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Conservare il Novecento: la stampa periodica

I periodici musicali

Marco Capra
(CIRPeM-Centro internazionale di ricerca sui periodici musicali, Parma)

Il Novecento musicale nasce nel segno dell'evoluzione tecnologica e della sempre maggiore apertura a un pubblico ampio ed eterogeneo.
La produzione musicale è forse la più rilevante (o una delle più rilevanti) "industria" italiana da prima che l'unità nazionale abbia avuto il suo compimento, e deve quella posizione di preminenza alla prontezza con cui sa cogliere le variazioni del gusto e le trasformazioni sociali: una caratteristica che senza dubbio ancora mantiene ai nostri giorni.

Rispetto al secolo precedente, e in particolar modo ai primi due terzi, il Novecento dispiega un'impressionante varietà di offerte musicali di cui la stampa periodica deve dar conto e a cui deve fornire un adeguato sostegno.
La nuova situazione affonda le radici nella seconda metà dell'Ottocento, quando lo sviluppo della stampa nazionale (quotidiana e periodica d'informazione) anche in campo musicale significa una piccola rivoluzione, con la progressiva separazione della critica dalla musicologia (la nuova disciplina che si occupava di ricerca storica, tecnica e teorica).
I critici iniziano a privilegiare i quotidiani e le riviste d'informazione, e i musicologi si creano uno spazio in riviste specialistiche.
Alla fine del secolo sono dunque già abbozzate le direttrici che seguirà il "giornalismo" musicale novecentesco nelle sue varie espressioni, con la divisione tra un prodotto cólto e raffinato, per addetti ai lavori, e uno destinato alla crescente massa degli appassionati.
All'inizio del nuovo secolo, dunque, la situazione italiana si presenta grosso modo divisa tra periodici che si occupano della cronaca e della critica riferita all'attività di teatri e sale da concerto, e periodici che a poco a poco si staccano dalla quotidianità musicale per dedicarsi alla storia, alla teoria, all'estetica.
Anche dal punto di vista dei rapporti con il sistema della produzione, la situazione del primo Novecento sembra prefigurare l'evoluzione che il settore avrà nei successivi cento anni. Da una parte, riviste non direttamente legate alle forze produttive in campo (in particolare le testate musicologiche); dall'altra, le espressioni di un sistema produttivo sempre più vario, che inoltre si arricchisce di un settore rivoluzionario come quello della musica riprodotta.
E il panorama della seconda metà del secolo sarà segnato proprio dalla rapidissima evoluzione dell'industria discografica e dalla nascita di decine di riviste ad essa unicamente o soprattutto dedicate.
Il fenomeno ha in qualche modo inibito quei generi musicali fatti per la fruizione dal vivo e non facilmente riconducibili alle proporzioni di un disco (in generale la cosiddetta musica classica), e ha invece favorito i generi musicali più facilmente replicabili e commercializzabili (la cosiddetta musica leggera); e ha altresì favorito la tendenza a occuparsi di culture, generi musicali, autori e interpreti prima ignorati, o addirittura la nascita di generi particolari: a queste categorie appartengono le musiche di importazione e le loro derivazioni (musica afro-americana ed etnica, generi popular).
La tendenza alla frammentazione dell'offerta ha risposto ovviamente a un'esigenza di mercato; ma dal punto di vista delle pubblicazioni periodiche che hanno seguito tale l'evoluzione ha significato la nascita e la scomparsa vorticosa di decine di testate, che non hanno lasciato traccia tangibile della loro esistenza e reso impossibile un'attendibile quantificazione del fenomeno. Per questa ragione, un censimento, concluso da poco e non ancora pubblicato, che ha rilevato più di 500 testate musicali uscite in Italia nel Novecento può ritenersi attendibile solo per la prima metà del secolo, ma largamente sottostimato per la seconda metà, e per gli ultimi decenni in particolare.


Copyright AIB 2001-04-10, ultimo aggiornamento 2001-04-21 a cura di Vittorio Ponzani
URL: https://www.aib.it/aib/cen/conv01-a3.htm

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