Le incertezze organizzative, economiche e di identità che hanno colpito le biblioteche, in Italia e nel mondo, in questi ultimi anni non hanno mancato di farsi sentire anche nei confronti dei criteri di allestimento dei sistemi di mediazione bibliografica, delle normative catalografiche e, più in generale, del modo di operare dei bibliotecari addetti alla catalogazione.
Per quanto riguarda la descrizione bibliografica, non c’è dubbio che la pubblicazione delle ISBD Consolidated edition da parte dell’IFLA rappresenti un passo importante in direzione del superamento delle incongruenze esistenti fra i precedenti sette schemi descrittivi e consenta, in prospettiva, un trattamento più corretto e adeguato delle risorse, in particolare multimediali ed elettroniche – anche se parecchio lavoro resta ancora da fare per recepire nelle strutture e nelle normative catalografiche le prescrizioni dell’Area 0 (Content Form and Media Type Area).
Quanto, invece, alla struttura logica del sistema catalografico nel suo complesso, la situazione è meno chiara. Con la pubblicazione di FRSAD (Functional Requirements for Subject Authority Data) si conclude l’applicazione del modello entità-relazione ai tre gruppi di entità che concorrono nella creazione dei record bibliografici (i precedenti documenti sono FRBR e FRAD), mentre incomincia ad essere affrontata in concreto l’applicazione del modello logico ai cataloghi elettronici e il suo recepimento nelle normative catalografiche. Emergono, a questo punto, criticità assai serie, collegate in parte ai limiti concettuali e alle scelte meno convincenti del modello teorico (tra gli altri la definizione dell’opera e dell’espressione e la rappresentazione di un universo statico – presumibile retaggio della tradizione cartacea delle pubblicazioni – invece di uno dinamico, nel quale siano valorizzati ad esempio gli eventi che modificano lo stato o il contenuto di una risorsa) e in parte alla complessità e all’onere richiesto per adeguare al nuovo modello i cataloghi esistenti.
Anche le normative catalografiche vivono una situazione di passaggio. In Italia le REICAT, pubblicate nel 2009, incominciano ad essere applicate, sia pure con una serie di accorgimenti e semplificazioni, dopo un periodo dedicato alla formazione dei bibliotecari, tuttavia ancora in assenza di quadro organizzativo preciso e di criteri definiti, specie sul fronte della creazione e della manutenzione degli authority file. In ambito internazionale, RDA destinate a prendere il posto di AACR2 e di affermarsi come uno strumento di applicazione ben più estesa del mondo anglosassone, approvate dopo un periodo di gestazione insolitamente lungo, sono tuttora al vaglio delle principali biblioteche e la Library of Congress ha imposto una serie di chiarimenti e miglioramenti prima di stabilirne l’adozione.
A tutto ciò si aggiunge, per quello che riguarda i formati elettronici, la decisione di dismettere in tempi ravvicinati il MARC21, mentre, sempre per quanto riguarda la Library of Congress, è probabile un ridimensionamento del suo ruolo di fornitore praticamente universale di dati catalografici e di gestore del soggettario (LCSH).
Intanto sul fronte dei fornitori di sistemi bibliotecari e dei servizi bibliografici si assiste al confronto tra il modello OCLC Worldcat e quello risultante dall’alleanza tra soggetti di rilevanza mondiale operanti in diversi settori (sviluppo di gestionali, editoria, aggregatori di editoria periodica, ecc.), che vedono in prospettiva l’offerta di servizi integrati come Primo Central e Summon. L’integrazione tra l’opac, le risorse elettroniche e le biblioteche digitali gioca un ruolo di primaria importanza nello sviluppo di questi modelli, che sostanzialmente si basano sulla realizzazione a monte di hub di estensione crescente e molto eterogenei per dati e risorse e sulla possibilità di personalizzare sempre meglio il servizio e la presentazione dei dati a valle. Ai modelli proposti dai soggetti commerciali si contrappongono quelli che invece fanno riferimento alla filosofia “open” e che stimolano il coinvolgimento diretto degli utenti e la massima riutilizzabilità dei dati, come Linked Data e Open Library. Né può essere sottovalutato il ruolo, sia pure diverso, di Google e di Internet Archive, a motivo delle dimensioni del rispettivo patrimonio bibliografico convertito al digitale.
La conformità al web semantico, comune a tutti i modelli, fa prevedere che prima o poi i cataloghi non saranno più il prodotto dell’attività interna e indipendente delle biblioteche, ma il risultato dell’aggregazione dinamica di dati e segmenti di informazioni prodotti secondo modalità e criteri differenti da soggetti tra loro eterogenei. Questa prospettiva, che sottende anche alla redazione di RDA, determina ulteriori elementi di incertezza rispetto al ruolo, ai compiti e alle competenze richieste ai bibliotecari addetti alla catalogazione, e in fin dei conti anche a quelli delle biblioteche. Un fenomeno che appare in crescita è la preminenza della descrizione semantica delle risorse (intendendo con ciò l’individuazione di una serie di elementi atti a valorizzare il contenuto, il genere, l’ambientazione, i personaggi, la trama, i destinatari, ecc.) come elemento atto ad aggiungere valore alla risorsa e allo strumento di mediazione e a stabilire e mettere in luce collegamenti tra risorse attualmente non valorizzati. Questa tendenza si spiega da un lato con la maggiore granularità delle descrizioni, resa possibile dalla struttura dei formati elettronici, e dall’altra dal venir meno, specie nell’ambito delle risorse digitali, del ruolo dell’autore come responsabile principale più facilmente identificabile e di conseguenza più utilizzato come canale primario di ricerca.
E’ evidente che, se il Gruppo di lavoro sulla catalogazione non potrà ignorare le precedenti circostanze, la sua azione non potrà che limitarsi a pochi punti per essere incisiva e cercare di costituire una risorsa per i bibliotecari italiani.
Le questioni che in questa fase appaiono prioritarie sono:
Per il perseguimento degli obiettivi connessi alle questioni appena indicate, il Gruppo di studio “Catalogazione ed indicizzazione” si impegnerà a:
Alcune questioni di particolare importanza dovranno essere oggetto di protratta attenzione da parte della Commissione:
Dalle questioni suindicate, seppur sinteticamente, emerge l’importanza che le informazioni catalografiche prodotte con le tradizionali modalità di indicizzazione siano realmente efficaci, tanto più in un periodo di particolari ristrettezze economiche. Occorre, più che mai, essere sicuri che gli strumenti che vengono onerosamente realizzati possano essere poi adeguatamente e facilmente utilizzati dai lettori (ad esempio, non serve a nulla classificare i documenti se i lettori non possono disporre di efficaci equivalenti verbali dei numeri di classificazione negli opac e sugli scaffali aperti classificati: poiché in genere essi non dispongono affatto di questi equivalenti verbali, o si smette di classificare, o si fa in modo di metterli a disposizione delle biblioteche italiane. Altro esempio: perché i catalogatori dovrebbero continuare a compilare intestazioni uniformi e univoche per individuare e distinguere le entità, quando negli opac generalmente quelle intestazioni sono segmentate e vengono utilizzate soltanto le parole di cui sono composte?). In generale, è necessario riscoprire il significato delle pratiche catalografiche per dimostrare e riaffermare la loro necessità, e con essa la dignità professionale del lavoro dei catalogatori.
La comunicazione da e verso i soci dovrà rappresentare uno degli elementi qualificanti dell’azione del Gruppo di studio. Gli strumenti dovranno corrispondere alle caratteristiche e agli scopi dell’intervento, così come dovranno essere favorite tutte le possibili occasioni per un confronto con le esigenze e le aspettative della base, elemento fondamentale, quest’ultimo, per indirizzare l’operato del Gruppo di studio. Tra le iniziative finalizzate alla comunicazione sono da prevedere:
Quanto, infine, all’evento che il Gruppo di studio è tenuto ad organizzare, tenendo conto della necessità di favorire il più ampio coinvolgimento, di minimizzare i costi per i partecipanti (ciò che nel contesto attuale rappresenta una priorità) e di collegare la discussione alle specifiche caratteristiche ed esigenze del territorio, il Gruppo si impegnerà, nell’arco dei tre anni del proprio mandato ad organizzare tre incontri, uno per anno, distribuiti sul territorio (uno al nord, uno al centro e uno al sud, non necessariamente in quest’ordine). Ciascun incontro, che avrà possibilmente natura seminariale, sarà realizzato in collegamento con uno o più CER dell’area geografica coinvolta e sarà finalizzato a consentire il massimo scambio di informazioni tra il Gruppo di studio, i rappresentanti delle istituzioni coinvolte, le sezioni AIB interessate, le reti territoriali, i sistemi bibliotecari di Ateneo, le cooperative e altri soggetti. Tutti saranno invitati a relazionare sulle attività in corso, sulla programmazione, sulle possibilità di coordinamento, ecc. con una enfasi specifica sugli argomenti affrontati nel corso dell’evento. La natura seminariale dovrebbe consentire di dedicare ampio spazio al dibattito tra i presenti (e l’evento dovrebbe possibilmente essere riprodotto con streaming). Con l’occasione verranno presentate anche le pubblicazioni appena uscite (standard, linee guida, risorse online, ecc.) ed altre attività di rilievo.
Tenendo conto del difficile momento vissuto dall’Associazione a livello finanziario, sarà cura del Gruppo di studio far sì che le attività previste non prevedano che oneri minimi per le casse dell’Associazione e che l’organizzazione di tali eventi venga condivisa tra il Gruppo stesso e le istituzioni coinvolte.