Esternalizzazioni ai tempi del Corona virus

L’emergenza sanitaria dovuta al COVID-19 e le misure governative per il contenimento della sua diffusione, a cominciare da quelle riassunte dal motto “#iorestoacasa”, hanno determinato la chiusura al pubblico delle biblioteche e degli altri luoghi istituti della cultura di cui all’art. 101 del Codice dei beni culturali e la contrazione e/o la sospensione delle attività lavorative al loro interno.

La risposta delle amministrazioni alle prescrizioni dell’ultimo DPCM e a quelle del Protocollo sulla tutela dei lavoratori è stata tutt’altro che univoca.

Le più scrupolose e quelle con la più ampia disponibilità di strumenti (non sempre le cose coincidono) hanno posto in essere ogni azione utile all’implementazione del lavoro agile, meglio noto come “smart working”; altre, forse la maggioranza – almeno nel caso delle amministrazioni comunali – hanno scelto di collocare il personale strutturato in ferie e sospendere i contratti in essere con società, cooperative, titolari di partita IVA, ecc.

Tutto questo pesa e peserà sulle spalle di tanti lavoratori, dato che l’esternalizzazione dei servizi viene ormai utilizzata per contenere gli esiti del mancato turn over quando non, irresponsabilmente rispetto al condizionamento del mercato, al solo scopo di produrre risparmi per l’ente, al punto che i sistemi bibliotecari di alcuni territori, un esempio per tutti la Sardegna, si reggono per la maggior parte sul lavoro di personale esternalizzato.

Quali tutele per questi lavoratori che si sono visti recapitare dall’oggi al domani messaggi che dichiarano “l’impossibilità, visto il comma 6 dell’art. 1 del nuovo Dpcm, di recarsi a lavoro”? Alcuni sono stati raggiunti, presso la propria sede di lavoro, dall’invito telefonico a provvedere alla chiusura urgente dei locali ed alla riconsegna delle chiavi, visto che i servizi al pubblico erano stati sospesi.

Molte amministrazioni committenti non hanno fatto alcun tentativo di verificare la fattibilità di una riprogrammazione degli orari di servizio o di una rimodulazione dei progetti, anche in modalità smart working.

Tutto ciò in presenza di contratti di servizio impegnativi per il numero degli occupati e per le prestazioni richieste (ma non di rado risibili per gli importi di gara), con clausole che vincolano il pagamento all’effettiva prestazione delle ore di servizio previste dal contratto stesso, ovvero non contemplano periodi di fruizione di ferie con costi a carico della stazione appaltante.

Quali prospettive per i lavoratori e per le aziende o le cooperative da cui dipendono o di cui sono soci?

La risposta che viene dal Governo nelle ultime ore è il ricorso alla Cassa integrazione in deroga per i lavoratori e, forse, le agevolazioni fiscali per le aziende. Sarà possibile risollevare solo con questi strumenti un comparto già in sofferenza?

Non si può infine tacere la scelta del MIBACT di invitare tutti gli uffici periferici a verificare, vista la chiusura dei servizi al pubblico, la possibilità di sospendere i contratti in essere con ALES (società in house). Poiché la società ALES assume di norma con contratti di lavoro a termine che provvede a rinnovare nei limiti dati dalla normativa vigente, i primi risultati della verifica raccontano della cancellazione di ogni possibilità di rinnovo dei contratti a termine prossimi alla scadenza. Ancora una volta il sacrificio ricade sui lavoratori più deboli.

Chiediamo per questo a tutti il datori di lavoro pubblici e privati di contribuire – per quanto è nelle loro responsabilità e nelle loro capacità, compatibilmente con le misure previste dai DPCM sull’emergenza e dai protocolli sulla tutela della salute dei lavoratori – alla salvaguardia del comparto, attraverso ogni azione utile alla tutela del lavoro ed al corretto utilizzo delle professionalità disponibili e tenendo conto che le soluzioni che verranno a breve dal Governo saranno necessariamente limitate e non daranno risposte utili per tutti.

L’emergenza potrebbe essere l’occasione per una programmazione o riprogrammazione delle attività di back-office realizzabili sia in loco che in remoto e a esplorare soluzioni sostenibili e magari migliori per garantire, una volta superata la crisi, la fruizione pubblica di ambienti e servizi più funzionali e rispondenti alle rinnovate e nuove esigenze.

 

Il Presidente nazionale AIB
Rosa Maiello

Roma 16 marzo 2020
Prot. n. 65/2020