[AIB] Associazione italiana biblioteche. BollettinoAIB 2003 n. 2 p. 239-240
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RECENSIONI E SEGNALAZIONI


Pervaiz K. Ahmed - Lim Kwang Kok - Ann Y.E. Loh. Learning through knowledge management. Oxford: Butterworth-Heinemann, 2002. 324 p. ISBN 0-7506-4710-8. £ 23.95.

Con il progressivo e costante affermarsi, inizialmente come prassi organizzativa, nata negli uffici di direzione strategica delle organizzazioni, fino a diventare disciplina scientifica insegnata nelle aule universitarie, il knowledge management dev'essere diventato ormai sufficientemente evoluto e maturo da potersi permettere la pubblicazione di opere che si situano in uno spazio che non è necessariamente quello delle innovazioni o delle grandi svolte del pensiero, ma che a queste fanno da apposizione, approfondendo aspetti apparentemente secondari o compilando studi di casi, altrettanto utili, ma non presi a suo tempo in esame nelle opere maggiori, o che di queste costituiscono applicazioni pratiche, appartenendo quindi a un "poi", se non a un "altro" o a un "quasi". Niente di negativo: è di ogni disciplina contare poche grandi opere vedetta e una molteplicità di elaborazioni di contorno che spesso, proprio perché dotate di un'ottica maggiormente microscopica, possono risultare, alla fine, altrettanto significative. Basta ricordare l'esempio della grande tradizione divulgativa britannica per convincercene.
Questo sembra essere il caso dell'opera in esame, che interessa - oltre che per il contenuto - anche perché gli autori provengono tutti dall'est del mondo e, pur approdati variamente alla carriera universitaria occidentale, mantengono incarichi dirigenziali in grandi imprese industriali asiatiche: in ciò ipotizzo, in parte, l'effetto del permanere di una generale ispirazione orientale (giapponese) del knowledge management, che dunque continuerebbe a trovare in un apparentemente incredibile intreccio capitalismo-buddhismo un buon terreno di coltura e, in parte, dal fatto che la globalizzazione delle strategie e delle tecniche gestionali fa ormai cadere ogni differenza tra le culture del mondo.

Alcuni difetti formali (come qualche disegno poco curato con bordi non rispettati e armonia non eccellente della composizione, qualche curva forse tracciata con il mouse a mano libera e perciò tremolante - un tempo, almeno, si passava a china con il curvilinee -, stampa troppo scura in bianco e nero di qualche originale probabilmente a colori e perciò al limite della leggibilità ecc.) e qualche curiosa assenza in bibliografia non inficiano il discreto livello generale dell'opera (e non mi stancherò di ripeterlo: la presenza in ogni opera anglosassone dell'indice analitico vale da sé a innalzare almeno del doppio il valore di qualunque arzigogolo italiano non parimenti corredato).
Il proposito degli autori, espresso già nel titolo, è di integrare apprendimento con governo della conoscenza e anzi di attivare l'apprendimento attraverso una gestione conseguente della conoscenza. Che le due cose non siano separate e siano anzi interdipendenti è un fatto intuitivo ma, mi sembra, troppo spesso nella letteratura - e nella prassi - del knowledge management l'ansia, forse, di mettere a disposizione dell'organizzazione un sistema di governo dei processi complessi che sia operabile, per quanto possibile, in modo relativamente semplice e quasi meccanico (ricadendo, quindi, nell'errore dei sistemi chiusi d'impostazione tayloristica), fa trascurare il ruolo fondamentale svolto da tutto ciò che appartiene all'acquisizione del mondo, prima che al suo governo.
La parte teorica (la seconda è studio di casi) dell'opera è articolata in sei capitoli che trattano, rispettivamente, della discussione di definizioni operative di conoscenza e di apprendimento, del ruolo dei processi di knowledge management che presuppongono e alimentano funzioni di apprendimento, degli abiti comportamentali delle organizzazioni nell'apprendimento collaborativo, del ruolo chiave dei dirigenti nell'attivare o distruggere questi processi, della tecnologia dell'informazione e dei suoi sistemi di misura applicati al tema, dell'evoluzione prevedibile del knowledge management verso un'organizzazione ecologica che governi i flussi naturali dell'ambiente (non solo economico) piuttosto che imponga "contro natura" sé stessa e le proprie autonome scelte.

Come premessa, viene ripresa la distinzione di apprendimento adattivo (single-loop learning) e apprendimento generativo (double-loop learning), attribuendo il primo al ritrovare in comportamenti passati la soluzione di problemi presenti (non diverso, sostanzialmente, dal copia e incolla di tanta produzione "scientifica", e corrispondente all'apprendimento guidato, per esempio, da un buon gesuita della tradizione o a quello che sottostà a una tesi di laurea compilativa), mentre il secondo esige dall'organizzazione una continua rimessa in discussione di sé stessa, della sua struttura, dei propri fini, in un atteggiamento sperimentale senza fine. Soccorre qui la nozione di action learning che, in estrema sintesi, è descrivibile come l'imposizione a ogni gruppo di ricerca di un duplice compito: portare a termine il compito cui è dedicato e imparare dal... portare a termine il compito cui è dedicato, nella solita spirale continua conoscenza-apprendimento. Sono queste le caratteristiche possedute dalle organizzazioni che - non possiamo non ricordare Nashville di Altmann - «have last 200 years», mentre le altre sarebbero morte prematuramente per learning disabilities, incapaci cioè di adattarsi e di evolversi in un mondo in cambiamento. L'orientamento all'apprendimento dev'essere, perciò, strategico, con pari attenzione data sistematicamente ai risultati e ai meccanismi sia dell'apprendimento avvenuto sia, soprattutto, di quello mancato.
Esattamente metà del lavoro è dedicato allo studio di diciotto casi esemplari, da quelli famosi in letteratura (come BP, Ford, HP, Honda, IBM, Xerox) ad altri successivi a quella che può essere chiamata "età eroica" del knowledge management, il che dà conto dell'importanza che gli autori attribuiscono - non volendo costruire un manuale operativo - all'esemplificazione delle applicazioni, per cui vengono così nuovamente trattati tutti gli aspetti del tema già trattati, in una struttura speculare della prima parte di rassegna teorica; il che rappresenta l'aspetto forse più interessante dell'intero, se apprezziamo la prima come un più che eccellente Bignami non sistematico ma enfatizzato sull'argomento.

Domenico Bogliolo
Università di Roma "La Sapienza"


N.B. Sorry, no English abstract is available.
Copyright AIB 2003-08-09, a cura di Anna Galluzzi
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