Cercherò di contenere il mio intervento all'interno dei dieci
minuti che mi sono stati assegnati. Per questo motivo mi limito a citare
i progetti a contenuto multimediale che sono stati avviati presso la Biblioteca
Nazionale Marciana: il progetto HISTORIA, cofinanziato dalla DGXIII della
Commissione Europea, relativo alla riproduzione digitale di codici araldici
veneziani, in particolare il Campidoglio Veneto del Cappellari, con predisposizione
di un sistema evoluto di ricerca e riconoscimento delle immagini con tecniche
ipertestuali; i progetti Carte geografiche e Coronelliana Marciana, finalizzati
il primo alla catalogazione, ripresa fotografica e riproduzione digitale
di 6.800 carte geografiche e stampe antiche, ed il secondo alla ripresa
fotografica e riproduzione digitale integrale delle 10.000 pagine di testo
e delle 7.000 immagini del fondo del cartografo veneziano Vincenzo Coronelli;
il progetto VENIVA, in collaborazione con Marsilio Editori, che prevede
la creazione di un sistema multimediale in linea costituito da basi dati
testuali e grafiche su Venezia; il progetto recentissimo di un Archivio
digitale della musica veneta del settecento, condotto in collaborazione
con la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino e la Discoteca di Stato,
che si prefigge di mettere a regime un sistema di documentazione musicale
innovativo, basato sull'accesso in rete a partiture musicali digitalizzate
ed ai corrispondenti documenti sonori. Non vorrei dimenticare altri due
progetti non propriamente multimediali ma che di questi costituiscono il
presupposto, recuperando ad una consultazione in linea anche le notizie
bibliografiche, ove presenti, dei documenti in corso di digitalizzazione:
il progetto Golem, che sta operando la retroconversione integrale del catalogo
generale per autori della Biblioteca in formato standard UNIMARC, per un
totale di circa 375.000 record, e il progetto Servizio bibliografico musicale,
che ha provveduto al controllo, alla correzione, all'adeguamento agli standard
propri della base dati Musica, residente sul sistema indice SBN, di circa
200.000 notizie di bibliografia musicale frutto del precedente progetto
A.CO.M. I record bibliografici prodotti nell'ambito dei due progetti verranno
riversati nel costituendo OPAC del Polo veneziano del SBN.
La Marciana ha un suo stand al salone, che vi invito a visitare, dove chi
vorrà potrà trovare delle schede sintetiche su ognuno di
questi progetti e vedere alcune dimostrazioni.
Ma vorrei piuttosto fare qualche considerazione di ordine generale, limitandomi
necessariamente al contesto proprio delle biblioteche pubbliche statali:
l'esperienza dimostra che progetti del tipo di quelli che ho citato operano
come "incubatori" di contraddizioni, di contraddizioni gravi,
che rendono la loro conduzione e coordinamento una corsa ad ostacoli. E
non solo l'avvio di questi progetti, ma anche il ruolo che le biblioteche
devono conquistare nella Società dell'informazione, la concorrenza
con gli altri attori della catena del libro e della documentazione, i nuovi
modelli culturali indotti da una diversa maniera di accostare il testo,
l'evoluzione tecnologica rapidissima, il cambiamento stesso nella tipologia
della domanda degli utenti, che è sempre un po' più avanti
di quanto si riesce ad offrire, la necessità di continuare ad erogare
i servizi più tradizionali, tutte queste cose impongono alle biblioteche
modelli organizzativi molto flessibili, grandi capacità di innovazione
e di adattamento, un'aggiornamento professionale continuo dei bibliotecari.
A queste esigenze imprescindibili le biblioteche oppongono forti rigidità,
e vorrei provare ad elencarne qualcuna: · rigidità nei meccanismi
del finanziamento e della spesa: il finanziamento avviene su capitoli di
spesa distinti ed assolutamente impermeabili, il budget su ognuno di essi
è per lo più incerto, infatti l'avere certezza dell'entità
di un finanziamento su un capitolo nel marzo dell'anno corrente equivale
a non consentire la programmazione per l'anno corrente. E i progetti che
citavo vanno avanti con estrema difficoltà senza una programmazione
adeguata. Ancora più incerta poi è la reale disponibilità
di cassa, cioè la data in cui quei denari, pur promessi, si renderanno
effettivamente spendibili. Tutto ciò è all'origine di quel
fenomeno dei residui di spesa, tante volte deplorato, cioè di quei
finanziamenti non spesi nell'anno di competenza che possono venire spesi
nei tre o cinque anni successivi, a seconda della tipologia del capitolo
di spesa, con difficoltà crescenti legate proprio all'incertezza
della loro disponibilità di cassa. Caso tipico quello del progetto
Golem, svariate centinaia di milioni che si sono rese effettivamente disponibili
il 28 novembre di quest'anno e che vanno interamente spese entro la fine
di dicembre. Tutto questo si traduce inevitabilmente in un aumento dei
costi, in quanto i fornitori sono abituati a tenere conto, nella predisposizione
delle offerte, che il pagamento può avvenire con 9 o 10 mesi di
di ritardo. Per non parlare poi dei meccanismi delle entrate, parola impropria,
quasi offensiva per le biblioteche pubbliche statali. Lo spiraglio che
è stato aperto dalla L.4/93, la Legge Ronchey, e dai due successivi
regolamenti di attuazione, resta troppo esiguo; la procedura che prevede
la possibilità di introitare denaro tramite versamento su un apposito
conto del Ministero del Tesoro, che poi provvede al riaccredito alla biblioteca,
è improponibile per gestire quei servizi a valore aggiunto che potrebbero
venire erogati con pagamenti attraverso una normale carta di credito. Le
biblioteche pubbliche statali non possono essere titolari di un proprio
conto, e non possono emettere una fattura. Ora, in un rapporto del Commissario
europeo Martin Bangemann, che ha per titolo L'Europa e la Società
dell'informazione globale, si parla, a proposito dell'avvento della Società
dell'informazione, di "una rivoluzione trainata dal mercato".
E in effetti oggi assistiamo, nel mercato dell'informazione e dei servizi
culturali, ad una concorrenza vivacissima fra diversi soggetti: le biblioteche
non devono restarne fuori, in particolare le biblioteche storiche e di
tradizione, che sono in grado di divenire fornitrici di contenuti multimediali
di qualità, adottando criteri di mercato, ma senza perdere, ad un
tempo, la propria identità di servizi pubblici e di organizzazioni
non votate al profitto. Ben poco di tutto questo sarà possibile
finchè la biblioteca dovrà rigidamente sottostare alle norme
della contabilità di Stato. · Rigidità nella gestione
del personale: la possibilità di incentivare la partecipazione ai
progetti , ad esempio, è ancora quantitativamente poco rilevante,
ma soprattutto siamo di fronte ad un grave squilibrio nella distribuzione
del personale tecnico-scientifico. Le nuove piante organiche, presentate
all'inizio di quest'anno, non prevedono in molte biblioteche la presenza
dei funzionari tecnico-scientifici del livello VIII, che corrisponde proprio
alla qualifica del bibliotecario. Viene dunque a mancare quella professionalità
intermedia fra i collaboratori di biblioteca di VII livello e i Direttori
di biblioteca di IX, che, per chi non lo sapesse, non sono i dirigenti,
cioè la figura più adatta per la conduzione di progetti specifici;
si tratta infatti di una professionalità dotata di buona autonomia,
di rappresentatività esterna, oltre che dei requisiti culturali
e dell'esperienza necessari per svolgere un ruolo significativo nei processi
di rinnovamento dei servizi e di trasformazione tecnologica. · Un
terzo fattore di rigidità è costituito dall'insufficienza
delle iniziative in tema di aggiornamento professionale. E vero che il
piano d'azione Mediateca 2000, promosso dal Ministero per i beni culturali,
prevede lo svolgimento di corsi di formazione professionale destinati a
giovani laureati o diplomati iscritti alle liste di disoccupazione, ma
scarsissime sono le iniziative di aggiornamento professionale destinate
al personale già in servizio. Qualcosa si è fatto solo nell'ambito
del SBN. Aggiornamento professionale non significa solo corsi di formazione,
per i quali fra l'altro esiste un mercato delle cui opportunità
sarebbe bello che anche i bibliotecari dello Stato, salve le esigenze del
servizio, potessero fruire; l'aggiornamento si fa anche sul campo, e può
passare attraverso l'istituzione di rapporti stabili con istituti di ricerca,
o la collaborazione con dipartimenti universitari e con altre biblioteche.
La partecipazione ai progetti cofinanziati dalla Commissione Europea, ad
esempio, o il lavorare ad uno studio di fattibilità di un progetto
unitamente ad un'istituzione di ricerca possono risultare straordinarie
occasioni di aggiornamento per il personale coinvolto, e occorrerebbe trovare
il modo di incentivarle.
Alle rigidità ed alle carenze di cui ho fatto qualche esempio si tende a far fronte con la parola d'ordine del decentramento, o meglio, per usare la terminologia della Legge 59/97, la prima legge Bassanini, con "il trasferimento, delega o attribuzione di funzioni e compiti" amministrativi alle regioni, alle province, ai comuni ed alle comunità montane. La legge Bassanini contiene, pur nei limiti di una legge di delega al governo, quindi di una legge di indirizzo, alcune risposte ai temi che sollevavo poc'anzi, risposte sulle quali non c'è ora il tempo di soffermarsi, ma quello che mi preme dire chiaramente è che le biblioteche pubbliche statali non hanno alcun bisogno di passare da un centralismo dello Stato ad un centralismo della regione o di qualsivoglia altro ente locale. La parola chiave del processo di riforma dell'amministrazione bibliotecaria deve essere quella dell'autonomia, autonomia culturale e scientifica ma anche finanziaria e contabile, e soprattutto un'autonomia sostanziale, il che significa che le biblioteche devono divenire titolari in prima persona dei trasferimenti finanziari necessari a farle vivere, in quanto servizi pubblici, ed anche ad avviare quei processi di autofinanziamento di cui parlavo prima, quando mi riferivo ad un loro operare con criteri di mercato. Sono rimasto colpito dalle parole di un componente della Commissione Cheli, la commissione incaricata dal Ministro Veltroni di studiare le linee di riforma del Ministero per i beni culturali, che al recente congresso dell'AIB di Napoli rilevava il grande rischio del conferimento di un'autonomia priva dei necessari trasferimenti finanziari. Come dire, la via maestra per l'affossamento di un ente o di un'istituzione. Naturalmente, tutto questo non può avvenire al di fuori di un contesto normativo generale, in poche parole non può darsi autonomia senza una legge quadro che la riconosca e che definisca anzitutto un modello generale dei servizi , organizzando le biblioteche in una prospettiva sistemica a partire dalle funzioni generali da svolgere, lasciando poi alla concertazione locale l'assetto del servizio su un determinato territorio, i rapporti fra le varie tipologie delle biblioteche, le cui distinzioni istituzionali sono destinate a perdere d'importanza, e i rapporti fra le biblioteche e gli altri soggetti attivi nel circuito del libro, dell'informazione e dei servizi culturali. C'è un articolo della Legge Bassanini che mi pare particolarmente interessante riguardo a questi temi, l'art. 21, che è relativo all'attribuzione della personalità giuridica e dell'autonomia alle istituzioni scolastiche. Potrei azzardare un commento, ma ritengo senza dubbio più efficace citarne due brevi passi: il comma 1 dice, fra l'altro che "Ai fini della realizzazione della autonomia delle istituzioni scolastiche le funzioni dell'Amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione in materia di gestione del servizio di istruzione ... sono progressivamente attribuite alle istituzioni scolastiche, attuando a tal fine anche l'estensione ... della personalità giuridica ... anche in deroga alle norme vigenti in materia di contabilità dello Stato ". Il comma 5 aggiunge che "La dotazione finanziaria essenziale delle istituzioni scolastiche ... è costituita dall'assegnazione dello Stato per il funzionamento amministrativo e didattico ... Tale dotazione finanziaria è attribuita senza altro vincolo di destinazione che quello dell'utilizzazione prioritaria per lo svolgimento delle attività di istruzione, di formazione e di orientamento proprie di ciascuna tipologia e di ciascun indirizzo di scuola". Mi chiedo se un modello di questo genere sia applicabile anche alle biblioteche.