[AIB]AIB. Sezione Toscana. Bibelot, n. 3 (2005)

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Archivi d'Europa: ma Firenze lo sa?

di Silvia Bruni

A Firenze esiste una grande raccolta di tutta la documentazione degli organismi europei, depositata in base ad un accordo presso l'Istituto Universitario Europeo di Fiesole fin dal 1986. Essa potrebbe rappresentare un vanto per la città ed è invece quasi sconosciuta, anche tra chi si occupa professionalmente di gestione della documentazione e di informazione. Il prossimo trasferimento degli Archivi storici dell'Unione europea da Villa Il Poggiolo nella nuova sede restaurata di Villa Salviati a Firenze è l'occasione per parlare con Jean Palayret, direttore di questa struttura di grande importanza storico-culturale. Può essere questa anche l'occasione per riportare su queste pagine l'annosa questione del rapporto e dell'integrazione tra biblioteche ed archivi, tema su cui potrebbe essere interessante proseguire il dibattito, in un momento in cui anche la grande stampa nazionale ("La Repubblica" ha pubblicato recentemente diversi articoli) si è occupata della condizione delle soprintendenze e degli archivi, tutte in grave carenza di risorse economiche e di ricambio di personale. Palayret sceglie di non entrare nel merito della situazione archivistica italiana, spiegandoci che fin dal 1986, anno di nascita dell'archivio, la strada scelta è stata quella dell'autonomia dagli enti italiani preposti alla gestione dei beni archivistici. Ci spiega invece, diffusamente, le origini e le evoluzioni del progetto.
Nel 1986 il Parlamento europeo, la Commissione europea, il Consiglio europeo dei ministri decidono di creare un archivio che accorpi i documenti che possono essere inclusi nella cosiddetta "regola dei 30 anni", secondo cui possono essere resi pubblici documenti che abbiano superato questo periodo (infatti, sono arrivati questo dicembre i documenti prodotti dall'UE nel 1975). In partenza l'esigenza era quella di creare un luogo di elaborazione sull'integrazione europea, superando la dispersione della documentazione in più sedi. L'archivio quindi è cresciuto accompagnando i passaggi che hanno visto la nascita dell'Unione europea. Oggi, grazie alle recenti norme del 2001 e del 2003, la documentazione è accessibile su domanda, salvo eccezioni. I fondi sono di prevalente interesse storico-economico, tra cui gli archivi privati di italiani che hanno dato un supporto allo sviluppo dell'idea di Europa, (fra gli altri, Altiero Spinelli e Alcide De Gasperi). La gestione dell'archivio è affidata a 15 funzionari europei, tra cui sei archivisti. Ma qual è il rapporto di questo archivio con la città? Senz'altro non sono molti i fiorentini che conoscono l'archivio, utilizzato soprattutto da studiosi, anche dell'Università europea, di cui la struttura fa parte. Un tentativo di apertura al pubblico è stato fatto l'anno scorso, con risultati deludenti: 3 visitatori! Il trasferimento nella nuova sede probabilmente favorirà una maggiore visibilità. Anche se, ci sembra di capire, questa non è una priorità, data la connotazione fortemente specialistica. La cooperazione con le istituzioni fiorentine, la soprintendenza archivistica in particolare, avviene nel caso di recupero di fondi d'archivio privati (quelli, ad esempio, di Spinelli e De Gasperi). Proponiamo allora a Palayret l'annosa questione della collaborazione tra bibliotecari e archivisti. "I bibliotecari hanno molto da insegnare agli archivisti" - ci dice il direttore - "soprattutto dal punto di vista dell'adozione di standard internazionali e delle politiche di cooperazione". Negli archivi, infatti, è ancora molto forte l'idea dell'unicità e dell'impossibilità di una collaborazione e ci racconta della fatica fatta per introdurre standard internazionali di descrizione, che ora sono entrati nella prassi. Senza dubbio quella dell'Archivio europeo è una realtà sui generis, con una forte valenza internazionale: eppure colpisce quanto questa struttura sia poco visibile in una città come Firenze. Le stesse recenti iniziative promosse a Firenze dallo SDIAF, con buon successo di pubblico, di apertura degli archivi (utilizzando anche forme insolite, come spettacoli teatrali e attività di animazione), suggeriscono che c'è ancora molto da fare per sensibilizzare sul ruolo degli archivi come "luoghi del sapere collettivo". Per di più l'archivio europeo, si occupa di temi politico-economici, di ampio rilievo soprattutto in un momento come questo, all'inizio di un percorso di costruzione dell'identità europea. Il breve colloquio con Palayret ci suggerisce altri spunti che qui accenniamo soltanto di sfuggita e che ci piacerebbe approfondire sulle pagine di "Bibelot". Per esempio il rapporto di scambio tra biblioteche ed archivi, sia dal punto di vista delle politiche che dei modelli organizzativi e della professionalità. Infatti le biblioteche possono "insegnare" - afferma Palayret -, ma potrebbero anche "apprendere", in merito ad esempio alla valorizzazione e al trattamento di materiali prodotti dagli enti o dai soggetti privati (la cosiddetta "letteratura grigia"). Un altro tema che sarebbe importante approfondire è quello dell'accesso all'informazione nelle sue diverse forme e quindi della costruzione di percorsi diversificati, ma condivisi, nell'ottica di "servizio all'utenza". Infine ci piacerebbe approfondire il tema del rapporto tra il mondo della cultura e quello della ricerca, così come quello della valorizzazione della memoria come strumento non per guardare al passato ma per andare avanti. E, pur tenendo conto delle difficoltà politico-economiche del momento - o forse proprio per questo -, è nella prospettiva di andare avanti che dobbiamo guardare con più attenzione a strutture di conservazione culturale come gli Archivi storici dell'Unione europea. Per informazioni su questa struttura consultare l'URL http://www.iue.it/ECArchives/EN


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Copyright AIB 2006-01-29, ultimo aggiornamento 2006-02-19 a cura di Vanni Bertini e Paolo Baldi
URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/toscana/bibelot/0503/b0503b.htm


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