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ASSOCIAZIONE ITALIANA BIBLIOTECHE

 

LA BIBLIOTECA PUBBLICA
IN ITALIA

COMPITI ISTITUZIONALI E PRINCIPI GENERALI
DI ORDINAMENTO E DI FUNZIONAMENTO

APPENDICE

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XV CONGRESSO DELL'AIB - SPOLETO, 8-10 MAGGIO 1964
Intervento della dr. V. Carini-Dainotti per presentare al Congresso, a nome della Commissione di studio, il testo del documento: La biblioteca pubblica in Italia. Compiti istituzionali e principi generali di ordinamento e di funzionamento

Vi ho pregato ieri di dedicare mezz'ora del vostro tempo ad un'attenta lettura del documento che vi è stato distribuito; ma dubito che molti di voi abbiano trovato il tempo e il modo di farlo.
Spoleto è così bella!
Comunque, sia per ribadire alcuni concetti che forse dovranno essere ripresi nella discussione, sia per informare quelli di voi che non hanno potuto informarsi da sé, ritengo utile dar lettura della breve introduzione al documento (Legge la prefazione: cfr. pp. 5-9).

A. - Questa introduzione può avervi chiarito i criteri cui il documento si ispira; ma è ancora necessario che io vi indichi rapidamente quale ne è il contenuto e come è organizzato il testo.

B. - Diremo dunque che il documento è articolato in 7 parti.
La I parte tratta «Le responsabilità della biblioteca pubblica nella democrazia moderna», riconosce cioè nell'instaurazione della democrazia e nello sviluppo industriale della nostra economia, le due fondamentali premesse che rendono indispensabile una politica di diffusione della cultura attraverso il libro, sia per dare alla vita democratica cittadini informati, sia per assicurare all'attività economica forze di lavoro capaci di progresso e aggiornamento, sia per alimentare i processi spirituali necessari alla preservazione della persona umana.
La II parte concerne «Gli obiettivi della biblioteca pubblica». Qui il documento segna l'adesione esplicita dei bibliotecari italiani alle formulazioni già espresse anche a nostro nome dall'UNESCO e internazionalmente accettate. Gli obiettivi elencati nel documento coincidono con quelli contenuti nel «Public Library Manifesto», diffuso dall'UNESCO in tutto il mondo nel 1949.
Il documento afferma poi che condizioni essenziali per il conseguimento di quegli obiettivi sono:
1) la gratuità del servizio della biblioteca per tutti i cittadini (condizione già realizzata nel nostro Paese);

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2) la obbligatorietà dell'istituzione delle biblioteche per le autorità di governo (l'obbligatorietà fu già affermata in Italia per gli enti locali dal D.L. Luogotenenziale 2 settembre 1917, n. 1521; ma il principio è stato finora troppo largamente disatteso, anche a causa del troppo scarso intervento integratore ed equilibratore dello Stato);
3) la disponibilità del servizio della biblioteca (ciò equivale ad affermare che occorre dotare il Paese di un sistema di biblioteche sicché ogni cittadino, dovunque viva, abbia a portata di mano un punto di servizio del sistema e, attraverso quello, disponga in pratica di tutto il patrimonio librario del paese);
4) l'organizzazione di fondi librari e di servizi rispondenti ai bisogni di tutti i gruppi della comunità (ragazzi, adulti di cultura elementare, contadini , operai, ecc.).
La III parte tratta della «Cooperazione bibliotecaria» e dei «Sistemi bibliotecari». In questa parte il documento accoglie la teoria, ancor nuova per noi, ma ormai accettata e sperimentata internazionalmente, che il servizio bibliotecario debba essere concepito come un tutto organico a livello nazionale, e che le biblioteche singole debbano coordinarsi in sistemi provinciali e regionali, sia per ragioni finanziarie, giacché il servizio bibliotecario è costoso e l'organizzazione di grandi unità bibliotecarie riduce i costi; sia per ragioni di efficienza, giacché poche biblioteche isolate, fuori dei capoluoghi, sono in grado di assicurarsi i mezzi finanziari e le competenze tecniche di cui hanno bisogno, e quasi nessuna può rendere da sola ai propri utenti un servizio paragonabile a quello che è messa in condizione di rendere quando aderisce ad un sistema.
Il documento elenca i vari tipi conosciuti e sperimentati di sistemi bibliotecari (sistemi urbani, sistemi urbano-rurali, sistemi rurali) e le condizioni di organizzazione di essi: sistemi organizzati dal Comune capoluogo di provincia e dall'Amministrazione provinciale con il concorso finanziario degli altri Comuni e dello Stato; sistemi organizzati direttamente dallo Stato, per lo più attraverso le Soprintendenze bibliografiche e con contributi degli enti locali; sistemi organizzati da Consorzi di Comuni e Province.
La IV e la V parte del documento si riferiscono l'una ai «Principi di organizzazione dei fondi e del servizio pubblico», l'altra agli «Standards di finanziamento, di locali e di personale».
Qui il documento tratta problemi di grande rilievo per il buon funzionamento delle biblioteche pubbliche. In particolare: il problema della scelta dei libri, i problemi tecnici della classificazione, della collocazione a scaffali aperti, delle dimensioni e della composizione del fondo librario, i problemi dell'orario e dei principali servizi al pubblico (prestito, informazione, consulenza e guida), infine il problema della formazione dei bibliotecari.
Non meno ricche di interesse sono le ultime due parti: la VI che concerne «L'amministrazione della biblioteca pubblica» e la VII che tratta il tema: «Le responsabilità delle autorità di Governo. Rapporti fra gli Enti locali minori e intermedi e lo Stato».
Nella VI parte il documento vuole delineare un primo schema dei compiti e dei doveri dei bibliotecari e degli enti locali e offrire suggerimenti

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per un sano rapporto di collaborazione tra il bibliotecario da un lato, funzionario tecnico sottoposto alla vigilanza della Soprintendenza Bibliografica e tenuto ad uniformarsi a determinate norme di azione e di comportamento, e l'ente locale dall'altra, proprietario della biblioteca, ma tenuto a seguire le direttive generali dettate dal Ministero della Pubblica Istruzione, nel determinare l'indirizzo del suo istituto.
Nella VII ed ultima parte il documento afferma 3 principi fondamentali:
1) tutte le autorità di governo (il Comune, la Provincia, lo Stato, ed eventualmente in futuro anche la Regione) devono cooperare nel dar vita ad un sistema bibliotecario nazionale;
2) spetta allo Stato il compito irrenunciabile di indirizzare, coordinare e stimolare gli sforzi degli enti locali minori e intermedi, nel quadro di un piano generale di attività e di sviluppo, e nella consapevolezza dei fini di interesse generale che lo Stato stesso persegue;
3) spetta allo Stato curare, direttamente o indirettamente, la preparazione del personale e provvedere in materia di esami e di qualifiche (cfr. anche P. V, 3ª sez., 3).

C l. - E ora che vi ho dato una notizia sommaria di ciò che il documento contiene, consentitemi di fare ancora alcune considerazioni che, spero, potranno alleggerire e ordinare la discussione.
Vi è anzitutto una considerazione preliminare che riguarda l'operato della Commissione. Sebbene io sia certa che voi, nella vostra cortesia e nella vostra cordialità di colleghi, lo avrete già capito, tuttavia - poiché è toccato a me di parlare - non posso rinunciare a dirvi che questo lavoro ci è costato fatica e qualche sacrificio personale.
Voi sapete che proprio io ho sostenuto che l'AIB dovesse lavorare per Commissioni, interessando via via un numero sempre maggiore di soci al dibattito e all'approfondimento di ben delimitati problemi tecnici, in modo da prepararne la soluzione.
Ma ora, alla luce dell'esperienza, devo dirvi che se il metodo, in sé, è buono, per farlo funzionare occorre però che i membri delle Commissioni spendano tempo e fatica. Così è stato per noi, e il nostro Segretario, prof. Balsamo, può dirvi che non è stata una sinecura tenere le fila del lavoro della Commissione: battere, ciclostilare, spedire i documenti non solo ai membri, ma anche a quel gruppo più ampio di colleghi che abbiamo ritenuto interessati al problema e dei quali abbiamo voluto assicurarci la collaborazione esterna. E non parliamo della moltiplicazione delle copie del documento per il Congresso: altra fatica del nostro Balsamo.
Tutti i membri, poi, sono stati costretti ad un'intensa collaborazione e hanno dovuto studiare ed elaborare argomenti particolari, spesso ricorrendo anche all'aiuto e al consiglio di amministratori locali e di giuristi. Insomma, come sempre quando si comincia a lavorare, c'è stata fatica... e gloria per tutti, e il frutto di questo lavoro è ora davanti a voi.
Ma prima che si incominci a discuterne, vorremmo permetterci di ricordarvi un paio di cose: anzitutto è certo che in questo documento ci saranno cose che vorrete criticare e noi vogliamo le vostre critiche, ma che siano critiche costruttive perché l'esperienza della stessa Associazione ci ha

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insegnato che tutto si può criticare, ma che, a forza di criticare, può accadere che si demolisca quello che gli altri fanno, e che alla fine non rimanga niente perché demolire è facile e costruire è difficile. Dunque criticateci liberamente, ma chi viene a dirci «questo non va», ci dica anche, chiaramente, «io propongo di fare così».
E un altro avvertimento è questo: quando vi sembra che ci siano lacune, o errori, o magari affermazioni inaccettabili e da rifiutare, ditevi anche che si tratta di temi o questioni particolarmente delicate e controverse, che anche fra noi hanno suscitato dubbi e perplessità, che anche per noi sono state oggetto di lunghe e faticose discussioni, sicché alla fine possiamo aver adottato posizioni e soluzioni che alcuni non approvano, ma non è stato alla cieca e non è stato alla leggiera.

C 2. - E finalmente, prima di incominciare a discutere, vediamo di sgombrare il campo almeno dalle obiezioni più superficiali tra quelle che potrebbero esserci fatte, dalle obiezioni alle quali è troppo facile rispondere sicché il discuterne sarebbe un'inutile perdita di tempo.
In primo luogo potrà dire qualcuno che il documento accoglie troppo largamente le enunciazioni e le formulazioni internazionali. Rispondiamo che questo rilievo può riferirsi alla II parte e poi alla IV e alla V; rispondiamo che lo abbiamo fatto di proposito, e lo abbiamo esplicitamente annunciato anche nell'introduzione. Lo abbiamo fatto di proposito nella II parte perché intendevamo che il documento segnasse l'adesione esplicita alla teoria internazionale della biblioteca pubblica, alle formulazioni dell'UNESCO e della FIAB che, le une e le altre, impegnano anche la nostra responsabilità visto che l'Italia aderisce all'UNESCO e i bibliotecari italiani aderiscono alla FIAB. Lo abbiamo fatto di proposito nella IV e nella V parte (e lo abbiamo detto) perché non avevamo da citare esperienze di casa nostra, eppure dovevamo prefigurare la realtà nella quale le biblioteche pubbliche italiane già si trovano, e più si troveranno ad operare.
Si dirà da qualcuno che l'Italia è un'altra cosa, che l'humus non è lo stesso, e così via. Rispondiamo apertamente che non lo crediamo. Non è forse il nostro un paese europeo? E non degli ultimi per sviluppo di civiltà? E non vediamo forse tutte le associazioni bibliotecarie europee adottare via via gli stessi metodi, gli stessi meccanismi di azione e di intervento? E come mai compiti e responsabilità che non sembrano troppo pesanti ai bibliotecari dei paesi nuovi ed ex coloniali, sarebbero respinti da noi? Il fatto è che noi dobbiamo rifiutare quel provincialismo culturale che tende a isolare il nostro paese in Europa, dobbiamo saper guardare fuori e anche accettare dagli altri esperienze e insegnamenti così come riteniamo che gli altri possano riceverne da noi.

C 3. - E passiamo a un altro argomento. Potrebbe darsi che qualcuno volesse ancora risollevare una questione di nomi e di parole: - «biblioteche pubbliche? Ma perché «biblioteche pubbliche»? Ma non sono forse tutte «biblioteche pubbliche» le nostre? Che senso ha nel nostro paese distinguere le biblioteche in biblioteche di conservazione, biblioteche di alta cultura e di ricerca, e biblioteche pubbliche quando le biblioteche italiane, per effetto delle vicende della nostra storia civile e culturale, hanno, quasi

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tutte, tutti quei caratteri, più o meno sviluppati e confusi, e quasi tutte sono in qualche misura biblioteche di conservazione, biblioteche di ricerca e biblioteche pubbliche?» - .
Veramente io credo che nessuno più vorrà impostare in questo modo le critiche perché nel frattempo, proprio a questo Congresso, è accaduto un fatto importante, e cioè che, tanto il Ministro nel suo messaggio, quanto il Direttore generale nel suo applaudito discorso di ieri, hanno chiaramente distinto e raggruppato le biblioteche in queste 3 grandi categorie, e ci hanno dimostrato che un tale raggruppamento è utile e proficuo per i nostri istituti perché consente di sceverare e ordinare i problemi, consente di affrontarli in modo più organico ed efficace, consente di realizzare progressi e successi nei tre distinti settori, insomma accresce la forza di pressione dei nostri istituti e ne configura e ne difende meglio gli interessi.
Ma poi, come si può credere che i membri della Commissione, essendo quasi tutti bibliotecari, abbiano trascurato questa realtà? Certo, si può dire che tutte le biblioteche italiane che noi oggi chiamiamo ad assumere compiti e responsabilità di biblioteche pubbliche, siano esse dello Stato o degli Enti locali, sono anche in maggiore o minore misura biblioteche di conservazione perché anche le più modeste hanno sezioni pregevoli di opere di storia locale, di documenti della stampa locale, di opere rare, di manoscritti e di incunabuli. Ma questa non è una condizione soltanto italiana. Nessun bibliotecario ignora che in tutto il mondo le grandi biblioteche pubbliche hanno anche preziose sezioni di conservazione e le valorizzano e le accrescono; ma queste sezioni, spesso non meno ricche delle nostre, non impediscono a quelle biblioteche di porsi essenzialmente come biblioteche pubbliche. L'esempio più recente di ciò ce lo offre la Francia le cui biblioteche sono così simili alle nostre per lo sviluppo storico e per la natura dei fondi.

Logicamente, ogni qualvolta dall'Associazione o dal Ministero della P.I. saranno elaborate norme che riguardano la conservazione, queste si indirizzeranno sia alle biblioteche di conservazione, sia alle sezioni di conservazione delle biblioteche pubbliche, e i direttori delle biblioteche pubbliche, in quanto direttori di quelle sezioni, si comporteranno come bibliotecari-conservatori, mentre quegli stessi direttori nel settore che è proprio delle biblioteche pubbliche, utilizzeranno le norme e gli indirizzi che l'Associazione ha elaborato per loro in quel particolare settore, si avvarranno cioè del documento che noi abbiamo preparato.
Solo in alcuni casi - poiché ci sono biblioteche comunali che hanno prevalente o addirittura esclusivo carattere di biblioteche di conservazione - potrà essere necessario esaminare se gli stessi enti locali, con l'aiuto dello Stato, non debbano far sorgere accanto ad esse altre biblioteche con carattere di biblioteche pubbliche.
Più sottile è la linea di demarcazione tra biblioteche pubbliche e biblioteche di alti studi e di ricerca.
È chiaro che di solito questo problema non si pone perché, nelle sedi maggiori, accanto alle biblioteche pubbliche vi sono quasi sempre biblioteche universitarie e speciali sulle quali ricade l'onere di servire gli alti studi e la ricerca. Ma vi sono casi di grandi biblioteche in sedi non universitarie, ovvero in capoluoghi di media grandezza dove mal si giustifica l'istituzione

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di una biblioteca di alta cultura accanto ad una fiorente e importante biblioteca pubblica.
In questi pochi casi la biblioteca pubblica esistente è tenuta a farsi anche strumento e sussidio degli alti studi e della ricerca. Ed è evidente che in questi casi il direttore della biblioteca dovrà essere cosciente di avere la responsabilità di un istituto polivalente, e il fatto di tenere ben distinti, nella sua mente e nei suoi programmi, i tre compiti del suo istituto, lo aiuterà a provvedere in modo armonico ai tre ordini di esigenze, senza sacrificarne alcuna.
Comunque spero di aver chiarito che, se in questo documento si parla assai poco di alta cultura, di ricerca scientifica e di conservazione, è perché questo documento è stato redatto per promuovere lo sviluppo delle biblioteche pubbliche; ma non è certo perché gli altri due fondamentali compiti delle nostre biblioteche (la conservazione e il sussidio agli alti studi e alla ricerca) non fossero ben presenti alla nostra attenzione.

C 4. - Fin qui ho voluto prevenire certe critiche più superficiali; ora invece vorrei richiamare la vostra attenzione su un punto a mio avviso interessante; cioè sulla parte III, non solo in quanto tratta della cooperazione e della formazione dei sistemi bibliotecari; ma anche in quanto apre la via ad un'altra importante attività degli enti locali in materia di biblioteche: parlo della formazione dei consorzi, una formula dalla quale noi speriamo un più rapido incremento delle biblioteche pubbliche e dei servizi di lettura in tutto il paese.

C 5. - E infine veniamo alle ultime due parti, che riguardano i due temi forse più importanti e delicati di tutto il documento, e cioè da un lato i rapporti tra il bibliotecario e l'ente locale dal quale egli dipende; dall'altro la cooperazione necessaria tra lo Stato e gli enti locali nella costruzione di un sistema italiano di biblioteche pubbliche.

D. - Cominciamo dai rapporti tra il bibliotecario e l'ente locale da cui dipende.
Di questi rapporti gli aspetti forse più delicati sono due: i limiti della ingerenza dell'ente proprietario nell'attività tecnica del direttore della biblioteca, e l'autonomia amministrativa del direttore della biblioteca.
E in questi due problemi genericamente enunciati ne sono nascosti altri due, forse più limitati, ma essenziali, e cioè: può l'ente proprietario della biblioteca sottrarre al bibliotecario il compito della scelta dei libri? E d'altro canto: si può trovar modo di ottenere che il direttore della biblioteca disponga dei fondi che gli sono assicurati nel bilancio dell'ente locale in modo da spenderli, almeno per libri e legature, senz'altre formalità?
Su questi due punti potete credere che si è lungamente affaticata anche la Commissione.
Nel chiedere l'autonomia amministrativa del direttore della biblioteca, i bibliotecari sono concordi e noi avremmo ben voluto poter accogliere nel documento questa loro aspirazione, trasformandola in una raccomandazione.
Avevamo anche preparato e discusso a questo scopo un articolo che diceva press'a poco così:

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«Ogni Amministrazione comunale o provinciale dovrebbe intestare alla propria biblioteca un conto speciale nel quale dovrebbero essere riversati, in una sola, o al più in due soluzioni, i fondi iscritti in bilancio per il funzionamento della biblioteca o del sistema (dotazione e assegni ordinari e straordinari).
Sullo stesso conto dovrebbero essere riversati dal Comune o dalla Provincia i contributi del Ministero e di altri enti o persone a favore della biblioteca o del sistema.
Nei limiti del bilancio approvato, il direttore della biblioteca o del sistema dovrebbe poter disporre dei fondi versati nel conto della biblioteca, nel senso che dovrebbe poter impegnare le spese per acquisto libri e per ogni altra esigenza della gestione dell'Istituto senz'altre autorizzazioni preventive.
Le fatture, vistate dal direttore della biblioteca, dovrebbero poi essere pagate dagli organi dell'amministrazione locale con le cautele previste per l'emissione di tutti i mandati».
Ma non ci siamo sentiti di inserirlo perché, allo stato attuale della legislazione, tenendo presente la Legge comunale e provinciale e soprattutto il Regolamento relativo, non abbiamo trovato il modo di formulare una raccomandazione fondata e accettabile.
Io ho qui alcuni degli elementi che ho raccolto, e se la discussione tornerà su questo punto potrò darne notizia; ma quello che soprattutto importa dire è che noi non abbiamo rinunciato a studiare e a proporvi soluzioni diverse e più radicali.
Venendo ora alla scelta dei libri e alle varie Commissioni o Comitati della biblioteca, la situazione qui si presentava assai meno nitida.
Certo, noi non abbiamo dimenticato che molti bibliotecari rivendicano a sé la scelta dei libri come loro peculiare compito tecnico, e io ho avuto presente anche la relazione Mazza al IV Convegno dei bibliotecari lombardi del novembre 1963; ma d'altra parte esiste nel paese una realtà che noi non potevamo ignorare. Esistono oggi in molti Comuni delle «Commissioni della biblioteca» che da tempo immemorabile si riservano il compito della scelta dei libri e che in varia misura partecipano all'attività tecnica di direzione della biblioteca; ci sono bibliotecari che sopportano male questa compartecipazione e la rifiutano; ce ne sono altri che la dichiarano vantaggiosa.
Noi abbiamo ritenuto di poter seguire questa via: raccomandare in linea di principio che la scelta spetti al bibliotecario quando questi è tecnicamente preparato, e - dove la Commissione esiste e ha già il privilegio di scegliere i libri - affermare il concetto che alla Commissione non spetta scegliere i libri, ma fissare i criteri per la scelta, e nel fissare quei criteri debba attenersi agli indirizzi generali espressi in questo documento.
Naturalmente questa soluzione non soddisferà molti; ma io vorrei ripetere che il problema è delicato e controverso.
Forse dovrà essere fatto su questo punto un discorso più approfondito, e prima bisognerà raccogliere una documentazione più ampia, bisognerà svolgere una vera e propria indagine per appurare quante biblioteche di enti locali hanno una Commissione, come funzionano le Commissioni, quali ne sono i poteri, che ne pensano i bibliotecari che collaborano con esse.

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Solo quando avremo raccolto ed elaborato questi elementi, potremo decidere con conoscenza di causa l'atteggiamento da assumere nei confronti dell'istituto della «Commissione della biblioteca», potremo proporre che l'Associazione si dichiari nettamente contraria a tale istituto, ovvero favorevole a condizione che non si tratti di una Commissione «di vigilanza», ma piuttosto di una Commissione «di consulenza», ovvero anche favorevole nelle piccole sedi e contraria nelle grandi, e così via.
Perché quello che importa ribadire è che il documento elaborato dalla nostra Commissione non è un documento definitivo, ma invece soltanto la prima stesura di un documento.
Entro pochi anni, è da credere, noi potremo darne una seconda e una terza edizione, approfondendo e chiarendo via via i punti ancora oscuri o controversi. L'importante è aver cominciato.

E. - Infine un'ultima osservazione sull'ultima parte del documento: qui, in queste poche enunciazioni, è già contenuta la materia della legge-quadro, giacché la legge-quadro dovrà in realtà definire soprattutto le responsabilità e gli impegni degli enti locali e dello Stato.
La legge-quadro, come ho avuto occasione di dirvi fin dal principio, deve ancora essere messa a punto. Un abbozzo è già stato fatto ed ora è in discussione. Potrei fin d'ora informarvi di qualcuno degli orientamenti che si sono manifestati nella Commissione, o leggervi l'appunto preparato da qualcuno dei membri, secondo il quale:
«La legge-quadro non potrà non essere immediatamente seguita, se non preceduta, da una legge generale dello Stato sulla biblioteca pubblica, la quale determini, di questa, compiti e finalità, ripartisca fra Stato e enti locali, in ordine all'istituzione, all'ordinamento e al funzionamento, competenze, obblighi e oneri, in forme di interventi e di compartecipazione che siano espresse in termini di rapporto per quanto concerne la spesa».
Ma non sono che anticipazioni poco impegnative. Ora, se il Congresso ci confermerà la sua fiducia, noi riprenderemo a lavorare e a discutere, e voi non tarderete troppo a vedere nuovi frutti del nostro lavoro.


Nota
Tratto da: Associazione italiana biblioteche, La biblioteca pubblica in Italia: compiti istituzionali e principi generali di ordinamento e di funzionamento, Roma: AIB, 1965, p. 59-66.
La trascrizione segnala la divisione delle pagine e rispetta ortografia e maiuscole dell'originale, salvo la correzione di un refuso e interventi grafici minori come la sostituzione dell'accento grave con quello acuto in perché e parole analoghe.


Copyright AIB 2002-11-23, ultimo aggiornamento 2012-02-09, a cura di Alberto Petrucciani
URL: https://www.aib.it/aib/stor/testi/stan1965a.htm

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