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"17. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
conservare il futuro

Tavola rotonda
Consumare il presente o conservare il futuro?

Anna Maria Maiorano Mandillo, Vice Presidente Associazione Bianchi Bandinelli


Voglio ringraziare prima di tutto la Fondazione Querini Stampalia ed in particolare Chiara Rabitti per l'invito rivolto all'Associazione Bianchi Bandinelli a partecipare a questo seminario che ha arricchito validamente, a mio parere, le occasioni d'incontro e di confronto tra istituzioni e associazioni culturali. Il dialogo al quale abbiamo assistito, in questa tavola rotonda, dimostra che c'è bisogno di maggiore conoscenza tra realtà diverse per evitare che restino chiuse nel proprio cerchio di appartenenza.
Il mio intervento sostituisce quello di Adriano La Regina, non presente oggi per motivi di salute, ma che indubbiamente avrebbe con maggiore autorevolezza rappresentato l'Associazione. A me è gradito, prima di presentare la proposta della Bianchi Bandinelli, darvi il saluto della Presidente dell'Associazione, Marisa Dalai Emiliani e soprattutto quello del Senatore Giuseppe Chiarante, che all'Associazione ha dato un grande impulso, sia quando era nel pieno dell'attività politica al Senato e quando ha svolto l'incarico di Vice-presidente del Consiglio Nazionale per i Beni Culturali con i Ministri Veltroni e Melandri, sia, attualmente, nella veste di Presidente Onorario dell'Associazione e di Coordinatore del Comitato scientifico. In massima parte egli è l'artefice della proposta che l'Associazione vuole lanciare per un nuovo modello organizzativo dei Beni culturali.

L'Associazione, intitolata a Ranuccio Bianchi Bandinelli, è stata fondata nel 1991 da Giulio Carlo Argan come istituto di studi, di ricerca, di formazione, ma si è caratterizzata, oltre a quanto indicato nello statuto, soprattutto come luogo d'incontro di idee e di esperienze molteplici, di persone appartenenti al mondo degli studi e della ricerca, alla politica, alle amministrazioni dei beni culturali, ed in in particolare al corpo del personale tecnico scientifico che opera nei diversi settori dei beni culturali.
L'interesse dell'Associazione è in particolare rivolto all'analisi dei temi e problemi di attualità legislativa e politica dei beni culturali: l'ordinamento del Ministero, l'autonomia degli istituti tecnico-scientifici, il ruolo delle Regioni e degli Enti locali, la formazione e l'aggiornamento professionale degli operatori.
L'attività dell'Associazione si svolge soprattutto con seminari, giornate di studio, pubblicazioni. Per meglio conoscerla è possibile consultarne il sito web all'indirizzo www.bianchibandinelli.it.
Oggi colgo l'occasione di questo incontro per annunciarvi il prossimo seminario del 28 novembre 2007 sul tema 'Archivi biblioteche e innovazione', nel quale si discuterà del ruolo che gli archivi e le biblioteche, le "istituzioni della memoria scritta", devono avere nella società dell'informazione. Saranno trattati temi che sono presenti anche nei Seminari Vinay: il rapporto tra servizi culturali ed economia, gli orientamenti sui modelli organizzativi, le scelte sia tecniche che politiche da compiere di fronte allo sviluppo delle tecnologie e alle mutate condizioni di accesso alle informazioni e ai documenti.

Vengo ora a parlarvi, è la ragione della mia presenza al Seminario Vinay, della proposta che l'Associazione sta elaborando e che ha preso l'avvio da una riflessione non solo interna alla Bianchi Bandinelli , ma più ampia tra tutte le associazioni di settore,sul processo di riforma che ha attraversato in questi ultimi anni il settore dei beni culturali.
Tutti noi abbiamo assistito, con speranza prima e delusione poi, ai frequenti tentativi di rinnovare l'amministrazione centrale e periferica dei beni culturali ed abbiamo constatato come le scelte politiche fatte, anche se nate con le migliori intenzioni, non abbiano dato l'esito sperato.
La struttura del Ministero risulta fortemente centralizzata, i procedimenti burocratici sono innumerevoli, spesso duplicati, se non addirittura d'ostacolo al funzionamento delle strutture, l'autonomia delle strutture tecnico- scientifiche è quasi inesistente, il ruolo delle professionalità specifiche è per lo più mortificato.
Mi riferisco soprattutto alle riforme, credo a tutti note e suscettibili di critiche, avvenute alla fine degli anni Novanta in applicazione degli indirizzi di riforma generale della pubblica amministrazione, stabiliti dalle cosiddette leggi Bassanini, e che qui cerco di riassumere brevemente nella successione temporale che hanno avuto:

Non tutto è negativo, tuttavia, in queste riforme, tra gli aspetti positivi evidenzierei l'attenzione, che dal 1998 si è manifestata verso i beni culturali: da quella data si parla sempre di più di centralità dei beni culturali nei discorsi delle forze politiche e sociali, negli organi di informazione. Bisogna tuttavia, a mio parere ed in generale a parere dei tecnici dei settori dei beni culturali, valutare i rischi di questa rinnnovata attenzione: venivamo da una sottovalutazione pesante e persistente dei beni culturali , che, dopo la fondazione del Ministero nel 1975, immaginato da Spadolini come atipico ed agevole, si è mutato nella realtà in un modello di Ministero tradizionale, burocratico della peggior specie.
Il settore dei beni culturali, dopo la spinta iniziale, è ripiombato nell'oblio e nell'abbandono. Tutti ricordiamo come il Ministro dei beni culturali sia stato per molti anni il meno importante nella compagine governativa, designato per contentare questa o quella corrente politica. Con la fine degli anni Novanta c'è stato il cambiamento, ma l'attenzione, da allora maggiore, rischia di far cadere nell'eccesso opposto, ovvero in una supervalutazione distorta, perché fa perdere di vista quelli che sono gli obblighi primari dello Stato nei riguardi dei beni culturali ed i valori di fondo che devono essere difesi e che sono ben sintetizzati dall'articolo di Salvatore Settis, apparso su "La Repubblica" il 28 aprile 2006 e citato nell'introduzione ai lavori di questo seminario.
Anche la provocazione del titolo della tavola rotonda di stamattna, scelto da Chiara Rabitti, 'Consumare il passato o conservare il futuro' mi sembra voglia richiamare questi valori.

Poiché è facile oggi la scelta di consumare il passato subito, di utilizzare cioè il nostro patrimonio per i cento, mille eventi che si fa a gara ad organizzare, credo che in molti casi dovremmo guardare con un certo sospetto a questa cultura dell'evento. L'architetto Malara diceva ieri che spesso ci sono eventi che si consumano in due mesi, io posso dire che ce ne sono altri che si consumano molto prima: basta organizzare una conferenza stampa su qualche cosa, aspettare che nei due o tre giorni successivi i giornali parlino di questo evento e poi tutto viene dimenticato.
Il mondo della cultura e dei beni culturali ha bisogno invece di un'attenzione maggiore da parte dello Stato, continua e regolare, non può contare solo sul proliferare degli eventi, delle manifestazioni, o sulla spinta a sviluppare sempre di più l'attività turistica, nella speranza che questa crei anche introiti considerevoli. Fino a poco tempo fa, infatti, molti credevano che gli introiti dei servizi aggiuntivi dei musei e degli altri istituti dei beni culturali potessero portare un respiro alle finanze, ma è stato ben presto evidente che non è attraverso i servizi aggiuntivi che si possono raggiungere notevoli vantaggi.
Ecco perché l'Associazione Bianchi Bandinelli vuole impegnarsi e coinvolgere le forze della cultura nella costruzione di un progetto organico, fondato su un'idea politica forte, che tenga conto delle esigenze di fondo dei beni culturali che sono la tutela e la valorizzazione. Parlare di tutela oggi significa riferirsi non solo a tutte le modalità di conservazione consentite dalle tecnologie oggi a disposizione, ma anche al potenziamento degli strumenti di conoscenza del patrimonio, sviluppando adeguatamente studi e ricerca, in stretto contatto con l'Università.

Nel settore delle biblioteche il prof. Mauro Guerrini ricordava prima come con gli OPAC sono migliorate le possibilità di conoscenza e di informazione sul patrimonio bibliografico antico e moderno, ma molto di più si può fare, utilizzando le reti, per mettere in comunicazione il patrimonio con gli utenti.
Sul versante della tutela porrei anche l'attenzione sulla necessità di disporre di buone normative: penso ad esempio al dibattito che si è svolto intorno al Codice dei beni culturali rinnovato nel 2004, ma che deve essere attentamente monitorato per migliorarlo nel tempo, o alla recente Legge sul Deposito Legale (L.106/2004), che è pur sempre un traguardo raggiunto, anche se alcuni punti critici sia nella legge stessa, sia nel Regolamento di attuazione (DPR 252/2006) dovranno essere verificati con la collaborazione degli istituti che devono raccogliere e gestire l'archivio della produzione editoriale italiana.
Alla tutela si salda strettamente la valorizzazione che deve concretarsi nell'organizzazione di servizi adeguati alle esigenze degli utenti. Penso ad esempio, nel settore delle biblioteche, alle potenzialità che il Servizio Bibliotecario Nazionale può sviluppare nel dare agli utenti, con diverse modalità ed avvalendosi delle possibilità di circolazione in rete, l'accesso ai documenti oltre che alle informazioni del catalogo nazionale.
Valorizzazione significa anche ripensare, nella società dell'informazione, il ruolo delle istituzioni della memoria come strumenti della democrazia, perché contribuiscano, senza discriminazione alcuna, alla crescita culturale e alla coesione sociale, svolgendo il compito, ancora insostituibile, di mediazione tra le fonti di informazione e di conoscenza e i cittadini ed attutendo l'eccessivo "rumore", citato dal dott. Granelli, che può infastidire e fuorviare chi naviga in rete senza guida.

L'elaborazione in corso della proposta dell'Associazione Bianchi Bandinelli tiene conto della proposta di legge del 1989, presentata al Senato da Giuseppe Chiarante e Giulio Carlo Argan "per l'istituzione di un'amministrazione autonoma dei beni culturali e ambientali", ma si ispira soprattutto all'analisi fatta, negli anni Sessanta del secolo scorso, dalla Commissione Franceschini, organismo voluto dal Parlamento, "per la salvezza dei beni culturali in Italia"[1]. Le 84 dichiarazioni che sintetizzano il lavoro della Commissione, composta da illustri personalità della cultura e della politica di allora, hanno messo in luce con molta acutezza la situazione dei beni culturali in Italia e la necessità di tracciare il disegno di una nuova amministrazione.
Ricordo che alla Commissione Franceschini dobbiamo la definizione di bene culturale, contenuta nella I Dichiarazione e assunta oggi dal Codice dei Beni Culturali: "Appartengono al patrimonio culturale della Nazione tutti i beni aventi riferimento alla storia della civiltà. Sono assoggettati alla legge i beni di interesse archeologico, storico, artistico, ambientale, paesaggistico, archivistico e librario ed ogni altro bene che costituisca testimonianza materiale avente valore di civiltà." Mancano nell'elencazione e dovrebbero essere aggiunte le testimonianze immateriali.
I testi della Commissione Franceschini, a parere unanime, rappresentano ancora il punto più alto di elaborazione sullo stato dei beni culturali in Italia, valido ancora oggi.

La proposta elaborata da un gruppo di studio dell'Associazione invita, nei sette punti nei quali è articolata, alla riflessione e al dibattito:

  1. sul bilancio fallimentare delle riforme ministeriali, perché la forma del Ministero è ritenuta inadeguata a gestire i beni culturali per i quali "i criteri fondamentali devono essere quelli dell'autonomia, del giudizio di valore (che non può essere politico), della competenza scientifica e tecnica";
  2. sul "prevalere sempre più accentuato di una considerazione economicistica della cultura del paesaggio, del patrimonio culturale come risorsa da utilizzare per la produzione di reddito;
  3. sul rilancio dell'ipotesi, tenendo conto delle condizioni attuali, delineata dalla Commissione Franceschini e dalle proposte di legge parlamentari di una "Amministrazione autonoma dei beni culturali";
  4. sugli organismi che devono costituire l'amministrazione, in particolare il Consiglio Nazionale dei beni culturali, rappresentativo sia del corpo dei funzionari scientifici, sia dell'Università, dei ricercatori e degli enti culturali e motore delle scelte politiche da presentare all'autorità politica;
  5. sulla necessità di superare l'attuale distinzione tra tutela e valorizzazione, riassorbendo quest'ultima nella tutela, fatta eccezione per le attività turistiche e di accoglienza;
  6. sulla valorizzazione delle competenze scientifiche del personale;
  7. sulle modalità da seguire per attuare una proficua collaborazione tra il mondo dell'Università e della ricerca e quello dei Beni culturali.

La proposta, così come delineata finora , può sembrare in alcune parti un'utopia ed essere suscettibile di critiche. L'Associazione resta comunque aperta a tutti i suggerimenti che possano migliorarla, purché siano orientati in particolare nella direzione dell'autonomia degli Istituti e dell'affermazione del Consiglio Nazionale per i Beni Culturali come massimo organo consultivo, formato da rappresentanti eletti, piuttosto che designati, espressione concreta del mondo scientifico , luogo di reale confronto con l'autorità politica.

[1] Per la salvezza dei beni culturali in Italia. Atti e documenti della Commissione d'indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico,artistico e del paesaggio, 3 vol, Roma, Colombo, 1967 (parte dei documenti sono consultabili sul sito dell'Associazione http://www.bianchibandinelli.it/libri).


Copyright AIB 2007-08, ultimo aggiornamento 2007-09-23 a cura di Marcello Busato e Giovanna Frigimelica
URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay17/mandillo06.htm


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