[AIB]AIB. Sezione Toscana. Bibelot, n. 1 (2006)

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Un bibliotecario a Montelupo fiorentino

di Carlo Paravano

Questo è il ricordo di una mia esperienza professionale in una biblioteca carceraria. Non contiene indicazioni di lavoro, good practices o cose del genere; è solo un ricordo. Una dozzina di anni fa lavoravo in una "one man library", quando venne da me un'educatrice e mi propose di dare una mano alla biblioteca dell'OPG, l'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo Fiorentino. Il primo pensiero, quando capii di dover entrare all'OPG, fu il Tell-tale heart di Poe (nella versione a fumetti di Archie Goodwin), col maggiordomo che uccide il padrone ma poi impazzisce ossessionato dal battito del cuore che ha fermato; all'epoca non c'era Hannibal Lecter. Miserabile vero?

Ti parlano della biblioteca di un manicomio criminale e pensi ai pazzi assassini, e con riferimenti letterari! Scoprii presto che per lo più all'OPG c'erano normalissimi detenuti per normalissimi delitti provocati da rassicuranti moventi: denaro, donne, solita roba insomma. In buona parte venivano da altri carceri, ed erano arrivati lì grazie alla solerzia e alla tenacia con la quale avevano inseguito ed ottenuto la "semi".

Insomma, l'OPG era un luogo preferibile al carcere ordinario, e bisognava guadagnarselo. I pazienti davvero "psycho" non li ho mai visti, nel mio ricordo sono un cancello dal quale non dovevo passare. Dover lavorare con dei "normali" mi rilassò parecchio, e cominciai a chiedere che tipo di libri avessero, se già ci fosse un catalogo, un servizio di prestito, un PC a disposizione. Le risposte furono vaghe, ma capii che erano agli inizi. Ci volle del tempo e un sacco di burocrazia per arrivare dentro, ma un mattino bussai al portone, un passo e fui dentro. La cosa che per prima colpisce in quei posti sono i catenacci; fate la prova a casa vostra: tutte le volte che passate da una stanza all'altra togliete le mandate, aprite la porta, passate, chiudete la porta, date le mandate. Provate a farlo per un giorno, e vi farete un'idea.

Quando arrivai in Sezione non c'era ancora nessuno; mi fecero entrare nella cella-biblioteca e chiusero la porta a chiave. Poco dopo arrivarono i miei collaboratori, e mi travolsero. Parlavano insieme e mi riempivano di domande. Capii che ero come Dante: venivo da fuori e sarei tornato fuori, e questo mi rendeva interessante. I libri da sistemare erano un'accozzaglia di doni senza capo ne' coda: vecchi manuali di elettrotecnica, corsi di lingua degli anni Cinquanta, robusti romanzi classici e romanzetti per fanciulle. Praticamente nessun libro aveva meno di vent'anni, e il mio aiuto bibliotecario era dentro da diciannove! Già, avevo un aiuto; chiamiamolo Stefano: sui quarantacinque ben portati (a parte i denti), pazzo per Dostoevskij, Tolstoj e la grande letteratura russa, ex suonatore di trombone, rapinatore professionista. Era chiaramente il leader, e fu lui ad introdurmi al gruppo. Insomma sistemammo un po' di libri, ripulimmo un po' di scaffali; mi riuscì di aprire un canale di prestito tra la mia biblioteca e l'OPG: con un portatile mostravo il catalogo, raccoglievo le richieste, presentavo la lista alla direzione, ottenevo il nulla osta e infine portavo i libri. Qualcosa si cominciò anche a comprare. Dopo un certo periodo il mio aiuto ottenne dei permessi (legge Gozzini) e cominciò a venire lui nella mia biblioteca. Fu uno spettacolo: assaliva i ragazzini che svogliati chiedevano "un libro non troppo alto", sconcertato, quasi addolorato dal fatto che non trovassero nella lettura altro che un noioso assolvimento di doveri scolastici.

Un giorno venne da me stravolto: lo rimandavano a casa in libertà vigilata dopo vent'anni. Era completamente disorientato. Dopo un paio di mesi venne il maresciallo a chiedermi di lui, perché si era reso irreperibile violando la libertà condizionata. Da allora non ho avuto altre esperienze dello stesso genere; quello che ho capito in quell'occasione è che nel mestiere che faccio ci si occupa di persone con le loro domande, e che occorre umiltà nel cercare le une e le altre. La seconda cosa che ho imparato all'OPG è che il carcere è uno dei luoghi dove la biblioteca raggiunge la sua massima realizzazione. La terza è più importante cosa che ho imparato, è che la galera non si augura a nessuno.


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Copyright AIB 2006-05-21, ultimo aggiornamento 2006-06-19 a cura di Vanni Bertini e Paolo Baldi
URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/toscana/bibelot/0601/b0601h.htm


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