L’infinito sogno di Nina di Antonella Cilento

 

bibliopride 2017

 

Nina chiude gli occhi: è in fila alla posta, accanto a sua mamma, da almeno mezz’ora.
Da un po’ la donna avanti a lei, con la gonna verde acqua, si arriccia i capelli con un dito. C’è cattivo odore, l’odore degli abiti vecchi, di corpi non troppo ben lavati e solo deodorati, c’è malumore, c’è noia. Quasi tutti parlano al cellulare o scorrono immagini sugli i-phone.
Nina fissa la gonna: che bel colore. Pian piano, la stoffa scompare, si trasforma in acqua e dentro ci nuotano pesci. Nina ha un sobbalzo. Mentre un polipo compare dietro una roccia fra le ginocchia della donna, intravede il vecchio giornalaio di quartiere che sbuffa, in fila anche lui, mutare aspetto: una benda su un occhio, una sciabola alla cintura, sulla spalla non la tracolla del borsello ma un verde pappagallo. La guardia giurata all’ingresso luccica: ha un’armatura. E la colonia felina nel contenitore in strada è la casa del gatto con gli stivali.
Quando la mamma avrà finito alla posta, Nina andrà con lei in biblioteca. Di solito, questo le succede solo in biblioteca. Ma da un po’ di tempo a questa parte, ovunque si trovi, quando si annoia, il mondo si trasforma: compaiono i personaggi dei libri che legge, qualche volta anche personaggi che ha inventato lei. Una volta a settimana, quando non c’è scuola, mentre la mamma fa la spesa, Nina in biblioteca legge. Ha una pila di libri per la scuola, per i compiti, ma chiede di consultare favole, miti, racconti, romanzi, fumetti. Da quando va in biblioteca, tutti hanno una doppia vita, una seconda faccia, anzi molti volti: mamma esplora l’Antartide quando sbrina il frigorifero, papà sopravvive alla guerra di Troia mentre governa il banco della sua pescheria, il super mercato è il ponte di un’astronave su cui vive un’intera città, il palazzo del comune è un castello, i fiori in vetrina cantano, le stelle disegnate sul quaderno parlano.
Attende il giorno di lettura in biblioteca con ansia: non vede l’ora di cavalcare, nuotare, veleggiare in mare aperto, volare su un drago. Spesso con mamma e papà decidono di non andare a trovare la nonna, che abita in un’altra città: il treno è caro e Nina ha anche due fratelli più piccoli di lei. Però, gratis in biblioteca fonda imperi, governa sicura un sommergibile, suona il piano in un grande teatro, balla per i re, è sposa, è vecchia, fa magie.
Ora, però, pare vogliano chiudere la biblioteca del suo quartiere. Al suo posto aprirà una banca, così le ha spiegato la signorina un po’ curva, con l’orecchino al naso e i capelli arancione che le prende i libri dagli scaffali e che Nina immagina sempre come un elfo, inviato a spiare gli umani. Forse, sogna Nina, può convincere la mamma a comprare un po’ dei libri che sono in biblioteca o a noleggiarli, però si ricorda che in casa non hanno nemmeno una libreria. L’elfo le ha anche detto che c’è una grande biblioteca in centro, a sei fermate di metro, che forse può andare là.
Nina sogna spesso cosa farà da grande: dirigerà una biblioteca. Siederà come la ragazza dai capelli arancione a guardare altri bambini e qualche adulto leggere. Guarderà navigare fra i tavoli e gli scaffali le fantasie di tutti: un pallone aerostatico che fa il giro del mondo in ottanta giorni, una barca sul fiume Missisipi, una nave che insegue una balena bianca, una principessa che racconta storie a un sultano, l’ascia di un boia, una zucca che si trasforma in carrozza, le molliche di pane lasciate da due fratellini.

Ho conosciuto Nina, ho incontrato tante Nina in venticinque anni di laboratori nelle scuole e qualche volta nelle biblioteche: non sempre avevano i libri a casa, a volte però avevano genitori che capivano l’importanza di dare ai figli ciò che a loro era mancato, lo spazio per immaginare.
Da una biblioteca scolastica veniva il libro che mi portò a scrivere quando avevo undici anni: era Il mare non bagna Napoli di Anna Maria Ortese. Era un libro difficile, non era un libro per ragazzi, ma qualche anno fa’ non ci si preoccupava di graduare le letture: leggere è un’avventura senza regole, è una trasgressione e, a volte, scoprire cose che capiremo completamente più tardi ci cambia la vita.
Anche io, come Nina, vivevo in un mondo di fantasie e cambiavo le storie di chi avevo accanto, a volte per non soffrire troppo. In quel libro c’è un racconto, Un paio di occhiali nuovi, che parla di Eugenia, una bambina come è Nina, com’ero io, un poco cecata: per correggere la miopia, i genitori, umili portieri, fanno sacrifici e le acquistano un paio di costosissimi occhiali. Una volta inforcate le lenti, con l’ordine assoluto di non romperle, Eugenia è costretta a mettere a fuoco il mondo: i genitori, i vicini di casa. E non è un bel vedere, le viene la nausea.
Quel racconto mi cambiò: anche a me erano stati imposti gli occhiali e proprio nello stesso negozio di Eugenia; anche io quell’anno, in prima media, l’anno del terremoto in Irpinia, della morte di mio nonno che mi regalava libri e fumetti, fui costretta a vedere il mondo per come era e non per come lo sognavo. Ho cominciato a scrivere e a leggere diversamente per via di quel libro e della piccola biblioteca da cui veniva.

La biblioteca è il luogo dove si raccolgono milioni di vite e migliaia di anni: è lo spazio in cui, fra pochi o molti scaffali, l’umanità tenta di salvarsi e migliorare, di sognare e comprendere, di non smettere di avere visioni, come diceva Italo Calvino.
A volte avere visioni significa inventare romanzi, altre scoprire una formula matematica o chimica, altre ancora intuire una cura, immaginare nuove soluzioni ai problemi quotidiani di nazioni e continenti. Non sappiamo cosa scopriremo vivendo, non sappiamo chi incontreremo fra le pagine di un libro: di certo noi stessi, quel che desideriamo e ciò che più temiamo. La biblioteca è il luogo in cui i destini si moltiplicano e bambini e adulti vivono più vite, un numero infinito di esistenze.
E’ per questo che abbiamo bisogno di biblioteche, per non temere la notte, per ingannare la morte, per essere cittadini e persone migliori. Per essere felici di quella felicità che non si compra e non costa, che è gratis per tutti.
Viva l’AIB, viva l’Associazione Italiana Biblioteche, viva le bibliotecarie e i bibliotecari (specie se hanno i capelli arancione).

Antonella Cilento

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Antonella Cilento, scrittrice e testimonial del Bibliopride 2017, ha dedicato alla manifestazione un racconto che parla di biblioteche, bibliotecari e dei loro utenti.

Un ringraziamento speciale ad Antonella per la delicatezza con cui ha parlato delle biblioteche.