[AIB] AIB notizie 22 (2010), n. 4
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Cronache dalla conservazione.
9. La manutenzione. III parte

Carlo Federici

Per rispettare il titolo della rubrica avrei voluto dar conto del cambio al vertice dell'Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario, preannunciato la volta scorsa. In effetti Armida Batori, che ha diretto l'Istituto fino al luglio scorso, ha lasciato l'amministrazione dei beni culturali. Al momento, tuttavia, al suo posto è stata nominata, ad interim, la direttrice dell'Istituto centrale per il catalogo e la documentazione, l'architetto Laura Moro, il cui mandato dovrebbe scadere in questi giorni. A quanto mi risulta, le formalità per l'assegnazione del posto sono state espletate: non resta che attendere la nomina, della quale confido di dare notizia nella prossima puntata.

Torniamo ora all'argomento specifico della manutenzione entrando nel merito della disinfestazione con atmosfere modificate (definizione da preferire alle espressioni "disinfestazione anossica" o "ipoossica" che dir si voglia). Coloro che prestano attenzione agli involucri dei cibi in commercio avranno certo notato che si è ormai generalizzato l'uso di confezionare gli alimenti in buste un po' gonfie, mentre si vanno rarefacendo i pacchetti compatti che caratterizzavano i prodotti conservati sotto vuoto. Sulle etichette delle nuove confezioni si legge che si tratta di alimenti protetti grazie ad "atmosfera modificata" (talvolta "controllata", termine più amichevole) anche se nessuno spiega in cosa consista tale "modificazione" dell'atmosfera. Il principio è lo stesso della disinfestazione di cui sto per trattare: l'aria che respiriamo è composta per l'80% circa di azoto (non c'è bisogno che spieghi ai bibliotecari che a-zoè vuol dire privo di vita) e per il restante 20% da ossigeno (ci sono anche, in piccola quantità, altri gas, meno importanti ai nostri fini). La disinfestazione (e il confezionamento dei cibi) consiste nel ridurre drasticamente la presenza di ossigeno nei microambienti in cui vengono confinati gli oggetti da disinfestare, sostituendolo con azoto. Oltre a questo accorgimento – che resta la regola fondamentale della disinfestazione con atmosfere modificate – qualche diverso protocollo prevede l'immissione di anidride carbonica o di altri gas per accelerare i processi metabolici degli animali da eliminare riducendo così i tempi del trattamento.

A questo punto è opportuno fare una precisazione: la volta scorsa, trattando della disinfezione (v. https://www.aib.it/aib/editoria/n22/03.pdf), avevo chiarito che in passato si puntava alla sterilizzazione degli oggetti disinfettati, vale a dire alla soppressione di qualsiasi forma di vita in essi presente. Avevo aggiunto però che questo approccio mi sembrava poco razionale considerato che, subito dopo, i libri sterili venivano ricollocati in ambienti tutt'altro che asettici. Non solo. I cosiddetti "nemici biologici" dei libri sono – oltre all'uomo (lasciamo perdere…) e ai roditori (confidiamo che nei depositi librari i topi siano ormai solo un antico incubo) – batteri, miceti (microfunghi, muffe) e insetti. I microrganismi riescono a svilupparsi solo a umidità relative superiori al 60-65% (v. la VI puntata delle nostre "Cronache": https://www.aib.it/aib/editoria/n21/05s.htm3); è sufficiente dunque tenere sotto controllo i parametri ambientali affinché batteri e miceti non costituiscano più un problema. Il discorso cambia quando prendiamo in considerazione gli insetti che costituiscono l'80% degli animali presenti sulla Terra, dato da cui si deduce la grande capacità di adattamento e la loro altrettanto evidente ubiquità. Sono convinto che l'eliminazione radicale degli insetti da un ambiente antropizzato sia un'utopia: la loro presenza può essere controllata, nella migliore delle ipotesi ridotta drasticamente, ma non eliminata del tutto.

In conclusione: l'obiettivo principale della disinfestazione con atmosfere modificate è quello di combattere in maniera efficace la presenza degli insetti. Va da sé che, nelle opere che hanno subito il trattamento, gli insetti vengono eliminati a qualsiasi stadio del loro ciclo vitale (uova, larve, pupe, individuo adulto); ma nel deposito nel quale vengono ricollocati dopo la disinfestazione, gli insetti saranno sicuramente presenti, con le ovvie conseguenze. Da tempo propongo, per le opere scarsamente consultate, la conservazione in involucri sigillati con atmosfera modificata i quali, oltre a garantire la salvaguardia da attacchi entomatici, svolgerebbero una generale azione protettiva anche dal punto di vista ambientale e chimico. D'altra parte il largo impiego che sta avendo questa tecnica nell'industria alimentare sottolinea la sua efficacia e soprattutto la sua innocuità, dato che si "modifica" l'aria che respiriamo ogni giorno.

Prima di entrare nel dettaglio delle diverse tecniche di disinfestazione – che conterei di affrontare nella prossima puntata – mi sembra corretto evidenziare i principali limiti di questa metodica. Del primo limite ho già indirettamente detto mettendo in luce il fatto che le atmosfere modificate non pregiudicano la vitalità delle spore fungine che comunque restano inattive fino a quando non si trovino in un ambiente a elevata umidità relativa in grado di favorire il loro sviluppo. L'altro "contro" è legato alla durata del trattamento, che deve protrarsi dalle tre alle cinque settimane. Infine bisogna sottolineare la delicatezza del materiale impiegato per la realizzazione degli involucri in cui si pongono gli oggetti da trattare: si tratta molto spesso di fogli di comune plastica (polietilene) che, qualora non vengano maneggiati con prudenza e adeguatamente protetti durante il trattamento, possono facilmente lesionarsi compromettendo il risultato della disinfestazione.

cfederici@tin.it


FEDERICI, Carlo. Cronache dalla conservazione. 9. La manutenzione. III parte. «AIB notizie», 22 (2010), n. 4, p. 10

Copyright AIB 2010-10, ultimo aggiornamento 2010-11-01 a cura di Ilaria Fava
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n22/0405.htm3

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