[AIB]AIB. Sezione Toscana. Bibelot, n. 1 (2006)

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Riuscirà Achille a riprendere la tartaruga ?

di Silvia Bruni

Al primo incontro promosso da Biblio(a)tipici il 9 marzo scorso alle Stelline, eravamo in tanti. I giorni precedenti eravamo preoccupati di trovarci in una sala mezza vuota di fronte agli "ospiti", l'AIB, rappresentata dai suoi dirigenti (tra cui il presidente): che desolazione sarebbe stata! Invece c'erano tantissime persone e c'erano non solo fisicamente, ma anche con una gran voglia di parlare, di confrontarsi. Evidentemente in tanti si aspettavano di discutere di precarietà in biblioteca e di come questa incida sui servizi. Bene! Bravi! Bis! Eppure io sono uscita da quella sala con tante domande, che proverò ora a riproporre. Ho avuto più volte occasione di dire come l'esistenza di Biblioatipici sia un "fallimento" dell'AIB: l'Associazione non è stata in grado fino ad oggi di rappresentare le istanze di una parte sempre più consistente di bibliotecari, che si trovano a vivere e a subire processi di precarizzazione progressivamente sempre più forti. Non solo questo ha creato una forbice tra aspettative dei singoli soci e capacità dell'Associazione di rispondervi, ma l'inadeguatezza si è rivelata soprattutto nell'incapacità di interpretare e provare ad individuare se non risposte definitive, almeno percorsi di lettura. In fondo le associazioni nascono per questo: dare risposte collettive a bisogni diffusi, ed è sulla capacità di essere a contatto con essi che basano la loro forza. La soluzione tardiva di creare un Gruppo sul lavoro discontinuo non è stata sufficiente a recuperare la distanza. Ormai la grande comunità dei bibliotecari precari aveva già il suo luogo, la sua identità, i suoi linguaggi: Biblioatipici, appunto. Uso volutamente il termine "comunità" perché sta in questo la forza di Biblioatipici: chi ne fa parte si sente legato agli altri da condizioni, idee e interessi comuni e il senso di appartenenza è così forte che anche quando i (pochi) "fortunati" passano a "miglior vita" (nel senso reale del termine, cioè quando vengono assunti a tempo indeterminato), continuano a partecipare attivamente al dibattito e alla vita della comunità stessa. Forse è per questo che il Gruppo sul lavoro discontinuo AIB (di cui faccio parte) non è mai realmente decollato? Le nostre energie, creatività, fantasia erano già convogliate da un'altra parte, in un luogo in cui ci sentivamo completamente liberi e in cui non dovevamo essere riconosciuti da altri, perché la nostra legittimazione veniva dal fatto stesso di essere lì ed essere in tanti. Ed era proprio l'immagine di questa distanza, già così ampia, che veniva fuori alle Stelline: distanza nei linguaggi, diffidenza verso chi si percepisce diverso, orgoglio di chi finalmente può mostrare la sua forza (?) a chi non l'ha voluto vedere e riconoscere fino a quel punto. Certo, si obietterà, se si è organizzato un momento di questo tipo era proprio per arrivare ad un avvicinamento, anche se faticoso. Eppure il mio timore è che si sia già avviato un processo che può rendere molto difficile ogni tentativo in questa direzione: il "compiacersi" della propria identità debole da parte dei "deboli", e quindi paradossalmente accentuare le distanze (Biblioatipici), l'incapacità di comprendere e il confinare in un luogo di falsa rappresentanza (come il Gruppo sul lavoro discontinuo) da parte dei "forti" (in questo caso l'AIB nel suo complesso). Faccio parte di una Sezione AIB, quella toscana, da qualche tempo molto attiva sul tema del lavoro discontinuo e precario, che è diventato motore di una riflessione collettiva e di un'operatività condivisa. La nostra non è un'esperienza fortunata, nel senso che non viene da un caso, ma dall'impegno e dalla partecipazione costruiti nel tempo. Forse è per questo che, talvolta, i confini di Biblioatipici mi paiono angusti, poveri, come tutti quei luoghi dove mancano le differenze e quindi si vive in una condizione "bloccata", che provoca rabbia e risentimento. D'altra parte il rischio di implosione c'è anche per una comunità più grande e, apparentemente, più forte, come l'AIB, se perde progressivamente capacità di ascolto e si limita a constatare l'esistente. Non sprechiamo l'occasione del Congresso nazionale di ottobre prossimo, che ha posto al centro i temi della professione e della precarietà, cerchiamo di capire il ruolo dell'AIB anche a livello delle sezioni regionali su questi temi. E la comunità di Biblioatipici che ruolo intende giocare rispetto all'AIB e alle altre associazioni professionali? Non "perdiamo più tempo", non allunghiamo ulteriormente le distanze.


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Copyright AIB 2006-05-21, ultimo aggiornamento 2006-06-19 a cura di Vanni Bertini e Paolo Baldi
URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/toscana/bibelot/0601/b0601d.htm


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