Convegno “Le esternalizzazioni in biblioteca : criticità e prospettive” (Bari, 10 giugno 2013), Relazione di Maria Dettori

Le esternalizzazioni: prospettive, criticità e buone pratiche dalla parte delle PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

 

 

Appena laureata ebbi la fortuna di svolgere, per un solo mese, il lavoro di bibliotecaria, supplente della direttrice della Biblioteca Comunale di Pattada, il mio paese di nascita. Arrivai in biblioteca senza sapere con precisione in cosa consisteva questo lavoro. Mi dissero: devi aprire la biblioteca, ricevere il pubblico e fare il prestito secondo alcune disposizioni già stabilite. Insieme a me operava una assistente di biblioteca che si limitava sostanzialmente a controllare che il pubblico non facesse danno al patrimonio librario. Fu un mese straordinario ed ancora oggi lo ricordo con gioia. Il pubblico era costituito sostanzialmente da  bambini e ragazzi inviati in biblioteca dalle insegnanti per fare piccole ricerche. Essi venivano anche a fare i compiti che in genere svolgevano in gruppo copiando l’uno dall’altro. Ma quello che era più interessante era che la biblioteca rappresentava per loro il luogo d’incontro, per ritrovarsi tra amici,  ed il luogo dove poter sfogliare libri di racconti e fumetti.

Mi era stata data l’opportunità di avere materiale umano che consideravo di grande interesse: una biblioteca e piccoli e giovani lettori. Iniziai il lavoro osservando e riorganizzando sia i luoghi che il piccolo ma significativo patrimonio librario ed  intessendo relazioni efficaci con i giovanissimi lettori.

Mi venivano a cercare a casa ancor prima dell’ora di apertura ed il più delle volte chiudevano la biblioteca con me quando finiva la serata.

Sostanzialmente insegnai loro a fare ricerca; consultare i libri; insegnai a non copiare l’uno dall’altro ma ad inserire il loro piccolo marchio personale d’idee e riflessioni nelle ricerche che facevano; spiegai regole matematiche e grammaticali; proposi un metodo più adatto per studiare apprendendo; li sollecitai sulla scelta delle letture interessandoli alle storie che potevano leggere; raccontavo storie; avevo creato lo spazio dei racconta storie assegnando a tutti un piccolo ruolo da protagonista; mi avevano aiutato a sistemare dei libri negli scaffali.

Fu un mese straordinario e quando rientrò la direttrice della biblioteca faticò notevolmente a ritornare al vecchio stile di vita della biblioteca. Questo accadeva nel 1987.

Ho iniziato da questa storia personale perché sono convinta che ci sia  sempre un modo o un occasione che ci fa innamorare delle cose che facciamo e questo ci consente di portarci dentro queste esperienze, come piccoli semi da piantare e coltivare ogni qualvolta ce ne viene data occasione. Infatti, quella piccola esperienza è stata significativa per tutto il mio percorso professionale e mi ha accompagnato sia quando ho svolto la libera professione occupandomi di progettazione e programmazione di servizi che  successivamente nel ruolo di dirigente nelle diverse amministrazioni pubbliche dove ho avuto modo di lavorare.

Negli anni novanta ho avuto modo di assistere allo sviluppo delle biblioteche in tutto il territorio della Regione Sardegna grazie all’impegno profuso dalla nostra Regione nella costituzione e realizzazione dell’infrastrutturazione delle biblioteche pubbliche. In quegli anni la Regione Sardegna ha investito molto sia nella realizzazione dei contenitori librari che nella costituzione e dotazione del patrimonio librario pubblico che, finanziando la gestione di molte biblioteche. Conseguentemente, in quel periodo sono nate moltissime cooperative che si sono occupate di gestione delle biblioteche.  Si è cominciato a parlare di rete e a costruire le prime significative reti di biblioteche. L’ottenimento dei finanziamenti regionali è stato fortemente condizionato dall’assunzione di grandi responsabilità da parte dei Comuni in particolare per quanto atteneva la continuità dei servizi di biblioteca.

Quindi mi sembra di poter dire che ho avuto modo di occuparmi di biblioteche osservando le stesse da più punti di vista: come bibliotecaria (per un breve periodo), come progettista di servizi, come dirigente di settore, come dirigente del servizio di biblioteca sia nel Comune di Cerignola (FG) che nel Comune di Trani (BT).

Con questo intervento parlerò dell’esternalizzazione dei servizi di biblioteca portando la mia esperienza di dirigente pubblica. Non sarà un intervento strettamente tecnico, non mi sembra possa interessare molto questo uditorio e penso che questo possa essere rimandato ad altra sede.

Mi concentrerò su alcune questioni che richiedono delle adeguate riflessioni quando si parla di esternalizzare i servizi di una pubblica amministrazione soprattutto quando si tratta di servizi che svolgono funzioni molto importanti quali quelle svolte da una biblioteca di pubblica lettura.

Prima di tutto, quando si parla di servizi per una città o un territorio, è necessario porsi le seguenti domande:

Come pensiamo e vogliamo che sia la città o un territorio più vasto? Quali sono le esigenze sulla quale vogliamo lavorare per costruire risposte per i cittadini che vi abitano? Una biblioteca risponde a queste e alle future esigenze? Che tipo di biblioteca vogliamo realizzare? Quale pubblico di lettori vogliamo sostenere? Esternalizzare un servizio, che vuole dire? E’ necessario? E cosa ci permette di dire che l’esternalizzazione è la giusta soluzione? Quali sono i vantaggi che ne derivano per la pubblica amministrazione e quindi per la comunità? Ma soprattutto occorre domandarsi, quale è la visione che deve accompagnare una pubblica amministrazione quando decide di realizzare e/o gestire direttamente o indirettamente dei servizi.

Dall’attenzione posta a queste domande e dalla capacità di riflessione che ne deve conseguire derivano o possono derivare le giuste prospettive di un servizio e le risposte alle esigenze di una città.

Tutta questa serie di domande ed altre ancora, devono essere alla base della riflessione che deve accompagnare chi opera in una pubblica amministrazione sia che svolga un ruolo di decisore politico sia che svolga un ruolo dirigenziale. Sempre, ed ancor più oggi, tenuto conto: della necessità di operare con più razionalità nella gestione delle risorse a disposizione e, della necessità di combinare le scarse risorse con le diverse decisioni.

Come ben può comprendersi si tratta da un lato di avere una conoscenza della città e dall’altro lato di avere una visione riguardo al presente ed al futuro che si vuole dare a quella città e/o territorio. Si tratta di avere una visione, una strategia, una programmazione, degli obiettivi a breve, medio e lungo termine e comprendere come raggiungerli.

Oggi più che mai abbiamo bisogno di avere una visione del futuro delle città, una città efficiente se non sa dove andare non è una città smart. Questo significa governo di una comunità.

Governo di una città è costruzione di percorsi che spettano principalmente  ai decisori politici e, successivamente o a supporto, ai manager pubblici. Tuttavia ritengo che buona cosa sarebbe che “i decisori politici” decidano dopo avere attivato percorsi di democrazia partecipata, di overnante dal basso, di coinvolgimento di chi abita la città, ascoltando le loro voci e facendo tesoro del loro sentire.

Mi soffermo su questo aspetto perché, partendo dalla mia esperienza ho notato che spesso i nostri amministratori locali governano i Comuni senza attivare concretamente percorsi di coinvolgimento dei cittadini, il più delle volte sono convinti che ciò non sia necessario, che l’essere stati eletti in automatico gli dia il diritto di decidere su tutto per gli altri.

Ma avere una visione e, lavorare perché si realizzino percorsi concreti, è soprattutto necessario affinché un servizio, una volta programmato, sia davvero voluto, sostenuto, si radichi, gli venga data continuità. In altri termini: prospettive future;

Se non c’è visione e non c’è condivisione non ci può essere una adeguata programmazione, non ci potrà essere quindi decisione convinta delle scelte effettuate. Ed è molto difficile che ci sia una prospettiva coerente e costante che porti al radicamento dei servizi. Può essere anche che si pensi di far nascere una biblioteca, si riesca anche a fare un buon servizio per qualche anno ma, se non c’è una visione accompagnata da una buona programmazione quel servizio rischia d’interrompersi oppure di essere dimezzato o tenuto aperto come una piccolissima fiammella di un lumicino, capace di spegnersi al primo tremolio dell’aria.

E perché ci sia una visione di come quella città deve essere è necessario che si esca dalle contrapposizioni politiche di appartenenza ai simboli: Occorre il coinvolgimento, secondo le forme di democrazia partecipata, dei cittadini. Mettere a frutto le diverse idee, confrontarsi e condividere per poi scegliere.

Acquisire una conoscenza del territorio, delle sue esigenze, avere una visione condivisa che porti una specifica scelta ad essere un patrimonio condiviso di tutti. Lo so che può sembrare assurdo quello che sto sostenendo, ma ho notato che anche un buon servizio è stato spesso ignorato o non gli è stata data continuità nel momento in cui è stata cambiata la compagine di governo dell’Ente Locale. Spesso non il colore politico, destra piuttosto che sinistra. Ma anche con lo stesso colore politico, il cambio di guardia  con nuovi amministratori politici, ha portato alla chiusura o abbandono di servizi di qualità utilissimi nel rispondere alle esigenze di una comunità.

Avere una visione, porsi delle prospettive, darsi una programmazione, individuare gli obiettivi di breve, medio e lungo termine è la prima fase. Su questa occorre costruire percorsi mirati che portino le idee a concretizzarsi. A questo dovrebbe servire il contributo dei manager pubblici.

La stessa architettura interna di pubblica amministrazione oggi  è sempre più in evoluzione rispetto a quella conosciuta fino a poco tempo fa. Da un lato ci si trova di fronte all’esigenza di rispondere sempre più ai bisogni della collettività e dall’altro si ha a che fare con strutture organizzative rigide, obsolete, scarse di personale qualificato, che mal rispondono alle esigenze fortemente sentite di semplificazione e di riduzione dei tempi lunghi di durata del processo amministrativo.

La crescita quantitativa e qualitativa della domanda di servizi, una sempre maggiore capacità di valutazione della qualità da parte degli utenti, le pressioni per la riduzione della spesa pubblica legate alla congiuntura economica ed alla crisi della finanza pubblica hanno imposto e stanno spingendo le amministrazioni pubbliche, nei diversi contesti nazionali e territoriali, a riconsiderare le loro politiche di intervento suggerendo, sempre più, il ricorso al settore privato mediante l’esternalizzazione dei servizi.

Gli Enti Locali, ma in genere direi tutta la pubblica amministrazione, saranno sempre più orientati nella direzione di costruzione della propria struttura organizzativa di tipo “leggero o snello” se vogliamo, costituita da Unità Organizzative e Uffici strutturati per lo più per svolgere la cosiddetta “attività di core” mentre il complesso di tutte le altre attività e servizi saranno sempre più lasciati alla gestione di compagini aziendali private, mediante esternalizzazione, scelte con procedure ad evidenza pubblica.

Non vi è solo la necessità di rispondere all’esigenza di ridurre la spesa pubblica mediante l’esternalizzazione dei servizi (Infatti non sono per niente convinta tout court che esternalizzare significhi riduzione della spesa), ma vi è semmai sempre più la necessità di ammodernare la pubblica amministrazione non solo con l’apporto di nuova e più ampia tecnologia ma con la necessità di ammodernare la struttura organizzativa e contare su personale più qualificato.

Quella attuale non è più adatta per rispondere alle esigenze presenti e lo sarà sempre meno per quelle future. Spesso mi sono trovata a dirigere strutture organizzative composte da personale con qualifiche adatte a gestire servizi e attività non più presenti nella p. a. e a non poter fare niente (rigidità organizzativa). In più a non poter contare su altro personale qualificato necessario per gestire uffici, attività, servizi oggi indispensabili nella p. a. per rispondere ai bisogni della comunità.

L’architettura organizzativa della P. A. del prossimo futuro, penso dovrà essere caratterizzata da un forte rinnovamento e un alta qualificazione delle risorse professionali che opereranno al suo interno. Essa, come detto, sarà orientata a governare le principali funzioni e attività, strategicamente, non cedibili alla gestione dei privati. Tra queste funzioni, gestite all’interno vi dovrà a mio avviso essere: quella della gestione delle procedure di esternalizzazione dei servizi ed attività; quella della contrattualistica; quella del controllo e monitoraggio dei servizi; quella della programmazione e ridefinizione delle strategie nonché degli obiettivi da mettere in campo, quella fondamentale di regia e governo del territorio.

Complessivamente, penso che almeno il 90% delle attuali funzioni, servizi ed attività svolte, nella pubblica amministrazione attualmente, sarà oggetto di esternalizzazione.

Tuttavia lo scenario che si apre nel settore della pubblica amministrazione è piuttosto complesso e molte sono le peculiarità di cui bisogna tener conto nel ricorso alle esternalizzazioni, sia per la diversa frequenza ed intensità con cui ci si avvale di soggetti esterni, sia per il significato strategico via via attribuito ad ogni processo di esternalizzazione.

L’esternalizzazione è uno strumento che va gestito attraverso accorgimenti tipici del project management, attraverso i quali poter garantire oltre ai comprensivi margini economico/finanziari necessari all’innovazione, il necessario controllo del servizio e il benessere della collettività beneficiaria del servizio.

Ogni processo di esternalizzazione, deve essere accompagnato da un processo complessivo di modernizzazione della pubblica amministrazione , processo che renda ogni Ente Locale in grado di perseguire politiche forti di indirizzo e controllo attraverso la piena realizzazione di una forma compiuta di overnante del territorio.

Vanno nel contempo tenute presenti le vocazioni del territorio, il contesto nel quale i beni e i servizi sono inseriti ed il tipo di domande che il contesto produce. Occorre una capacità progettuale e strategica del soggetto pubblico, che non può e non deve, rinunciare al suo ruolo di regia.

Aprire la pubblica amministrazione a processi di esternalizzazione per “il più efficace esercizio delle funzioni” di valorizzazione dei servizi culturali, deve essere funzionale alla definizione ed elaborazione di programmi e piani di sviluppo culturali capaci di promuovere la qualità della vita del territorio e dei suoi cittadini.

Occorre pensare alla esternalizzazione dei servizi, nell’ottica di  possibile soluzione capace di sostenere e promuovere l’importante “giacimento aureo dei nostri beni ed  attività culturali”, riconoscendogli quella dimensione economica intrinseca ed estrinseca che essi possiedono. Occorre  fare sistema, anche mediante lo specifico coinvolgimento degli altri attori pubblici e privati, con il comune obiettivo di produrre valore.

Il processo di esternalizzazione consiste nell’affidamento a una compagine esterna, non più in house come si usa dire, lo svolgimento di un servizio. In questo senso deve essere ben curata la fase relativa alla valutazione delle condizioni che portano ad esternare il servizio. In altri termini la fase di analisi delle ragioni che inducono la pubblica amministrazione alla scelta di esternalizzare (In altri termini, occorre utilizzare procedure di comparazione tra le condizioni che si presume sussistano nel mercato e quelle relative alla “offerta interna” qualora essa esista).

Appurata l’impossibilità di provvedere con risorse interne, oppure la maggiore convenienza del ricorso all’esternalizzazione, in termini di costo e/o di qualità dei servizi, le modalità di scelta degli organismi fornitori sono in larga parte riconducibili alle procedure d’acquisizione dei servizi usualmente adottate nel settore pubblico, anche in coerenza con la normativa europea in materia. Io personalmente prediligo la gara aperta con l’assegnazione del servizio al miglior offerente tenuto conto dell’offerta più vantaggiosa data dal prezzo e qualità.

Una volta effettuata la scelta di esternalizzare, occorre dedicare particolare attenzione alle fasi cosiddette di gara:  in cui si definiscono i contenuti del capitolato e del contratto, si individua la procedura di selezione dei fornitori e si sceglie l’offerta ritenuta più vantaggiosa sotto i diversi profili (economico, tecnico, qualità, impatto sociale, valorizzazione del know how esistente).

A questa fase segue quella di gestione ed implementazione del contratto, in parallelo alla quale si sviluppano le strategie di cambiamento organizzativo che l’esternalizzazione richiede.

Infine, importanza significativa viene assunta dalla fase di monitoraggio e verifica dei risultati, che consente la valutazione finale dell’esperienza e la riprogettazione delle attività, basate sulle evidenze raccolte in tutte le fasi del processo.

Ognuna delle fasi del processo deve produrre due ordini di risultati: consentire l’assunzione, ma anche generare informazioni e sviluppare conoscenza in ordine al processo decisionale che conduce ad una esternalizzazione virtuosa.

Perché entrambi questi risultati possano prodursi, è particolarmente importante che in ognuna delle fasi venga prodotta una adeguata reportistica, che consenta di ripercorrere i passaggi logici e le valutazioni che l’amministrazione ha seguito nella singola esperienza, anche al fine di tenere nota dei fattori critici da prendere in considerazione in fase di valutazione finale e riprogettazione delle modalità di acquisizione del servizio.

Il controllo quantitativo e qualitativo della spesa pubblica, nell’ambito dei programmi volti ad analizzarne e valutarne l’efficacia, l’efficienza e l’economicità, noto come processo di spending review potrebbe creare non poche difficoltà nella gestione dei servizi culturali e nel loro mantenimento.

Oggi si parla di taglio delle spese e poco concretamente di riqualificazione della spesa. La criticità che io intravvedo e che si possa operare più per tagli che per individuazione delle spese che realmente dovrebbero essere riviste e probabilmente anche eliminate. Ma anche questo, è un ragionamento che trova spazio se effettivamente si ha a che fare con una p. a. che sa programmare, sa fare “valore” e sa fare delle scelte tenendo conto delle esigenze concrete e dello sviluppo che intende mettere in campo.

Vorrei essere ottimista ed in genere lo sono. Tuttavia le criticità vere non sono solo la mancanza delle risorse economiche e finanziarie ma il fatto che siamo in presenza di una p. a. che avrebbe bisogno di rivedere il modo di fare decisione politica e governo delle pubbliche istituzioni e dunque il modo di prendere le possibili scelte, ma questo purtroppo non accade come tutti noi ci aspettiamo. Inoltre, come già detto, siamo in presenza di strutture organizzative carenti di professionalità.

Queste mi sembrerebbero le criticità più elevate che accompagnano il nostro futuro e che effettivamente ci richiama a far presto per evitare di perdere quanto di meglio già c’è.

Abbiamo delle splendide realtà che possono già fare scuola e l’esperienza di affidamento del servizio di biblioteca in Trani è, a mio avviso,  una di queste.

Tra le funzioni assegnatemi come dirigente, oltre a quelle già in carico, nel gennaio 2009,  il Sindaco di Trani mi ha attribuito quella relativa alla cultura.

Mi sono trovata a gestire una biblioteca la “Giovanni Bovio”che storicamente era stata nel territorio della Regione Puglia una ottima biblioteca ma per diverse vicissitudini si era trasformata in un contenitore vuoto e privo di servizi. In più il Comune aveva appena perso un finanziamento concessogli, di più di 800 mila € per la biblioteca, dalla Regione e dal CIPE. Una situazione davvero tragica.

Nell’arco di quasi un anno ho proceduto, dopo aver fatto l’analisi dell’esistente, a riorganizzare complessivamente la biblioteca sul piano della logistica, della sistemazione dell’importante patrimonio librario (più di 90.000 volumi) nelle scaffalature, nell’esternalizzare il servizio (dopo avere esaminato se il servizio poteva essere gestito con risorse interne), nell’individuare una bibliotecaria con il compito di coordinare la biblioteca. Tutto mediante procedure ad evidenza pubblica.

E’ stato un lavoro molto corposo. Da un lato far rinascere una biblioteca, organizzarla, individuare le tipologie di professionalità necessarie per la gestione del servizio, reperire le risorse finanziarie per l’acquisto delle scaffalature, per sistemare il patrimonio librario, per gestire il servizio con personale qualificato, per riavviare gli acquisti etc, per prendere contatti con le altre biblioteche del territorio pugliese, inserirsi in programmi culturali di promozione del libro e della lettura.

Un lavoro che ha trovato moltissimi ostacoli interni anche di natura politica oltre che burocratica (ufficio gare e appalti) e tecnica (CED) e che spesso mi hanno vista da sola in questo impegnativo compito.

Oggi la biblioteca è al suo terzo anno di nuova vita ed è capofila del polo bibliotecario della provincia BAT. E’ gestita da personale qualificato; è cablata ed è in rete nonché dotata di wirless; è stata curata la sistemazione degli spazi, potenziata la dotazione informatica, ristrutturati  e completati spazi dell’immobile non ultimati.

Il personale bibliotecario qualificato e la sua coordinatrice una volta entrati in servizio mi hanno affiancato con competenza nella realizzazione delle attività e servizi. Al suo interno vengono svolti numerosissimi servizi di tipo bibliotecario che penso potranno ben illustrare le altre due relatrici di questo convegno: la dott.ssa Daniela Pellegrino che coordina la biblioteca e la dott.ssa Loredana Gianfrate che presiede la cooperativa Imago gestore di tutti i servizi di biblioteca.

Oggi la biblioteca “Giovanni Bovio” è il contenitore culturale più frequentato dai giovani; In essa sono state svolte numerosissime attività  di tipo culturale, ha un proprio sito web ed oggi, si può senz’altro dire che è nuovamente diventata una grande e splendida biblioteca non solo della città di Trani ma di tutta la Puglia.

Scusatemi, ma ci tengo a dire che ridare vita alla Biblioteca di pubblica lettura “Giovanni Bovio” rilanciandola e ammodernandola è stata per me una splendida soddisfazione professionale. Ciò che sinteticamente ho raccontato è stato un utilissimo modo di fare esternalizzazione dei servizi creando buone pratiche e “valore” per la comunità mediante il proprio patrimonio dei beni culturali.

Grazie per la vostra cortese attenzione, Maria Dettori

Creata da Giuseppe Meliti il 23/07/2013. Ultima modifica 05/11/2023 di Andrea Marchitelli
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