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Desiderio Chilovi

Il catalogo della letteratura scientifica

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La Nuova Antologia ha, di recente, stampato uno scritto dell'illustre prof. Mosso, intorno alla seconda Conferenza internazionale, tenuta dalla Società Reale di Londra, per continuare in modo più largo, e col concorso di tutti gli Stati civili, il Catalogo della letteratura scientifica.

Nel suo scritto l'illustre prof. Mosso ricorda la mia persona in particolar modo, e assai più di quello che avrei potuto ragionevolmente desiderare o aspettarmi.

Non è mia intenzione di aprire una polemica personale, nè sulle sue considerazioni intorno alle nostre pubbliche Biblioteche. Desidero solamente discorrere di questo grande e necessario Catalogo. Se il prof. Mosso mi fa notare la scarsezza, anzi la povertà, della moderna suppellettile letteraria e scientifica delle nostre Biblioteche, io di gran cuore l'ascolto e l'approvo. L'esperienza giornaliera me ne conferma dolorosamente la deficienza. L'illustre uomo si duole della insufficienza dei Cataloghi, della necessità che questi porgano allo studioso il modo di conoscere l'esistenza anche dei libri di cui le Biblioteche mancano; io stesso, non è molto, ebbi a perorare per la medesima causa e tanto da usare, parlando dei Cataloghi, parole tali e così vivaci, che mai nessun bibliotecario ha creduto di scriverle.

Di più se egli mi ricorda l'obbligo di agevolare con ogni mezzo la diffusione degli studi e della cultura italiana, io ne godo immensamente, poichè nell'animo mio, quell'intendimento, è stato e sarà sempre uno dei principali della mia vita.

So benissimo, come giustamente osserva l'illustre signor Mosso, che il Bollettino delle pubblicazioni italiane, da me iniziato nel 1886, non è sufficiente per le indicazioni che possono occorrere agli scienziati. Ma mi conforta il sapere che entro i suoi modesti limiti

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il Bollettino compie il suo fine, ed ho letto con vera soddisfazione (perchè nasconderlo?) quello che del nostro Bollettino scrisse in un'opera di grande valore l'illustre bibliografo Henri Stein, che non è da meravigliarsi «si l'on dit (avec beaucoup de justesse d'ailleurs) qu'à l'heure actuelle il est le meilleur recueil de bibliographie courante qui existe dans le monde. Que ne cherche-t-on plus souvent à l'imiter?» (1).

E poichè circa 400 esemplari del Bollettino sono inviati alle principali Biblioteche ed Accademie straniere, ho la certezza che di ogni libro italiano, là annunziato, è dato conoscere l'esistenza nei principali centri intellettuali del mondo.

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Lasciate adunque in disparte e rimandate a tempi migliori, ma non lontani, le questioni intorno alle Biblioteche e i loro Cataloghi, discorrerò del grande Catalogo ideato dalla Società Reale di Londra per raccogliere e ordinare sistematicamente i titoli degli scritti di scienze esatte, che si pubblicheranno nel mondo. Entro limite più modesto, ma con sommo vantaggio degli studiosi, la Società stessa aveva dopo il 1857 in undici grossi volumi, riuniti, sotto il solo nome d'autore, i titoli, non dei libri, ma delle sole Memorie di queste scienze sparse negli Atti delle principali Accademie del mondo, dal 1800 in poi.

Che questo Catalogo sia non solo di grandissima utilità, ma pure indispensabile per i cultori delle scienze esatte, è cosa della maggiore evidenza; e il prof. Armstrong aveva piena ragione, nel rivolgersi ai delegati di ventitre Stati diversi, riuniti nel luglio 1896 a Londra, di dire: «La vostra presenza è una solenne manifestazione e testimonianza di tutto il mondo civile nel riconoscere la necessità di continuare la pubblicazione di un Catalogo delle Memorie scientifiche».

Ora, in quella prima Conferenza si presero deliberazioni molto importanti.

Si decise che il Catalogo avrebbe principiato dal gennaio 1900; che non includerebbe soltanto gli scritti pubblicati negli Atti accademici, nelle Riviste; ma anche i libri; stabilì che l'inglese fosse

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la lingua ufficiale; che la direzione del Catalogo avesse sede a Londra, ecc.; ma in ultimo, rimanendo sospese alcune questioni, si deliberò la formazione di un Comitato nel seno della Società Reale di Londra. Infatti la Relazione di questo Comitato, nominato nel novembre 1896, e presieduto dal prof. Enrico E. Armstrong, fu pubblicata nel marzo 1898; ma non contentò nè gli scienziati nè i bibliotecari, quantunque essa sia realmente un lavoro di notevole importanza. Ma troppe volte succede che nello scendere dagli avvisamenti generici e teorici alla confermazione di essi in leggi e norme pratiche, s'incontrino difficoltà non prevedute.

Di questa Relazione doveva occuparsi, ed effettivamente se ne occupò, la seconda Conferenza internazionale, riunitasi a Londra nel passato ottobre.

I delegati presenti non presero impegni definitivi; ma le loro deliberazioni furono molto importanti e di vantaggio generale; perchè, giova ricordarlo, si assiste ad un esperimento insolito; a quello, cioè, di una grande collaborazione ufficiale che deve comprendere tutto il mondo civile. Ho più volte scritto di avere, personalmente, scarsa fiducia in questo genere di collaborazione; ma la Società Reale, promotrice, è tale; dispone di mezzi tanto potenti; l'adesione dei Governi è così palese, da destare negli animi più increduli la speranza che essa possa riuscire pienamente. Speriamo bene! poichè allora sarà possibile tentare ed esperimentare altre cooperazioni simili, in favore delle scienze applicate e delle discipline morali e politiche.

E pertanto, senza ritegno alcuno, esprimo francamente le mie idee, ben lontano dall'intenzione di destare sfiducia, anzi col serio proposito d'indicare gli scogli da evitarsi per la riuscita di una impresa quanto mai considerabile e meritevole d'aiuto e d'encomio.

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Ma prima di parlare di questo Catalogo scientifico, debbo rettificare una frase sfuggita al chiarissimo professor Mosso e a me rivolta.

Egli scrive: «Non sarà certo l'industria privata che darà a buon mercato le pubblicazioni del Concilium bibliographicum che, secondo il Chilovi, dovrebbero bastare ai nostri bisogni».

Io non ho mai sognato di dire una cosa simile! Nella mia lettera, pubblicata nel Corriere della Sera, mi sono espresso così:

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«Per me, nel momento attuale, non credo che la soluzione di questo arduo problema, vitalissimo per gli studi, si possa ottenere seguendo la via tracciata dalla Società Reale di Londra. Mi pare, invece, che una via più facile ce la indichi il "Concilium bibliographicum" di Zurigo». Non era il caso di parlare d'industria privata, di pubblicazioni (più esattamente direi schede, e soltanto schede di zoologia, di anatomia e di fisiologia, non di tutte le scienze esatte); ma unicamente della via da seguire, delle norme da osservare per arrivare possibilmente alla soluzione soddisfacente di un problema bibliografico così difficile. A questo proposito il signor professor Mosso mi avverte, che quelle pubblicazioni (o meglio schede) non si trovano neppure alla Biblioteca di Torino. E a me dispiace molto di dover notare la mancanza di tali schede anche nella Biblioteca Nazionale centrale di Firenze; non perchè credute non necessarie, anzi sono state chieste da alcuni professori del nostro Museo di storia naturale; ma per deficienza d'assegni per comprarle. E qui senza entrare in molti particolari, nè fare confronti fuori di luogo, dirò poche parole del Concilium bibliographicum.

Nel 1895 si istituì a Zurigo un Ufficio bibliografico internazionale col proposito di raccogliere i titoli delle Memorie e dei libri attinenti alla anatomia, la biologia, la zoologia e così compiere il voto unanime del terzo Congresso internazionale di zoologia, tenuto a Leida. La direzione dell'Ufficio, Concilium bibliographicum opibus complurium nationum Turici institutum, fu affidata al dott. Erberto Haviland Field, sotto l'alta sorveglianza d'una Commissione permanente eletta dal Congresso. Dell'Ufficio fanno ora parte: il dottor Reh, il dottor Roth, bibliotecario a Halle, e il dottor Steck di Berna. Non è, come crede il prof. Mosso, una ditta commerciale: per statuto le schede devono essere vendute al giusto prezzo di costo, in serie completa; oppure a un tanto il cento, ai richiedenti schede di una parte della zoologia, o dell'anatomia, o della fisiologia.

Il Concilium bibliographicum spedisce, separatamente, anche le schede delle singole Riviste. Così, chi possiede qualche Rivista relativa ad una di queste discipline, può averne le schede, senza esser tenuto per questo ad acquistarne delle altre. Un zoologo che, per esempio, voglia studiare la fauna del diversi paesi, può chiedere tutte le schede delle pubblicazioni attinenti alla fauna europea

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per venti lire annue, o quelle sole della fauna francese per lire tre; basta che egli indichi, col numero del sistema decimale, le schede desiderate e che le ordinazioni o gli abbonamenti abbiano un valore superiore alle lire quattro. Inoltre la massima sollecitudine è conseguita nella compilazione, nella stampa e nella spedizione di esse. Appena trentacinque schede sono pronte, si mandano in tipografia.

Quando il Concilium bibliographicum pubblicò le prime schede, io le chiesi, per ragione di studio e dovere d'ufficio, al signor Haviland Field; ed egli me ne mandò alcune. Per questa sua cortesia ho avuto modo di esaminarle, di confrontarle coi titoli delle Memorie descritte per accertarmi se erano esattamente compilate. Vidi che il Concilium bibliographicum non aveva bisogno di una lingua ufficiale, e di tradurre i titoli delle Memorie da lui registrate; che le schede per grandezza erano uguali alle schede normali americane; che la stampa, molto nitida, era fatta su cartoncini bianchi e grigi; le une per il Catalogo alfabetico, le altre per il Catalogo sistematico; e finalmente, che tutte erano bucate, per poterle tenere ferme in ordine nelle cassette, facendo passare da un occhio una sottile anima di ferro.

Io non mi meraviglio punto che il signor professor Mosso non abbia ancor potuto veder quelle schede, perchè incontrarono serie difficoltà ad entrare in Italia. Alla frontiera furono colpite con un dazio d'entrata addirittura esorbitante; e il signor Haviland Field mi scriveva chiedendo i miei uffici presso il Governo italiano. Come? La ragione? La ragione era che le schede, per quel buco, furono ritenute e tassate come «lavori di cartonaggio».

Rivoltomi al Ministero dell'istruzione, con lodevole premura ne informò quello delle finanze, e dopo qualche tempo potei rispondere in proposito al signor Haviland Field a Zurigo, di protestare al confine e alla dogana italiana; e di spedire il relativo verbale al Ministero delle finanze a Roma, dove il Consiglio delle tariffe avrebbe deciso se quelle erano veramente schede di un Catalogo scientifico, oppure lavori da scatolaio! Da ultimo dirò che all'Accademia delle scienze (2 novembre 1897) il prof. Alfonso Milne-Edwards, direttore del Museo di storia naturale di Parigi, ricordava onorevolmente il Concilium bibliographicum, ed aggiungeva che il sistema di classificazione decimale, adottato dal signor Haviland Field, per la compilazione di una

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bibliografia zoologica, permet d'arriver à une précision de renseignements inconnue jusqu'ici (2).

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Ritornando al Catalogo della letteratura scientifica, la prima questione che minacciò di turbare ogni accordo con la Società Reale, fu quella della lingua: e questa poteva evitarsi, perchè proprio inutile. Per un lavoro internazionale un simile argomento sarebbe discutibile, se veramente esistesse una lingua conosciuta da tutti. Ma nemmeno il latino lo è realmente tra gli scienziati. Su tale proposito l'illustre prof. Mosso scrive: «Ciò che più mi ha maravigliato è che l'onor. Baccelli non abbia colta questa occasione favorevole per dare un impulso efficace al diffondersi della lingua latina ... che fu, ed è ancora in parte, la sola lingua internazionale». E ricordava la Germania. Ma questo impulso, dato anche da un latinista quale Guido Baccelli, sarebbe stato poco opportuno ed efficace; perchè il latino pure, come lingua universale delle scienze, incontrerebbe gravissima opposizione. Lo accetterebbero gli scienziati che lo conoscono bene; ma gli altri, mancanti di una istruzione classica, si opporrebbero persino all'accettazione del latino chiesastico o di quello scritto dal medio evo in poi.

Vi ha di più: si incorrerebbe nel pericolo di destar conflitti di un altro ordine, ai quali ora nessuno pensa!...

Poche settimane or sono, il signor H. Couturier in uno scritto, Le latin, langue universelle de la science, osservava che nessuna lingua moderna poteva, per la gelosia delle diverse nazioni, diventare universale; una sola lingua morta potrebbe esserlo: il latino; ma appunto perchè essa ha già fatto le sue prove non sarebbe accettata. Il latino, dice egli, è la lingua della Chiesa; e la Riforma ha staccato violentemente i popoli dalla Chiesa; la scienza si è volontariamente secolarizzata. Da ultimo conchiudeva: «On sait fort bien qu'il suffirait de se rallier au latin de l'Èglise pour qu'il devînt promptement le volapück tant cherché; mais outre que ce serait avouer qu'on a fait fausse route, on sait que ce serait rehausser le prestige de l'Èglise, favoriser son régne, etc.» (3).

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Come corollario, aggiungo che il Centralblatt für Bibliothekswesen (gennaio 1899, pag. 89) avverte che l'uso del latino va di continuo diminuendo anche in Germania, per modo che esso scompare sempre più dalle Università.

Fortuna che per un Catalogo ordinato scientificamente non occorre una lingua universale!...

La necessità di una lingua si presenta quando si voglia ordinare un Catalogo per soggetti; ma già nel luglio 1897 dimostravo che questa forma di Catalogo a soggetti doveva essere forzatamente esclusa quando si trattasse di una cooperazione internazionale, ed aggiungevo: «Questa specie di mosaico, formato coi frammenti e colle spezzature di un Catalogo scientifico, buttati là alla rinfusa e ordinati a gruppi fra di loro indipendenti, come esige la parola d'ordine, serve certamente per chi ha scarsa cultura, per chi s'inizia ad uno studio, oppure a chi desidera sul momento una indicazione bibliografica qualunque.
Un simile Catalogo non potrebbe essere internazionale; mancherebbe di una lingua a tutti comune, sarebbe insufficiente per chi studia, perchè dissemina e artificiosamente raggruppa qua e là per le numerose pagine di un Catalogo vastissimo, le notizie che si dovrebbero trovare riunite o almeno vicine» (4).

Chi ne dubitasse, non ha da far altro che prendere in mano le Index slips dei Proceedings of the Royal Society, e unirle alle schede a stampa del R. Istituto Lombardo; e figurarsi che in un anno, per le sole scienze esatte, riceverà 150 000 schede simili, destinate sia al Catalogo a soggetti, sia a quello alfabetico.

Il Comitato bibliografico della Società Reale comprese questo imbroglio, approvato nella prima Conferenza, e per questo nella sua relazione propose di suddividere il Catalogo in 16 gruppi, tanti cioè quante sono le scienze che deve comprendere. Ma anche così suddiviso, col volger del tempo la mole e la confusione che produce l'ordinamento a soggetti aumenteranno. Per evitare questo sparpagliamento, il Comitato propose un sistema a base decimale e non decimale, che potrebbe forse appagare i desiderî della Conferenza bibliografica italiana nei suoi voti «perchè si venga alla compilazione di un sistema bibliografico uniforme, con indici

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numerici, e possibilmente a base decimale». Certo è che nella seconda Conferenza questi sistemi vari non piacquero.

Senza entrare qui in un esame più minuto e in ricerche troppo speciali intorno a questa classificazione, mi limiterò a dire che il simbolo in un Catalogo sistematico riunisce tutto: è il simbolo, che nei Cataloghi serve da lingua internazionale; è quello che ad ogni scheda assegna il suo posto nell'albero dello scibile. E lo ripeto, ad onta di tutti i difetti esistenti nel sistema Melvil Dewey, fino al giorno d'oggi non abbiamo altro simbolo, per una larga cooperazione, così facilmente e utilmente usabile da tutti, come il simbolo decimale; perchè, con questo sistema, allo stesso autore è dato di improntare sul frontespizio, e con chiarezza, per tutti, il simbolo che spetta all'opera sua.

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Non basta l'aver dichiarata officiale una lingua, obbligando anche chi non la sa a servirsene; si è fatto ancora un passo più in là per arruffare una matassa già molto difficile a sciogliere. È stato deciso che i titoli delle Memorie scientifiche, scritte in inglese, francese, tedesco o latino, fossero stampati nell'originale; e che quelli, invece, scritti in altre lingue fossero sempre accompagnati dalla traduzione in una delle lingue accettate. Avuta notizia di questa deliberazione, e rispondendo nel maggio passato ad una lettera molto cortese di S. E. il generale Annibale Ferrero, allora ambasciatore d'Italia a Londra, io scriveva: «Ho veduto con vero rincrescimento, che fra le lingue ammesse per il nuovo Catalogo non vi è l'italiano. Il passato e anche il presente dei nostri studî, non meritavano una simile esclusione. Sarà questa la prima volta che in Europa, si vedranno gli Italiani costretti a dare anche tradotti in altra lingua i titoli delle loro Memorie scientifiche». Il dispiacere che ne provai fu reso anche più acuto dalla persuasione in cui ero e sono, di non vedere la nessuna necessità di ricorrere ad un simile espediente. È oramai a tutti noto, che l'on. Baccelli, con dignitosa fermezza, non volle, per cotesta ragione, consentire che l'Italia fosse rappresentata alla seconda Conferenza internazionale. La giustizia e ragionevolezza di questo rifiuto erano tali, che la Conferenza stessa, l'11 ottobre passato, 1898, con speciale deliberazione, dichiarò che la lingua italiana doveva essere aggiunta a quelle, di cui

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la traduzione non occorreva. E di questo risultato validamente ottenuto per tener alto il decoro della nostra lingua è dovuta aperta e sincera lode al ministro. Chi è d'avviso contrario dimentica che, fino ai nostri giorni, mai nelle bibliografie internazionali è stata data la traduzione dei titoli italiani; e che la stessa Società Reale di Londra, negli undici volumi del suo Catalogue of scientific Papers, ha, per quarant'anni di seguito, riprodotti in italiano i titoli di quasi tutte le Memorie scientifiche pubblicate in Italia, dopo il 1800, senza mai credere o sognare che in pro della scienza, per la quale la Società Reale faceva sacrifizi rilevantissimi, fosse necessaria anche la loro versione in un'altra lingua.

Contro questa astensione dell'Italia l'on. senatore Brambilla, presidente della Società bibliografica italiana, pubblicò il 21 novembre passato una lettera nel Corriere della Sera, nella quale lamentava la decisione presa dall'onor. ministro per tema che ne soffrisse danno la diffusione dei nostri studi.

A questa lettera risposi, nello stesso giornale, encomiando la fermezza dell'on. ministro nel difendere dignitosamente il decoro della nostra lingua; e asserivo essere ai giorni nostri impossibile di fare un Catalogo internazionale delle scienze esatte, senza comprendervi il fecondo contributo degli studi scientifici italiani. L'Italia per questo non correva pericolo alcuno! L'on. senatore Brambilla replicò con molto spirito, che sarebbe cosa facile rispondermi punto per punto, ma che la polemica diventava oziosa, poichè «la Conferenza, arrendendosi alle insistenze dell'on. Baccelli», aveva dato piena ragione all'on. ministro. Esaurita così la questione a Londra, io non aveva ragione alcuna di continuare ad occuparmene ancora. Se altri argomenta che noi Italiani dovevamo subire rassegnati questa, secondo me, diminuzione d'importanza nazionale, rispondo di pensarla molto diversamente, e di esser lieto tanto per il mutato avviso della Conferenza internazionale, conseguito per volere dell'on. Baccelli, quanto per la splendida constatazione del valore, già riconosciuto e così riaffermato, delle opere dei nostri scienziati Il dire, poi, che l'ottenuta riparazione rechi danno, come afferma il chiarissimo prof. Mosso, alla diffusione degli studi italiani, è un'affermazione che non riesco a comprendere. Non ho mai saputo che la traduzione in altra lingua dei titoli delle Memorie scientifiche scritte in italiano, potesse contribuire a diffondere la

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nostra cultura ed i nostri studi. Se fosse conseguibile con un mezzo tanto semplice un così grande effetto, bisognerebbe raccomandare a tutti i nostri scrittori di dare, sul frontespizio, ai titoli italiani la loro traduzione, e il colpo sarebbe fatto! Chi vuole servirsi di una Memoria scientifica deve conoscere la lingua nella quale è dettata, e tanto più se in quella lingua non si è saputo scriver bene. Io sono molto lontano dal credere, come il prof. Mosso, che nessun altro popolo europeo scriva tanto male e confusamente la propria lingua quanto l'italiano; ma se ciò fosse perfettamente esatto, la traduzione di un titolo non agevolerebbe certo l'intelligenza di una Memoria scientifica scritta in modo così barbaro; anzi, in questo caso, sarebbe grazia provvidenziale per tutti che il titolo tradotto non invogliasse nessuno studioso a perdere il tempo a leggere, per non capire.

La traduzione esatta di un titolo è sempre difficile anche per chi ha studiato il libro; è cosa ancor più difficile per chi soltanto può averlo fra le mani pochi momenti! Ma anche senza insistere sul decoro della nostra lingua, se mi vedessi costretto a dire quello che penso, mi dichiarerei per la esclusione da questo Catalogo di qualunque traduzione, eccettuate quelle delle lingue delle nazioni rappresentate che usano una grafia speciale, come il giapponese. La traduzione raddoppia, senza vantaggi corrispondenti, la mole già grande del Catalogo, ne ritarda enormemente la stampa, e si corre il rischio di svisare più d'un titolo! Della inutilità di una lingua unica per un Catalogo internazionale, e della poca importanza delle traduzioni dei titoli, non è discorde con me la Relazione presentata nel settembre 1898, alla Società bibliografica italiana, dalla Commissione presieduta dall'illustre prof. Scherillo e scritta dall'egregio mio amico prof. De Marchi, bibliotecario a Pavia. Nella «lucidissima ed elaborata» Relazione, molto lodata e citata dall'on. Brambilla, presidente della Società, e dal prof. Mosso, si legge: «La scelta di un buon simbolo ideologico risolverebbe anche la questione della lingua del catalogo. Una buona notazione simbolica renderebbe inutili e le intestazioni (subject entries e le parole significative (significant words) e le traduzioni dei titoli in inglese, perchè basterebbe, quasi fosse una lingua universale, a indicare, almeno approssimativamente, l'argomento di qualsiasi pubblicazione redatta in qualsiasi lingua».

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Difeso il grado dovuto alla nostra lingua resterebbe ad esaminare se all'Italia sia vantaggioso prender parte alla compilazione di quel Catalogo.

Non può nascere dubbio alcuno.

Ma se tutti lodano senza riserva alcuna il benefico ed intelligente proposito della Società Reale di Londra, non per questo si deve rinunziare all'esame del progetto. La seconda Conferenza, ammessa la lingua italiana, non ha presi altri impegni definitivi: i delegati non erano autorizzati a contrarli dai loro rispettivi Governi; però, essa stabilì altre cose di notevole importanza e fra queste sostituì al Comitato bibliografico, nominato in seno alla Società Reale, uno provvisorio internazionale, con larga facoltà di vedere e provvedere.

Di questo Comitato partecipano i signori:

Armstrong, membro della Società Reale e presidente del Comitato bibliografico della Società Reale di Londra; Descamps, presidente dell'Institut International de bibliographie de Bruxelles, e membro dell'Académie Royale del Belgio; Foster, segretario della Società Reale di Londra; Langley, segretario della Smithsonian Institution di Washington; Poincarré, dell'Académie des Sciences de Paris; Rücker, segretario della Società Reale di Londra; Waldeyer, segret. della K. Akademie der Wissenschaften di Berlino; Weiss, membro della Kaiserliche Akademie der Wissenschaften e direttore dell'Osservatorio astronomico di Vienna.

Mancano due rappresentanti, il russo e l'italiano...; e appunto per sollecitare la nomina di quello d'Italia, il signor prof. Mosso ha pubblicato lo scritto di cui mi occupo. L'urgenza di questa nomina è evidente. Il Comitato provvisorio desidera che i rappresentanti raccolgano, sulle proposte fatte, l'avviso e il parere dei principali Istituti scientifici dei loro paesi; indichino in qual misura i propri Governi intendano concorrere alle spese di redazione e di stampa; e per il 31 luglio prossimo, chiede ad essi una Relazione. Spetta all'on. ministro nominare il nostro delegato; e la scelta, non vi può esser dubbio, sarà quella d'uno scienziato degno di rappresentare l'Italia.

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Pertanto è opportuno accennare, almeno sommariamente, le principali proposte; indagare quali saranno le difficoltà da superare; poichè dallo studio fatto in comune, e dalla pubblica discussione, potrà scaturire la luce necessaria.

Le difficoltà sono di più specie: difficoltà di raccogliere tutto il materiale e di ordinarlo; di provvedere ai mezzi per stamparlo e di curarne la pronta diffusione.

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Il Catalogo progettato ora deve comprendere i titoli dei libri e quelli delle Memorie scientifiche relative alle matematiche, all'astronomia, alla meteorologia, alla cristallografia, alla geologia e petrografia, alla geografia matematica e fisica, alla paleontologia, all'anatomia, alla zoologia, alla fisiologia colla patologia sperimentale e farmacologia, alla batteriologia, alla psicologia e all'antropologia. Detto questo, vediamo quanti saranno approssimativamente i titoli da registrarsi anno per anno.

Stando ai calcoli fatti preventivamente dal Comitato, le schede principali, cioè destinate al Catalogo alfabetico per nome d'autore, sarebbero in tutto circa 40 000 all'anno. Di queste se ne assegnano 5000 alla zoologia, comprendendovi anche l'anatomia. Ma l'illustre prof. J. Victor Carus di Lipsia osserva, che egli nel Zoologischer Anzeiger, da lui diretto, ne ha registrate, in questi tre ultimi anni, in media, 8000 per la sola zoologia; e che per l'anatomia bisognerebbe aggiungerne altre 4000 circa. Si ha così un totale annuo di 12 000 schede, invece delle 5000 previste (5). Ora di quanto si dovrà aumentare il preventivo per le altre scienze? Si aggiunga che in eguale proporzione cresceranno anche le schede intestate coll'argomento trattato. La Società Reale ne prevede 150 000. Chi sa dirci quante veramente saranno? E come se la difficoltà di aver notizie di tutti i libri e di tutte le Memorie scientifiche fosse piccola cosa, e non minore fosse anche quella di far compilare le numerose schede da tante persone con metodo uniforme, il Comitato della Società Reale va avanti alla leggera, e propone di dare anche un'analisi delle materie trattate. Quest'analisi, fatta bene, sarebbe certo utilissima; ma è egli possibile di farla in modo pronto e soddisfacente?

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Che la Società Reale voglia pure, come scrive il prof. Mosso: «che gli scritti debbano essere giudicati; che i bibliotecari che dovranno compilare le schede di questo Catalogo, dovranno leggere attentamente ogni Memoria per conoscere cosa essa porta nel mercato della scienza», lo sento dire ora: questa innovazione, lo creda pure il prof. Mosso, non mette i brividi ai nostri bibliotecari, perchè è cosa impossibile!..

In tempi da noi lontani, quando la produzione letteraria e scientifica era scarsa, e pigliava in mano la penna soltanto chi aveva molto studiato e molto pensato, Emanuele Filiberto, duca di Savoia, aveva, per il suo teatro – si chiamava così la sua Biblioteca – stipendiato vari dotti di nazioni diverse, coll'intendimento di far loro comporre una Enciclopedia. Fra i diciotto scienziati, dal 1573 al 1575 addetti a quel gran lavoro, ricorderò Valeriano du Flos, a cui furono, il 21 maggio 1575, pagate lire sei, che gli si davano, così dice il conto, per lettura di alcuni libri sterili (6).

Quanti dotti o semidotti occorrerebbero ai nostri giorni per legger tutto, e quale sarebbe la ricompensa ad essi dovuta per aver letto una vera valanga di libri, tra i quali moltissimi sterili? Non basta! Per indicare con tutta sicurezza quello che vi ha di nuovo in un libro si nota subito che la cultura di nessun bibliofilo è sufficiente; ci vuole la dottrina dello scienziato di vero valore. Sarebbe contento l'illustre prof. Mosso pensando che, con la sanzione della Società Reale, il giudizio dato sulle opere sue da un bibliotecario o da un critico preso a cottimo si diffondesse per tutto il mondo? Di simili cose nessuno si preoccupa; e la tranquillità serena dei bibliotecari non è per nulla turbata! Ma se si sommano il tempo che occorre per avere il libro o la Memoria; quello necessario per descriverlo e percorrerlo per farne l'analisi; quello per tradurre esattamente il titolo; per la revisione e la stampa delle schede; sarà lecito, io credo, di domandare: quando arriverà la scheda di una nuova Memoria nelle mani del ricercatore? È probabile che, novanta volte su cento, si potrebbe rispondere: arriverà dopo la pubblicazione d'una seconda Memoria sul mededesimo tema, e tale, da rendere meno importante o affatto inutile la prima!

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A parlare con tutta franchezza, devo dire, che nel leggere la Relazione del Comitato desta meraviglia la disinvoltura con cui esso crede di poter superare le accennate difficoltà; e la noncuranza ch'egli mostra per il lavoro fatto, e che si fa, da tanti altri. Sembra che questo Catalogo debba soddisfare a priori tutti i desiderî! Non si ricorda che al mondo ci sono anche delle Riviste scientifiche; le quali informano rapidamente gli studiosi delle cose più notevoli; che per ogni scienza esistono gli Annuari indicatori dei continui progressi; che vi sono le bibliografie ordinate e corredate di giudizi e di note illustrative, le quali sottopongono all'esame dello studioso il materiale scientifico di cui egli può aver bisogno. Il generale Sebert, membro dell'Istituto, lamenta a ragione che la Società Reale, nell'accingersi a questa vasta e costosa impresa, non abbia cercato di coordinare e allacciare il proprio lavoro con quello che per altre scienze e per altri studi si fa e si dovrà fare; e neppure con quello che si fa per le scienze, di cui la Società Reale vorrebbe occuparsi. L'osservazione è giustissima! Perchè, prima di chiedere l'aiuto ufficiale, non ha cercato da ogni parte, e a giovamento degli studi, di valersi e di mettersi d'accordo con chi ha gli stessi o consimili fini? Perchè non ha cercato di riunire, richiamare a sè e di disciplinare tutte le forze vive? E qui il Sebert ricorda l'Istituto internazionale di bibliografia di Bruxelles, che ha raccolte più di tre milioni di schede, fra le quali vi sono classificati anche i titoli di tutte le Memorie già registrate nel Catalogo della Società Reale di Londra; il Concilium bibliographicum di Zurigo dove il dottor Haviland Field ha già riunite 300 000 schede relative alla paleontologia, alla biologia e alla zoologia; il dottor Baudouin di Parigi, che avendo da prima raccolto 2 000 000 di schede intorno alle scienze mediche, si è poi deciso di raccogliere anche le schede delle Memorie di scienze pure ed applicate. Si aggiungano i repertorî speciali intrapresi dalla Conferenza internazionale delle strade ferrate, dalla Società d'astronomia del Belgio, dal Servizio geologico del Belgio; dal prof. Carlo Richet per la fisiologia, che, presentemente, si è unito al Concilium bibliographicum; dal prof. Rossi Doria per la ostetricia e per la medicina in Italia, senza tener conto dei lavori preparatorî già iniziati dalle Società francesi di fisica e di fotografia, ecc. (7).

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Ma oltre questi lavori, tutti classificati decimalmente e ricordati dal generale Sebert, citerò la Bibliography of American Botany, pubblicata dalla Cambridge Botanical Supply Company; il Subject Index of literature of agricultural experiment and kindred Institutions, pubblicato dal Ministero di agricoltura di Washington; il Répertoire bibliographique des sciences mathématiques, che si stampa a Parigi e il Printed Catalog Cards for articles in Current Periodicals and Society Publications (in tutto lo spoglio di 184 Riviste o Atti di Accademie diverse) che si stampano per cura dell'American Library Association a Boston.

Se la Società Reale vuole riuscire nei suoi lodevoli intenti e porgere un aiuto incalcolabile agli scienziati, cerchi di giovarsi del lavoro degli altri per rendere così quanto prima sia possibile informato il lettore: perchè, in questo caso, prontezza è luce!

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Ma ai calcoli errati, alla disdegnosa fierezza di voler far tutto da sè, all'aggravarsi di un lavoro che infinitamente ritarda il conseguimento del fine principale, si aggiunga anche la incertezza del modo di effettuarlo. Si è deciso di dare le notizie bibliografiche sotto la forma di libro, e, al tempo stesso, sotto quella di schede. Il lavoro così si raddoppia. La scheda corre pronta e veloce per ogni dove come le parole alate d'Omero: il libro invece, sia pure un catalogo, è sempre qualche cosa di organico, di preordinato. La scheda vola e si può posare dove si desidera: il titolo di un'opera invece, per essere stampato in un volume, deve occupare, relativamente agli altri libri già registrati, il posto che rigorosamente gli spetta. Ma di questa differenza fra lo schedario e il catalogo a volumi, ho già parlato altrove, a proposito del Catalogo a stampa della Biblioteca Nazionale di Parigi (8). Qui mi piace ripetere quello che della scheda scriveva l'on. senatore Giorgio Picot, nella sua relazione sulla stampa di quel grande Catalogo. Dopo avere osservato che anche i cataloghi, come tutti gli strumenti di lavoro, sono soggetti alla legge del progresso, aggiunge: che la scheda mobile « a donné à l'inventaire sa dernière forme, la seule qui convienne à une collection qui dépassera bientôt 2 millions de numéros».

[p. 142]

La forma in volume è da abbandonarsi; essa richiede troppo lavoro e tempo; ed aumenta la spesa già grande delle schede, senza corrispondente benefizio. Se il Catalogo del British Museum fosse stato stampato a schede, di quanta maggiore utilità sarebbe per gli studiosi? Ciascuno avrebbe presa la serie occorrentegli, con economia di spazio e di mezzi. E dire che, senza valutare il lavoro degli impiegati, la sola stampa del Catalogo alfabetico del British Museum costò più di 1 750 000 lire; e che, donate 40 copie, ne furono vendute non più di 30; delle quali, solo 10 nel continente europeo!... A chi ha giovato?...

*

Come non mi sono fermato ad esaminare con la dovuta larghezza la questione vitalissima dello schema di classificazione proposto, per non entrare in troppi particolari, così sorvolerò su altri provvedimenti minori, da nessuno accennati, ma pure necessari e da prendersi prima del 1900. Per fare il Catalogo generale delle Biblioteche destinate in Germania agli studi superiori e da due anni già principiato nella Biblioteca Reale di Berlino, il cavaliere Dziatzko, direttore della Biblioteca di Gottinga, dettava, con quella grande sua autorità, le norme che gl'impiegati delle Biblioteche devono osservare nella descrizione del libro. Qualche cosa di simile si dovrà pur fare anche per questo Catalogo! Di più, nello spoglio delle Memorie inserite negli Atti accademici e nelle Riviste, occorre che la fonte dalla quale è tolto il titolo, sia indicata in modo breve, sì, ma esatto, uniforme, e a tutti intelligibile. Una abbreviazione fatta male si può indovinare, se è di una Rivista salita in fama di recente; ma fra dieci, fra venti anni, chi saprebbe interpretarla? Qui l'arbitrio non può regnare: la regola s'impone.

Un esemplare curioso di simili abbreviature ce lo offre l'Index du répertoire bibliographique des sciences mathématiques, stampato a schede, e che tolgo dall'elenco pubblicato nel 1893:

e così di seguito per quasi 300 pubblicazioni periodiche diverse.

[p. 143]

So che i matematici sono abituati a ritenere le formule algebriche; ma bisogna pensare anche agli altri!

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Accennato così il modo con cui si vogliono dare le notizie bibliografiche, ricorderò brevemente quale ordinamento si è immaginato affinchè si possano raccogliere e diffondere tutte le notizie necessarie.

Un ufficio centrale a Londra fa tutto: riceve, riunisce, vede, stampa e diffonde il lavoro fatto dagli uffici regionali; i quali devono compilare e inviare tutte le schede delle pubblicazioni regionali. Qui, come dice benissimo il prof. Carus, abbiamo una concentrazione soverchia, ed una fiducia esagerata negli uffici delle regioni. E a proposito di essi, egli ricorda molto opportunamente che nel 1895 la Socièté zoologique di Francia, per fare la bibliografia zoologica nominò Comitati e Sottocomitati, ma senza ottener risultato alcuno. A mio avviso bisogna che questi Comitati abbiano maggiore libertà e responsabilità; occorre che essi stampino le loro schede e le diffondano nel proprio paese. Che cosa vogliono o possono rivedere a Londra se non hanno il libro a mano? Non vien quasi voglia di credere che la traduzione dei titoli sia desiderata per dar modo agli impiegati centrali di capire le schede? Si acquisterebbe anche maggior rapidità nella diffusione; poichè a ogni nazione preme di sapere, prima di tutto, quello che essa fa; è soltanto dopo, che cerca d'informarsi di quello che si fa altrove.

La necessità di un ufficio centrale è di per se stessa evidente: ma non è del pari evidente la necessità di un accentramento eccessivo. Così pure è necessario che ad un luogo determinato sia a chiunque possibile rivolgersi per chiedere tutto o parte di quello che i diversi Comitati locali stampano. Ma ogni Comitato dovrebbe accudire liberamente all'opera sua; allora sarebbe veramente responsabile ed avrebbe più a cuore di mantenere alto il decoro e l'onore nazionale. Alla Società Reale rimarrebbe sempre il merito grandissimo di avere avviata e resa possibile l'opera comune, e contribuito efficacemente alla diffusione delle schede.

Ma per far questo non bisogna fissare gli occhi nel sole! Nei suoi progetti la Società Reale mira troppo in alto! Si contenti di provvedere al bisogno più immediato, più urgente; di far conoscere con rapidità allo studioso le materie che altri studiano al pari di

[p. 144]

lui. Lasci da parte le traduzioni inutili; se l'autore le vuole, le scriva sui suoi frontispizi; rinunzi all'idea del libro, abbandoni il campo degli schiarimenti ed annotazioni alle Riviste, agli Annuari scientifici, ai bibliografi! Nei grandi lavori di bibliografia sono da considerarsi due stadi diversi, ai quali nessuno bada. Quello nel quale si raccoglie si prepara, e, sia pure grossolanamente, si separa e si classifica il materiale; e l'altro stadio, quello nel quale si assegna con tutta sicurezza, secondo le rigorose esigenze della scienza, il posto che spetta ad un libro, non isolatamente, ma nelle sue affinità con gli altri libri, che trattano, sotto vario aspetto, il medesimo argomento. Il bibliografo stabilisca, muti, corregga, faccia quello che scientificamente crede più logico, più utile, più conforme alla scienza nell'ordinare sistematicamente, a modo suo, le proprie bibliografie. Egli deve servirsi delle schede del Catalogo della letteratura scientifica come di tante pietre per costruire il proprio edificio, con piena libertà di metodo, secondo il suo genio, onde corrispondere all'alto e supremo mandato della scienza.

Raccogliere, pubblicare e rapidamente diffondere fra gli studiosi le schede, è altra cosa. Per questo non occorre un sistema scientifico rigoroso, perchè è impossibile averlo sempre invariabile! Basta uno convenzionale, universale e a tutti facilmente intelligibile. Il sistema decimale ha innegabilmente questi pregi; e le pubblicazioni fatte dal Concilium bibliographicum, provano che esso può rispondere a tutti i bisogni. Il sistema decimale si presta mirabilmente non solo a raggruppare le schede così raccolte, ma anche a qualunque specializzazione che lo studioso voglia fare in seguito, senza che la ripartizione già fatta, vada perduta; perchè è dato valersi del frazionamento illimitato, offertoci da quel sistema. Esso è pratico; e, come fu benissimo osservato, non può alterare, modificare, intralciare o arruffare in nessuna guisa l'andamento delle scienze; esse camminano libere per la loro via, non tracciata nè tracciabile, dai bibliotecari o dai bibliografi. Ma sia come si vuole; è certo che il sistema decimale Dewey «contiene in sè il germe di una notazione simbolica universale; e per questo è sommamente probabile che in una maniera o nell'altra sia adottato per il nuovo Catalogo internazionale» (9).

[p. 145]

Il dare ordine alla mole di pubblicazioni che ci opprime; l'avere separato per ogni studioso la parte che a lui preme da quella che non gli abbisogna, non sarebbe piccola impresa, e la Società Reale, riuscendo, entrerebbe davvero trionfalmente nel nuovo secolo.

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Ho detto con franchezza quello che penso, e ripeto: Aspettiamo tranquilli, ne abbiamo il tempo! non nel senso di non voler fare, o di non voler aderire; ma perchè le difficoltà a rimuovere sono grandi e gli studi da fare sono molti. Per far presto non era lecito trascurare di difendere il decoro della nostra lingua! Lo creda il prof. Mosso: non si tratta di farsi rimorchiare: si tratta di vedere chiaramente dove si va e quello che si fa: di evitare gli scogli! Delle difficoltà ho già parlato, trascurando la spesa che spetterà all'Italia (dalle 50 000 lire alle 75 000 all'anno per il lavoro da farsi a Londra) e la spesa non indifferente che ogni scienziato, volendolo, dovrà fare per procurarsi la immensa utilità di un Catalogo particolare.

In quanto agli studi fatti sino ad ora, non sono io solo a crederli insufficienti. La Germania, per questo motivo, voleva rimandata la Conferenza all'aprile prossimo, e all'ultima ora decise d'inviare un suo rappresentante, nella persona dell'illustre prof. Klein di Gottinga.

3 gennaio 1899.

D. CHILOVI.          


(1) H. Stein, Manuel de bibliographie générale (Bibliotheca bibliographica nova), Paris, 1898, pag. 31.

(2) Qualche altro particolare si trova nel Bollettino delle pubblicazioni stampato dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (30 settembre 1897), e notizie maggiori nell'opuscolo: La réorganisation du Concilium bibliographicum. Zurich, 1897.

(3) Cosmos, 3 dicembre 1898.

(4) Vedi D. Chilovi, I Cataloghi e l'Istituto internazionale di bibliografia, vol. I e II, Firenze, Bocca, 1897.

(5) Vedi Zoologischer Anzeiger, n. 566, 1898.

(6) D. Chilovi, I Cataloghi e l'Istituto internazionale di bibliografia, I, 26.

(7) Da una Memoria del generale Sebert, Parigi, 6 ottobre 1898, non stampata.

(8) D. Chilovi, I Cataloghi e l'Istituto internazionale di bibliografia, I, 33-35.

(9) Vedi Thomas J. McCormack nel Monist, Chicago, gennaio 1897, pag. 300. Egli nota inoltre che la più forte opposizione a questo sistema si riscontrò, come era da aspettarsi, negli Stati Uniti d'America, e specialmente fra i bibliotecari delle primarie Biblioteche, perchè là sono maggiori le difficoltà da superarsi e in molti casi il bibliotecario ha già un sistema proprio, in uso o da proporre. Mi pare che lo stesso possa dirsi anche dell'Europa!


Fonte: Chilovi, Desiderio. Il catalogo della letteratura scientifica. «Nuova Antologia di scienze, lettere ed arti», n. 653 (1º marzo 1899), p. 127-145.
La spaziatura dei segni di punteggiatura è stata regolarizzata e le note sono state numerate progressivamente. Sono stati corretti i seguenti refusi: "rehaussser" invece di "rehausser" a p. 132 ultima riga, "Smitshsonian" invece di "Smithsonian" a p. 137 riga 20, "bibliograficum" invece di "bibliographicum" a p. 140 riga 34. Non si è intervenuti, invece, sull'ortografia di nomi e parole stranieri.


Copyright AIB 2015-09-01, ultimo aggiornamento 2015-09-01, a cura di Alberto Petrucciani
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