W. Morgese al XVI Workshop di Teca

31/01/2014

XVI Workshop di “Teca del Mediterraneo” “Costruire comunità nel presente per creare futuro: il nuovo ruolo delle Biblioteche e dei Centri di Documentazione”. Bari, Palace Hotel, 31 gennaio 2014.
Saluto di Waldemaro Morgese, coordinatore MAB Puglia (Musei, Archivi, Biblioteche).

Gentili Signori,

Intervengo in qualità di responsabile pro-tempore del Coordinamento “MAB Puglia”, l’aggregazione di musei, archivi e biblioteche, che anche nella nostra regione, come in altre, si è costituita siglando un protocollo d’intenti e di regole organizzative, precisamente in data 14 novembre 2012, a firma del sottoscritto, presidente dell’AIB Puglia, di Raphael Aboav, coordinatore dell’ICOM Puglia, di Maria Nardella, presidente dell’ANAI Puglia.

I due più recenti report sulle dinamiche del patrimonio culturale in Italia ci restituiscono un panorama che definire critico è poco, sarebbe meglio usare il termine “drammatico”.

L’Istat ci segnala che i lettori di almeno un libro (letto non per motivi scolastici o professionali) sono scesi nel 2013 rispetto al 2012 del 3% in Italia, del 3,3% nel Sud, del 2,3% in Puglia. I lettori “forti”, quelli che leggono 12 o più libri, sono in Italia un infimo 13,9%, nel Sud addirittura il 6,9%. Il IX rapporto Federculture 2013 ci segnala che il 2012 è stato un anno di crudele inversione delle tendenze e il 2013 non sarà affatto da meno: la partecipazione culturale scende al 32,8%, quasi 12 punti in calo rispetto al 2011. La spesa per le biblioteche è scesa paurosamente. Solo 28 italiani su 100 visitano un museo, nei siti culturali statali sono entrati 4 milioni di visitatori in meno rispetto al 2011. Nessuna mostra italiana è presente nella classifica internazionale di quelle più viste nel 2012. Dal 2008 al 2011 la spesa degli Enti Locali per la cultura è scesa di 400 milioni di euro. Rispetto al 2008 le sponsorizzazioni culturali crollano del 42%. Sugli archivi non abbiamo statistiche precise, ma se giudichiamo dalla Puglia essi sono un fanalino di coda.

Questa situazione naturalmente è speculare allo stato dell’istruzione degli italiani: la dispersione scolastica in Italia ha raggiunto nel 2011 il 18,2% (siamo quart’ultimi in Europa, peggio di noi solo Portogallo, Spagna e Malta), la spesa pubblica per istruzione e formazione ci vede al 26° posto nell’UE, il numero degli immatricolati negli Atenei è in costante diminuzione (negli ultimi 20 anni sono diminuiti del 25%), mentre la strategia dell’UE prevede di aumentare i laureati.

Di fronte a questa situazione drammatica molti “strateghi” pubblici, nei Ministeri e negli Enti Locali (Comuni, Regioni, Province), così come molti esperti dei versanti privati, non cessano di ripetere la giaculatoria secondo cui “con la cultura si può mangiare” ed anzi “la cultura è una occasione di accrescere i flussi turistici e quindi creare ricchezza”. Bisogna cominciare a sottoporre a radicale demistificazione questi rozzi pronunciamenti e cominciare a ragionare, invece, decifrando le direzioni di marcia profonde della società e quindi anche la nuova qualità che nell’immediato futuro contraddistinguerà la cultura, l’acculturamento, l’istruzione e la formazione permanente.

Chi mi conosce sa che io sono un po’ ossessionato da una delle più importanti discipline inventate nel XX secolo: la robotica. Ciò dipende dal fatto che l’ecumène artificiale, che l’uomo ha creato “corrompendo” i paesaggi naturali della nostra madre Terra, sta per essere estesa anche al versante del “corruttore” stesso, vale a dire dell’uomo e del suo motore primo, il suo cervello pensante e creativo.

L’artificialità sta invadendo l’uomo e ciò significa che tutto è destinato a cambiare profondamente, a cominciare dal lavoro e dai lavori. Nel lavoro c’è anche il lavoro culturale, animato da due grandi partizioni di lavoratori: quelli che operano su un patrimonio culturale esistente, da conservare e valorizzare (bibliotecari, archivisti, operatori museali e delle esposizioni) e quelli che se ne occupano in termini cosiddetti “creativi” (teatranti, musicisti, cineasti, editori, pittori e scultori).

Come inciderà, intendo dire a breve, la propagazione dell’artificialità su questi lavoratori? In generale, l’impatto ipotizzabile sarà molto simile a quello che già ha evidenziato sulle condizioni di vita e di reddito la grande crisi economica e finanziaria globale, che – come sappiamo – sta plasmando ciò che anche i divulgatori chiamano “le due società senza vie di mezzo” (1).

Se il mondo contemporaneo è ormai “un universo di disuguaglianze estreme”(2), tanto che anche in Italia il 10% della popolazione più ricca detiene quasi il 50% della ricchezza(3) , questa polarizzazione è destinata a trasferirsi anche in campi diversi dai redditi, quale – appunto – il campo laboristico.(4)

In un intervento che ho scritto per il fascicolo della rivista “Aib Studi” in corso di pubblicazione in questi giorni, ho ripreso questo discorso: il progressivo appiattimento delle società avanzate in due poli, da un lato i ricchi e privilegiati, dall’altro la sterminata massa di poveri o borderline, già causato dalla crisi economico-finanziaria globale, sarà rafforzato dall’avanzamento delle nuove tecnologie, che determinano l’inesorabile frattura fra i pochi che imparano a manipolarle e i molti che non possono fare altro che applicarle pedissequamente, divenendo semplici robot umani; senza trascurare che anche questi robot umani sono destinati ad essere sostituiti sempre più massicciamente dai robot artificiali.

Fra voi che mi ascoltate c’è chi pensa che tutto ciò sia avveniristico o di scarso significato? Rifletta allora sul fatto che solo 30 anni fa se qualcuno gli avesse detto che un robot (la macchina-bancario: il bancomat) gli avrebbe fornito i soldi, si sarebbe rifiutato di credergli!

La vera e propria tenaglia costituita dall’incombente sviluppo di robot umani e di robot artificiali ci induce a ripensare profondamente il lavoro dell’operatore culturale, nel nostro caso – e ci limitiamo ad essi – dei bibliotecari, degli archivisti, degli operatori museali.

In quale direzione? Con quali connotazioni? Sempre più dovremo essere capaci, con le biblioteche, gli archivi e i musei, di ri-umanizzare gli umani divenuti robot e di umanizzare i robot artificiali: come farlo? Con l’istruzione(5) e queste affermazioni potremmo considerarle anche la parola d’ordine della biblioteconomia del XXI secolo. Cioè bisogna ripensare alla radice le metodologie educative e didattiche, i contenuti del learning, le abilità cognitive(6) in direzione dell’affermazione del “pensiero creativo e critico(7)”, benefico sia per gli umani robotizzati (che in questo modo potranno ritrovare più appaganti ragioni di lavoro), sia per i robot artificiali (che per questa via potranno essere programmati a coltivare inediti gradi di umanità). In questa opera, i pres&ìgrave;di del patrimonio culturale sono essenziali; anzi, devono saper diventare essenziali, indispensabili, perchè ne va della loro giustificazione nell’immediato futuro a fronte di uno sviluppo delle nuove tecnologie (le TIC) che inesorabilmente svuotano questi presìdi dei loro tradizionali campi di operatività.

Quindi, la biblioteconomia del XXI secolo dovrà essere necessariamente “sociale” (attenta all’uomo, o se volete umanizzatrice a larghissimo raggio), non più solo o prevalentemente attenta al documento, neppure più solo o prevalentemente attenta alle migliori pratiche manageriali. Divenendo la biblioteconomia sociale, il bibliotecario (e l’archivista, l’operatore museale) diverrà propriamente un prezioso agente del cambiamento sociale.

In questa nuova prospettiva, umanistica ed empatica, congruente con il futuro imminente, vi sarà sempre meno posto per i tradizionali approcci burocratici. Il Ministro dei beni culturali in carica pensa di poter migliorare le condizioni della lettura con qualche decreto e un board centralizzato. La Regione Puglia ha approvato due leggi nel 2013 per il mondo degli operatori del patrimonio culturale: n° 17 del 25 giugno 2013 e n° 40 del 12 dicembre 2013. Tuttavia, deve essere a tutti noi chiaro che fare un decreto o una legge è un mero atto burocratico, attuare ciò che vi si scrive ben altra e più impegnativa cosa e da questo punto di vista, infatti, le inadeguatezze e i ritardi sono già palesi.

Vi ringrazio per la benevola attenzione.


NOTE
1) Massimo Gaggi, Le due società, senza vie di mezzo, su “La lettura – Corriere della Sera” del 13 ottobre 2013. Gaggi È tornato su questi temi in E il robot prepara cocktail e fa la guerra, su “La lettura – Corriere della Sera” del 26 gennaio 2014.
2) Bruna Ingrao, Povertà e sottosviluppo: la geografia della fame, in XXI secolo. Il mondo e la storia, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana 2009, p. 453.
3) Mi permetto di rinviare all’utile lettura delle pagine scritte da Gaetano Veneto, in Waldemaro Morgese, L’amore per l’economia, Bari, Edizioni dal Sud 2013, pp. 19-31. In questi giorni Bankitalia ha diffuso l’analisi dei bilanci delle famiglie italiane nel 2012, sottolineando che il 10% dei nuclei familiari più ricchi detiene il 46,6% della ricchezza netta totale.
4)Chi scrive considera ciò una congettura certa, anche se bisogna sempre avere a mente il caveat di Remo Bodei: “Nessuno può conoscere la direzione degli eventi mediante il semplice prolungamento per linee tratteggiate del presente sul futuro, perchè la storia è aperta al nuovo e semi nascosti, carichi di sviluppi ignoti, germogliano in essa senza che nessuno se ne accorga” (R. Bodei, Immaginare altre vite. Realtà, progetti, desideri, Milano, Feltrinelli 2013, p. 189).
5) Rammentiamo le parole di Haim Harari, fisico teorico, già presidente del Weizmann Istitute of Science: “Il mondo di oggi, la sua economia, l’industria, l’ambiente, l’agricoltura, l’energia, la salute, il cibo, il potere militare, le comunicazioni o quello che volete, è guidato dalla conoscenza. L’unico modo per combattere la povertà, la fame, la malattia, le catastrofi naturali, il terrorismo, la guerra e tutti gli altri mali è la creazione e la diffusione della conoscenza: cioè la ricerca e l’istruzione” (H. Harari, Alla fine: la tecnologia cambierà l’istruzione, in Come cambierà tutto, a cura di John Brockman, Milano, il Saggiatore 2010, p. 232).
6) Per la scuola, un utile testo è: Adolfo Scotto di Luzio, La scuola che vorrei, Milano, Bruno Mondadori 2013.
7) Leggo che Emanuele Felice, giovane storico dell’economia nell’Università Libera di Barcellona, ha richiamato la figura dello “straniero” (un romanzo di Albert Camus) per suggerire il percorso virtuoso di riscatto del Sud: “lo straniero dice sempre la verità, in ciò sta il suo essere diverso. Assomiglia, questo personaggio, alla coscienza civile del Mezzogiorno, quale si è “incarnata” di volta in volta nel corso della sua storia”; “in breve, lo straniero di Camus è il pensiero critico”. Cfr. E. Felice, Perchè il Sud à rimasto indietro, Bologna, il Mulino 2013, p. 245 e 246.