con il Consiglio di Amministrazione e referente visibile per altri interlocutori. Bloccati i progetti esistenti, l'aggiornamento della dotazione tecnologica, gli acquisti di libri e di materiale non librario. Nessuna progettazione possibile. Significa perdere contatti, contributi e collaborazioni, un'immagine negativa per Prato.
La biblioteca oggi naviga nella tempesta, fra progetti di ristrutturazione dei servizi al pubblico e della biblioteca a spazio espositivo; echi di rami improduttivi da tagliare come il settore scocche di una linea automobilistica che non vende. Di recente Umberto Galimberti su "la Repubblica" difendeva la filosofia di fronte alle accuse di poca appetibilita' imprenditoriale: "Non tutto infatti trova il suo senso nell'utile, anzi lo stesso utile non si capisce più che utilita' rivesta all'infuori di un universo di senso che non sara' certo l'economia aziendale a dare al mondo umano". Parole per il CID/Arti Visive: da una mostra puo' derivare l'apprezzamento di una collezione privata, da una biblioteca non deriva alcunche' di immediatamente monetizzabile. Derivano, lentamente, generazioni sempre meno ignoranti che costituiscono una risorsa inestimabile. Cosa aspetta, dunque, il Comune di Prato a scuotere il CID/Arti Visive dal torpore in cui è costretto? L'iniziativa privata non puo' sempre avere mano libera nella gestione delle risorse culturali di una citta', che oltretutto, se le paga. L'occasione non manca: fra un anno, a 6 mesi dal 2000, saranno dieci anni di apertura al pubblico del CID/Arti Visive, strumento che da' alla citta' un respiro europeo e un'appartenenza internazionale, basta ridargli ossigeno. Sta morendo e il danno che ne deriverebbe non sarebbe solamente locale.