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Seminario Vinay
"9. Seminario Angela Vinay"
L'AUTOMAZIONE DELLE BIBLIOTECHE NEL VENETO:
l'irruzione della multimedialità
Bianca Maria Varisco
docente di Informatica generale e tecnologie dell'educazione
presso la
facoltà di Scienze della Formazione dell'Università
di Padova
Multimedialità ed educazione. La qualità del software didattico, i sistemi di sviluppo, l'organizzazione didattica
Introduzione
Il mondo variegato della multimedialità che, con i suoi tentacoli
proteiformi e polisensoriali, si espande, avviluppandola, alla maggior
parte della comunicazione elettronica d'oggigiorno, si inserisce, anche,
didatticamente come metodologia o tecnologia trasversale ai nuovi saperi
(vedi: "Piano per l'introduzione delle Nuove Tecnologie nella scuola"
e "Relazione dei Saggi") o addirittura come "disciplina"
d'insegnamento (sic!) nei recenti programmi sperimentali per la scuola
superiore (progetto che dall'a.s. 1997-98 coinvolge 150 istituti secondari
pilota, con la dizione «Tecnologie dell'informazione e della comunicazione»).
Questa molteplicità di offerte ed approcci ad essa (quotidiani e
occasionali, o scolastici e programmati), obbliga ad una riflessione sul
significato e sul rapporto tra multimedialità ed educazione, tra
tecnologia multimediale e sua utilizzazione didattica.
Precisiamo innanzitutto che oggigiorno con il nome di multimedialità
si tende a definire quella che, più tecnicamente, si chiama ipermedialità,
tecnologia elettronica che non solo fa uso di più sistemi simbolici
in un'unica unità comunicativa (multi-media), ma che adotta anche
un'organizzazione delle informazioni di tipo reticolare (iper-testo) e
non lineare, sequenziale, permettendo immediatezza di salti tra un nodo
(di una «pagina») e quello di un'altra.
Accanto agli ipermedia, comunque, continuano a convivere ed essere
proposti prodotti di fruizione e produzione puramente multimediali, che
hanno avuto la loro prima espressione didattica nei famosi Living Books,
libri elettronici multimediali da «sfogliare» con le classiche
due frecce ed il mouse, curiosando ed esplorando ogni pagina (schermata)
riccamente illustrata, e potendo animarla, allo sfioramento del cursore
o al click del mouse sulle cosiddette «zone calde» dello scenario,
con effetti sonori (compresi suoni, dialoghi e singole frasi) e animazioni,
inaspettati e motivanti.
Se la curiosità percettiva (e cognitiva) è indubbiamente
la molla che sollecita ed accompagna la «lettura» multimediale
dei «libri viventi», la possibilità di esprimere attraverso
molteplici tecniche (disegni, suoni, filmati, dialoghi, frasi scritte)
un racconto, una fiaba, o se stessi ed il proprio vissuto è la ragione
che motiva i bambini della scuola materna ad editare multimedia con apposito
software di sviluppo, altamente facilitato e strumenti hardware quali economiche
videocamere o macchine fotografiche digitali.
L'esprimersi di un pensiero associativo, reticolare, l'apertura ad
una visione pluriprospettica e multidimensionale, e il conseguente decentramento
cognitivo, l'approccio multi-interdisciplinare ai domini di conoscenza,
la riflessione, l'autocontrollo, l'autonomia, l'intenzionalità,
la flessibilità cognitiva, il lavoro collaborativo-cooperativo ,
nonché l'opportunità di sviluppare tutte le dimensioni «meta»
del pensiero (riflessioni meta-semiotiche - che codice usare, quando e
perché -, meta-contenutistiche - quali contenuti evidenziare ed
approfondire, quali tralasciare perché irrilevanti -, meta-cognitive
- perché è stata fatta quell'associazione, è stato
tracciato o seguito quel percorso, sono state utilizzate quelle strategie
comunicative, ecc. -), l'esigenza di approfondire la conoscenza e l'uso
di un nuovo «linguaggio» da costruire o «manipolare»
attraverso testi, suoni, immagini, ecc., dovrebbero essere tutte dimensioni
favorite dalla fruizione (esplorazione, navigazione), ma ancor più
dalla costruzione di prodotti ipermediali da parte degli studenti.
Fruizione e produzione devono logicamente far parte integrante di un
progetto di ricerca che giustifichi, per la sua natura (cognitiva, metacognitiva,
contenutistica, espressivo-comunicativa, ecc.) il ricorso alla tecnologia
ipermediale come strumento (tool) che facilita il raggiungimento
delle finalità educative esplicitate dall'insegnante.
Se sul piano teorico multimedialità e ipermedialità hanno
trovato nel corso degli anni convincenti giustificazioni al loro esistere
e alla loro utilizzazione didattica, in quello sperimentale le ricerche
svolte hanno sondato sinora aspetti marginali, spesso più rivolti
a dimostrare l'efficacia e l'efficienza cognitiva di strategie particolari
di organizzazione o visualizzazione spaziale dei legami ipermediali, che
la loro valenza sul piano cognitivo, metacognitivo e sociale.
E' questo un problema che rimane aperto secondo molti autori, nonostante
R. J. Spiro et alii, dell'Università dell'Illinois o Bereiter e
Scardamalia, nell'Ontario, abbiano allestito e sperimentato (o forse sarebbe
meglio dire «esperito») ambienti ipermediali rivolti a diversi
livelli scolari (dalla scuola primaria a quella superiore -università-)
per dimostrarne la loro funzionalità, da un lato nel favorire un
apprendimento avanzato in un dominio di conoscenza complesso e «mal
strutturato», mettendone in evidenza le eccezioni concettuali e favorendone
il transfer in nuovi contesti mediante la presentazione e l'analisi di
multipli casi applicativi attraverso una molteplicità tematica (livello
fruitivo), dall'altro nel sostenere un apprendimento intenzionale, un apprendimento
guidato da una motivazione rivolta al compito, che nasce dal puro piacere
di acquisire nuove conoscenze nel dominio ed una sua comprensione sempre
più profonda, in contesto collaborativo (sviluppo ipertestuale in
rete locale e remota - CSILE ovvero Computer Supported Collaborative Learning-).
Ancora molta strada c'è da percorrere, nel campo della ricerca
didattica, per verificare le potenzialità, i limiti e le illusioni
dei nuovi ambienti ipermediali e della loro costruzione da parte degli
studenti.
In questa sede ci limiteremo a fare alcune riflessioni su quelle che,
allo stato attuale, sembrano essere le esigenze della scuola nei confronti
dell'editoria ipermediale, sia di fruizione che di sviluppo, oltre ad esporre
una proposta di organizzazione di ricerca scolastica supportata dall'uso
di un sistema di sviluppo ipermediale.
1. Ipertesti di fruizione
Nel primo caso, se altamente motivanti si dimostrano i «libri
viventi» multimediali per il coinvolgimento dei loro effetti multimediali,
la navigazione, esplorazione, ricerca in ambienti ipermediali può
diventare, oltre che un'ulteriore strumento di consultazione e approfondimento
tematico, soprattutto un ottimo supporto all'apprendistato cognitivo, cioè
ad un praticandato in una realtà virtuale (modello) sufficientemente
complessa da permettere allo studente di risolvere problemi della real-life,
cosidetti «ancorati» o significativi, attraverso lo scaffolding
o sostegno di esperti virtuali e reali che offrano loro, automaticamente
o su richiesta, tutti i suggerimenti, su come poter svolgere e portare
a termine il compito, attraverso un lavoro collaborativo e cooperativo.
Un secondo possibile attributo degli ipertesti di «fruizione»,
didatticamente rilevante, è indubbiamente quello di essere programmi
«aperti», cioè capaci di sollecitare l'uscita da essi
per approfondimenti in altre sedi, o per praticare sul campo la ricerca
già svolta con il CD-ROM e nella quale si è diventati ormai
metodologicamente competenti.
Ultima caratteristica positiva di un ambiente di «fruizione»
ipermediale per la ricerca è quello di permettere non solo l'editing
(essere dotato di un taccuino elettronico ove l'utente può copiare
testi rilevanti trovati durante l'esplorazione del programma e annotarvi
le proprie osservazione, ed eventualmente stendere una relazione finale
servendosi anche dei materiali testuali consultati virtualmente e ritenuti
rilevanti allo scopo, con un gioco di «scrivi, copia, taglia, incolla»)
ma anche il co-authoring, cioè la possibilità, svolta un'analoga
ricerca sul campo, di ritornare al CD-ROM e trovare in esso strumenti preconfezionati
(una shell di supporto) che permettono di «ricostruire», con
scelte autonome tra le opzioni offerte, il proprio sito di ricerca reale,
editando, nei campi predisposti, tutto quanto è ritenuto fondamentale
ricercare e annotare per descrivere e spiegare il caso concreto sul quale
si è svolta la ricerca.
Per ovviare a quelli che sono i tipici pericoli della navigazione ipermediale
(il disorientamento cognitivo ed un eccessivo carico decisionale), oltre
a chiarire a monte l'obiettivo della ricerca, e richiamarlo periodicamente
all'attenzione degli allievi dal di fuori o dall'interno (sotto forma di
ricerca virtualmente guidata), gli ipertesti didattici dovrebbero possedere
alcuni requisiti minimali a diversi livelli, requisiti che assumono importanza
diversa a seconda delle finalità educative perseguite e dell'età
degli studenti.
I livelli d'analisi di un sistema ipermediale di «fruizione»
possono essere i seguenti:
1) la qualità e l'efficienza dell'interfaccia utente dell'ipertesto
(modo di presentarsi all'utente nei suoi aspetti funzionali);
2) la qualità delle scelte semiotiche fatte al suo interno
(la funzionalità, pertinenza e integrazione dei codici usati);
3) il grado di libertà operativa offerta all'allievo al
suo interno;
4) la qualità dei contenuti (visivi, sonori, testuali) utilizzati;
5) la possibilità di avere degli help sempre disponibili:
6) alcune fondamentali proprietà metodologico-didattiche, che
dipendono dagli obiettivi perseguiti (multi-interdisciplinarità,
motivazione, riflessione, decentramento del punto di vista, approfondimento
tematico, flessibilità cognitiva e transfer, pensiero associativo-reticolare,
ricerca collaborativa-cooperativa, ecc.)
- Nel primo caso è importante che, dopo le prime schermate di presentazione, il background (sfondo) del «libro» principale e quello dei libri ad esso collegati presentino dei bottoni di funzione e di orientamento facilmente interpretabili (amichevolezza dell'interfaccia, controllo del disorientamento): ogni bottone che mantiene la sua funzione non deve mai variare icona e posizione sullo schermo, anche se i «libri» dell'ipertesto che li utilizzano sono molteplici: ciò abbrevia il tempo per imparare l'uso dell'ipertesto nel suo complesso e facilita l'orientamento, permettendo un buon controllo della navigazione.
- Nel secondo caso testi, suoni, immagini, statiche e cinetiche devono essere presentate in modo pertinente, evitando ridondanze (testo scritto e anche sonoro), rispettando invece la specificità e funzionalità dei codici: il parlato attira l'attenzione e viene usato normalmente negli help, il sonoro, come il precedente, occupando molta memoria, è inserito dove serve veramente per sottolineare uno stacco o per attirare l'attenzione, i testi scritti nei campi devono essere molto brevi, e possono utilizzare la strategia delle hot words o parole calde per rinvii ad ulteriori approfondimenti (campi testo); tutti comunque devono essere testi che presentano una loro autonomia di significato.
- Il terzo livello d'analisi dovrebbe indagare le possibilità, offerte all'utente, di fare editing e il co-authoring, cioè di copiare brani, prendere appunti, fare annotazioni, rielaborarle, modificare, integrare o ricostruire il prodotto secondo le proprie esigenze.
- Il quarto porta ad analizzare la correttezza e l'autorevolezza dei contenuti presentati; quelli scritti devono essere brevi, sintetici, non superiori alle 5-6 righe di testo, evitando la presentazione a barra di scorrimento; dovrebbero invece contenere quelle famose «parole calde» (solitamente termini specifici del dominio) che «aprono» a richiesta nuovi campi per spiegare se stesse, senza creare comunque un'eccessiva nidificazione degli stessi (due o tre passi d'approfondimento sono il massimo accettabile) per non creare una lunga serie di «matrioske» o scatole cinesi dalle quali sarà lungo e noioso risalire.
- A proposito del quinto livello è stato sperimentalmente dimostrato che, in un ipertesto sufficientemente complesso, deciso l'obiettivo da perseguire o il quesito da risolvere, un aiuto virtuale on-line, automatico o su richiesta, accorcia i tempi della risoluzione orientando il pensiero verso la meta, mentre la sua completa assenza fa spesso perdere di vista l'obiettivo della ricerca pur accrescendo la quantità di informazioni (non sempre pertinenti al compito) raccolte dagli allievi nei loro a volte dispersivi percorsi, guidati da pura curiosità (lasciandosi «prendere la mano»).
- Il sesto livello è quello tipicamente metodologico-didattico: i suoi parametri d'analisi (elencati sopra tra parentesi) variano a seconda delle finalità educative e degli obiettivi didattici che l'insegnante si propone di perseguire attraverso il programma. Crediamo che alcuni aspetti, come la riflessione e tutte le dimensioni «meta», debbano essere sollecitate, inizialmente, dall'insegnante stesso, a meno che l'ipertesto non sia stato progettato per questi specifici scopi. Anche la flessibilità cognitiva, il transfer e altre dimensioni del pensiero potranno essere sviluppate da ipertesti sufficientemente complessi ma altrettanto amichevoli. La dimensione collaborativa-cooperativa dipenderà in parte dal programma, che dovrà essere più simile ad un «ambiente di ricerca» da esplorare che ad un'enciclopedia da consultare, in parte dall'organizzazione che l'insegnante darà al lavoro di classe, ad esempio suddividendola in sotto gruppi di composizione eterogenea che coopereranno al perseguimento di un fine condiviso dall'intera comunità-classe.
2.1. I sistemi di sviluppo ipermediale
Per l'analisi di un sistema di sviluppo ipermediale, l'insegnante dovrà
tener conto innanzi tutto del grado di coinvolgimento dei ragazzi a livello
authoring: quale spazio riservare agli allievi, quale all'insegnante o
all'O.T.? Stabilito il grado e il livello di authoring che si vuole perseguire,
si può passare alla scelta del sistema: da semplici e amichevoli
interfacce facilitative che nascono da prodotti più sofisticati
ma danno la possibilità di «pasticciare» con i primi
mini progetti senza nessun interesse e timore per gli script (programmi)
da elaborare e «incollare» agli oggetti ipertestuali, a programmi
di sviluppo più sofisticati che offrono sia questa libertà,
che limita comunque il campo d'azione, che la possibilità di dar
vita ad effetti più sofisticati utilizzando direttamente il proprio
linguaggio di programmazione, non sempre di immediata comprensione. Oggigiorno
si possono anche utilizzare gli editors ipertestuali compresi in molti
sistemi di sviluppo (come gli elaboratori testo) che permettono di stendere
pagine ipertestuali le quali, programmate automaticamente in HTML (HyperText
Markup Language) possono essere scaricate su siti Internet.
FrontPage è forse l'editor più noto e usato per
questo scopo, ma anche quelli che un tempo erano semplici programmi di
presentazioni (senza possibilità di collegamenti ipermediali), come
PowerPoint, possono permettere oggi di creare ipermedia utilizzando un
«linguaggio autore» di semplice comprensione ed utilizzo.
2.2. Dalla familiarizzazione con la tecnologia al progetto di produzione
e al suo sviluppo ipermediale in classe
Deciso il programma di sviluppo da utilizzare, e le sue potenzialità
multimediali, si provvederà all'acquisto degli strumenti hardware
e software (scanner, videocamera o macchina fotografica digitale, software
di gestione, ecc.) che permetteranno la digitalizzazione e/o autorealizzazione
degli oggetti multimediali (suoni, immagini statiche e in movimento, animazioni,
ecc.).
Avvenuta una familiarizzazione tecnologica ed un aggiornamento psico-pedagogico
e metodologico-didattico (nuove teorie di psicologia dell'apprendimento
e dell'educazione, modelli e proposte di ambienti didattici supportati
dalle Nuove Tecnologie -N.T.-) degli insegnanti, i quali dovrebbero essere
sollecitati, sin dall'inizio, ad una riflessione-proposta personale delle
potenzialità dello strumento ipertestuale per la realizzazione di
progetti didattici altrimenti difficilmente, non soddisfacentemente, o
addirittura assolutamente irrealizzabili senza di esso, si passerà
all'utilizzazione dello strumento nella propria classe, dotando possibilmente
l'aula, o uno o più locali ad essa attigui, di almeno quattro-cinque
computer sui quali far lavorare i propri alunni.
Inizialmente potranno essere proposti agli studenti ipertesti realizzati
da coetanei, per farli da loro esplorare, analizzare, decostruire, valutare,
descriverne il livello di funzionalità dell'interfaccia, dei contenuti
e della loro organizzazione attraverso l'individualizzazione delle zone
calde e dei links, nonché delle modalità della loro presentazione
all'utente.
Durante una minima familiarizzazione con lo strumento di sviluppo prescelto,
si procederà a delineare il campo di ricerca: l'insegnante dovrebbe
offrire una «rete progettuale a maglie larghe», su un dominio
che si presti ad una ricerca sul campo supportata dalla tecnologia ipermediale,
una rete tale da permettere ai ragazzi di co-partecipare alla sua definizione
in progress, proprio attraverso lo scaffolding ipertestuale (programmazione
emergente e partecipata). Tutto il lavoro svolto dal/dagli insegnanti dovrà
essere ampiamente documentato attraverso report periodici, individuali
e di gruppo (questi ultimi saranno rappresentati dai verbali delle riunioni
che verranno fatte tra gli insegnanti ed altri componenti del gruppo: esperti,
ricercatori, osservatori esterni o partecipanti, ecc.), mentre quello sviluppato
dagli studenti verrà sintetizzato nel diario di bordo che,
alla fine di ogni sessione, un rappresentante di ciascun gruppo, a rotazione,
concorrerà a compilare annotando data, orario di lavoro, componenti
presenti, obiettivi ed aspettative iniziali, problemi emersi, soluzioni
escogitate, quesiti irrisolti, ricorso a risorse umane - insegnante, esperti,
ecc .-, propositi per la successiva sessione, considerazioni particolari
di singoli membri del gruppo, ecc.
A livello di gruppo (e/o di classe) sarà inoltre conservato
un dossier con tutto il materiale raccolto durante la ricerca, mentre a
livello di gruppo e/o individuale portfolios con i migliori
prodotti (testuali, grafici, sonori, visivi), via via elaborati e scelti
dagli studenti, compresa la giustificazione scritta della scelta degli
stessi da parte dei loro artefici.
Tutto questo materiale serve a documentare il processo di ricerca e
quello di progettazione-produzione ipertestuale, i quali non avverranno
in maniera rigidamente sequenziale, ma con continui corsi e ricorsi perché
la tecnologia possa esplicitare tutte le sue potenzialità di supporto
al lavoro che si viene svolgendo sul campo.
Ogni scelta ipertestuale (quale scenario scegliere per la partenza
- scenario che, all'inizio, può rappresentare lo stesso prodotto
tecnologico finale - quali zone calde evidenziare e perché, quali
links e quali testi abbinare e perché, ecc.) dovrà essere
esplicitata nei diari di bordo o spiegata dai ragazzi in brevi filmati
che si apriranno allo sfioramento dell'oggetto ipertestuale considerato.
Questa esplicitazione solleciterà il pensiero riflessivo, sviluppando
quelle dimensioni «meta» sopra elencate.
La presentazione collettiva finale del prodotto ad un pubblico esterno,
composto non solo da coetanei, genitori ed insegnanti, ma anche da esperti,
che interverranno con domande, osservazioni, obiezioni, consigli, ecc.,
renderà il lavoro maggiormente pregnante per i ragazzi, e l'ipertesto
una specie di «memoria collettiva» da conservare per riprendere,
migliorare, sviluppare, in un tempo successivo, da loro stessi o dai loro
compagni di scuola.
Prima di concludere vorremmo sottolineare come la natura modulare e
complessa dell'ipertesto obblighi, in fase di fruizione, ma soprattutto
di produzione, ad una ricerca di tipo collaborativo-cooperativo, che vede
la classe, o classi on-line, trasformarsi in una comunità di apprendimento,
suddivisa in gruppi più o meno numerosi, eterogenei per composizione
per permettere la valorizzazione dei talenti (o «intelligenze multiple»,
detta alla Gardner) e l'interazione di «molteplici zone di sviluppo
prossimale» attraverso un mutuo scaffolding e un reciproco peer tutoring,
che permettono la disseminazione ed appropriazione dei saperi e delle competenze
tra i membri della comunità. Soprattutto per quel che riguarda la
formazione delle abilità tecnologiche viene proposta la pratica
dell'«apprendistato cognitivo», che, a differenza di quello
tradizionale «di bottega», sottolinea l'importanza della modellizzazione
cognitiva e dinamica da parte dell'esperto nei confronti del principiante
e quella di quest'ultimo riguardo le caratteristiche salienti della prestazione
esperta da imitare. Anche la dimensione metacognitiva viene valorizzata
attraverso le strategie dell'articolazione (raccontare ad alta voce agli
altri quello che si fa mentre lo si svolge), della riflessione (anche attraverso
un continuo confronto tra la propria prestazione e quella dai propri pari
e dell'esperto) e l'esplorazione che comincia quando il praticante diventa
sempre più competente nel dominio di expertise, formula domande
interessanti, solleva problemi rilevanti (problem finding) oltre che risoverli
(problem solving). In tali comunità vige la cosidetta LPP (Legitimate
Peripheral Partecipation), ciò il diritto di tutti i sui membri,
in particolare dei meno capaci, ad avere, sin dall'inizio, uguali diritti
nei confronti dell'uso di materiali e tecnologie, nel far domande, anche
se inizialmente non pertinenti e inappropriate, cioè nella partecipazione
a pieno titolo alle pratiche della comunità, vedendo valorizzare
i propri, a volte inespressi, talenti e avvicinandosi sempre di più
dalla perifericità alla centralità delle nuove competenze
da acquisire.
Multimedia prodotti dalla Brøderbund.
Un esempio di questo software di sviluppo multimediale rivolto a bambini
della scuola per l'infanzia è Amico Junior, in fase di implementazione
nel Laboratorio di Tecnologie didattiche dell'Università di Firenze
(Garamond editore).
Ricordiamo a questo proposito, solo a titolo informativo, la teria
di M. McLuhan e Q. Fiore su «il medium è il messaggio»,
quella del discepolo contemporaneo D. de Kerckhove o «teoria dei
brainframes, quella di J. S. Bruner sugli amplificatori dei poteri umani
e sulla compresenza delle strategie di apprendimento - endoattiva, iconica
e simbolica -, quella di D. Olson che definisce l'intelligenza «skill
in a medium»; di H. Gardner sui «frames of mind»
o intelligenze multiple, di R.J. Spiro et alii sulla «flessibilità
cognitiva», e di P. Lévy sulle «tecnologie dell'intelligenza
collettiva».
In questo settore è stata compiuta una ricerca, seguita dalla
sottoscritta, che ha dimostrato la valenza sociale dell'uso di sistemi
di sviluppo ipermediali in contesto di ricerca guidata: Cfr. S. Santonocito,
L'introduzione delle tecnologie ipermediali nella scuola di base: quali
incrementi può favorire a livello socio-cognitivo, Tesi di Laurea
in Pedagogia, Università degli Studi di Padova, a.a. 1997-98.
Cfr. J-F. Roulet, J.J. Levonen, A. Dillon e R.J. Spiro, Hypertext and
cognition, Erlbaum, Mahwah (N.J.) 1996.
Cfr. R. J. Spiro, W.P. Vispoel, J.G. Schmitz, A. Samarapungavan &
A. E. Boerger, Knowledge Acquisition for Application/ Cognitive Flexibility
and Transfer in Complex Content Domains, in B. K. Britton & S.M. Glynn
(eds) Executive Control Processes in Reading, Erlbaum, Hillsdale (N.J.)
1987, pp. 177-199; R. J. Spiro, P. J. Feltovich, R. L. Coulson & D.
K. Anderson, Multiple Analogies for Complex Concept: Antidotes for Analogy-Induced
Misconception in Advanced Knowledge Acquisition, in S. Vosniadou &
A. Ortony (eds), Similarity and Analogical Reasoning, Cambridge University
Press, Cambridge (GB)1989, pp. 498-531; R. J. Spiro & J.-C. Jehng,
Cognitive Flexibility and Hypertext: Theory and Technology for the Nonlinear
and Multidimensional Traversal of Complex Subject Matter, in D. Nix &
R. J. Spiro (eds), Cognition, Education, and Multimedia: Exploring Ideas
in High Techology, Erlbaum, Hillsdale (N.J.)1990, pp. 163-205; R. J.Spiro,
P. J. Feltovich, M. J. Jacobson & R. L. Coulson, Cognitive Flexibility,
Constructivism, and Hypertext: Random Access Instruction for Advanced Knowledge
Acquisition in Hill-Structured Domains, in Educational Technology, 31,
5,1991a, pp. 24-33; R. J. Spiro, P. J. Feltovich,, M. J. Jacobson &
R. L. Coulson, Knowledge Representation, Content Specification, and the
Development of Skill in Situation-Specific Knowledge Assembly: Some Constructivist
Issues as They Relate to Cognitive Flexibility Theory and Hypertext, in
Educational Technology, 31, 9, 1991b, pp. 22-25; R. A. Jones, R.J. Spiro,
Imagined Conversations: The relevance of Hypertext, Pragmatism, and Cognitive
Flexibility Theory to the Interpretation of «Classic Texts»
in Intellectual History, in D. Lucarella, J. Nanard, M. Nanard & P.
Paolini (eds), ECHT '92 Proceeding of the ACM Conference on Hypertext,
ACM Press, New York.1992, pp. 141-148.
C. Bereiter, M. Scardamalia, Intentional Learning as a goal of Instruction,
in L. B. Resnick (ed.), Knowing, Learning, and Instruction, Erlbaum, Hillsdale
(N.J.) 1989, pp. 361-392; C. Bereiter, M. Scardamalia, Intentional Learning
as a goal of Instruction, in L. B. Resnick (ed.), Knowing, Learning, and
Instruction, Erlbaum, Hillsdale (N.J.) 1989, pp. 361-392.; M. Scardamalia,
C. Bereiter, Adaptation and Understanding: A Case for New Cultures of Schooling,
in S. Vosniadou et alii (eds), International Perspectives on the Design
of Technology-Supported Learning Environments, Erlbaum, Mahwah, (N.J.)
1996, pp. 149-163; J. Hewitt, M. Scardamalia, J. Web, Situative Design
Issues for Interactive Learning Environment: The Problem of Group Coherence,
paper presentato all'Annual Meeting AERA, Chicago, marzo 24/28 1997.
Ne è consapevole anche il gruppo di ricerca italiano denominato
RAM: cfr. http//multilab.tol.it/unifi/ram
Un esempio è offerto dal CD-ROM Just Grandma and Me, rivolto
all'apprendimento contestualizzato delle lingue straniere (americano, spagnolo,
giapponese) della sopracitata Brøderbund.
A. Collins, Seely J. Brown, S.E. Newman., Cognitive apprenticeship:
Teaching the Craft of Reading, Writing and Mathematics, in L.B. Resnick
(ed.), Knowing, Learning, and Instruction. Essays in Honor of Robert Glaser,
Erlbaum, Hillsdale (NJ) 1989, pp. 453-494; trad. it.: L'apprendistato cognitivo.
Per insegnare a leggere, scrivere e far di conto, in C. Pontecorvo, A.M.
Ajello, C. Zucchermaglio (a cura di), I contesti sociali dell'apprendimento.
Acquisire conoscenze a scuola, nel lavoro, nella vita quotidiana, Ambrosiana-LED,
Milano, 1995, pp. 181-231.
The Cognition & Technology Group at Vanderbilt, The Jasper series
as an example of anchored instruction: Theory, program description and
assessment data, in Educational Psychologist, 27, 1992, pp. 291-315; The
Cognition & Technology Group at Vanderbilt, From visual word problems
to learning communities: Chenging conceptions of cognitive research, in
K. McGilly (ed), Classroom Lessons: Integrating Cognitive Theory and Classroom
Practice, MIT Press, Cambridg, (MA)1994, pp. 157-200 ; The Cognition &
Technology Group at Vanderbilt, The Jasper Project, Erlbaum, Mahwah (N.J.)
1997.
Un esempio riuscito resta, in questo caso Ecolandia, CD-ROM sulla ricerca
ecologica -smaltimento dei rifiuti- dell'Opera Multimedia.
D. Cesareni, Ipertesti e apprendimento, Garamond, Roma 1995.
Questo corrisponde all'incirca all'iter da noi seguito durante una
ricerca-azione svolta presso una quinta classe elementare della provincia
di Padova (Tavo di Vigodarzere): cfr. Odetti E. Le nuove tecnologie ipermediali:
un nuovo modo di vivere la scuola?, Tesi di Laurea in Pedagogia , Università
degli Studi di Padova, a.a. 1995-96.
Secondo L. Vygostkij, che ha introdotto il termione, «la zona
di sviluppo prossimo [o prossimale] è la distanza tra il livello
attuale di sviluppo così come è determinato dal problem solving
autonomo e il livello di sviluppo potenziale così come è
determinato attraverso il problem solving sotto la guida di un adulto o
in collaborazione con i propri pari più capaci», L.S. Vygotskij,
Mind in Society, Harvard University Press, Cambridge (MA) 1978, trad.it.:
Il processo cognitivo, Boringhieri, Torino 1980, p. 127.
A. Collins, Seely J. Brown, S.E. Newman, Cognitive apprenticeship:
Teaching the Craft of Reading, Writing and Mathematics, op.cit.
Cfr. S. Scribner, Studyng Working Intelligence, in B. Rogoff, J. Lave
(eds), Everyday Cognition, Harvard University Press, Cambridge (MA) 1984,
pp. 9-40; trad. it. Lo studio dell'intelligenza al lavoro, in C. Pontecorvo,
A. M. Ajello, C. Zucchermaglio, (a cura di), I contesti sociali dell' apprendimento,
Ambrosiana-LED, Milano 1995, pp. 263-301; S. Scribner, Thinking in Action:
Some Characteristics of Practical Thought, in R. L. Stemberg, R. W. Wagner
(eds), Practical Intelligence, Cambridge, University Press, Cambridge (MA)
1986; L. Suchman, Plans and Situated Actions: The Problem of Humane-Machine
Communication, Cambridge University Press, Cambridge (MA) 1987; J. Lave,
Cognition in Practice, Cambridge University Press, New York 1988; J. Lave,
E. Wenger, Situated Learning. Legitimate Peripheral Participation, Cambridge
University Press, Cambridge (MA) 1991; J. Lave, World Problems: a Microcosm
of Theories of Learning, in P. Light, G. Butterworth (eds), Context and
Cognition: Ways of Learning and Knowing, Harvester Wheatsheaf, London 1992.
Copyright
AIB 1998-05-06, ultimo aggiornamento 1998-12-30 a cura di Antonella
De Robbio e Marcello Busato
URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/varisco.htm
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