[AIB] Associazione italiana biblioteche. BollettinoAIB 2003 n. 3 p. 383-386
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RECENSIONI E SEGNALAZIONI


Proceedings of the IFLA Symposium: managing the preservation of periodicals and newspapers. Actes du Symposium IFLA: Gérer la conservation des périodiques et de la presse, Bibliothèque nationale de France, Paris, 21-24 August 2000 , edited by Jennifer Budd. München: Saur, 2002. 175 p. (IFLA publications; 103). ISBN 3-598-21833-8. Eur 58,00.

Non sempre le rassegne di letteratura professionale forniscono recensioni tempestive; quando a questo ritardo quasi fisiologico si aggiunge, come è il caso degli atti di questo convegno, la circostanza di una pubblicazione in forte ritardo rispetto all'evento, la distanza tra il contesto presente e i contenuti di cui si riferisce potrebbe essere tale da attenuare fortemente l'interesse verso questi ultimi. Non è questo il caso, anzi, il tempo intercorso dall'agosto 2000 ad oggi, rispetto al quadro delle sfide, delle perplessità e dei modelli di strategia delineati dal convegno, assume piuttosto il senso di una validazione retrospettiva. Il decennio trascorso dal precedente convegno IFLA sui periodici (Washington 1989) aveva visto l'avvio e la progressiva attuazione di un consistente numero di iniziative (passate in rassegna di Robert Harrimann), la cui valutazione ha permesso ai relatori di "fare il punto" sull'argomento con accresciuta consapevolezza, oltre che in uno scenario tecnologico certamente più evoluto.

A tre anni di distanza dal simposio invece, l'evoluzione delle tecnologie non ha certo rallentato la sua corsa, ma tutto sommato essa si è mantenuta nella direzione indicata a Parigi, e soprattutto non è significativamente cambiata la nostra possibilità - ancora limitata - di affidarci senza riserve al suo portato ai fini della conservazione. Quest'impressione mi pare confermata inoltre dal recente "Workshop on Microfilming and digitisation for preservation" (The Hague, 14-15 aprile 2003) - che ha impegnato tra l'altro alcuni dei medesimi relatori di Parigi (http://www.kb.nl/coop/liber/).

Il progresso segnato da quest'ultimo incontro sta nel fatto che i tre anni trascorsi vengono qui misurati nel segno di una "nuova complessità": se il confronto col digitale e con le problematiche della sua conservazione a lungo termine non è più differibile, ne consegue che le strategie di prevenzione dovranno assumere un ruolo ancor più strategico nelle biblioteche, sempre più intrecciandosi con le politiche di acquisizione e di accesso. Ma anche in questo scenario le premesse poste a Parigi - e tanto più nel campo specifico preso in esame - restano più che valide, così come l'inevitabile riferimento al "modello ibrido", sia pure in una prospettiva più complessa, che mette in primo piano il controllo della qualità e dei costi.

Perché mettere a fuoco, all'interno del tema "conservazione", le problematiche specifiche della stampa periodica e più in particolare dei giornali, fino a stabilirne un'istanza di priorità, è ragionamento affidato, prima che a relazioni specifiche, all'appassionato e suggestivo discorso d'apertura di Alain Cordier, sul ruolo primordiale della stampa nella memoria collettiva. Il momento successivo - come e perché distinguere, all'interno della stampa periodica, categorie diverse (che richiedono strategie e livelli di approccio diversi) - nel 2000 risultava più chiaro di quanto fosse nel 1989, anche grazie all'esito di programmi d'intervento nazionali (ad esempio NEWSPLAN), e singoli progetti (sul modello J-STORE). Tutti concordano ormai sul fatto che i giornali, per loro caratteristiche intrinseche, e la stampa periodica generica e specializzata a grande tiratura, potenzialmente effimera, pongono problemi diversi rispetto alle riviste scientifiche, più soggette queste ultime alla richiesta di un'estensione dell'accesso, ma assai meno fragili e rare; e che i problemi vanno risolti, senza mai prescindere dalla cooperazione, ottimizzando l'approccio su differenti livelli: internazionale, nazionale, locale (Geoff Smith). Va da sé che le strategie di prevenzione e conservazione a lungo termine, sempre più onerose (ma tanto meno onerose quanto più tempestive, vedi l'analisi di Marie-Lise Tsagouria), per risultare efficaci devono essere attuate nell'ambito di vere e proprie politiche nazionali, sostenute da una reale volontà politica: è questo il retroterra delle situazioni per certi versi esemplari, come ad esempio il Québec (Richard Thouin) o le nazioni baltiche (Majlis Bremer-Laamanen).

Se a Parigi mancavano relatori italiani, vale la pena ricordare che a Ferrara, meno di un anno dopo questo convegno, si è tenuto il secondo incontro su "Conservare il Novecento", dedicato proprio alla stampa periodica (cfr. la recensione di Vincenzo Frustaci in «Bollettino AIB», 42 (2002), n. 4, p. 536-537). Guardando ai due convegni - prescindendo dal diverso rilievo internazionale del primo e ricercando piuttosto anche per il secondo quella validazione retrospettiva di cui sopra - si riscontra una convergenza puntuale su singoli aspetti, che attesta di una ormai comune e diffusa sensibilità (un esempio per tutti, l'attenzione di Mario Infelise per le riviste a diffusione popolare, i "rari" del futuro); ma va rilevato purtroppo che l'individuazione di una politica nazionale in questo settore, politica di cui il progetto di Emeroteca nazionale presentato a Ferrara (e poi abbandonato) poteva essere un pur perfettibile avvio, da noi oggi appare ancora difficile e lontana.
Intanto, se nonostante l'evoluzione delle tecnologie il digitale non è ancora il mezzo migliore su cui basare una strategia di conservazione, Maria Luisa Cabral, in una relazione che fa quasi da fulcro al convegno, ribadisce l'assoluta necessità che un paese abbia un progetto nazionale di microfilmatura, e ancora, in una lezione che andrebbe spesso ripassata, ci ricorda che microfilmare non è solo un processo tecnico, bensì un'operazione manageriale, di più, un fatto che attiene al futuro della memoria, di quella "eredità culturale" rispetto alla quale i giornali sono una fonte assolutamente unica.

È vero piuttosto che in prospettiva il ruolo del microfilm sta evolvendo gradualmente verso quello di una piattaforma stabile, in vista del trasferimento su altri media (Bremer-Laamanen), e che laddove finora si riteneva che micrografia e digitalizzazione fossero complementari in termini di applicazione, in futuro la complementarità sarà sempre più evidente sul piano della produzione (Bernard Fages): lo è senz'altro già oggi, ma in un segmento limitato di mercato per via dei costi ancora molto alti. Il convegno dedica uno spazio relativamente ridotto all'informazione nata digitale e alla sua conservazione: in effetti il punto di messa a fuoco non era questo, ed esaminare approfonditamente le problematiche collegate avrebbe richiesto come minimo una sessione parallela; il messaggio di fondo si può forse sintetizzare in un forte appello alla cooperazione, a fare da baluardo contro il temuto avvento di un prossimo "Medioevo digitale" (Hilary Berthon - Alan Howell).
Tornando ai temi di riflessione centrali, la Cabral si domanda se l'originale cartaceo vada conservato anche dopo il trasferimento su altro formato: è difficile capire se la sua equilibrata relazione risenta già della polemica sulla conservazione dei giornali che Nicholson Baker aveva lanciato soltanto un mese prima (Deadline: the Author's desperate bid to save America's past, «The New Yorker», 24 luglio 2000, p.42-61); ma in fondo, senza sollevare il polverone di Baker, la Cabral manifesta altrettanta attenzione al problema, tanto da concludere che se nel decennio precedente la questione si poneva nei termini "microfilmare o preservare", al presente appare più corretto conformarsi al criterio "microfilmare e preservare".

Comunque non è semplice. Soltanto due spunti di riflessione, dall'interessantissima Tavola rotonda puntualmente trascritta dalla curatrice degli atti. Guardando agli Stati Uniti, dove tutto è più grande, come criticare la politica di conservazione selettiva della Library of Congress, considerando l'esempio del «The Miami Herald»? Questo giornale, come illustra ai colleghi Robert Harrimann, pubblica almeno sedici diverse rilevanti edizioni la cui diffusione copre l'area della Florida, e fino a qualche anno fa ne veniva realizzata una versione in microfilm che, pur non riproducendo integralmente le varie edizioni, bensì assemblando le differenti pagine di cronaca, constava ogni anno di un centinaio di bobine. Alla fine non solo la Library of Congress, ma nessuna biblioteca lo acquistò più, e sembra che ora il produttore sia tornato a fornire, a richiesta, il microfilm di una singola edizione. Ancora, il californiano Henry Snyder che riferisce di aver acquistato in blocco le cinquanta annate di vita di un giornale locale a conduzione familiare, il «The Sierra Booster», dopo aver appreso la morte dell'editore, esprime la medesima passione di Baker, non meno della necessità di mettere in pratica un sistema di conservazione su più livelli che tenga nella dovuta considerazione il locale. Non saprei dare, sul momento, molti esempi nostrani di questa categoria di giornali "fatti in casa", che gli americani chiamano «mom and pop newspapers», ma se ci fossero, quale biblioteca sarebbe pronta a conservarli?

Paola Puglisi
Biblioteca nazionale centrale, Roma


N.B. Sorry, no English abstract is available.
Copyright AIB 2003-10-27, a cura di Giada Costa
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