[AIB] AIB notizie 19 (2007), n. 10
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Professione bibliotecaria e qualità del servizio: un binomio possibile

5ª giornata delle biblioteche siciliane

Domenico Ciccarello

La V Giornata delle biblioteche siciliane non è stata solo un’eco del 53° Congresso nazionale AIB, con cui condivideva sostanzialmente il tema principale (la professione), ma ha permesso ai presenti (e a chi avrà voglia di leggere gli atti a stampa, già in corso di redazione) di approfondire ulteriormente alcuni argomenti da diverso tempo all’ordine del giorno della comunità bibliotecaria italiana. Fonte di soddisfazione, per la Sezione siciliana, essere riuscita a sintonizzarsi ancora una volta con temi attuali ed emergenti, come l’intervento di un pubblico numeroso, attento, partecipe, e aggiungo… giovane, più giovane del solito, sembra dimostrare.
Il dibattito, a detta di tutti, è stato di ottimo livello; né la scelta della Sala Amorelli di Palazzo Greco, sede dell’Istituto nazionale del dramma antico, e neppure la tenue distanza dal suggestivo scenario delle rappresentazioni classiche (con opere di Sofocle ed Euripide di scena al Teatro antico), hanno influenzato il tono degli interventi dal tavolo e le domande dalla sala… niente pianti greci intorno alle biblioteche, insomma! Piuttosto, una giornata intensa e costruttiva.

La presenza – sottolineata dalla presidente regionale Alida Emma all’inizio dei lavori della Giornata – di numerosi neolaureati e laureandi del Corso di laurea in Scienze dei beni culturali di Siracusa, ma anche di diversi giovani provenienti da varie parti dell’isola, che in diversi modi stanno cercando di affacciarsi alla professione, da un lato, è vero, testimonia la drammatica persistenza di motivi di disagio e frustrazione delle professionalità esistenti nel territorio, che però nella nostra Associazione per fortuna trovano ancora un luogo di condivisione, di sostegno e di crescita; ma dall’altro ci fa immaginare che proprio per l’AIB siciliana vi siano speranze di continuità, anzi, di ulteriore rinnovamento e di freschezza e qualità di idee e proposte nel prossimo futuro.
In definitiva, i soci – ma anche parecchi non soci – siciliani hanno correttamente inteso l’importanza di un’occasione di aggiornamento che andava al cuore stesso del nostro vivere le biblioteche.

Il presidente nazionale dell’AIB Mauro Guerrini, aprendo il suo intervento con una suggestiva definizione delle biblioteche come «luoghi in cui si raccolgono documenti (quindi: pensieri) provenienti da ogni parte del mondo», ha posto l’accento sul fatto che la globalizzazione biblioteconomica non è un fenomeno nuovo.
La comunità bibliotecaria italiana da sempre ha avvertito l’esigenza della cooperazione internazionale, che non solo non contrasta con la missione locale, territoriale della biblioteca, ma al contrario è fonte di ispirazione, di arricchimento della qualità, di sviluppo istituzionale per il contesto professionale vivo e attuale in cui le biblioteche si trovano a operare. Guerrini ha richiamato molto lucidamente la costante tendenza della migliore biblioteconomia italiana del passato a collegarsi a un mondo bibliotecario di portata più ampia dei confini nazionali.
Una great tradition (da Biagi a Fumagalli, da Casamassima fino a Crocetti, Maltese, Revelli, Serrai) in cui è evidente il confronto con il contesto internazionale sulle norme di catalogazione, sull’organizzazione dei servizi bibliografici, sulla standardizzazione di metodologie e tecniche del lavoro in biblioteca (e certamente ai nomi citati da Guerrini se ne potrebbero aggiungere molti altri, in primis Giorgio De Gregori e Virginia Carini Dainotti, protagonisti alcuni decenni fa di un notevolissimo impegno per riuscire a fare affermare anche in Italia principi e valori della public library anglo-americana).
L’organizzazione del congresso mondiale IFLA 2009 a Milano costituirà un altro momento molto alto di contatto tra i professionisti delle biblioteche italiane e la realtà bibliotecaria internazionale, che va sfruttato al meglio anche nei confronti dei nostri amministratori e della nostra classe dirigente, per riaffermare il valore delle biblioteche e dei loro servizi al cittadino.

Claudio Gamba, intervenuto in qualità di delegato CEN per professione e lavoro, con perfetta chiarezza ha risposto alle tre domande di base: 1) chi è il bibliotecario, e che cosa fa; 2) perché ci vuole un bibliotecario professionista, anche nelle piccole biblioteche; 3) che cosa è il riconoscimento della professione, perché è importante, e chi lo deve fare.
Per la prima domanda si è richiamato alla definizione di bibliotecario presente nell’art. 2 del regolamento dell’AIB per l’istituzione dell’Albo professionale, ma anche idealmente a una definizione proposta da Michael Gorman nel libro I nostri valori, scendendo poi nel concreto delle proposte di articolazione delle competenze come quella emanata dalla Regione Lombardia, la cui Giunta, deliberando sui contenuti dei profili professionali riguardanti i processi portanti, i compiti, le funzioni e le attività del bibliotecario, ha fissato presupposti istituzionali forti e vincolanti per le amministrazioni sia per quanto riguarda le modalità di accesso alla professione, che per quanto riguarda le conseguenze retributive e di valorizzazione della professione a livello di contrattazione sindacale.
Per la seconda domanda, Gamba ha sottolineato la ricchezza e la diversificazione dei bisogni degli utenti, e la complessità dello scenario normativo, sociale, ambientale in cui agiscono le biblioteche, grandi e piccole, complessità che solo un professionista qualificato e motivato può essere in grado di gestire efficacemente.
Quanto all’ultima domanda, il tema del riconoscimento professionale ha certamente assunto maggiore importanza che in passato anche per via della maggiore flessibilità, varietà, spesso incertezza nel mercato del lavoro (selezioni pubbliche e private; moltiplicazione delle forme contrattuali e delle tipologie di lavoro; crescente allargarsi delle competenze richieste); l’AIB in questi anni si è allineata parecchio ai requisiti che vengono normalmente richiesti agli enti certificatori di competenze professionali (impatto e diffusione territoriale; continuità e qualità della presenza nel settore di riferimento; codice deontologico;altre caratteristiche organizzative e finanziarie), per tale motivo è opportuno spingere dall’interno del COLAP perché il disegno Mastella di riforma delle professioni non riconosciute giunga al più presto all’esame e, si spera, all’approvazione del Parlamento (durante la Giornata si sono raccolte numerose adesioni alla petizione promossa a tale scopo dal Coordinamento).

Mauro Guerrini, Alida Emma, Claudio Gamba
Intervento di Mauro Guerrini, a destra Alida Emma e Claudio Gamba

Alida Emma, Giovanni Di Domenico, Klaus Kempf
Coordinamento di Alida Emma, a sinistra Giovanni Di Domenico, a destra Klaus Kempf

Giovanni Di Domenico (Università di Urbino “Carlo Bo”) ha invece calibrato il proprio intervento sull’evoluzione dell’offerta formativa per la professione bibliotecaria, soffermandosi soprattutto sulle scelte di politica universitaria in corso di attuazione a livello ministeriale (rideterminazione delle classi dei corsi di studio e riforma degli ordinamenti didattici) e sul quadro e le prospettive esistenti nell’ambito della formazione continua e dell’aggiornamento professionale.
Prendendo le mosse dal documento CEN L’AIB per la tutela, lo sviluppo e il riconoscimento della professione di bibliotecario in Italia, e specialmente dall’auspicio – pienamente condiviso – che «la formazione di accesso alla professione di bibliotecario, svolta in ambito universitario, sia più congruente con il mercato del lavoro» ma non si appiattisca in esso, Di Domenico ha delineato punti di riferimento (come il Bologna process) e tendenze in atto con riguardo agli obiettivi formativi delle nuove lauree triennali (meno esami, più laureati in tempi brevi, più collaborazione con il mondo delle imprese) e delle lauree specialistiche o magistrali (modalità selettive di accesso, specializzazione delle competenze, migliore collegamento a ulteriori percorsi universitari come il dottorato di ricerca), lamentando che la modesta capacità di assorbimento dei nuovi laureati nella classe di laurea triennale (quella che diventerà “beni culturali”) e nella classe biennale (quella che sarà “archivistica/biblioteconomia”) del nostro settore sia finora da imputarsi più al blocco delle assunzioni nel settore pubblico e a una generalizzata strozzatura delle offerte di lavoro, che non alla vera o presunta inadeguatezza o autoreferenzialità degli studi accademici.
Non meno interessanti le osservazioni che fa Di Domenico sul versante della formazione: occorre certamente maggiore continuità e consistenza dell’intervento delle amministrazioni pubbliche per la formazione dei propri dipendenti, ci vuole una migliore capacità di pianificare i percorsi di aggiornamento, e di effettuare un corretto monitoraggio e un’accurata valutazione degli interventi formativi, in coerenza con le recenti direttive della Funzione pubblica che mettono in correlazione la valorizzazione delle competenze professionali con i cambiamenti e i progressi attesi nel servizio erogato al pubblico; a monte di tutto ciò, c’è dunque da chiedersi se e come venga effettuata da parte degli enti pubblici l’analisi dei fabbisogni formativi. Per tali motivi, potrebbe risultare opportuno che l’AIB elaborasse delle vere e proprie linee guida per la formazione dei bibliotecari, come strumento di supporto alle decisioni da parte di tutti i soggetti a qualunque titolo interessati.
Infine, a proposito della formazione AIB, viene suggerita una modalità innovativa, di tipo misto (teorico-pratica) per lo svolgimento dei corsi di aggiornamento, che preveda una sorta di “corso-progetto” articolato su giornate didattiche completate da laboratori.

Inizio “ad effetto” – con la famosa frase del Gattopardo «bisogna che tutto cambi perché tutto resti com’è» – per Klaus Kempf (Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera), il quale, facendo riferimento alla Theorie der Unbildung di Konrad Paul Liessmann e al dibattito che ne è seguito in Germania, ha lanciato un serio monito sulla complessità dei metodi, delle strategie, dei contenuti necessari a un’efficace formazione dei bibliotecari oggi.
Nella sua rassegna sull’evoluzione della professione e delle scuole di formazione in Germania, Kempf non ha mancato di sottolineare punti di forza e criticità del sistema tedesco (in cui ad esempio persiste una rigida separazione di formazione e di carriere tra bibliotecari accademici, bibliotecari, assistenti bibliotecari e personale ausiliario), di porre domande scomode ma oneste tipo “chi forma i formatori (= i docenti che formano i bibliotecari)?”, di marcare aspetti strategici della formazione come il lifelong learning, di rilevare il ruolo significativo delle associazioni professionali (la situazione tedesca, di concorrenza tra cinque grosse associazioni bibliotecarie, è ritenuta perdente rispetto alla necessità di confronto e dialogo autorevole con il governo e le amministrazioni).

Estremamente calzante e illuminante anche l’ultimo degli interventi in programma: Nerio Agostini, esperto in consulenza e gestione di biblioteche di enti locali, ha affrontato lo spinoso tema della gestione delle risorse umane in biblioteca, partendo dagli strumenti cardine a disposizione di amministratori e dirigenti (programmazione triennale dei fabbisogni e dotazione organica), per proseguire con una rassegna ragionata delle procedure selettive pubbliche (tra le quali senz’altro sono sottostimate dagli enti le modalità del corso-concorso e dei contratti di formazione-lavoro), evidenziando poi clamorose illegittimità diffuse, quali ad esempio il ricorso indiscriminato a contratti di collaborazione coordinata e continuativa non per progetti a termine rivolti a esperti di provata competenza e per prestazioni a elevato contenuto di professionalità, bensì per aggirare il blocco delle assunzioni, come forme di tacita sostituzione di unità di personale in servizio e copertura delle loro mansioni; oppure il mancato rispetto di criteri legati alla qualità nella definizione delle prove selettive e nella scelta dei componenti delle commissioni esaminatrici.
Agostini accenna a diversi altri temi, quali la mobilità interna all’ente o intercomparto, le corrette condizioni per il ricorso al servizio civile, ai tirocini e al volontariato, e le iniziative legate all’aggiornamento e all’incentivazione (attraverso le progressioni orizzontali e verticali e le posizioni organizzative) del personale in servizio: grande importanza rivestono, in tal senso, i meccanismi di valutazione individuale delle prestazioni, intesi a coniugare per l’appunto professionalità e qualità, binomio troppo spesso assente nei processi organizzativi degli enti pubblici.

Simona Inserra, membro del CER, ha introdotto e coordinato la tavola rotonda del pomeriggio, dedicata a un ulteriore approfondimento di temi “caldi” (esternalizzazione e precariato, tirocinio e volontariato), che ha visto di nuovo intervenire brevemente tutti i relatori della giornata.
Inserra ha ribadito come le scorrette pratiche di “esternalizzazione selvaggia” dei servizi bibliotecari rivelino una carenza formativa da parte dei responsabili delle strutture: per spezzare questo meccanismo occorrerebbe valorizzare strumenti di aggiornamento dei dirigenti come quello che si sta svolgendo in Toscana, mirato a far conoscere loro i metodi per stilare correttamente i documenti (gare, appalti, capitolati, delibere) che determinano le esternalizzazioni, e monitorare adeguatamente l’efficacia e l’efficienza del lavoro affidato alle società private.

Su questo tema, Agostini ha ricordato le linee guida prodotte in proposito dall’Osservatorio lavoro dell’AIB, e Gamba è intervenuto nuovamente per precisare che solo l’affidamento con il mezzo dell’“offerta economicamente vantaggiosa” (che premia il progetto, la qualità, la tutela dei lavoratori ecc.) può minimizzare i rischi delle esternalizzazioni; spetta ai dirigenti delle strutture onorare la professione non ricorrendo ai meccanismi al ribasso che, facendo risparmiare l’ente, lo espongono alla scarsa qualità del servizio e a un mancato rispetto della professionalità dei lavoratori coinvolti.
Onorare la professione, con riferimento al tirocinio e al volontariato, significa non farne un uso distorto: il volontariato dovrebbe avere carattere e valore aggiunto di solidarietà sociale (Agostini ritiene che l’unico strumento adeguato sia la convenzione formalizzata con le associazioni di settore); il tirocinio, come sottolinea Di Domenico, non deve diventare sfruttamento dei giovani che aspirano alla professione, ma occasione per la progettazione di attività professionalizzanti, che includano nuove opportunità formative per gli stagisti (cosa che non sempre si può fare sotto casa, per questo Guerrini invoca rigore nella selezione delle aziende per i tirocini).
Quanto alla componente “atipica” sempre più presente tra i bibliotecari e quindi anche tra i soci AIB, senz’altro va vista come un passo avanti la fusione del Gruppo atipici e dell’Osservatorio lavoro nel nuovo Osservatorio lavoro e professione dell’AIB, nel giusto tentativo di riportare, se non a unità, almeno a sintesi, l’impostazione delle posizioni a livello associativo sulle molte questioni aperte in tema di professione e qualità del servizio.

Doveroso, in conclusione, il ringraziamento a Giambattista Bufardeci e Fernando Balestra, rispettivamente presidente e sovrintendente della Fondazione dell’INDA (Istituto nazionale del dramma antico), che ha ospitato l’evento nella propria sala conferenze; ai rappresentanti delle istituzioni regionali (la soprintendente ai Beni culturali di Siracusa Mariella Muti e la dirigente del Servizio Beni bibliografici Marzia Scialabba); alla Facoltà di Lettere dell’Università di Catania, che ha voluto concedere il patrocinio all’iniziativa; e soprattutto a tutti i relatori, intervenuti, con il consueto entusiasmo e la ben nota professionalità, per dare per l’ennesima volta la carica a una regione bibliotecaria ricca, ricchissima di potenzialità umane, quale è la Sicilia, a cui tuttavia non corrisponde ancora una crescita diffusa e adeguata, a livello politico-istituzionale e strutturale, del servizio bibliotecario.

ciccarello.domenico@tiscali.it


CICCARELLO, Domenico. Professione bibliotecaria e qualità del servizio: un binomio possibile. «AIB notizie», 19 (2007), n. 10, p. 8-10.

Copyright AIB 2007-10, ultimo aggiornamento 2007-10-18 a cura di Zaira Maroccia
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n19/1008.htm3

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