Conservazione e accesso permanenti al patrimonio culturale in formato digitale

Agenzia per l’Italia digitale
Direttore generale Dott. Paolo Paorici

Presidente Comitato di indirizzo
Dott. Stefano Quintarelli

Ministro per l’innovazione tecnologica
e la transizione digitale
Dott. Vittorio Colao

UNI – Commissione
Documentazione e informazione
Presidente, Dott.ssa Paola Manoni

 

Oggetto: Conservazione e accesso permanenti al patrimonio culturale in formato digitale

 

In riferimento al documento AgID in oggetto, l’Associazione italiana biblioteche ha elaborato le Osservazioni qui allegate e, data la rilevanza del tema per le biblioteche, impegnate professionalmente da molti anni a livello internazionale nella definizione di principi, modelli e standard di gestione, chiede di poter partecipare ai tavoli di confronto sulla conservazione digitale nella certezza di poter dare un contributo significativo ai lavori.
L’occasione è gradita per porgere i più cordiali saluti.

Il Presidente
Rosa Maiello

Roma, 19 luglio 2021
Prot. n. 188/2021


Conservazione e accesso permanenti al patrimonio culturale in formato digitale

Osservazioni AIB al documento AgID

“Progetto Poli di conservazione: definizione di un modello di riferimento per i Poli di Conservazione e della relativa rete nazionale”

 

Viviamo in società dove la capacità di trattare i dati con le tecnologie informatiche è non solo importante, ma essenziale per mantenere e sviluppare condizioni di vita soddisfacenti. La ben nota considerazione “siamo nani su spalle di giganti” si applica anche nell’ambiente digitale con una precisazione:  nel mondo digitale i giganti –  per effetto della rapida obsolescenza delle tecnologie –  possono avere i piedi d’argilla. Per esempio, oggi una parte sostanziale della ricerca scientifica è pubblicata esclusivamente in formato digitale e si basa anche su precedenti ricerche pubblicate con le stesse modalità. Una ricerca basata su riferimenti o su dati che non sono più accessibili, perde gran parte del suo valore.  Un backup (o salvataggio) nel quale tutti i bit sono leggibili e conservati nella sequenza corretta non è – nel lungo periodo – di nessuna utilità se i formati nel frattempo sono diventati obsoleti e quindi non vi è nessuna applicazione in grado di decodificarli correttamente.

Le istituzioni delle memoria hanno sempre avuto tra le componenti essenziali della loro missione quella di assicurare un accesso anche nel lungo periodo ai beni culturali che custodiscono. Oggi  una parte rilevante dei  beni culturali che vengono custoditi (o che dovrebbero essere custoditi) dalle istituzioni della memoria – in particolare biblioteche e archivi – sono prodotti esclusivamente in formato digitale. È quindi con massimo interesse che come Associazione Italiana Biblioteche abbiamo accolto la pubblicazione del documento dell’AGID Progetto Poli di conservazione: definizione di un modello di riferimento per i Poli di Conservazione e della relativa rete nazionale[1]  che, tra le altre cose,  si propone nella pagina di presentazione[2] di differenziare la conservazione a termine dei documenti informatici e la conservazione permanente dei documenti e degli archivi digitali.

“definizione delle caratteristiche e dei requisiti distintivi delle due fattispecie di conservazione previste dal nostro ordinamento giuridico: la conservazione a breve/medio termine e a lungo termine/permanente;”

Al paragrafo  4.1   la caratterizzazione della conservazione a termine dei documenti informatici:[3]

“Nei sistemi di conservazione finalizzati a una conservazione a breve termine, la comunità di riferimento principale (gli utenti del sistema) coincide con l’ente produttore dei documenti stessi che quindi gestisce direttamente le eventuali richieste di esibizione. Il sistema non necessita di particolari funzioni di ricerca considerato il fatto che i documenti sono ancora rilevanti per la trattazione corrente degli affari e continuano perciò a risiedere anche nel sistema di gestione documentale. In sostanza, nel sistema di conservazione si inviano duplicati informatici con obiettivi prioritari di protezione e salvaguardia dell’integrità, di validazione temporale, di garanzia della verifica dei sistemi di firma qualificata.”

Al paragrafo 4.2  la  conservazione permanente dei documenti e degli archivi digitali

“La conservazione digitale permanente si misura con sfide molto più impegnative per la necessità di mantenere, a tempo indefinito, l’autenticità dei documenti anche nel caso in cui l’obsolescenza tecnologica minacci la leggibilità dei formati dei file. È inoltre centrale che i sistemi conservativi forniscano agli utenti futuri, anche a distanza di molto tempo, gli strumenti per una fruizione complessa che non si limiti al recupero del singolo documento ma testimoni, anzi renda evidente e di immediata comprensione l’appartenenza all’archivio di origine e alle relative aggregazioni […]

Infine, non si deve trascurare il fatto che la conservazione di lungo periodo può comportare il passaggio di responsabilità e titolarità giuridica dell’archivio a istituzioni diverse con le conseguenze alquanto impegnative di gestire nuove procedure, forme e obblighi diversi di consultazione.”

Nel  paragrafo 5.1 troviamo infine una considerazione molto importante sul fondamento giuridico della conservazione permanente

“L’attuale normativa sulla conservazione digitale non prende in considerazione, se non marginalmente, la conservazione a fini storici di documenti e archivi digitali, così come non specifica le funzioni di fruizione del patrimonio documentale, insite invece nella definizione di “archivio” data dal Codice dei beni culturali e anche dallo standard OAIS (ISO 14721)”

Si tratta di una considerazione che dovrebbe però  essere contestualizzata. Il richiamo alle definizioni fondanti del Codice dei beni culturali  (art. 101) andrebbe fatto nella sua interezza. L’art. 101, al comma 2 usa infatti l’aggettivo “permanente”   riferito a tre “strutture”: museo – lettera a); biblioteca – lettera b); archivio – lettera c). 

In particolare   per quanto riguarda le biblioteche il riferimento è  il deposito legale, attualmente regolato con legge 15 aprile 2004, n. 106 (Norme relative al deposito legale dei documenti di interesse culturale destinati all’uso pubblico). L’articolo 1 comma 1, stabilisce che  sono oggetto di deposito “i documenti destinati all’uso pubblico e fruibili mediante la lettura, l’ascolto e la visione, qualunque sia il loro processo tecnico di produzione, di edizione o di diffusione, ivi compresi i documenti finalizzati alla fruizione da parte di portatori di handicap”; l’articolo 4, comma 1, lettera r)  precisa che sono inclusi anche  “i documenti diffusi tramite rete informatica”.[4]

Tra l’altro il comma 2 dell’articolo 1 della Legge 106 usa il termine “archivio”  – in una accezione ovviamente diversa da quella definita all’articolo 101 del Codice dei beni culturali – quando definisce l’obiettivo diretto del deposito legale: “Il deposito legale è diretto a costituire l’archivio nazionale e regionale della produzione editoriale”. [5] Istituti depositari per l’archivio nazionale sono le due Biblioteche nazionali centrali di Firenze e Roma (articolo 1, comma 4)  nonché, per particolari categorie di documenti, gli altri istituti indicati dal DPR 252/2006. Per l’archivio regionale, il riferimento è all’insieme degli istituti individuati con decreti del MiC 28.12. 2007 e 10.12.2009.

La Legge 106/2004  si inserisce nelle iniziative internazionali  in corso negli stessi anni di revisione della normativa sul deposito legale. In particolare in Francia la normativa sul deposito legale è stata integrata nel 2006 al fine di considerare anche i documenti diffusi in rete, e la norma è stata poi inserita nel Code du Patrimoine (articoli L131-1 a L133-1 e R131-1 a R133-1). Nel Regno Unito, il Non-Print Legal Deposit Regulation è del 6 aprile 2013, ma a quella data l’archiviazione del web era già iniziata da oltre un decennio, previo accordo con i responsabili dei siti web.

Il documento AGID che si occupa di disegnare quello che potremmo definire un sistema pubblico di conservazione digitale dovrebbe quindi  tenere  conto di tutto quello che è interessato dalla necessità di conservazione permanente.  Se il mandato dell’AGID è quello di una trasformazione digitale della pubblica amministrazione tout court le interrelazioni tra le istituzioni della memoria e in particolare  tra archivi e biblioteche  in tema di conservazione permanente in ambiente digitale sono molto forti. Tra gli esempi: un documento amministrativo che cita un sito  web; una ricerca basata su documenti digitali presenti in archivio; una tesi di dottorato in formato digitale può avere la duplice veste di documento amministrativo facente parte di un “contesto” archivistico e di “pubblicazione” che fa parte di una raccolta della biblioteca.[6]

Affrontare complessivamente oggi la conservazione nel lungo periodo dei beni culturali in formato digitale non è più rinviabile. Nelle Osservazioni al PNRR che l’AIB ha presentato[7] c’è anche una proposta riguardante “la componente strategicamente più importante di un’infrastruttura nazionale della conoscenza”: “la conservazione e l’accesso permanenti al patrimonio culturale, ivi compreso quello nativo digitale e a quello digitalizzato”. La proposta è riportata qui di seguito:

“Occorre evidenziare che la legge 106/2004 sul Deposito legale affida tale compito alle due Biblioteche nazionali centrali di Firenze e Roma e alle biblioteche depositarie regionali. È quindi compito precipuo delle biblioteche la conservazione, in qualsiasi formato e supporto, della “memoria della cultura e della vita sociale italiana”, quale si estrinseca nei “documenti di interesse culturale destinati all’uso pubblico”, sia di natura analogica che digitale, oggetto di deposito obbligatorio. Queste però lo svolgono senza poter sfruttare appieno le potenzialità che le ICT e i loro modelli di business oggi consentono, a causa dei limiti imposti dalla loro natura istituzionale[8]. Per superare tali vincoli e operare con efficacia ed efficienza si propone la creazione di una società pubblica per la gestione dei servizi di conservazione e accesso permanente al patrimonio culturale. Una società con autonomia di bilancio, compartecipata dalle biblioteche depositarie, ma aperta alla partecipazione di altri soggetti della filiera, sia pubblici che privati, detentori a loro volta sia di competenze e di know-how di dominio che di infrastrutture. Tale società sarebbe in grado di reperire risorse umane e strumentali in maniera più efficace e consona al mercato dei servizi di ambito tecnologico, erogherebbe in primo luogo servizi ai propri stakeholder istituzionali ma sarebbe anche in grado di fornire una quota parte di servizi di tipo commerciale di conservazione a lungo termine a terzi, al di là delle previsioni delle norme sul deposito legale.”

Per evitare il rischio di una trasformazione digitale con i piedi d’argilla è  arrivato il momento di prendere in conto in maniera unitaria la conservazione e accesso permanenti al patrimonio culturale in formato digitale. L’Associazione Italiana Biblioteche è disponibile a lavorare ad un tavolo tecnico con AGID e con tutti i soggetti interessati alla realizzazione di una infrastruttura che prenda in carico complessivamente tutte le esigenze di conservazione e accesso permanenti.

 

[1] <https://www.agid.gov.it/sites/default/files/repository_files/definizione_di_un_modello_di_riferimento_per_i_poli_di_conservazione_e_della_relativa_rete_nazionale_0.pdf> 23 giugno 2021. Nelle citazioni che seguono il grassetto è nostro.

[2] <https://www.agid.gov.it/index.php/it/agenzia/stampa-e-comunicazione/notizie/2021/06/23/poli-conservazione-pubblicato-il-documento-indirizzo>. Nelle citazioni che seguono il grassetto è nostro.

[3] A p. 20 e a p. 21 troviamo anche l’espressione “conservazione a norma” che sembra essere equivalente della “conservazione a breve/medio termine”.

[4] Il grassetto nella citazione della Legge è nostro.

[5] Qui il termine archivio  ha come riferimento la stessa area semantica che lo standard ISO 14721  prende in considerazione: “OAIS is an Archive, consisting of an organization, which may be part of a larger organization, of people and systems that has accepted the responsibility to preserve information and make it available for a Designated Community” <https://public.ccsds.org/pubs/650x0m2.pdf>

[6] Il comma 11 dell’art. 6 del DM MUR 224/99 stabilisce che ” Il titolo è rilasciato dal rettore dell’università che, a richiesta dell’interessato, ne certifica il conseguimento. Successivamente al rilascio del titolo, l’università medesima cura il deposito di copia della tesi finale presso le biblioteche nazionali di Roma e Firenze.”

[7] <https://www.aib.it/attivita/comunicati/2021/88696-osservazioni-aib-recovery-plan-piano-ripresa-resilienza/>

[8] Inoltre occorre considerare che a distanza di 15 anni non è ancora stato emanato il Regolamento di attuazione previsto dall’art 37 comma 1 del DPR 252/2006 “Le  modalità  di  deposito  dei documenti diffusi tramite rete informatica  sono  definite  con  successivo  regolamento adottato ai sensi dell’articolo  5, comma 1, della legge 15 aprile 2004, n. 106, su  proposta  del  Ministro  per  i beni e le attività’ culturali, di concerto  con il Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie, sentite   le   associazioni  di  categoria  interessate,  nonché la Commissione  per  il  deposito  legale,  di  cui all’articolo 42 e il Comitato consultivo permanente per il diritto d’autore”. Dal sito web della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze: “In attesa del regolamento tecnico relativo alle modalità di deposito dei documenti diffusi tramite rete informatica, previsto dall’art. 37 c. 1 del D.P.R. 252/2006, che dovrebbe sancire l’obbligatorietà del deposito, Magazzini Digitali ha comunque continuato a sviluppare la propria infrastruttura per adeguarla al mutato contesto tecnologico e culturale che rendono la conservazione dei documenti digitali un’esigenza de facto:  a marzo 2018 la BNCF ha attivato il servizio di raccolta e conservazione dei siti web (Web archiving), sul modello delle grandi istituzioni mondiali della memoria;  a luglio 2018 è stata rinnovata la lettera d’intenti tra BNCF, BNCR e BNM (la Fondazione Rinascimento Digitale è stata nel frattempo chiusa); ad aprile 2019 è stata avviata un’importante re-ingegnerizzazione e razionalizzazione delle componenti del sistema e delle procedure e di deposito, per rendere il servizio stabile ed efficiente e continuare a garantire la possibilità di effettuare i depositi, seppure ancora su base volontaria, e con alcune limitazioni derivanti dai lavori in corso <https://www.bncf.firenze.sbn.it/biblioteca/magazzini-digitali/>”.