Legge Levi e biblioteche

Pubblichiamo il dossier sugli effetti della Legge 27 luglio 2011, n. 128 “Nuova disciplina del prezzo dei libri” sull’attività delle biblioteche italiane, trasmesso al Governo in data 16 luglio 2012

Premessa

L’Associazione Italiana Biblioteche sottopone all’attenzione del Governo e del Parlamento alcuni dati e considerazioni sugli effetti della L. 128/2011 “Nuova disciplina del prezzo dei libri”, meglio nota come legge Levi dal nome del suo primo firmatario, con particolare riferimento al mondo bibliotecario.

Il mercato del libro

Prima di concentrarci sulla ricaduta della legge sul mondo delle biblioteche, è utile presentare qualche dato sull’andamento del mercato librario negli ultimi mesi del 2011 e nei primi mesi del 2012, successivamente all’entrata in vigore della Legge Levi, avvenuta il primo settembre 2011.
Il 23 marzo scorso il Centro per il libro e la lettura ha presentato i dati di una indagine su lettura e acquisto di libri in Italia condotta da Nielsen, che mette a confronto i dati dell’ultimo trimestre 2011 con quelli dell’ultimo trimestre 2010. Dal 2010 sono state perse 1,7 milioni di copie, pari a un calo degli acquisti del 10%: si è passati dal 33% degli acquirenti di almeno un libro nel periodo al 29% degli acquirenti di almeno un libro nello stesso periodo nel 2011. Anche i lettori sono calati: dal 32 al 30%, facendo calare il tasso di lettura del 6% dal 2010 al 2011. Il calo riguarda maggiormente i settori che già erano più deboli (e che quindi erano forse maggiormente sensibili alle campagne promozionali): sono calati gli acquisti tra i maschi e le persone in possesso di titoli di studio più bassi, mentre le donne e i
diplomati hanno acquistato qualcosa in più e anche i giovani tra i 14 e i 24 anni non hanno diminuito gli acquisti; l’area geografica più colpita è stata il Centro-Sud, che ha perso il 3% dei lettori. La percentuale degli acquirenti di almeno tre libri nel trimestre cala del 20%, quella dei lettori di almeno tre libri nel IV trimestre cala del 18% fra 2010 e 2011. Da notare anche che gli acquisti si sono spostati sulle fasce di prezzo più basse, privilegiando i volumi il cui prezzo di copertina è inferiore ai 10 euro.
È ovvio che sui dati, molto negativi, pesa fortemente la crisi economica ed il calo dei consumi, per cui non si può ritenere che la L. 128, con il freno agli sconti e alle promozioni, porti per intero la responsabilità di questa contrazione. Un interessante commento a questi dati è stato pubblicato da Gino Roncaglia, cercando anche di metterli in relazione con la legge 128: in quella sede l’autore conferma quanto già sostenuto in altre occasioni e cioè che «che l’introduzione di una legge di questo tipo, forse sensata anni fa, quando legislazioni orientate alla limitazione degli sconti sono state introdotte in altri paesi europei, nella situazione attuale rischiava di risultare fortemente controproducente proprio per i soggetti che la legge si proponeva di tutelare: piccola e media editoria e librerie indipendenti. Purtroppo questa previsione sembra essere stata pienamente confermata».
Il 14 maggio scorso, nell’ambito del Salone del libro di Torino, sono state fornite anticipazioni sull’andamento delle vendite nel primo trimestre del 2012: si è registrato un pesante segno negativo, sia sul fatturato trade (-11,8%, pari a 276milioni di euro), sia nel numero di copie vendute (-10,8%, pari a 21,1 milioni di copie), nonostante la diminuzione (tra ottobre 2011 e febbraio 2012) del prezzo medio di vendita dei libri attorno al 7%. La ricerca ha inoltre evidenziato una crescita sensibile dei libri letti ma non acquistati (cioè prestati da amici e conoscenti o in biblioteca), giunti al 30% del totale.
La Legge ha suscitato perplessità e proteste anche fra i lettori, in particolare i cosiddetti “lettori forti” da sempre considerati i principali artefici della tenuta del mercato editoriale italiano, che hanno espresso senza mezzi termini la loro contrarietà verso un provvedimento ritenuto penalizzante [1].

Le biblioteche e la Legge 128: effetti economici

Il limite agli sconti nella misura del 20% ha penalizzato senz’altro il potere d’acquisto soprattutto delle biblioteche pubbliche. Già nella lista di discussione dei bibliotecari italiani, AIB-CUR, c’è chi ha fatto una proiezione [2] dell’effetto che la legge produrrà nelle proprie realtà lavorative, calcolando, sulla base dei bilanci e degli acquisti degli anni precedenti, l’effettivo minor numero di acquisizioni che si sarebbe verificato qualora la legge fosse stata già in vigore.
Dai dati finora inviati da alcune biblioteche all’Osservatorio AIB è già possibile trarre alcune considerazioni, trattandosi di grandi sistemi bibliotecari, che per il numero di biblioteche e per il bacino servito possono rappresentare un campione significativo.
Per esempio la Fondazione per Leggere, che comprende 58 biblioteche dei comuni del sud-ovest milanese, nel 2009 è riuscita a ottenere uno sconto medio sull’acquisto dei volumi del 30%; ora per effetto della nuova normativa prevede una diminuzione degli acquisti tra le 4.000 e 5.000 unità all’anno.
Sempre nella provincia di Milano, il Consorzio Sistema Bibliotecario Nord Ovest, che raccoglie invece 51 biblioteche, sulla base dei dati 2010 e della percentuale media di sconto del 25%, ha stimato la perdita di 3.000 acquisizioni circa. Rimanendo in Lombardia, il sistema BrianzaBiblioteche (composto da 29 biblioteche) negli anni 2008-2010 è riuscito sempre ad ottenere sconti, dai propri fornitori, in media tra il 26,5-27,5%. Anche per loro la perdita negli acquisti, con lo sconto massimo bloccato al 20%, si aggira intorno ai 5.000 volumi.
Secondo una stima elaborata dalla nostra associazione, nella sola Lombardia, dove ogni anno i Comuni investono circa 9 milioni di euro per l’acquisto di libri, per ogni punto percentuale di sconto perduto il potere d’acquisto delle biblioteche di ente locale si ridurrà di 90.000 euro, equivalenti a circa 7000 nuovi libri; ciò significa che le sole biblioteche comunali lombarde nel 2012 acquisteranno, a parità di investimento, fra i 30.000 e i 40.000 volumi in meno. Una diminuzione che si ripercuoterà negativamente soprattutto sugli editori minori.
Le stesse penalizzanti percentuali vengono riscontrate in altri sistemi bibliotecari: le Biblioteche Padovane Associate, 51 biblioteche che consorziate riuscivano a ottenere sconti medi vicini al 33%, dovranno fare a meno di 3.500 libri; mentre le biblioteche aderenti alla Rete documentaria della provincia di Pistoia, che ottenevano sconti più vicini (23%) alla soglia imposta dalla legge Levi, hanno calcolato una perdita meno traumatica ma pur sempre sensibile di 150 acquisizioni circa in meno.
Per l’Istituzione Biblioteche di Roma, mancando i dati sul numero totale di acquisti ma conoscendo le percentuali medie di sconto (28,90% per il 2009 e 30,68% per il 2010) è possibile calcolare invece un altro dato: per riuscire ad acquistare lo stesso numero di libri se la legge Levi fosse stata già in vigore, ci sarebbe stato bisogno di 40.000 € in più nel 2009 e 25.000 € in più nel 2010.
Dati analoghi emergono anche dall’andamento delle acquisizioni in altre realtà territoriali.
Le biblioteche pubbliche sembrano quindi quelle che maggiormente risentiranno degli effetti della legge, non solo per la loro funzione sociale ma anche perché basano i loro acquisti prevalentemente su monografie e facendo ricorso a fornitori (librerie ed editori) italiani.
Forse l’”effetto Levi” non avrà la stessa incidenza sulle biblioteche statali che in molti casi usufruiscono, per le loro acquisizioni, del deposito legale e per le biblioteche universitarie dal momento che per testi scientifici e/o stranieri già prima di questa legge difficilmente si riuscivano a spuntare sconti superiori al 20%.
Per tutte le biblioteche però, indipendentemente dalla loro tipologia, un problema ancor più grave sembra essere il taglio dei fondi che negli ultimi anni ha pesantemente penalizzato lo sviluppo delle raccolte [3]: fortissimi tagli si sono verificati nel 2011 e altri si stanno verificando nel 2012. Il disagio crescente, nel mondo bibliotecario e non, ha portato ultimamente al nascere di numerose iniziative, come la manifestazione Carta batte forbice, il cui esito sconcertante (la Polizia che presidia la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma non permettendo un’assemblea pubblica in cui si sarebbe discusso dei tagli alla cultura) ha spinto l’AIB e altre organizzazioni a lanciare l’appello pubblico La notte delle biblioteche per chiedere maggiore attenzione e maggiori risorse per le biblioteche italiane.
Nel 2012 le biblioteche nazionali centrali di Roma e Firenze avranno a disposizione per l’aggiornamento delle loro collezioni 250.000 euro complessivi (a fronte dei 16,5 milioni di sterline a disposizione della British library nel 2011 e dei 19,7 milioni di euro spesi dalla Bibliothèque Nationale de France solo per le acquisizioni di nuovi documenti); la biblioteca Marciana di Venezia, una delle più prestigiose del mondo occidentale, e la Biblioteca Nazionale Braidense di Milano circa 40.000. Siamo di fronte, in tutta evidenza, a una vera e propria Caporetto dello Stato, che sta letteralmente rinunciando a conservare la memoria culturale della nazione.
Nel complesso, la progressiva riduzione dei finanziamenti pubblici disposta dagli enti titolari (lo Stato, gli Enti Locali e le Università) ha dimezzato negli ultimi 5 anni il peso della biblioteche come acquirenti sul mercato editoriale, che è passato dal 5% del fatturato complessivo del canale librerie nel 2005 a meno del 3% nel 2010 (dati AIE).

La Legge 128 e la filiera del libro: competizione vs. complementarietà

È da sottolineare che il tetto agli sconti ha già portato le realtà bibliotecarie più dinamiche del nostro paese (come alcuni grandi sistemi bibliotecari di enti locali del settentrione) a individuare una possibile compensazione nella richiesta di servizi ad elevato valore aggiunto (catalogazione dei libri acquistati, messa a disposizione di software dedicati per consentire la gestione cooperativa degli acquisti) che avvantaggiano ulteriormente i pochi fornitori specializzati presenti sul mercato.
Il tetto agli sconti posto a carico delle biblioteche pare autorizzare l’impressione che per il legislatore esista una dinamica concorrenziale fra biblioteche e librerie e che, per favorire le seconde si debbano necessariamente restringere i margini di azione delle prime. Basta considerare i comportamenti concreti delle biblioteche per comprendere che esse, al contrario, sono alleati preziosi delle librerie (e degli editori) nella promozione della lettura. Le biblioteche non acquistano mai, se non in casi estremamente circoscritti, più di una-due copie per titolo. La loro politica di servizio tende ad offrire agli utenti il massimo della varietà editoriale. Laddove possibile e consentito dalle risorse a disposizione, si tende a rappresentare (in molti casi a privilegiare) la produzione dei piccoli editori, che viene promossa in vario modo (al contrario dei best sellers, che pure vengono acquistati ma si promuovono da sé).
Esistono ricerche che dimostrano come queste due componenti – diversificazione degli acquisti e scarsità di copie disponibili al prestito – portino a una distribuzione meno concentrata delle letture in biblioteca rispetto alle vendite in libreria, prefigurando un ruolo complementare fra i due soggetti [4].
Se quindi anche le biblioteche tutelano la bibliodiversità, offrendo una panoramica ampia della produzione editoriale e rendendo disponibili ai lettori opere di difficile reperibilità o addirittura non più reperibili sul mercato (autori che escono dai cataloghi editoriali, produzione dei piccoli editori o dell’editoria regionale), ogni ipotesi di competizione è destituita di fondamento.

Revisione della normativa

L’art. 3 comma 3 della Legge in parola prevede che, decorsi dodici mesi dall’entrata in vigore della norma, venga predisposta una relazione sugli effetti prodotti.
Nel frattempo, però, sono intervenute alcune novità. Secondo numerosi Enti locali, sulla base di pareri legali e di pronunciamenti delle Avvocature, il tetto agli sconti imposto dalla Legge 128 si può ritenere tacitamente abrogato per effetto delle disposizioni contenute all’art. 34 comma 3 del Decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (“Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”, meglio conosciuto come “Decreto Salvia Italia”), convertito, con modificazioni in data 22 dicembre 2011 con Legge n. 214. Infatti, il comma menzionato prevede l’abrogazione di ogni restrizione disposta dalle norme vigenti e in particolare, alla lettera f), quelle riguardanti “l’imposizione di prezzi minimi o commissioni per la fornitura di beni o servizi”. A questa interpretazione della norma hanno replicato sia l’Associazione Librai Italiani sia l’Associazione Italiana Editori, ritenendola infondata.
Data la rilevanza della materia, l’Associazione Italiana Biblioteche chiede alle autorità competenti di emanare al più presto una interpretazione autentica, per evitare il rischio di contenzioso legale fra stazioni appaltanti e ditte affidatarie.

La proposta dell’AIB di modifica alla L. 128/2011

L’AIB ritiene che le biblioteche debbano essere escluse dall’applicazione dei limiti di sconto poiché essi riducono la loro capacità di promuovere la lettura. I servizi delle biblioteche, infatti, contribuiscono a radicare nei cittadini la passione per i libri e le abitudini di lettura, contribuendo ad allargare la base sociale dei lettori, prerequisito imprescindibile per rafforzare il mercato librario e per tutelare tutti gli attori della filiera del libro.
L’eventuale modifica alla Legge 128/2011 nel senso indicato rappresenterebbe il riconoscimento del ruolo delle biblioteche senza pregiudizio nei confronti di una norma il cui obiettivo dichiarato consiste nel “contribuire allo sviluppo del settore librario, al sostegno della creatività letteraria, allo sviluppo del libro e della lettura, alla diffusione della cultura, alla tutela del pluralismo dell’informazione”.
Per queste ragioni l’AIB chiede di modificare l’art. 2 della Legge 128, reintroducendo l’esenzione prevista a favore di biblioteche, archivi e musei pubblici dalla Legge 7 marzo 2001, n. 62, art. 11 comma 3 lett. i-bis.

Considerazioni conclusive

Riteniamo che la Legge 27 luglio 2011, n. 128 evidenzi una sproporzione fra mezzi e fini che ne pregiudica l’efficacia. La regolamentazione dei prezzi e delle modalità di vendita rappresentano infatti aspetti parziali di una problematica più ampia e la nuova normativa sconta il difetto di non essere stata pensata contestualmente a un legge di rilancio per il libro, la lettura e le biblioteche.
La promozione del libro e della lettura non possono essere ridotte alla sola fase della vendita del prodotto editoriale ma presuppongono attenzione al ruolo e all’attività degli istituti che hanno il compito istituzionale di consolidare le abitudini di lettura e di rendere possibile una frequentazione assidua, continuativa con i libri. Le biblioteche pubbliche, le scuole e la famiglia sono i tre pilastri sui quali incardinare qualsiasi politica a favore del libro: infatti, è all’interno delle mura domestiche che i bambini dovrebbero ricevere l’imprinting verso i libri, mentre fra i banchi di scuola dovrebbe radicare ed affinarsi l’abitudine acquisita a casa, lavorando sul piacere della lettura e sull’immaginazione; le biblioteche dovrebbero offrire a tutti e in tutte le età della vita occasioni per coltivare la passione ormai consolidata. La realtà è che di libri nelle case italiane ce ne sono meno che in tutti i maggiori paesi europei, le scuole si accontentano di lavorare sulla comprensione dei testi ma stentano sul versante del piacere della lettura, le biblioteche risultano penalizzate da carenze di organici e risorse che ne condizionano l’azione e la spinta al cambiamento.
L’affermazione ope legis di una correlazione diretta e, allo stato, esclusiva nel nostro ordinamento, fra sviluppo della lettura e variabili commerciali (prezzo, sconti, modalità di vendita e di promozione) rafforza la percezione del libro come un prodotto comune a scapito della sua natura di prodotto culturale, la sola che può autorizzare la previsione di un regime privilegiato.
Contestualmente alla modifica dell’art. 2 della Legge 27 luglio 2011, n. 128, la strada da perseguire, secondo il nostro parere, è quella di una legge sulla promozione del libro e della lettura che si ponga l’obiettivo di contemperare le esigenze, le specificità e gli interessi dei diversi attori della filiera del libro, anche quando essi non sono del tutto coincidenti.


Note

1. Si veda il dibattito riportato sul Domenicale del Sole 24 ore del 24 giugno 2012, in particolare l’articolo Caro libro, quanto ci costi a firma Stefano Salis (p. 39), che si dichiara stupito dalla quantità e dalla veemenza delle lettere ricevute, tanto da osservare che la reazione dei lettori testimonia uno scollamento fra lettori forti da un lato e mondo editoriale/distributivo e legislatore dall’altro.

2. Possiamo riportare l’intervento di Dagmar Göttling (8 agosto 2011): “prendo la mia piccola realtà (siamo una biblioteca pubblica [Biblioteca comunale di Rubiera – RE] di ente locale da 14.551 abitanti al 31/12/2010, tanto per capirci): dal 1 gennaio ho potuto comprare 547 vol. della più varia natura. Abbiamo per questi potuto usufruire di sconti molto diversi (al 10-12-15-20-25-27-28.1-30-33%) tenendo conto che il titolo X si trova presso il fornitore Y che non è necessariamente quello con il maggior sconto!) . Non considerando chi ci fa il 10%, il 12%, il 15% e il 20% (che si presume non aumenterà lo sconto o comunque è già alla soglia) rifaccio i conti con il massimo del 20% per tutti i vol. che ho potuto comprare a sconti maggiori. Risultato: sfumano 311,49 EUR di risparmio… che alle nostre dimensioni si sentono!! 20 romanzi per adulti o 40 narrative per ragazzi in meno? Per non parlare della saggistica di divulgazione, preziosissima fonte di prima informazione …”; e l’intervento di Fausto Rosa (9 agosto 2011): “La ricaduta concreta ed effettiva che questa legge avrà nella rete bibliotecaria di BPA (Biblioteche Padovane Associate), è la PERDITA SECCA ANNUA DI CIRCA 26.000 euro! che andranno dati al mercato editoriale ma senza sapere in cambio di quale miglioramento del “prodotto libro” per i nostri utenti”.

3. Un’analisi dell’attuale situazione italiana, confrontata con quella di altri paesi, è presente in G. SOLIMINE, L’Italia che legge, Roma-Bari, Laterza, 2010, p. 35-36.

4. Si veda, ad esempio, il saggio di Paola Dubini Il ruolo delle biblioteche nel consumo dei libri, in Tirature ’10. Il new Italian realism. A cura di Vittorio Spinazzola. Milano: Il Saggiatore, 2010, p. 138-143. Confrontando i libri di narrativa e per ragazzi più venduti nel 2008 e gli acquisti e i prestiti effettuati da tre sistemi bibliotecari lombardi, emerge come le biblioteche siano attente a garantire un’adeguata varietà di titoli, anche se spesso i prestiti ricalcano le preferenze rilevate nei canali commerciali. Nonostante ciò, considerando i primi 20 titoli venduti in libreria solo 5 di questi sono anche fra i 20 titoli più prestati nelle biblioteche oggetto dell’analisi, e la “coda lunga” degli acquisti a favore di titoli meno venduti in libreria dimostra che la varietà dell’offerta editoriale è assicurata.