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"13. Seminario Angela Vinay"
BibliotECONOMIA
fund raising e servizi bibliotecari

INTERVENTI DI APERTURA

Anna Maria Mandillo
Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane



Vorrei sottolineare come questa questione della gestione manageriale delle istituzioni che operano nel settore della cultura si stia affermando ormai in maniera sempre più decisa: si tratta di un processo iniziato negli anni '90, nel quale confluiscono diverse ragioni (tra le principali sono naturalmente quelle economiche) e che non costituisce un'esclusiva del nostro paese. Il problema si pone infatti in tutto il mondo occidentale: il Direttore generale Sicilia ci ha riferito su come venga risolto alla grande in America, ma in altri paesi ci sono altri tipi di soluzioni.
Come accennava in apertura Chiara Rabitti, questo processo, che pure è inarrestabile, nelle biblioteche ha indubbiamente uno sviluppo più difficile che nel settore parallelo delle arti, settore che attira di più e che restituisce immediatamente riconoscibilità e immagine a chi offre dei finanziamenti. Non dimentichiamo però che anche nel settore delle arti sia gli operatori che gli esperti sono arrivati a conclusioni opposte a quelle che ci si può immaginare: tutti concordano cioè sul fatto che le politiche di autofinanziamento in realtà in Italia non sono possibili nemmeno per i musei, le gallerie, gli scavi archeologici, tranne forse per alcune realtà particolari che tutti noi conosciamo. Il mondo storico-artistico-archeologico in Italia infatti è costituito principalmente da istituzioni piccole, non di grandi dimensioni; queste sono diffuse in tutto il territorio nazionale ed è impensabile che si trasformino in aziende che producono profitti, anche se possono promuovere delle politiche innovative nel settore.

Se gli esperti del settore artistico assumono un atteggiamento così cauto nei confronti dell'aspetto economico e manageriale, tanto più questo atteggiamento va accentuato riferendosi alle biblioteche, per non correre il rischio di parlare di qualcosa che non c'è, che non esiste o che appare come un disegno appena accennato, un semplice auspicio per il futuro. Il Direttore generale ci ha messo davanti l'ipotesi di un futuro possibile: questo però è un futuro tanto più improbabile se consideriamo il ruolo della biblioteca, come diceva prima Cristina Celegon. Il ruolo della biblioteca è quello di una istituzione che nella società dà dei servizi di base, dei servizi primari che non possono avere l'obiettivo del profitto. Le biblioteche cioè devono arrivare a raggiungere appieno il loro compito istituzionale di fornire servizi valorizzando i beni che conservano, siano questi patrimoni bibliografici, documentari, basi dati o quant'altro; e la loro efficienza si misura soprattutto sulla qualità dei loro servizi, sulla soddisfazione dei loro utenti. Questi servizi di base in Italia sono in massima parte gratuiti: il discorso dunque, come è stato detto, va sviluppato sui servizi aggiuntivi, quei servizi di qualità che possono poi prefigurare l'ipotesi di finanziamenti.
Oggi in Italia si sta dando molta importanza alla qualità dei servizi e alla valutazione della qualità nelle biblioteche, proprio perché c'è la consapevolezza che se si vuole rimanere nel mercato dell'informazione, che è in continuo sviluppo e quindi con una forte concorrenza, bisogna cercare di starci bene. Bisogna infatti fronteggiare la diminuzione delle risorse finanziarie, e nello stesso tempo assicurare una gestione della biblioteca efficiente e che vada incontro alle esigenze diversificate degli utenti.

In un documento del 1998 sulla questione del controllo di qualità delle biblioteche scientifiche, l'IFLA (cioè la Federazione Internazionale delle Associazioni Bibliotecarie) individua proprio nell'organizzazione totale della biblioteca gli elementi che caratterizzano la qualità e li focalizza in tre momenti: la programmazione, il controllo, il miglioramento. In sostanza alla biblioteca si chiede di rispondere a tre domande: cosa vogliamo fare? cosa stiamo facendo? come possiamo migliorare? Secondo le indicazioni dell'IFLA la biblioteca, che è un'azienda di servizi, per raggiungere la qualità dovrebbe definire gruppi di utenza ordinaria e specifica, e rilevarne i concreti fabbisogni di informazione; produrre servizi in rete integrati completi che coprano tutto l'arco della domanda, cioè dalla ricerca bibliografica, alla richiesta, alla fornitura del documento; operare poi il controllo di qualità. Queste operazioni devono condurre naturalmente ad una erogazione dei servizi agevole, rapida e con una particolare attenzione ai costi, perché si osserva (e anche noi lo abbiamo osservato) che se le tariffe sono troppo elevate la domanda si contrae. Se pensate alle tariffe della British Library, capite subito perché molte biblioteche cercano di aggirarle trovando servizi a costi minori. Nello stesso tempo però i servizi non devono essere deprezzati, cioè non devono essere del tutto gratuiti, perché se non hanno un prezzo sono considerati di scarso valore: ci deve essere quindi una particolare attenzione alla tariffazione, che potrà essere differenziata. Chiaramente questi consigli dell'IFLA sono consigli di buona volontà, in qualche modo ovvi, però bisognerebbe cercare di applicarli sistematicamente nelle biblioteche per ottenere dei risultati.

Sulle fonti di finanziamento delle biblioteche ha parlato molto il Direttore generale, e anche dal mio punto di osservazione, che poi è il suo (cioè quello dello Stato, delle biblioteche pubbliche statali e del Servizio Bibliotecario Nazionale), ripercorrendo gli anni trascorsi fino ad arrivare a oggi devo riconoscere che la massima parte dei progetti di forte innovazione, e SBN ne è l'esempio più rilevante, sono stati finanziati con fondi diversi dalle regolari assegnazioni di bilancio, tutti derivati da leggi straordinarie. La storia di SBN, che il Direttore fa cominciare dalla legge 449, io la faccio cominciare ancora prima, dalla legge dei "Giacimenti culturali" che nel 1986 fece partire una miriade di progetti che forse molti di voi ricorderanno, ma che sono poi scomparsi: tra tutti, quello che avviava SBN con la realizzazione di SBL (Servizio Beni Librari) è stato il progetto che ha dato maggiori risultati concreti. Da quel momento i fondi straordinari si sono succeduti negli anni: ci sono stati i fondi del lotto, quelli dell'otto per mille, ultimi assegnati quelli delle licenze UMTS. Se ricordo bene l'anno scorso proprio in questa sede, in occasione del precedente Seminario Vinay, il senatore Castellani ci annunciò con grande soddisfazione il decreto che si stava preparando per la ripartizione dei fondi UMTS, e la loro destinazione alle biblioteche ed altre istituzioni culturali. Ora questi fondi sono una realtà, e ci avviamo ad utilizzarli: ciò significa che nel triennio 2001/2003 avremo la possibilità di gestire una somma abbastanza cospicua per il Servizio Bibliotecario Nazionale, per altre istituzioni bibliotecarie, per le mediateche ed altri progetti.

L'altra fonte di finanziamento che è stata qui ricordata per le biblioteche è quella messa in moto dalla legge 4/93, la cosiddetta legge Ronchey. Su questa legge da principio c'è stato solo molto rumore; poi è arrivato un regolamento e si è dato il via alla sua applicazione. Personalmente ritengo che la legge Ronchey come fonte di guadagno debba essere vista oggi con un certo disincanto: ho qui i dati relativi alle realizzazioni, cioè a quanto con la legge Ronchey si è potuto fare, forniti dalla responsabile dei Servizi aggiuntivi del Ministero in un testo stampato da Giunti in occasione di un corso rivolto ai musei. Si parte dalla costituzione di un primo impianto nel 1996 , il bookshop della Galleria Nazionale d'Arte Moderna a Roma; altri 18 ne sono poi avviati nel 1997, 30 nel 1998, 34 nel 1999 e 22 nel 2000, per un totale oggi di 105 servizi aperti. Tra questi servizi ci sono 71 librerie o negozi d'arte, 17 punti di ristoro, 17 servizi bibliotecari/archivistici destinati al pubblico. Consideriamo ora il giro d'affari complessivo di questo meccanismo, messo in moto dopo il regolamento di applicazione: per l'anno 2000 (l'ultimo dato completo) si parla di circa 65 miliardi di lire. Di questi 65 miliardi la parte relativa alle biblioteche è veramente poco rilevante: nel 2000 le biblioteche hanno guadagnato (per così dire) poco più di un miliardo e 727 milioni. In testa a tutte in questa classifica c'è proprio la Biblioteca Marciana di Venezia, con un guadagno di 533.289.500 Lire. Vedete dunque che queste entrate possono costituire un aiuto, ma non ci si può fare molto conto.

E poi su che cosa si punta, insomma quali sono gli introiti delle biblioteche? Sono soprattutto sui servizi relativi alle riproduzioni; molto minori sono poi quelli sui cosiddetti gadget. La sciarpa che indosso l'ho comperata al bookshop della British Library, della quale riproduce un manoscritto: noi certo siamo ancora lontani da questi livelli, ma potremmo impegnarci in questa direzione. Interessante è l'accenno che ha fatto il Direttore alla possibilità di riproduzioni di edizioni che partono dai tesori, dai manoscritti, dalle opere importanti che posseggono le biblioteche; una volta si parlava di riproduzioni anastatiche, adesso si parla di prodotti digitali, e anche questo è un campo che probabilmente dovrà essere sviluppato.

Però, alla base di tutto, la causa di questa differenza tra il settore artistico e quello librario è secondo me nel diverso rapporto che il pubblico ha con i musei o con le biblioteche. Nel primo caso, come è stato detto, ci sono i visitatori: i visitatori sono un insieme che si rinnova molto frequentemente e ha interessi diversi. Nelle biblioteche ci sono gli utenti: gli utenti tendono alla stabilità, e se trovano la biblioteca di loro interesse la scelgono come loro luogo di studio e di frequentazione quotidiana, assimilabile quindi ad altri tipi di servizi. Le biblioteche dovrebbero forse concentrarsi di più sulle caratteristiche degli utenti e sulle loro esigenze, ed orientare proprio su questo il loro lavoro futuro, non solo rilevando le esigenze manifeste del pubblico, ma anche interpretando quelle inespresse che possono essere sviluppate e portate alla luce. Questo serve a restituire alle biblioteche immagine e sostanza, e questa potrebbe essere la premessa per farle diventare capaci di attirare risorse diverse, anche da parte dei privati.
Queste prospettive forse nelle biblioteche non sono ancora molto avvertite, però lo studio dei servizi di informazione dovrebbe indubbiamente essere il campo di prova dei bibliotecari nel prossimo futuro: penso ai servizi di informazione più diversi, rivolti, naturalmente con l'uso delle nuove tecnologie, a fasce di utenza specializzate. Qualcuno ha ricordato che si possono offrire servizi non solo agli studenti e agli studiosi, ma anche alle imprese; in questo campo le biblioteche dovranno cimentarsi nel prossimo futuro.

Un altro tipo di servizio, forse anche il più banale, è quello offerto da una migliore utilizzazione delle strutture: per esempio la possibilità di prolungare gli orari di apertura, addirittura fino a notte avanzata. Ieri se ne parlava con Giorgio Busetto, che appunto mi illustrava la sua intenzione di protrarre ulteriormente il già particolarissimo orario di apertura della Biblioteca Querini Stampalia; probabilmente una iniziativa del genere crea una certa risonanza, dà una certa visibilità alle istituzioni bibliotecarie e quindi può attirare consensi anche da parte del mondo delle imprese.

Un'altra riflessione, che si lega un po' a tutte le altre, è quella sulla necessità di unire i nostri sforzi per far entrare la biblioteca nella realtà quotidiana del nostro paese; generalmente infatti in Italia si va in biblioteca quando si studia, cioè solo per il periodo dell'arco del processo educativo, e quindi non possiamo definirla una scelta libera, in quanto è una scelta obbligata. Una recente comunicazione della Commissione Europea, rivolta agli stati membri nel meeting di Barcellona del 15 marzo scorso, è stata dedicata al modo di realizzare un'area europea di educazione permanente. È certo uno dei tanti documenti alati, pieni di bei principi, ma la cosa interessante è il fatto che nella redazione finale di questo documento la Commissione ha accolto i suggerimenti che venivano da associazioni bibliotecarie di tutti i paesi, rappresentate a livello di Unione Europea da EBLIDA. La sigla sta per European Bureau of Library, Information and Documentation Associations, e si tratta di una struttura che le associazioni bibliotecarie di vari paesi europei si sono date per mantenere vivi i contatti tra il mondo delle biblioteche e il mondo degli organismi dell'Unione Europea, per sollecitare appunto l'interessamento e l'attenzione su quelle che sono le problematiche, le esigenze delle biblioteche. In questo caso la comunicazione è stata arricchita proprio dall'intervento di EBLIDA, che ha messo a fuoco alcuni punti per evidenziare come nel processo di educazione permanente (lifelong learning) non basta la scuola, ma sono necessarie le biblioteche. Questo documento è stato indirizzato a tutti i ministri dell'educazione e della cultura; forse non sortirà grandi risultati, ma comunque servirà per elevare la soglia d'attenzione da parte dei nostri politici.

Ancora una considerazione mi viene da una indagine del 1995 su tempo libero e cultura, realizzata dall'ISTAT che ha prodotto anche un approfondimento sui lettori di libri in Italia. Cito questo studio perché i dati che se ne ricavano sono molto illuminanti per farci comprendere quanto lavoro dovrebbe ancora essere intrapreso dalle biblioteche per promuovere la propria immagine e per diventare uno strumento insostituibile nella vita della comunità. Questi i dati, riferiti al 1995: in Italia i lettori risultavano essere pari al 43,8% della popolazione da 6 anni in su, per un totale di circa 23 milioni 400 mila persone, con una significativa prevalenza femminile. I lettori vengono poi divisi in due categorie: i lettori forti e i lettori deboli. Per essere lettore debole basta aver letto un libro l'anno; per essere lettore forte bisogna arrivare a 7 libri l'anno. Si è scelta questa cifra intendendo che chi legge almeno un libro ogni due mesi dà una garanzia sufficiente di avere familiarità con il mondo della lettura. Vi offro questo spunto per sottolineare la necessità che il nostro lavoro trovi un riscontro nella realtà: questi dati dovrebbero crescere e costituire per noi uno stimolo a migliorare la qualità dei nostri servizi, che è appunto l'unica base da cui si può partire per parlare di fund raising nelle biblioteche.

Infine, il ricorso ai finanziamenti alternativi e alle sponsorizzazioni deve, a mio parere, essere accompagnato da una complessiva ridefinizione dell'organizzazione degli istituti e dei servizi, come ricordava anche Chiara Rabitti. Si tratta cioè di individuare il ruolo della biblioteca oggi, l'autonomia della quale deve disporre anche in rapporto alle amministrazioni da cui dipende, la sua responsabilità, le scelte prioritarie che deve fare. Spero che questi due giorni di dibattito ci possano essere di aiuto in questa direzione, perché credo sia ormai giunto il momento di pronunciarsi e di prendere degli impegni seri e concreti.


Copyright AIB, 2002-02-21, ultimo aggiornamento 2002-04-11 a cura di Marcello Busato
URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay13/mandillo02.htm


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