[AIB]AIB. Sezione Toscana. Bibelot, n. 1 (2006)

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Una giornata particolare. L'archivio personale di Licio Gelli donato all'Archivio di Stato di Pistoia.*

di Emanuela Porta Casucci

Pistoia, sabato 12 febbraio 2006, Piazza Duomo, ore 16: performance a vari livelli animano inusualmente la piazza. Centri sociali, membri dell’ANPI, bandiere di Rifondazione stazionano, tra canti e volantini, davanti al Palazzo Vescovile, alcune persone salgono alla spicciolata verso la Sala Conferenze della Cassa di Risparmio di Pistoia, al primo piano, più in alto volteggia l’elicottero dei Carabinieri. Sta per essere presentata ufficialmente l’ultima acquisizione dell’Archivio di Stato di Pistoia: l’archivio personale del cittadino italiano Licio Gelli, classe 1919, originario di Pistoia, oggi residente ad Arezzo. Il saloncino, di esigua capienza, è gremito fino all’inverosimile e prevedibilmente insufficiente ad ospitare l’evento; l’aria vibra di eccitazione, non si cedono le sedie neppure agli anziani, ci si appollaia ovunque, fra flash di fotografi e spintoni di cameramen alle prese con la sfida del giorno: raggiungere e riprendere un signore piccolo e magro, seduto in seconda fila, con una sproporzionata barba bianca e l’aria dimessa di chi è capitato per sbaglio. Licio Gelli, il “venerabile”, il “manovratore occulto”, il “gran maestro” della loggia massonica deviata Propaganda 2, la nota P2, le cui liste di affiliati non erano certo quelle che, 25 anni fa, ci sommersero inaspettate da un inserto de L’UNITÀ, facendoci scoprire, con dolorosa costernazione, l’insospettata fede massonica di amici, parenti, compagni di scuola e vicini di casa.

Una sparuta compagine di archivisti e bibliotecari circonda la pedana da cui, alle 16.15 Carlo Vivoli, direttore dell’Archivio di Stato di Pistoia, il cui pallore denota la stanchezza per un percorso acquisitivo costellato di non facili trattative, di pressioni politiche, di promesse e diserzioni, protrattesi due anni e culminate nella minaccia di una crisi comunale, presenta gli scarni dati archivistici del fondo Gelli: una raccolta di autografi storici, una rassegna stampa internazionale, forse la più completa esistente al mondo, su fatti di massoneria e P2, accuratamente raccolta con metodicità missionaria, agende, corrispondenza varia e la collezione completa delle pubblicazioni letterarie prodotte dal poeta e scrittore Licio Gelli. Questo ciò che è noto del fondo, per esplicita ammissione del donatore, nei numerosi conversari avuti con il dottor Vivoli nella “forzata” residenza di Villa Wanda, dal nome della moglie amatissima, donna di grande bellezza, prematuramente scomparsa e angelicata nella produzione letteraria del vedovo. Molto altro, invece, potrebbe venire fuori dall’inventario: cose di cui forse lo stesso Gelli non ha più memoria, o nella forza della cui riscoperta spera ad imperitura memoria.

La decisa difesa della missione dell’archivista e del valore documentario della nuova acquisizione, sostenuta con autorità e passione da Paola Benigni, Soprintendente archivistico per la Toscana, e più tardi ripresa d’ufficio dal Direttore generale degli Archivi di Stato, Maurizio Fallace, viene improvvisamente interrotta da un gruppo di contestatori che si affacciano alla sala lanciando volantini e gridando “via, via”. Alcuni, nel pubblico che circonda Gelli, si alzano urlando in risposta “pezzenti, pezzenti”, l’uomo cui è indirizzato l’invito e che, più tardi, vedremo camminare in Piazza Duomo con passo incerto di vecchietto e non (più?) di dominatore o di stratega, non fa una piega: le due algide-inalterabili-solenni-abbronzate-belle-signore-bionde che lo affiancano, la compagna e la figlia, indifferenti al contesto ed esclusivamente devote al congiunto, grandi occhi da divinità egizie posati sulla folla senza un battito di ciglia, hanno, questa volta si, un sussulto. Nei loro pressi un agitato signore di bassa statura, con occhiale andreottiano, uso a interrompere gli interventi dei relatori con accenni di applauso ad ogni citazione del nome di Gelli, incita a qualche non meglio chiarita azione contro chi volantina. La presenza di spirito di Paola Benigni raffredda la tensione, anche se cade nel vuoto il suo invito a fare entrare in sala chi è confinato dalla latitanza delle istituzioni locali a contestare dabbasso.

L’ostinata difesa della missione archivistica nel valorizzare l’operato dell’Archivio di Stato di Pistoia e gli aspetti euristici della documentazione acquisita cade nell’assoluta indifferenza di un uditorio composto all’80% da visoni imperlati e da loden blu, rigorosamente indossati su giacche e cravatte scure con camicia chiara, una folla omogenea di “incappottati”, taluni inviati a presenziare per disciplina militante che confessano una orgogliosa ignoranza dell’evento, la maggior parte pervasi invece da un emozionato sentimento di riabilitazione e di sdoganamento trionfante, completamente immuni dal/incapaci di comprendere tutto ciò che suoni diverso da celebrazione ed esaltazione della figura del “venerabile” e/o di quella che essi definiscono la loro “associazione filantropica”. Età alta, sonnolenza diffusa fra il pubblico già dopo i primi venti minuti, fanno sì che quanto più le argomentazioni dei relatori penetrano nella tecnica dell’indagine professionale, tanto più le parole divengano incomprensibili ai più. Durante l’intervento appassionato e deontologicamente inappuntabile di Linda Giuva, docente di Archivistica presso l’Università di Siena3, l’attenzione della sala si liquefa in chiacchiere e brusii di rinnovati incontri ed amicizie. Le parole di Giuva e quelle successive dello storico Petracchi, i momenti più alti della presentazione, forniscono spunti di acuta interpretazione della donazione gelliana, probabilmente una delle ultime manovre di una vita oramai pesantemente condizionata dalla malattia e fra le cui motivazioni l’archivista individua anche “l’ingenuità di voler uscire dalla tomba”, ricordando come già gli archivi siano di per sè “monumenti carichi di intenzionalità” e, con le parole dello storico Carlo Ginzburg, “frutto di rapporti di forza” che, a maggior ragione negli “archivi di persona”, tendono a riportare un indelebile “marchio di soggettività e intenzionalità”. Così Giuva riassume con eleganza semantica i prevedibili limiti informativi dell’attuale Archivio Gelli, primo fra tutti l’azione pregressa di scarto e organizzazione dell’archivio antecedente la donazione. E l’eventualità di scarti e selezioni a monte viene confermata dal dottor Vivoli raccontando, in una breve intervista successiva, gli aspetti salienti della lunga trattativa con il donatore del fondo. Un’acquisizione non facile date le caratteristiche dell’ente produttore, personalità carismatica che, nell’arco di una vita intensa lungo il “secolo breve”4, non si è dedicata solo alla ri/organizzazione di logge massoniche ma anche alla frequentazione dei più disparati e contrapposti ambiti politici e ideologici nella storia mondiale, dagli anni 40 in poi. Per alcuni un manovratore occulto che ha condizionato la scena politica italiana dell’ultimo dopoguerra e gli anni 70 e 80; per altri solo un generoso collezionista di autografi storici, un eccellente poeta alle soglie del Nobel per la Letteratura nel 1997, l’anno di Dario Fo, su proposta del comitato russo5, un abile imprenditore e mentore di politici.

Nel pubblico si manifesta un’attenzione militante solo quando Giuva e Petracchi citano il disperso archivio uruguayano di Licio Gelli, una delle parti che mancherebbero alla completezza del fondo odierno e di cui si ha oramai notizia indiretta solo attraverso il numero 21995 del periodico Gnosis, rivista italiana di intelligence6. I blitz della polizia nel 1981 riaffiorano con l’evocazione del ritrovamento a Castiglion Fibocchi degli elenchi di 962 massoni affiliati P2isti, quelle liste secretate dalla magistratura italiana su ordine dei giudici Turone e Colombo, nell'ambito dell'inchiesta loro affidata sull'affare Sindona, che costituiscono l’altra parte mancante del fondo e che il dottor Vivoli non dispera di riuscire a recuperare negli archivi giudiziari. Ritornano sigle sopite alla memoria e mai dimenticate come SISMI, SID, SIFAR, immagini di quella trincea di democrazia militante generata dalla Resistenza che fu la Commissione P2, presieduta dalla figura gentile e inossidabile dell’onorevole Tina Anselmi. Torna il ricordo dell’agosto 1974, il rogo “accidentale” degli archivi del servizio segreto italiano, memorie di un passato recente su cui si incardina oggi il ruolo dell’archivista, chiamato a tutto ciò conservare e trattare, ricostruendo la tradizione delle carte, la loro disseminazione e frammentazione, due parole quest’ultime che risvegliano i rumori del pubblico. Senza nessuna regia preordinata sale, scandito dalla piazza, lo slogan “Fascisti, carogne, tornate nelle fogne”, le-algide-bionde-belle-signore-abbronzate aggrottano all’unisono le sopracciglia, l’uditorio maschile, a suo modo pittoresco, risponde con provocazioni boccaccesche.

Lo storico Giorgio Petracchi7, docente di Storia delle Relazioni internazionali presso l’Università di Udine, con Linda Giuva gli unici a discutere della qualità storica e informativa delle carte Gelli, preferisce parlare del fondo come della “punta di un iceberg”, ipotizzando che quanto non è stato donato per scarto o per volontaria dilazione, rappresenti la “polizza a vita” di Gelli. Vi include anche l’archivio uruguayano, di cui è propenso a ipotizzare più un avveduto occultamento che un accidentale rogo, e di cui auspica una futura ricomparsa e consegna, chiedendosi se nell’archivio odierno si trovino anche appunti giornalieri o, magari, un diario tenuto dallo stesso Gelli. Un’ipotesi succulenta per lo storico che non viene smentita nè confermata da Carlo Vivoli, limitandosi l’attuale conoscenza dell’archivio a una serie di scatole chiuse consegnate dal donatore che, nei prossimi mesi, gli archivisti pistoiesi dovranno aprire, inventariare e decidere come mettere a disposizione degli studiosi. Petracchi sembra orientato a ritenere che nelle carte gelliane prevalga oramai la caratteristica di pubblica notorietà anche se “l’edito è talvolta più inedito dell’inedito”, una frase che getta lo scompiglio fra i loden e un cenno di contestazione malamente articolata. L’invito ultimo di Petracchi, “più luce sui misteri del passato per costruire un futuro democratico”, quasi una parola d’ordine, scatena però l’applauso dei cappotti blu. Non essendo pistoiese approfitto del rumore per chiedere ad alcuni vicini senza cappotto se l’appartenenza politica dei loden sia localmente nota. "Forza Italia" è la risposta unisona. Salgono dalla piazza le note di Bella ciao.

Questi gli interventi più interessanti per archivisti e bibliotecari fra quelli che hanno caratterizzato la presentazione del Fondo Gelli, acquisito all’Archivio di Stato di Pistoia per espressa volontà di Licio Gelli, un segno indelebile di attaccamento “ad memoriam” alla città natale, che però non ha gradito confondendo, forse, fra uomini e carte.

Per cronaca di costume diamo conto anche degli altri due contributi, sulla figura del donatore e sul valore del fondo, partendo dalla dotta dissertazione su storia e funzione della Massoneria italiana, sul rapporto con le consorelle europee e con la storia politica interna, prodotta dallo studioso Aldo Mola8. Introdotta da un elogio dell’Archivio di Stato di Pistoia, della sua ricchezza di fonti istituzionali e di carteggi familiari, testimonianza dell’attenzione pistoiese alla propria tradizione locale l’acquisizione dell’Archivio Gelli viene ritenuta molto importante per la storia della massoneria, data la scarsa accessibilità di altri archivi, quelli della Compagnia dei Gesuiti, del Vittoriale o le Carte Paganuzzi presso l’Archivio di Stato di Venezia, considerate quest’ultime il contraltare della Massoneria. Di valenza “salomonica”, dunque, per la storia della massoneria, anche a causa delle peripezie conservative avvenute al più grande archivio esistente, quello del Grande Oriente di Francia, scorporato dall’Archivio di Parigi, negli anni 40 del XIX secolo9. Da qui la grande importanza rivestita, in generale, dalle sezioni locali negli Archivi di Stato per gli studiosi di settore poiché rappresentano oggi le uniche istituzioni dedite alla conservazione sicura delle fonti per la storia massonica, in un quadro documentario italiano dove mancano comunque gli archivi delle “obbedienze nazionali”, da metà 800 a tutta la prima metà del 900. Dopo le incursioni squadriste in Palazzo Giustiniani, allora sede della Massoneria Italiana, avvenute a Roma fra il 1925 e il 1926 e pilotate alla distruzione delle liste di massoni, e nonostante il ritrovamento, dopo il Concordato del 1929 fra Stato e Chiesa, di 130 casse contenenti la schedatura nominativa degli affiliati, fra cui comparivano 150.000 nomi di personaggi storici, l’archivo è nuovamente sparito e ne sarebbero oggi rimaste solo 9 buste, contenenti le affiliazioni massoniche di Garibaldi, Crispi, Zanardelli e Depretis fino a quelle di alcuni dei più autorevoli padri costituenti. Risalta così l’importanza degli autografi posseduti dall’Archivio Gelli, in grado oggi di documentare l’appartenenza alla Massoneria non solo di Napoleone Bonaparte, per fare un esempio, ma anche di musicisti, sovrani, statisti e uomini di cultura, restituita alla comunità degli studiosi dalla passione di Licio Gelli per la raccolta di autografi storici nei mercati antiquaria di tutto il mondo. La storia della massoneria italiana, grazie all’Archivo Gelli, potrà uscire dall’isolamento storiografico cui l’avevano ridotta le razzie negli archivi di epoca fascista e documentare, in parallelo, l’azione di rinascita dovuta all’ingresso di Gelli nella gestione della Massoneria negli anni 70. La capacità organizzativa e gestionale di Licio Gelli avrebbe portato la Massoneria Italiana ad un cambiamento politico radicale, ottenendone il riconoscimento dalla loggia di obbedienza inglese, facendola uscire da una condizione di provincialismo e dandole accesso al circuito più ampio della massoneria internazionale, fatta eccezione per la loggia francese10. In questo quadro rivivificante va letto anche il tentativo di riunificare le due logge esistenti in Italia, il tentativo di riacquisire la sede storica di Palazzo Giustiniani, venduta allo stato nel 1925 e oggi sede del Senato della Repubblica e, infine, l’apertura al mondo cattolico con la pubblicazione di una Bibbia Concordata, sotto l’egida del cardinale J. D. Shenkel, edita da Mondadori nel 1974, di cui chi scrive non può esimersi dal ricordare la tessera P2 dell’amministratore delegato Mario Formenton. Due i cardini del cambiamento guidato da Licio Gelli: la possibilità per i massoni di ricevere la Comunione e il permesso accordato ai cattolici dalle gerarchie ecclesiastiche di diventare anche massoni.11 Un’ovazione del pubblico accoglie queste conclusioni, tardivamente illuminanti forse solo per un ristretto numero di presenti, mentre il fratello tessera P2 n.476 si precipita a stringere la mano dello studioso scusandosi per certe sue oscure intemperenze a commento delle parole di Linda Giuva.

Un movimento ondulatorio fra la folla, un redistribuirsi di profumata pellicceria, uno sparire di taccuini e registratori, un protendersi di gomiti e braccia cariche di webcam, senza pietà per occhi e nasi degli astanti, accoglie l’intervento agiografico di Ferruccio Monterosso e la sua trattazione, ai limiti dell’onirico, sui meriti letterari del venerabile poeta e scrittore Licio Gelli. Paradossalmente la sezione più importante di questo articolo destinato ai bibliotecari italiani, che potranno apprendere della impressionante produzione letteraria del gran maestro e di cui ogni biblioteca potrà, per completezza, dotarsi. Si tratta soprattutto di edizioni Laterza12 e Mondadori, organiche alla donazione, di un autore che il Monterosso definisce “poeta sistemico”, produttore di un “labor linee”, di un’”ars dicendi” “nutrita di bellezza e di valori morali e civili, di grande capacità edificante e immensa potenza” e di cui una delle pubblicazioni più significative è rappresentata dal volume Miti nella poesia, un connubio di “attualità e umanità delle fabulae fictae”, dove si celebra la civiltà dell’amore, il “sentore di un amplesso cosmico, il senso quasi leopardiano della morte, un forte naturalismo unito al sentimento religioso non statico di una centralità di Dio e dei suoi mille cieli”. Nell’opera Nelle zolle della vita umana l’eterno enigma13, la poetica gelliana “è contrapposta a certa neoavanguardia contemporanea” del cui scarso valore la certezza del relatore è adamantina in nome di “elogio dell’approssimazione e critica della scientificità filologica”. Attraverso la tautologia del minore, tale fino a che non diventa maggiore, Monterosso auspica l’annessione di Gelli fra i maggiori celebrandone la donazione come un atto contrastante “l’attuale crisi di valori”

Si esce attoniti dalla sala, anche per la mancanza di ossigeno, aspettando che la contestazione terrena si plachi, aiutando Linda Giuva a nascondersi nei corridoi dopo l’inevitabile stretta di mano strappatale dal “venerabile” sotto i flash. Gli incappottati si disperdono nella piazza, Gelli, inseguito dalla Iene di Canale 5 per una improbabile intervista, sale sulla macchina dei carabinieri con le sue donne, presumibilmente diretto a Villa Wanda, qualcuno si sofferma a respirare finalmente l’aria libera della piazza.


* Versione integrale dell'articolo che potete leggere anche nella versione cartacea, ma per motivi di spazio in forma assai ridotta.

3 Guida agli archivi della Fondazione Istituto Gramsci di Roma, a cura di LINDA GIUVA. Guida agli archivi degli Istituti Gramsci, a cura di Patrizia Gabrielli e Valeria Vitale, Roma 1994, pp. XXXVIII, 290 (Quaderni della Rassegna degli Archivi di Stato, 76)

4 Definizione del XX secolo ripresa dall’autobiografia di E.Hobsbawm, Il secolo breve 1914-1991. "L'epoca più violenta della storia dell'umanità," Rizzoli 2000 (trad. ).

5 Nel gruppo dei 59 promotori italiani e stranieri della candidatura di Licio Gelli al Premio Nobel per la Letteratura nel 1997 compaiono una serie di enti culturali dell'universo ex-sovietico, sinteticamente raccolti in questa sede nella denominazione di comitato russo. Fra gli altri l'Accademia delle Belle Arti di Russia, tre enti rumeni fra cui la Facoltà di Lettere della città di Cluj-Napoca, la Facoltà di Storia dell'Università Statale bulgara di Sofia, alcuni enti del Tagjikistan come l'Università di Dushanbè e la locale Unione degli Scrittori, l'Istituto di Letteratura dell'Accademia delle Scienze in Uzbekistan, l'Unione degli Scrittori della Repubblica Kirghisa. Dati estratti dalla pubblicazione Catalogo della Donazione Licio Gelli all'archivio di Stato di Pistoia a cura di Licio Gelli, Bari, Edizionio Giuseppe Laterza, 2006, pag. 72 e sgg

6 La rivista Gnosis, edita dal Servizio di Informazioni per la Sicurezza Democratica, viene venduta presso le Librerie di Stato ed è consultabile on line.

7 Fra le molte pubblicazioni di cui è autore citiamo, rispetto al contesto, la partecipazione alla Storia di Pistoia, Le Monnier 2000.

8 Autore del libro Storia della Massoneria, Bompiani, 2001 e collaboratore della rivista Rassegna di cultura massonica, edita dall’aprile 2000

9 Lo scorporo avvenne durante l’occupazione nazista di Parigi: gli occupanti acquisirono le carte della massoneria francese per procedere alla epurazione dei suoi iscritti, cadde poi nelle mani dell’esercito sovietico al momento della liberazione e rimase in in Unione Sovietica fino al 1989 per essere nuovamente restituito alla Francia. Si possono intuire le perdite subite dall’archivio nell’esercizio di questa tradizione.

10 Riportiamo la lettura data da magistrati e politici rispetto alle attività di parte della massoneria in quegli anni: “In pochi si accorgono per tempo delle manovre spericolate dei finanzieri d’assalto, che si muovono grazie anche alle entrature offerte dalla Loggia massonica P2 di Licio Gelli. Tra le poche voci isolate che si alzano per denunciare i rischi quella dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, inflessibile commissario liquidatore della Banca Privata di Michele Sindona, ucciso a Milano da un killer della mafia <…> Non possiamo certo trascurare le storie di Michele Sindona e Roberto Calvi, spregiudicati bancarottieri al soldo delle organizzazioni mafiose che offrono i propri servigi per diversificare gli investimenti finanziari delle cosche. Alcuni collaboratori di giustizia, come Francesco Marino Mannoia, consentono la ricostruzione del sistema allora imperante. Iacono chiese il motivo [dell’omicidio di Calvi] e Pullarà gli disse che Calvi si era impadronito di una grossa somma di denaro che apparteneva a Licio Gelli e Calò. Il Pullarà disse pure che il Calò e Gelli avevano recuperato(non disse se tutto o in parte) i soldi prima della morte di Calvi <…> si trattava di somme ingenti nell’ordinedi decine di miliardi <…> avevo sentito dire da Stefano Bontate e da altri uomini d’onore della nostra famiglia che Pippo Calò, Salvatore Riina, Francesco Madonia ed altri dello stesso gruppo avevano investito somme di denaro a Roma attraverso Licio Gelli che ne curava gli investimenti e che parte del denaro veniva investito nella “Banca del Vaticano”. Di queste cose parlavo con Stefano Bontate e Salvatore Federico che erano i “manager”della nostra famiglia. In sostanza come Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo avevano Sindona gli altri avevano Gelli <…> anche Carboni era un canale dell’attività finanziaria di Pippo Calò. Il Pullarà mi disse che Calvi si era impadronito di decine di miliardi di Calò e Gelli, che tali somme erano state recuperate ma che ormai Calvi era inaffidabile” [dialogo riportato anche nel film-denuncia di Giuseppe Ferrara, I banchieri di Dio - Il caso Calvi prodotto nel 2001, n.d.r.]. in Mafie d’Italia nel nuovo Millenni: Analisi e proposte. A cura di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie e Magistratura Democratica, in collaborazione con Narcomafie e Questione Giustizia, (Roma, Multigrafica, stampa 2005), v.1-, pagg. 70, 87 e nota 3.

11 Per una conferma dei fatti si rimanda agli Atti della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2, o Commissione Anselmi.

12 Si tratta dell’editore Giuseppe Laterza, fratello dei più noti editori Fratelli Laterza, e titolare di una casa di edizioni a pagamento. Non così per Mondadori.

13 Si veda in proposito l’omonima pubblicazione con un saggio sulla poesia di Licio Gelli di Ferruccio Monterosso (Ed. Giuseppe Laterza, Bari 2002).


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Copyright AIB 2006-05-21, ultimo aggiornamento 2006-06-19 a cura di Vanni Bertini e Paolo Baldi
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