[AIB] AIB. Sezione Toscana. Bibelot, n. 3 (1999)

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Gli incontri con gli scrittori promossi dal ministro Melandri

«SCUOLE DI LETTURA IN BIBLIOTECA»: IL GRANDE FLOP

di Elisabetta Francioni

Si è concluso poco prima di Natale il ciclo di incontri con gli scrittori promosso dal Ministero per i beni e le attività culturali che, nell'arco degli ultimi 3 mesi, ha coinvolto 20 biblioteche statali in 17 città italiane. Un progetto fortemente caldeggiato dal ministro Giovanna Melandri, la quale - nel lanciare l'iniziativa alcuni mesi orsono dalle colonne di «Repubblica» - affermava con forza che in Italia «per rimontare la china di quei dati di lettura così sconfortanti [solo il 38% degli italiani legge almeno un libro all'anno, ndr] è necessario uno sforzo che muova tutta la cultura italiana, che coinvolga i media ... e metta in gioco energie e intelligenze, suscitando passioni». Di qui il varo del progetto, sul modello «dei Paesi dove si legge di più, e il contatto diretto tra autori e lettori di libri è una tradizione consolidata».
A dire qualcosa contro un'iniziativa così ... politicamente corretta, si rischia di essere tacciati di snobismo intellettuale, di ipercriticismo, addirittura di conservatorismo. Una riflessione e un bilancio sono però doverosi da parte di chi nelle biblioteche statali opera, di fronte a un'iniziativa dirigista e velleitaria che, partita come sperimentale, è stata tuttavia già riconfermata per il Duemila, in barba al monitoraggio delle statistiche voluto dal Ministero stesso, (a proposito, nel nuovo elenco degli scrittori che dovrebbero leggere ad alta voce le loro opere, ne compaiono ben quattro passati da un pezzo a miglior vita: vedi In compagnia dei defunti, «La Repubblica»11-1-2000). La circolare diffusa per quest'anno ripropone che «le biblioteche dello Stato, luoghi di conservazione del patrimonio librario nazionale, e memoria collettiva dei saperi, si aprano alla alterità rappresentata da un pubblico più vasto, diverso da quello degli studiosi che abitualmente le frequentano», dove è evidente lo spostamento di obiettivo della propria utenza di riferimento (migliorare i servizi per gli studiosi, a quanto pare, non è di moda), verso un'utenza tutto sommato secondaria per le statali, quale è quella dei lettori di narrativa e poesia.
Ma esaminiamo i dati, davvero sconfortanti, di affluenza del pubblico ai cosiddetti laboratori creativi 1999: 14.500 persone distribuite su 240 incontri in totale significano una media nazionale pari alle 60 presenze per volta. Uno spreco di ore-lavoro e di energie (alcuni bibliotecari entusiasti hanno dato vita ad uffici-stampa, dirette Internet, schede bio-bibliografiche in rete con tanto di foto degli scrittori) distolte da lavori sicuramente più urgenti e più importanti, e in ultima analisi di soldi (dépliant e manifesti, rimborsi e gettoni per gli scrittori, spese vive), che un ministero notoriamente povero poteva evitare, convogliando il tutto su iniziative più consone alle statali. Guardando ai dati della Toscana le cose non sono andate meglio: a Pisa, nonostante l'impegno organizzativo, si sono attestati su una media di 30 presenze ad incontro; a Lucca la partecipazione è stata di 13-15 persone per volta; dati non dissimili a Firenze, che ha fatto il pienone (si fa per dire) con 70 presenze solo per il popolarissimo Michele Serra, mentre un'autorità del panorama letterario italiano come Cesare Garboli si è dovuta accontentare di meno di 20 persone (e se, da queste cifre, sottraiamo ancora gli amici affezionati dello scrittore di turno e i bibliotecari precettati dall'istituto ospitante, possiamo renderci veramente conto del grande flop). Ma il ministro si è ... affezionato all'idea, un'idea sacrosanta a condizione che sia portata avanti nei luoghi giusti, e cioè nelle biblioteche di pubblica lettura, quelle che (appunto) hanno il compito precipuo di acquistare il romanzo o il saggio del momento, di promuoverne la lettura e soprattutto - a differenza della Laurenziana o della Nazionale di Firenze! - di darli in prestito (per limitarci a casa nostra, il successo di iniziative simili al Gabinetto Vieusseux o del ciclo Leggere per non dimenticare della Comunale centrale fiorentina sono sotto gli occhi di tutti, segno che il luogo e la funzione hanno la loro importanza). Il progetto scuole di lettura, al contrario, sembra ignorare la storia, le particolarità, i compiti delle biblioteche statali - peraltro ben definiti dal Regolamento del 1995 - che sono notoriamente di studio e ricerca, di conservazione, in alcuni casi di archivio del libro (in pochi casi, nelle città dove non esiste una biblioteca di base, di supporto alla pubblica lettura: e infatti sono questi i luoghi dove l'iniziativa ha avuto, talvolta, successo).
E così, mentre si investono risorse umane e finanziarie in progetti all'insegna dell'immagine e della novità, si fa finta di non vedere che le biblioteche del Ministero necessitano di ben altro, perché hanno orari di apertura ristretti, offrono servizi spesso inefficienti, hanno bisogno di riqualificare maggiormente il personale sulle nuove tecnologie, di spazzar via una mentalità e una pratica burocratica, fatta ancora di moduli, timbri e carte carbone: sono, insomma, ancora inadeguate rispetto agli standard europei (come hanno sottolineato alcune voci nel recente dibattito sulle scuole, svoltosi in AIB-CUR).
Soprattutto necessitano - e urgentemente - di grandi investimenti per far conoscere il loro patrimonio, attraverso la riconversione dei cataloghi retrospettivi (quelli in linea, a parte alcuni casi, non sono mai antecedenti agli anni Novanta), la digitalizzazione di manoscritti e documenti rari, i progetti di catalogazione dei tanti fondi ancora non accessibili al pubblico. A tutto questo possono affiancarsi - e anzi lo auspichiamo - iniziative rivolte ai giovani ma anche al grande pubblico, come itinerari didattici di conoscenza dei documenti manoscritti e a stampa che le statali conservano veri monumenti della nostra cultura, o percorsi di istruzione finalizzati ad imparare come si fa ricerca bibliografica e come si usano i servizi bibliotecari, in collaborazione con le scuole e le università.
Tutto ciò mantenendo le finalità e i compiti che le biblioteche statali hanno, tra i quali compare anche la valorizzazione delle raccolte, e non certo (o non prioritariamente) la promozione della pubblica lettura.
Un'ultima notazione critica riguarda il personale delle biblioteche coinvolte: le scuole di lettura sono state una trappola in cui acriticamente sono caduti tanti colleghi, per eccesso di generosità o per desiderio di evasione da una realtà professionale vissuta spesso come grigia e deludente.
Pare un vezzo dei bibliotecari italiani, quello di impegnarsi senza risparmio di energie preferibilmente in occasioni e progetti in qualche modo trasversali, paralleli, rispetto a ciò che essi devono fare e sanno fare: anche questa volta non ci siamo smentiti, e c'è stato addirittura qualcuno che ha invocato corsi per imparare a fare i presentatori! Cari colleghi (e caro ministro), ma non è forse il caso di fare finalmente i bibliotecari?


Copyright AIB 2000-01-28, ultimo aggiornamento 2000-02-08 a cura di Vanni Bertini
URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/toscana/bibelot/b9903h.htm


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