[AIB]AIB. Sezione Toscana. Bibelot, n. 1 (2006)

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Precarietà. Ma conviene ?

di Alessandro Genovesi*

La precarietà assume molti volti: è il caso del settore delle biblioteche dove, tra esternalizzazioni e appalti, assunzione di lavoratori a termine e co.co.co., il sistema pubblico sembra aver rinunciato a garantire uno dei principali diritti di cittadinanza (del vecchio e nuovo secolo): quello dell'accesso alla cultura e al sapere.

Il tutto in nome di una vulgata: quella del risparmio e della maggiore efficienza. Ma veramente, da quando il pubblico ha deciso di disinvestire ricorrendo a iniezioni massicce di precarietà, si sono raggiunti questi obiettivi? Per quanto riguarda l'efficienza il dato è sotto gli occhi di tutti: meno biblioteche, meno qualità nei punti di eccellenza (e nel sistema italiano ve ne sono), ma soprattutto meno diffusione del libro e meno lettori in generale, con tutto ciò che ne consegue in termini sociali e culturali. Certo, il dato non è di per sé imputabile solo alle carenze di una politica delle e per le biblioteche, ma ne porta sicuramente una responsabilità.

Meglio non va in termini di risparmio economico diretto (senza considerare i costi sociali, anch'essi monetizzabili e che dovrebbero essere messi sempre in conto quando si parla di servizi pubblici): se prendiamo gli ultimi 7 anni (da quando cioè vi sono stati prima un parziale e poi un totale blocco delle assunzioni e una politica di risparmio tramite cessioni o assunzione di precari), il risparmio nell'intero settore della cultura (dati: Funzione Pubblica e Presidenza del Consiglio, ahimè fermi al 2004) è stato di circa 140 milioni di euro per il personale (su una cifra pari a quasi 1 miliardo). Poco più del 10%, quindi. La domanda allora è semplice: valeva e vale la pena?

Al di là di una questione politica e culturale (il ruolo del pubblico nel garantire accesso ai saperi e ai piaceri dell'intelletto, forma classica di libertà alla quale personalmente credo molto), numerose sono le motivazioni economiche che dovrebbero spingere ad una politica pubblica diversa. Da qui (ma, ovviamente, non solo per il settore delle biblioteche) la proposta di legge che insieme a Stefano Rodotà, Don Ciotti, Rita Borsellino, Paolo Leon e altri abbiamo scritto e su cui stiamo raccogliendo le firme: stabilizzare tutti quei lavoratori precari che oggi tengono in piedi le scuole, gli ospedali, il settore della cultura e della ricerca. Non costa molto (circa 800 milioni di euro) ed avrebbe benefici effetti per tutti: non solo per garantire quei diritti che possono camminare solo sulle gambe di gente in carne e ossa (che non avrà più paura del futuro, che potrà aggiornarsi e accrescere le proprie professionalità senza timori), ma anche quella terzietà che è sinonimo di imparzialità e garanzia di non discriminazione.

* Comitato "Precariare stanca"


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Copyright AIB 2006-05-21, ultimo aggiornamento 2006-06-19 a cura di Vanni Bertini e Paolo Baldi
URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/toscana/bibelot/0601/b0601e.htm


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